Anno B - 17a domenica del Tempo Ordinario


Enzo Bianchi
ASCOLTATE IL FIGLIO AMATO!
Il vangelo festivo (Anno B)
Edizioni San Paolo, 2008

Anno B - 17a domenica del Tempo Ordinario

• 2Re 4,42-44 • Efesini 4,1-6 • Giovanni 6,1-15

IL PROFETA DEL PANE VERO

Il brano evangelico di domenica scorsa narrava il tentativo da parte di Gesù di ritirarsi in disparte, insieme ai suoi discepoli, per riposare un poco. Questo progetto però fallisce, perché nello sbarcare all'altra riva del lago di Galilea essi scoprono di essere stati preceduti da una grande folla bisognosa della parola di Gesù, vero cibo capace di saziare la fame di ogni uomo; allora «Gesù si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose» (cfr. Mc 6,34). E il racconto prosegue con la moltiplicazione dei pani (cfr. Mc 6,35-44) operata da Gesù in favore di quelle persone... Con grande intelligenza spirituale il lezionario tralascia a questo punto la lettura cursiva del vangelo secondo Marco, proponendo all'attenzione dei cristiani lo stesso episodio della moltiplicazione dei pani e la sua interpretazione eucaristica secondo il quarto vangelo: per alcune domeniche sosteremo dunque sul capitolo sesto del vangelo secondo Giovanni.

Di fronte alla numerosa folla che li attende, Gesù rivolge a Filippo una precisa domanda: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Quest'ultimo registra la reale impossibilità di sfamare tante persone - «duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo» - e Andrea aggiunge: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Siamo di fronte a una situazione di stallo, non sembrano esserci vie d'uscita umanamente praticabili. Ed ecco che Gesù prende l'iniziativa con sovrana gratuità: fatta sedere quella moltitudine, «prese i pani e, dopo aver reso grazie - parole che costituiscono un chiaro rimando al gesto eucaristico - li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero». Ma c'è di più: con i pezzi avanzati si riempiono dodici canestri...

I quasi cinquemila uomini presenti restano impressionati da tale evento, e subito affermano a proposito di Gesù: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!». Sì, il profeta promesso da Dio per gli ultimi tempi, il profeta «uguale a Mosè» (cfr. Dt 18,15-18) è ormai presente in mezzo al suo popolo: occorre pertanto incoronarlo re, occorre riconoscergli il potere politico, poiché egli è capace di soddisfare le attese della gente... Ebbene, è proprio a questo livello che emerge la differenza e si consuma la frattura tra la folla e Gesù, che pure si era mostrato accogliente verso di essa, fino a sfamarla con grande compassione: quando Gesù comprende che il gesto da lui compiuto non aveva suscitato la fede nella sua persona, ma, al contrario, era servito solo a fomentare attese mondane, subito «si ritira di nuovo sulla montagna, tutto solo».

Egli è consapevole che questa sua reazione deluderà le attese di molti, ma non può acconsentire a questi facili entusiasmi e ai progetti politici che ne derivano. Gesù infatti non era venuto nel mondo per diventare un re tra i re di questa terra (cfr. Gv 18,35-38), non era venuto per conquistare un potere e godere di riconoscimenti mondani. Egli non ha moltiplicato il pane per compiere un miracolo, un atto strabiliante in grado di impressionare le folle, ma lo ha fatto per dare loro un «segno» (cfr. Gv 6,26), cioè un segnale: occorre non arrestare lo sguardo sui pani moltiplicati, ma dirigerlo verso colui che ha compiuto tale gesto, Gesù, perché egli è «il pane della vita» (Gv 6,35), l'unico pane capace di sfamare per la vita eterna (cfr. Gv 6,51).

Davvero Gesù «sapeva quello che c'è in ogni uomo» (Gv 2,25), e quindi non si illude e non illude le persone che incontra. Quante volte invece uomini di chiesa o semplici cristiani paiono intenti unicamente a organizzare il consenso, a cercare di impressionare l'uditorio e, nello stesso tempo, a riporre la loro fiducia nelle folle facilmente suggestionabili! No, Gesù ci ha insegnato che non può esistere una regalità umana né per la chiesa né per i cristiani: i cristiani regnano solo quando servono i fratelli, quando spendono la vita per loro, amandoli gratuitamente fino alla fine (cfr. Gv 13,1l). Solo così essi possono essere autentici discepoli di Gesù Cristo, «il pane di Dio che discende dal cielo e dà la vita per il mondo» (Gv 6,33).

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