XVIII Domenica del Tempo ordinario (A)


ANNO A - 31 luglio 2011
XVIII Domenica del Tempo ordinario

Is 55,1-3
Rm 8,35.37-39
Mt 14,13-21

MANGIARE ASSIEME
È CONDIVIDERE LA VITA

Coerente con la sua tecnica compositiva, Matteo fa seguire al discorso di Gesù una sezione narrativa che si sviluppa in una lunga serie di episodi, ciascuno dei quali contiene un insegnamento in sé. Del miracolo della moltiplicazione dei pani Matteo, come gli altri evangelisti, è molto attento a fornirci tutti gli elementi per capire che l'attenzione non va posta tanto sul fatto prodigioso in sé, ma sul motivo a partire dal quale esso avviene e sul suo carattere evocativo: chi ascolta deve saper andare oltre il fatto e oltre il racconto per intercettare i significati dell'uno e dell'altro. Perché la predicazione di Gesù sfama? L'associazione con il deserto dell'esodo, in cui alla fame del popolo in cerca di una terra Dio ha risposto con il dono della manna, è immediata. Non solo questo, però.

Il racconto del miracolo della moltiplicazione dei pani dev'essere capito come un'immagine riassuntiva alla quale concorrono una molteplicità di elementi: il bisogno di pane, di cui noi abbiamo perso la percezione, ma che invece poteva essere particolarmente sentito nella Palestina del tempo di Gesù, provata da una forte crisi economica; la sensibilità di Gesù a dare al cibo un valore simbolico come mezzo necessario a sfamarsi e a rendere lode a Dio; l'abitudine di Gesù, prima, e poi delle comunità discepolari alla condivisione di mensa come segno di comunione e, infine, la presenza del Risorto nella sua comunità durante la celebrazione dell'eucaristia.

L'introduzione con cui Matteo prepara i suoi uditori ad ascoltare il racconto della moltiplicazione è importante: Gesù cerca di sfuggire, di ritirarsi in disparte. Nei suoi confronti è cominciata la persecuzione e Gesù deve iniziare ad applicare la strategia della sottrazione. La distanza tra l'atteggiamento dei capi e quello della folla è un elemento importante del racconto. È la distanza tra coloro che hanno fame di pane e di Dio e i sazi di Dio, che vedono in Dio perfino una minaccia al proprio potere religioso. Coloro che hanno fame sono sempre più numerosi rispetto ai sazi, ma anche più vulnerabili. Gesù, però, è venuto per loro. Proclamare che il Dio di Gesù Cristo è il dio dei "tutti", non dei "pochi", ha reso scandaloso il suo messaggio e vergognosa la sua pretesa. Annunciare che le folle, quelle che hanno sempre fame, hanno diritto all'attenzione di Dio, alla sua parola, al suo nutrimento e che la fede mai può essere tramutata nel privilegio di qualche gruppo di potenti o che riceve la predilezione dei potenti di turno: se di fronte all'invidia e al rifiuto dei capi, Gesù si sottrae, di fronte alle necessità della folla, prova invece compassione. Per lui, come lungo tutto il racconto biblico, la compassione è atteggiamento teologale, prima che virtù umana.

Al buon senso dei discepoli, che gli consigliano di congedare la folla, Gesù oppone la logica di Dio: mai la folla dev'essere allontanata, congedata, e vanno smascherati e sanzionati i meccanismi di esclusione. A partire dalla dura esperienza dell'espropriazione e della deportazione e dall'annuncio profetico del Regno, fede nel Dio dell'alleanza ed esclusione sono diventati sempre più teologicamente incompatibili. Se non nei fatti, almeno nel monito profetico e nell'attesa messianica del Dio dell'eschaton. Per dirlo con Isaia, la chiamata a comprare senza denaro e a mangiare senza pagare deve ormai raggiungere tutti coloro che sono affamati soltanto di pane e di Dio. Addirittura, sia pure molto lentamente e, spesso, anche contro la volontà delle Chiese, ha avuto inizio perfino un nuovo modo di considerare «le donne e i bambini». Va infatti riconosciuto che, anche in quelle epoche in cui questi due gruppi erano ritenuti sociologicamente irrilevanti, mai essi sono stati esclusi dall'appartenenza alla comunità cristiana e, anche quando ancora oggi essi restano esclusi da alcune espressioni della vita comunitaria, nessuno potrebbe più pensare una Chiesa «senza contare le donne e i bambini». Donne e bambini: la considerazione che il mondo rivolge loro è dato recente e, molto spesso, affonda le sue radici nel fatto che sono diventate due categorie molto utili perché ad alta capacità consumistica. La loro partecipazione al popolo dell'esodo, prima, e poi alla distribuzione del pane della vita dice però, evidentemente, ben altro.

Donne e bambini: un monito a interrogarsi su chi ancora è escluso dai computi ufficiali, chi è messo al margine, se non addirittura fuori, a chi non viene riconosciuto il diritto ad avere fame di Dio e del suo pane. Se Gesù ha alzato gli occhi al cielo e reso grazie a Dio è perché credeva che quei pochi pani e pesci erano in realtà il segno dell'abbondanza con cui Dio è disposto a sfamare chi ha fame. Più degli altri evangelisti, Matteo è particolarmente attento alla dimensione ecclesiale del racconto della moltiplicazione: se il pane è abbondante ed è per tutti, spetta però ai discepoli metterlo alla portata di tutti. Lesinare il pane della vita, il pane del rendimento di grazie, il pane della sapienza che viene dalla fede, riservare il pane di Dio ad alcuni come se ne fossero più degni perché meno peccatori di altri, congedare le folle perché si arrangino: a volte viene da domandarsi se non debba essere questo per le Chiese il vero metro di misura della propria capacità di celebrare l'eucaristia.

VITA PASTORALE N. 6/2011
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)



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