Anno B – 15 agosto – Assunzione della B. Vergine Maria


Enzo Bianchi
ASCOLTATE IL FIGLIO AMATO!
Il vangelo festivo (Anno B)
Edizioni San Paolo, 2008

Anno B – 15 agosto – Assunzione della B. Vergine Maria

• Apocalisse 11,19; 12,1-6.10 • 1 Corinzi 15,20-26 • Luca 1,39-56
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HA CREDUTO ALL'AMORE

Nella festa dell'Assunzione della Vergine la chiesa ci invita a celebrare il transito di Maria in Dio alla luce del testo evangelico che la canta quale dimora di Dio, Arca dell'alleanza recante in sé, nel proprio corpo, la presenza di Dio, e che fa memoria con il Magnificat del passaggio, del transito di Dio nella vita della sua umile serva.

Come un tempo il passaggio dell'Arca dell'alleanza, luogo «sacramentale» della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, portò benedizione e suscitò gioia ed esultanza (cfr. 2Sam 6,1-15), ora la presenza di Dio, grazie al «sì» di Maria, abita nella carne umana, nel corpo di una donna, e suscita la gioia e porta la benedizione dello Spirito santo a Elisabetta e al bambino che ha nel ventre. SÌ, il corpo umano è la dimora più degna di Dio.

L'incontro delle due donne incinte suggerisce il senso profondo dell'incontro tra cristiani. Maria, ricevuto l'annuncio della nascita umanamente impossibile del Figlio dell' Altissimo dal suo grembo verginale, subito si reca dall'anziana parente Elisabetta, «la sterile», che era incinta secondo la promessa di Dio. Nel suo viaggio Maria porta Cristo e l'incontro con Elisabetta diviene una pentecoste, una discesa dello Spirito in cui l'una riconosce l'altra nel mistero della propria vocazione. Riconoscere l'altro significa riconoscere ciò che Dio opera nell' altro e accettarlo con gioia, senza gelosie e rivalità.

L'incontro inizia con il saluto, che già esprime la gioia per la presenza dell'altro e trasmette benedizione, tanto che Elisabetta viene investita dallo Spirito e il bambino danza nel suo seno. Nell'incontro delle madri vi è già l'incontro dei due figli e la profezia della ricchezza e densità della vicenda futura di Giovanni Battista e di Gesù. Le icone che raffigurano la visitazione spesso presentano il saluto delle donne con un abbraccio: la sterile e la vergine si abbracciano nello stupore del Dio che opera ciò che è umanamente impossibile.

E lo straordinario che Dio ha operato in Maria non l'ha isolata nell'orgoglio, ma l'ha sollecitata alla carità, spingendola a recarsi da Elisabetta, a vivere la propria maternità come apertura all'altra, come sororità: è un incontro autentico perché non si riduce a un faccia a faccia tra due persone, non è puramente orizzontale, ma si apre alla presenza del Terzo che regna tra le due donne, del Dio che in loro ha compiuto meraviglie. Così l'incontro diventa eucaristia e benedizione. Elisabetta benedice Maria per la sua fede nella parola di Dio e Maria benedice Dio che ha fatto tutto in lei. Ciò che è stato operato in Maria riassume le grandi opere di salvezza di Dio per il suo popolo: così il canto di Maria, che i cristiani ripetono alla sera di ogni giorno, si riallaccia alla promessa fatta un tempo da Dio ad Abramo e che ora trova il suo compimento. Nulla di intimistico dunque nell'esperienza di Maria, ma l'apertura alla vicenda del popolo eletto e l'inserimento della sua particolare storia nella storia d'Israele, popolo dell' alleanza e delle benedizioni a cui lei appartiene. Nella sua storia personale, Maria riconosce i tratti dell'agire perenne di Dio per il suo popolo.

La grandezza di Maria appare nel suo celebrare e riconoscere che Dio ha fatto tutto in lei, mentre lei non ha fatto nulla, o meglio, ha semplicemente creduto. Maria è donna di fede. Ha detto «sì» alla parola di Dio credendo di più alla potenza di quella parola che non all'evidenza della propria impossibilità umana a generare. Maria ha osato credere allo sguardo di amore di Dio su di lei, sguardo che l'ha chiamata alla sua particolarissima vocazione: divenire la madre del Signore. Tutta la sua vicenda è riassunta nell'espressione: «Ha guardato l'umiltà (o «la piccolezza») della sua serva». Si tratta dello sguardo di amore di Dio, quello che ama, elegge e chiama, quello che esprime un sì incondizionato di Dio alla creatura umana. Creatura che non vede dunque nella propria piccolezza un ostacolo all'amore di Dio e non cerca di ovviarvi con la ricerca di titoli di grandezza. Scrive santa Teresina di Lisieux: «Ciò che piace a Dio nella mia anima è di vedermi amare la mia piccolezza e la mia povertà, è la cieca speranza che ho nella sua misericordia. Non temere: più sarai povera, più Gesù ti amerà».

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