Tutti i Santi


ANNO C - 1° novembre 2010
Tutti i Santi

Ap 7,2-4.9-14
1Gv 3,1-3
Mt 5,1-12a

IL FASCINO DI UNA
VITA BELLA, RIUSCITA

Spesso la coscienza popolare associa la santità al miracolo, quasi che il santo fosse l'uomo dello straordinario. È così, ma dobbiamo affermare che la santità stessa è il vero miracolo, non tanto episodi singoli che oltrepassano le leggi della natura. Lo straordinario è, e rimane, anche in questo nostro tempo, la totale conformità della vita di un singolo o di una comunità all'Evangelo. La santità è sempre la medicina ai mali della Chiesa e della società e rimane la prova più convincente dell'esistenza di Dio, perché nei santi Dio si rende sommamente visibile e tangibile. Anche il nostro cristianesimo oggi rischia l'astrattezza, l'eccesso di razionalismo o un impegno solo morale. Nel santo, "altro Cristo" come si diceva di Francesco d'Assisi, la parola di Dio si fa carne, l'impegno morale rivela un fascino che attrae e muove, la ragione si apre al mistero e riconosce la pienezza della verità. Attaccato e contestato in vita, incompreso come il Maestro, il santo mostra dopo la propria vicenda terrena una forza e una attualità che contagia ed educa intere generazioni, anche a grandi distanze di spazio e di tempo.

Se c'è qualcosa che intuitivamente ci affascina nella santità è di certo l'atmosfera di libertà e gratuità che tocchiamo e respiriamo. La nostra pastorale non cessa di studiare vie e metodi per compiere quella nuova evangelizzazione di cui l'Europa mostra di avere sempre più bisogno. Ci rendiamo conto di come, un tempo, l'adesione a Cristo fosse quasi coatta, forzata dalla cultura e dall'autorità. La ribellione che, a tratti, si mostra così evidente contro il Vangelo e la Chiesa nasce forse anche da quell'epoca. Non c'è più alcuna tolleranza davanti all'azione della comunità cristiana nel mondo e, da ogni parte, si afferma come la Chiesa voglia privare il mondo e la società nelle sue diverse espressioni della libertà di pensiero e di azione. Noi stessi rischiamo di sognare nostalgicamente tempi in cui, di nuovo, si possa non solo proporre ma come imporre la verità che salva attraverso la legge o il diritto o la forza persuasiva dei mezzi di comunicazione. L'evangelizzazione può essere confusa con una sorta di riconquista delle posizioni perdute.
Incontrare la santità è invece incontrare una diversa libertà che riconosce davvero l'altro, non lo forza, non lo spinge con accanimento ma lo attira con il fascino di una vita bella. Mai i santi hanno voluto prescindere dalla dimensione della libertà nell'incontro con l'uomo anche lontano da Dio. Non parliamo di puro arbitrio o capriccio, ma di un interiore assenso offerto al Salvatore. Intuire nell'altro questo profondo rispetto, questa capacità di attesa permeata di fiducia nell'azione dello Spirito santo demolisce i pregiudizi e le resistenze che l'uomo lontano o ostile nutre verso la Chiesa e i cristiani, come istituzione che desidera sottomettere e controllare. La seconda lettura parla esattamente di una speranza che purifica. Il santo, figlio di Dio per grazia e libera volontà, testimonia nei confronti del mondo intero questa speranza. Esiste una forza di attrazione nel Mistero trinitario che non ha bisogno di imporsi con la forza della seduzione. Chi ha questa speranza purifica se stesso, afferma l'apostolo Giovanni (1Gv 3,3). La purezza della santità è questa. Davanti a un vero e autentico cristiano anche l'uomo moderno sente di non avere nulla da temere e, progressivamente, si lascia condurre sui sentieri della Grazia.
Nella vita dei santi le beatitudini offerteci dal vangelo di Matteo risuonano sommesse ma incessanti. Non hanno bisogno di essere declamate. Sono carne e sangue che abbiamo davanti agli occhi quando ammiriamo un vero credente. Capiamo, grazie a lui, che l'ideale evangelico non è per i folli o i prigionieri dell'utopia: è, invece, la piena realizzazione dell'uomo anche in situazioni paradossali. Il santo, infatti, rende la sua ultima testimonianza nel martirio, sia esso di sangue o piuttosto il martirio di una vita perseguitata e calunniata, così come la descrive la nona beatitudine (Mt 5,11-12). Se infatti possiamo comprendere anche da una prospettiva puramente terrena che operare la pace, vivere nella mitezza o perseguire la giustizia siano opere che rendono degna di essere vissuta l'esistenza di un uomo, risulta difficile capire quale beatitudine esista nell'essere falsamente e ingiustamente accusato. Qui il testo evangelico compie un salto pasquale e ripropone il volto di Colui che incarna tutte le beatitudini e ci illumina perché raggiungiamo una diversa mentalità.

Certamente chi è perseguitato segue il paradigma del vero profeta, ma diviene egli stesso profeta proprio nell'istante in cui l'umiliazione non lo schiaccia ma brilla come gloria sul suo volto. Diviene profeta di vita eterna, dell'indefettibilità dell'amore, di ciò che non passa: il dono di sé. Il santo umiliato e denigrato diviene soprattutto profeta della presenza di Cristo e della forza che questa presenza contiene. Nessuno, con le sole proprie energie, potrebbe cogliere la consolazione nella tribolazione se non sapesse percepire che, in fondo, la propria tribolazione è quella stessa del Signore Gesù. È questo il messaggio che attendiamo e di cui abbiamo necessità. Sappiamo che dopo la tempesta sempre torna la quiete. Ma abbiamo desiderio di avvertire la consolazione nella tribolazione, tramite la compagnia di Gesù. L'intercessione dei santi, descritti dall'assemblea di Apocalisse 7, ottenga al nostro tempo di non perdere mai il segno unico e insostituibile offerto al mondo anche dalla vita di un solo "altro Cristo".

VITA PASTORALE N. 9/2010 (commento di Caudio Arletti, parroco di Maranello)




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