Quando la Parola è rara



Il diaconato in Italia n° 172
(gennaio/febbraio 2012)

EMERGENZE


Quando la Parola è rara
di Paolo Giusto


Quando, alla fine degli anni ottanta, mi ritrovai a fare discernimento vocazionale, devo ammettere che questo avvenne per l'essermi imbattuto in quella parola di At 8,26-38 che si incentra su «và, raggiungi quel carro!» e su «comprendi quello che leggi?». Quella Parola continuava a risuonare forte in me (e continua tutt'oggi). Risuonava mentre ero interiormente spinto, nell'esercizio del ministero laicale del lettorato assunto non in vista del diaconato permanente, a farmi carico della difficoltà di tanti bravi fedeli ad entrare in relazione con la Parola nella esperienza catechetico/liturgico/spirituale. Ma risuonava ancor più forte quando mi sembrava di verificare che «la Parola era rara» (1Sam 3,1b) nel vissuto quotidiano per l'evidente scarso peso che mi sembrava avesse nell'assunzione delle decisioni quotidiane di tanta gente.
Erano momenti difficili dal punto di vista sociale ed economico. Non dissimili dagli attuali, se non peggio, e dal mio personale osservatorio (banca/parrocchia) verificavo, non senza tristezza, un progressivo impoverimento delle persone e delle piccole attività economiche, vero tessuto della nostra economia, per effetto di un ricorso all'indebitamento sempre più crescente e scarsamente valutato preventivamente. Allo stesso tempo andavo anche realizzando come gli addetti al bene comune non facessero granché per tenere sotto controllo l'indebitamento pubblico e come il denaro andasse sempre più concentrandosi in poche ma ben definite mani.
Insomma, cresceva dentro di me la consapevolezza di un vuoto formativo della comunità in relazione alla conoscenza della Parola di Dio, ma, allo stesso tempo, le contingenze mi portavano a percepire, anche se debolmente e senza una precisa identificazione del come del perché, quanto per la più vera comprensione di essa dovesse necessitare un ulteriore salto sul piano dell'attuazione nel vissuto.
Fu proprio il peggioramento della situazione sociale ed economica dei primi anni novanta e il continuo bussare alle porte della mia parrocchia di un numero sempre crescente di persone e famiglie (praticanti o meno) in crisi economico/finanziaria che stimolò e fece maturare personalmente in me, anche nel dialogo con il parroco, la consapevolezza "fantasiosa"1 che per far fronte ad una esigenza così crescente si dovesse far ricorso ad un metodo più "organizzato". Contemporaneamente cominciò a manifestarsi - sia pure nella nebbia del nascondimento parziale – la cima di un iceberg il cui dato identificativo era rintracciabile nella illegalità dell'usura e del racket: fenomeni all'epoca assolutamente sommersi e quasi completamente ignorati dalla politica e dal mondo dei media. Si apriva dunque l'ipotesi di una diakonia alquanto "naturale e necessaria" (dal punto di vista del vissuto e delle conoscenze professionali) quasi come quella dettata dallo Spirito a Filippo: «Alzati... và sulla strada... la troverai deserta». Il vescovo Magrassi, di venerata memoria, ordinandomi diacono disse: ora Matteo si è alzato dal banco!
Mi pare inutile riscrivere qui la storia degli anni che andarono dal il 1992 al 2002 (in buona parte riportati in un articolo pubblicato sul n° 118 di questa rivista) e poi fino al 2010 e, nel prosieguo, ancora fino ad oggi (per chi vuole approfondire, si può visitare www.consultantiusura.it).
Ritengo opportuno riepilogare di questa storia i punti salienti che, sviluppando le idee di fondo, supportavano e supportano ancora questo servizio divenuto in tal modo "ecclesiale". Eccoli:
 Costituzione di un fondo di garanzia (per evitare una dazione di denaro priva di senso e quindi percepita come contributo a fondo perduto e senza scopo) con il quale aiutare le persone in crisi ad ottenere un prestito bancario altrimenti non ottenibile;
 Previsione di un percorso finalizzato al riequilibrio delle finanze, compatibilmente con le economie dei soggetti in crisi, anche attraverso l'utilizzo del prestito per sistemare le pendenze debitorie gravanti sull'ordinata gestione del reddito corrente;
 Attenzione particolare ai casi di illegalità, in modo specialistico (legale/commercia le/tributario);
 Sollecitazione (in termini di solidarietà) dei parenti delle vittime e dell'intera comunità diocesana a leggere ed affrontare il problema;
 Sollecitazione della società civile (ed in particolare del mondo politico) a prendere atto dello stato dei fatti e procedere di conseguenza (varo di norme di legge, partecipazione all'attività dei fondi e alla relativa costituzione);
 Recupero della persona e della famiglia indebitata e/o usurata e/o taglieggiata.
Una attività, come si vede, tutta da inventare sia sul piano civile, sia su quello religioso, sia su quello della struttura operativa. Una profezia, diremmo oggi. la storia di più di tre lustri di attività è davanti a tutti. Abnegazione e fatica quotidiana dei primi pionieri hanno prodotto non solo la diffusione di un pensiero guida in ogni angolo della nostra penisola, ma anche la concreta soddisfazione di vedere crescere un notevole gruppo di volontari vogliosi di affrontare nella pratica quotidiana le istanze sempre nuove e sempre crescenti di questa nuova povertà. Allo stesso tempo è cresciuta la spinta (a dire il vero pluralista) nei confronti del mondo politico che così ha dovuto porre attenzione al problema (talvolta anche solo per bisogno di mantenere e/o acquisire consensi "di terz'ordine") e varare un corpus legislativo2 opportunamente regolamentato e rifinanziato.
La stessa Conferenza Episcopale ha fatto sentire il suo autorevole sostegno ed apprezzamento (in forma tangibile anche con sostegni derivanti dalla raccolta dell'8Xmille e con un interesse anche conoscitivo-culturale denotato dai massimi esponenti pro-tempore della Presidenza e della Segreteria). Più di una volta, di fronte allo squallido problema dell'usura, si sono pronunciati sia papa Giovanni Paolo II sia papa Benedetto XVI.
Che dire? Una gran bella novità sul piano dell'attenzione e del servizio agli ultimi! Una novità che continua a porsi come baluardo per i tanti «oppressi dall'idolo denaro e dalla favola di una economia liberale ritenuta erroneamente capace di poter reggere con le sue sole forze la crescita di un welfare tra i più complessi e più delicati al mondo, oggi ridotto, per una politica priva di rappresentatività vera»,3 ad un colabrodo finanziario, i cui esiti ci stanno davanti in questi giorni tinti - forse anche artificiosamente - di possibile default sociale prima ancora che finanziario. Questo passaggio dalla "storia" (anche se recentissima) al momento presente mi induce ad alcune riflessioni che possono essere necessarie, se si è coscienti che in un mondo che cambia nulla è stabile, tutto va riletto, reindirizzato, rimeditato.

