Anno B - 4a domenica del Tempo Ordinario


Enzo Bianchi
ASCOLTATE IL FIGLIO AMATO!
Il vangelo festivo (Anno B)
Edizioni San Paolo, 2008

Anno B - 4a domenica del Tempo ordinario

• Deuteronomio 18,15-20 • 1 Corinzi 7,32-35 • Marco 1,21-28

È UNO CHE HA AUTOREVOLEZZA

«Il regno di Dio si è avvicinato» (Mc 1,15), predicava Gesù, e la verità di queste sue parole è testimoniata dal suo insegnamento e dalla sua azione: «Gesù passò facendo del bene e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (At 10,38). Questa è la sua attività messianica, che Marco presenta all'inizio del vangelo.

Gesù, ebreo fedele e osservante, nel giorno di sabato frequenta la sinagoga, dove si leggono le Sante Scritture e si celebra il culto a Dio; da rabbi qual è, inoltre, egli insegna all'assemblea riunita. E la sua parola appare agli orecchi degli ascoltatori come una parola ricca di autorevolezza, diversa da quella di coloro che, in qualità di «scribi», erano incaricati dell'insegnamento al popolo. Gesù non fonda il suo insegnamento sulla «tradizione degli uomini» (Mc 7,38), non ammaestra con parole frutto di una sapienza erudita e libresca, ma unisce l'autorevolezza della sua parola a quella di colui che la pronuncia. Sì, la sua è una parola profetica, eco schietta della parola di Dio, è una parola che scuote, ferisce, e non lascia chi l'ascolta nella situazione in cui si trovava prima di un vero ascolto obbediente!

E l'insegnamento di Gesù non si esaurisce in parole, ma si esprime anche attraverso azioni e gesti autorevoli, muniti della vera autorità, quella che consiste nel «far crescere» l'altro - secondo il significato originario di auctoritas, dal verbo augere -; essa è finalizzata alla vita e al bene dell'altro, non è una pratica del potere che procura vantaggi a chi la esercita! E di questa autorità Marco fornisce subito un esempio che stupisce il lettore. Nella sinagoga vi è un uomo malato, ferito nella psiche e nel corpo; siamo in giorno di sabato, il giorno della benedizione e della vita piena, e Gesù è venuto proprio per dare la vita piena (cfr. Gv 10,10), per portare il bene... Il testo dice che quell'uomo era «posseduto da uno spirito immondo», era cioè un uomo sofferente di disturbi psichici che si manifestavano in modo violento, enigmatico, anomalo, e per questo venivano attribuiti a spiriti maligni, al demonio. Quest'uomo è diviso, ossia schizofrenico, anche dal punto di vista spirituale: egli conosce e confessa in modo ortodosso l'identità di Gesù («Tu sei il Santo di Dio»), ma non vuole avere alcuna comunione con lui: «Che c'entri con noi? Sei venuto a rovinarci!».

Posto di fronte al male e alla potenza del Maligno, Gesù si mostra come «il più forte» (Mc 1,7), ormai in azione; quel che però è decisivo è il fatto che «il suo primo sguardo non si rivolge al peccato, ma alla sofferenza dell'uomo» (J. B. Metz). Ed ecco che, con la sua parola, Gesù guarisce il malato, ma quel male a lungo soffocato esce da quell'uomo «straziandolo e gridando forte», con spasmi dolorosi che si situano a metà tra una morte e un parto. Così avviene la liberazione, l'uomo è restituito a se stesso guarito, e la potenza di Dio è manifestata a tutti i presenti, che si interrogano sbigottiti: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, carico, di autorevolezza. Egli comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». Davvero Gesù mostra con i fatti che insegnare ha a che fare con la vita, significa dare vita e reintegrare alla vita piena...

Questo episodio della vita di Gesù narra un esorcismo; occorre però guardarsi dalla tentazione di svuotare tale racconto ritenendolo una leggenda miracolistica o, peggio, una narrazione che non ci riguarda. Se infatti dal punto di vista spirituale l'impurità consiste in una situazione di divisione interiore, di doppiezza, ossia di incoerenza tra confessione di fede e coinvolgimento reale con Gesù, allora questa guarigione riguarda noi tutti e ci chiede di mendicare presso Gesù l'unificazione della nostra persona e la liberazione dal potere del Maligno. Sì, la parola di Gesù è una parola di salvezza, come la parola di Dio: Dio parla certamente attraverso le Scritture, ma ormai parla anche attraverso la presenza di Gesù, «profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo» (Lc 24,19). E noi siamo capaci di ascoltarlo?

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