Anno B - 28a domenica del Tempo Ordinario


Enzo Bianchi
ASCOLTATE IL FIGLIO AMATO!
Il vangelo festivo (Anno B)
Edizioni San Paolo, 2008

Anno B - 28a domenica del Tempo Ordinario

• Sapienza 7,7-11 • Ebrei 4,12-13 • Marco 10,17-30

HA PORTATO OGNI NOVITÀ PORTANDO SE STESSO

Mentre Gesù è in cammino, un uomo gli corre incontro e gli si inginocchia davanti, chiedendogli: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Dopo aver chiarito che solo Dio in verità può essere definito «buono» - come si legge a più riprese nell'Antico Testamento -, Gesù suggerisce a quest'uomo di interrogarsi sulla volontà di Dio espressa nella Legge e di rileggere in quella luce la propria umanità. È in questa prospettiva che lo rimanda ai comandamenti, alle «dieci parole» (cfr. Es 20,1-17; Dt 5,6-21), con le quali Dio offre agli uomini l'alleanza e la comunione con lui, fonte di vita umana piena, destinata a non aver fine.

Alla pronta risposta con cui il suo interlocutore afferma di avere osservato i comandamenti fin dalla giovinezza, Gesù replica a sua volta con un gesto e una parola. Innanzitutto, «fissatolo lo amò»: Gesù pone su di lui il suo sguardo di elezione e lo ama, gli fa il dono del suo amore gratuito; è un gesto semplice ma assai efficace, che esprime meglio di tanti discorsi l'amore preveniente di Dio (cfr. 1Gv 4,19), quell'amore sperimentato su di sé e narrato da Gesù lungo tutta la sua vita.

A questo sguardo segue la chiamata di Gesù: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Come già aveva fatto con Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e Levi (cfr. Mc 1,16-20; 2,14), Gesù invita quest'uomo a lasciare tutto per seguire lui, offrendogli la possibilità (non imponendogliela!) di condividere la sua stessa vita. La sua chiamata trascende anche la Legge e apre la strada a una relazione personale nella quale è racchiusa una paradossale possibilità di salvezza: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,35). Qui sta l'unicità di Gesù, colui che, secondo un antico padre della chiesa, «ha portato ogni novità portando se stesso».

Ma l'uomo, «oscuratosi in volto per quelle parole, se ne andò triste, poiché aveva molti beni». Egli credeva che Dio accordasse la vita eterna in cambio di un adempimento legalistico di prestazioni religiose e anteponeva il proprio scrupoloso impegno al dono di Dio, rivelandosi così incapace di essere un uomo libero e aperto all'amore. Per questo se ne va, accorgendosi che non solo gli manca qualcosa, ma gli manca l'essenziale: la capacità di credere che l'amore di Gesù può dare senso a un'intera vita. «Se ne andò triste, poiché aveva molti beni»: la conclusione di questo incontro ci dice anche che l'attaccamento alle ricchezze può impossessarsi del cuore dell'uomo, fino a privarlo della gioia. È triste ma è reale: si può riporre la fiducia nei propri beni, finendo per essere posseduti da ciò che si possiede...

Di fronte al rifiuto della propria offerta d'amore, Gesù non esprime alcuna condanna, ma volgendo il suo sguardo sui discepoli che lo circondano, si limita a constatare: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio... È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Chi possiede molti beni è particolarmente esposto al rischio di impedire che Dio regni su di lui, perché le ricchezze sono un tesoro, e dove c'è un tesoro là si attacca il cuore umano (cfr. Mt 6,21; Lc 12,34). Altrove Gesù lo dirà chiaramente: «Non potete servire a Dio e a Mammona!» (Mt 6,24; Lc 16,13), cioè alla ricchezza intesa come realtà in cui si ripone la fiducia.

Accortosi dello stupore suscitato nei discepoli, Gesù rivela loro che non solo le ricchezze sono un ostacolo alla salvezza, ma che, più in profondità, la salvezza non è impresa possibile alle sole forze dell'uomo; occorre invece predisporre tutto affinché Dio compia in noi la sua opera di salvezza, credendo che «tutto è possibile a Dio» (cfr. Gn 18,14; Le 1,37)! E a quanti, «a causa sua e del Vangelo», hanno abbandonato ciò che possedevano per seguirlo, Gesù rivolge una parola di consolazione: la promessa del centuplo qui sulla terra insieme a persecuzioni, e poi la vita eterna. La promessa del Signore contiene in sé una grande benedizione, ma occorre essere consapevoli che di essa fanno parte anche le persecuzioni, dunque le contraddizioni, le difficoltà...

In ogni caso, la sequela di Gesù va rinnovata ogni giorno, pena il suo fallimento. Non lo si dimentichi: infatti, per gli stessi che avevano lasciato tutto per seguire Gesù, giungerà un momento in cui, «abbandonato Gesù, fuggirono tutti» (Mc 14,50).

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