Maria Santissima Madre di Dio


ANNO C - 1° gennaio 2010
Maria Santissima Madre di Dio

Nm 6,22-27
Gal 4,4-7
Lc 2,16-21

L'ETERNO FIGLIO DI DIO
NASCE DA UNA DONNA

La solennità odierna riceve ulteriore suggestione e forza dalla coincidenza con l'inizio di un nuovo anno civile. Non è una circostanza ignorabile, né tanto meno si oppone al mistero del Verbo fatto carne che oggi siamo invitati a contemplare come germinato dal basso, dall'umanità benedetta della Vergine. Se è vero che il Logos discende dal seno del Padre per congiungersi alla nostra umanità, oggi è l'istante in cui fermiamo il cuore sul grembo di Maria, terra fertile da cui spunta il virgulto di lesse. Una donna è capace di generare Dio. L'eterno figlio del Padre nasce da una donna. Questo è il mistero che attesta la nostra grandezza, ma soprattutto la grande misericordia di Dio. Sotto questa luce possiamo guardare all'alba del nuovo anno. Inevitabilmente la conclusione di quello appena trascorso comporta almeno un frammento di speranza. I giorni pesanti e l'affanno appaiono come dimenticabili. Abbiamo voltato pagina. È passato un solo giorno. Eppure, tutto sembra come trasfigurato perché l'anno si è concluso. Anche di fronte a ciò che ancora ci sovrasta possiamo essere tranquilli e fiduciosi: passerà, come è passato l'anno che è dietro di noi. Conforto della transitorietà: nulla dura, per quanto sembri importante.

Ma questa consolante verità che offre grande forza alla speranza di un futuro più sereno, possiede in sé anche qualcosa di scoraggiante. Se i giorni duri sono ormai dietro di noi, seppelliti dalla svolta significativa che il tempo ci regala, è altrettanto vero che diverse belle realtà che costituiscono la nostra vita stanno ormai irreversibilmente dietro di noi. Il presente e il futuro assottigliano il loro spessore e le esperienze mirabili che abbiamo conosciuto vanno a ingrossare la fila di ciò che non è più. Non possiamo dire all'attimo che fugge di fermarsi in nome della sua bellezza. Ciò che è tempo se ne va, come è venuto. Mai come nella nostra epoca, però, fatichiamo ad abitare tutte le età della vita. Ci accade nell'adolescenza di attendere la pienezza della vita adulta e quando raggiungiamo la maturità succede di rimpiangere gli anni spensierati che non sono più. Proviamo a bloccare il tempo che scorre. Non ci sentiamo a nostro agio dentro al flusso degli anni. Vorremmo vivere con l'orologio fermo. Questo giorno benedetto può spingerci a non vergognarci di nessuna età, ma piuttosto ad accettarla e a viverla anche interiormente. L'uomo ha bisogno della propria totalità, dall'età del bambino a quella del vecchio. Possiamo trovare non solo tolleranza, ma anche riconoscenza per il modo di vita dell'altro, convinti che tutti possano dare qualcosa. Che ne sarebbe per le nostre comunità cristiane, se mancasse la fede leale, schietta e serena dei bambini, o le domande che assalgono i giovani o la forza di chi è al culmine della vita o la tranquilla pazienza degli anziani? Come faceva notare un antico filosofo, l'uomo si differenzia dall'animale perché egli, per usare un 'immagine, sporge con la testa fuori dall'acqua del tempo. L'animale sta in esso come un pesce trasportato dalla corrente, senza scorgere il termine del suo andare. Capodanno ci offre, oggi come sempre, la possibilità di levare la nostra testa e cogliere l'incanto che si trova in ogni inizio, incanto che ci protegge e ci aiuta a vivere. Oggi pare così semplice ricominciare. Ma occorre compiere il nuovo passo da cristiani. Non possiamo infatti sempre lamentarci dei tempi. Quando passiamo in rassegna le diverse epoche della storia, con le idee e i fatti che le hanno caratterizzate dimentichiamo sovente che, secondo quanto affermava sant'Agostino, gli uomini stessi sono il tempo, nella natura mutevole del loro essere. Come può dunque il tempo progredire se gli uomini non camminano?

Oggi, dal seno di Maria, il seme del Verbo è germinato in tutto il suo fulgore. C'è tuttavia una perdita nell'evento dell'Incarnazione. È come se gli attributi divini fossero come posti tra parentesi lungo tutto il percorso umano di Gesù. Certo, egli ha compiuto segni mirabili lungo la sua esistenza che hanno provocato enorme stupore nelle folle. Ma nascendo, Cristo inizia il suo irreversibile percorso verso la morte. La sua apparizione entro il genere umano offusca l'eternità che brilla in Dio. La sua nascita possiede un carattere di luttuoso impoverimento. L'admirabile commercium, lo scambio avvenuto nel Natale, è ammirabile solo se contemplato dalla nostra parte. Eppure, proprio questo inizio così drammatico infonde speranza a tutti i giorni che verranno. Non vi sarà più giorno dell'uomo che non sia stato anche giorno di Dio. Il tempo, con la sua arbitrarietà e mutevolezza, è stato assunto dal Verbo non meno del nostro peccato. La fragilità dell'istante è riscattata per la presenza di Dio al cuore di ogni istante. Il Cristo compagno di strada non scorta il nostro pellegrinaggio come un passeggero in auto che incoraggia, comodamente seduto, chi invece fatica a piedi. Dentro le nostre stesse scarpe, lungo i nostri stessi percorsi, Gesù riscatta il tempo che svanisce, colorando tutto di eterno. Il Dio al di qua dei nostri limiti è la speranza dentro a una storia che non muta, né può veramente farlo. Se il Figlio di Dio si è spento come uno di noi, noi potremo risorgere come solo lui ha la capacità di fare. Il privilegio dell'Uno è grazia universale, ora. Per questo possiamo sporgere fuori dall'acqua e fissare il flusso che scorre inarrestabile. Dopo il parto della Vergine, nulla è più come prima.


VITA PASTORALE N. 11/2009 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)



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