IV Domenica di Avvento (C)


ANNO C - 20 dicembre 2009
IV Domenica di Avvento

Mic 5,1-4a
Eb 10,5-10
Lc 1,39-45

QUEL CHE AVVIENE
NASCE DALLO SPIRITO

È infinita la creatività con cui Dio compie il suo avvento verso l’uomo. I vangeli delle due domeniche precedenti ci hanno offerto la possente figura di Giovanni Battista. Il suo carisma è indicare Cristo presente nel mondo, fra gli uomini, negli spazi condivisi dalla gente. Il modo in cui Maria indica e offre Cristo è molto diverso. Se il Precursore ci riporta a una dimensione pubblica, la Vergine di Nazaret pare spingerci a una più intima e profonda contemplazione di come il Cristo si faccia presente non solo tra la folla, sulle nostre strade, ma nell’interiorità del cuore, nei recessi dello spirito, là dove ogni uomo è solo con se stesso e matura le scelte fondamentali della vita.
Il cammino dell’Avvento, da Giovanni Battista a Maria, protagonista costante della quarta domenica, detta anche "domenica aurea", è così un percorso che dall’esterno giunge all’interno. Dalla zona desertica intorno al Giordano, affollata dai battezzandi, siamo condotti dentro a una semplice abitazione dove due donne in attesa di un figlio s’incontrano. La vergine incontra la sterile. Entrambe sono state visitate da Dio. Entrambe non possedevano, come noi, la chiave della vita. Se Elisabetta concepisce quando ormai non v’era più speranza, dopo una vita di attesa, Maria si affaccia appena alla giovinezza e già la sua verginità è consacrata dalla discesa dello Spirito che farà di lei la madre di Dio. Le due donne sono tanto diverse quanto avvicinate dall’esperienza dell’incontro con il Signore della vita. Esse, raggiunte direttamente dalla grazia che tutto rinnova e tutto feconda, ora sono chiamate a riconoscere la medesima grazia nel volto della parente che ormai è come sorella nella fede.

Benché tutto il brano sia percorso da forti espressioni di gioia ed esultanza, non possiamo non immaginare l’atmosfera raccolta di un saluto che sfocerà nel canto del Magnificat. Tutto è decisamente interiore. Il saluto convenzionale di Maria, entrata nella casa di Zaccaria, non raggiunge Elisabetta prima di quanto non tocchi il feto che vive nel suo grembo. La prima reazione è del figlio, non della madre. Tutto converge, come dicevamo, verso il cuore. La madre seguirà il bambino, dando voce alla sua danza muta. Le parole con cui l’anziana saluta la giovane non sono però frutto semplice dell’amicizia o della sorpresa. Non si tratta di una comunicazione tutta umana. Elisabetta parlerà come ispirata dalla Pentecoste che Maria genera attorno a sé in virtù del Verbo concepito di Spirito Santo. La visita della giovane di Nazaret è la visita di Dio. Maria è pneumatofora: ha in sé lo Spirito che come ombra l’ha avvolta ma lo comunica, quasi per contatto. Donna dello Spirito, sacramento del Verbo, ella stringe la mente e il cuore della cugina al Mistero del Padre.
Tutto quanto avviene, tutto quanto è detto ora nascerà dal soffio dello Spirito. Siamo chiamati a una diversa intelligenza della scena. Il brano ci trascina dentro a una conoscenza animata dall’amore, dove la ragione si lascia fecondare dalla fede. Il segno della presenza di Dio è proprio una diversa prospettiva, una luce nuova sotto la quale tutto appare profondamente diverso. Così Elisabetta può esclamare: «Benedetta tu fra le donne!». In realtà, la benedetta fra le donne ha lasciato in fretta il proprio paese non solo né forse prevalentemente per uno slancio di carità verso l’anziana parente. Maria cerca il segno indicato dall’angelo. Va come colei che sa già di trovare quanto ha promesso il Dio fedele. Ma si mette in cammino, lasciando dietro a sé un paese dove non era più facile vivere ed essere guardata. Chi ha memoria, in un piccolo paese, della gravidanza di una ragazza madre comprende bene cosa potesse essere per Maria la permanenza a Nazaret.

Avvolta dal mistero, Maria viveva l’incomprensibile, oltre la misura di ogni intelligenza; se il suo stesso sposo, come racconta Matteo, visse la notte oscura della fede prima del sogno rivelatore, quanto poteva comprendere gente di paese dell’evento che sempre riempie di meraviglia chi vi si sofferma? La ragazza gravida di una presenza ineffabile, completamente sola quanto lo è chi vive in Dio, è benedetta fra le donne. Se lo Spirito è il Paraclito, presenza consolatrice, le parole dell’anziana parente dovettero risuonare come balsamo agli orecchi e al cuore di chi non poteva essere capita da alcuno. Ora finalmente la verità può affiorare nel segreto di una casa e Maria sente proclamare la propria dignità e identità senza difetto. Lei è «la madre del mio Signore» (v. 43), la cui visita è dono immeritato, mai corrispondente alle nostre povere opere.
Lei, soprattutto, vive la beatitudine della fede (v. 45). Quella è la sua gioia, la gioia di chi vive come sospeso nel vuoto, nell’abisso, e sente la mano di Dio che tiene e sorregge. Maria, nell’intelligenza dello Spirito, comprende di essere compresa. Si vede come riflessa nel volto maturo della cugina. È il miracolo dell’intelligenza spirituale che tutto trasfigura e rivela secondo l’unica prospettiva di Dio. La visitazione scuote le nostre menti così orizzontali nelle loro analisi, così prevedibili nelle loro sintesi. Lo Spirito incessantemente ci suggerisce una conoscenza libera da superbia e invidia, una conoscenza intrisa di misericordia, unica visione lucida della realtà e del nostro prossimo. Solo questa peculiare visione del fratello permetterà di unire sinceramente le nostre voci al Magnificat levatosi dal cuore della Vergine di Nazaret.


VITA PASTORALE N. 10/2009 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)


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