Maria SS. Madre di Dio (1° gennaio - ottava di Natale)


ANNO B - 1° gennaio 2009
Maria SS. Madre di Dio

Nm 6,22-27
Gal 4,4-7
Lc 2,16-21

CELEBRIAMO IL SENSO RELIGIOSO
E CIVILE DEL NOSTRO VIVERE

La festività che celebriamo oggi racchiude tre ricorrenze diverse tra loro per importanza, ma tutte ben presenti al nostro animo. Per chi crede oggi è anzitutto la solennità di Maria santissima, Madre di Dio. Per ogni uomo che segua il calendario occidentale è il primo giorno dell'anno civile. Ma la pagina evangelica ci ricorda che l'ottavo giorno dopo Natale fu anche il giorno in cui Gesù ricevette il proprio nome, quale era stato rivelato dall'angelo Gabriele alla madre Maria. Infatti otto giorni dopo la nascita, secondo l'usanza ebraica, il bambino veniva circonciso e inserito all'interno della discendenza familiare attraverso l'imposizione di un nome già presente nelle diverse generazioni. Vogliamo iniziare dalla terza ricorrenza, forse la più dimenticata per illustrare il senso globale di questa solennità. Noi inauguriamo ogni anno civile e celebriamo la principale festa mariana venerando non un nome qualunque, ma il Nome per eccellenza, "Gesù", che significa "Dio salva".

Tanti, nei giorni che precedono Capodanno, si applicano nel fare bilanci e nel tirare somme. Tutti cercano in qualche modo di dare un "nome" all'anno che naviga verso la sua conclusione, trovando qualche caratteristica che lo distingua dagli altri. Molto spesso sono "nomi" macabri; accade che ogni anno contenda a quello passato un triste primato di tragedie o conflitti senza eguali. Cercare un "nome" equivale allora a cercare una definizione, a cogliere un significato. Per questo ogni anno deve avere il proprio "nome". Mentre noi cerchiamo nomi per i fatti più o meno tragici del nostro vivere, la liturgia ci presenta la Vergine che dà il nome al suo piccolo: «Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre») (Lc 2,21).
Nella medesima pagina ritornano anche i pastori, silenziosi testimoni dell'ineffabile, uomini del quotidiano, fedeli all'appuntamento con la rivelazione del volto di Dio nel Bambino. Anche la loro presenza ci parla dell'anno che si è chiuso e dell'anno che si apre. Il tempo che passa ci offre una trama di occasioni e di appuntamenti da non perdere: in quelle occasioni e in quegli appuntamenti, la nostra fede è chiamata a riconoscere una forza che trascende ogni semplice spiegazione umana: la forza stessa di Dio. Così la loro vita conobbe la svolta decisiva: seppero credere che in una notte di veglia come tante, Dio avesse deciso di visitare e redimere il suo popolo. E risposero alla chiamata.
Nella medesima pagina incontriamo ancora la straordinaria capacità della Vergine di farsi conca e non canale, di fronte allo scorrere dei fatti. Ella «serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Non è l'invito migliore che potessimo pretendere per fare tesoro degli anni che passano, perché ogni anno ci lasci più ricchi del precedente?
I pastori e la Vergine rimangono stretti attorno a Colui che la tradizione ebraica chiama semplicemente con questo appellativo: "Il Nome". Di fronte a questa scena di quiete stanno tutti coloro che, dando nomi al tempo che passa, in ogni Capodanno invocano una svolta, cercano un nome nuovo. Da dove iniziare? Oggi, giorno in cui iniziamo di nuovo, da dove muoverci per cambiare davvero?
Perché non iniziare dal Nome che noi ricordiamo e che la Vergine, assieme al suo sposo, scelse in obbedienza al comando dell'angelo? Esso fu rivelato e donato, proprio come il Bambino. Il Nome suona come una promessa: Gesù, "Dio salva". Noi aneliamo al compimento di questa promessa: essa è diventata realtà nella morte e risurrezione di Cristo Gesù. Il Nome divino si è fatto carne, si è fatto realtà. Si è compiuto dentro alla nostra realtà. Possiamo attingere la forza di un cambiamento radicale precisamente da qui.
È un'altra delle ricorrenze legate a questo giorno a darci la misura della necessità del nostro cambiamento. Oggi celebriamo la Giornata mondiale della pace. Paolo VI non poteva scegliere giorno più felice per indicare nella pace l'auspicio fondamentale, iniziale, della nostra convivenza. Purtroppo, la pace non ha abitato il tempo trascorso né domina su quello presente. Quanto al futuro, non abbiamo altro che domande senza risposta. Di fronte alla situazione mondiale, ci accomuna un terribile senso di impotenza. La solennità che celebriamo illumina il senso religioso del nostro vivere e anche il suo senso civile. Tuttavia l'uomo del nostro tempo vuole di più. Se il nostro vivere sociale non è sostenuto da valori religiosi e civili, il presente non potrà cedere il passo a un futuro sereno. Vorremmo altri protagonisti sulla scena mondiale, ispirati a logiche differenti. Anche per la causa della pace serve un Nome nuovo, un nome all'insegna del quale sperare. Abbiamo bisogno di poter sperare nel Dio che salva, in Colui che ha aperto la storia e la chiuderà come Alfa e Omega, in Colui che tutta la liturgia natalizia invoca come "Signore Nostra Pace".

Celebriamo dunque questa solennità nel Nome di Cristo. Preghiamo perché quest'anno sia celebrato sotto ogni profilo e in ogni dimensione nel Nome del Salvatore. Non nel nostro nome, neppure nel nome dei nostri interessi ed egoismi Dio può salvare. Dio salva perché Egli ha eternamente cura di noi. Quest'anno ci chiede la sollecitudine dei pastori nel pronunciare il Nome e la docilità della Vergine nell'accoglierlo come Parola decisiva per la nostra vita.

VITA PASTORALE N. 11/2008 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)


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