Passaggi necessari
Vorrei fissare queste riflessioni in alcuni passaggi che sono necessari per sviluppare ciò che, anche se in nuce, era già contenuto nelle pionieristiche visioni degli anni novanta, ma che oggi abbisognano di un chiaro adattamento culturale e pastorale. Entrambi questi spazi, infatti, non possono restare stati ci se vogliono concretamente porsi a servizio della crescita antropologica e della speranza salvifica che li genera: necessitano di continui aggiustamenti di rotta non, come accade nel mondo della bassa politica, per produrre immagini, fare adepti o muovere soldatini di latta ma per generare "vita", quella alla quale ogni uomo anela e che «noi abbiamo veduta... e di cui rendiamo testimonianza... perché la nostra gioia sia perfetta» (1Gv 1,2-3).
Per far questo - nel rileggere la storia di diaconia sociale/solidale/politica che ho appena delineato nelle precedenti righe e per proiettarla in un futuro ormai tutto individuato da un cambiamento di stili di vita - voglio agganciarmi agli Orientamenti Pastorali dei nostri Vescovi (CEI, Educare alla Vita Buona del Vangelo) per il decennio 2010/2020. Non può sfuggirei, infatti, l'invito che questi ci fanno in ordine ad una revisione di tanti stili e di tanti modi operativi che, ove non si adegueranno di volta in volta ai mutamenti in atto, rischieranno di bloccarsi e di produrre false speranze se non disillusioni. Sul piano dell'economia, del debito e degli stili di vita non possiamo trascurare il grande supporto della Dottrina Sociale della Chiesa. Il primo spunto di riflessione riguarda la diaconia dell' ''essere'': dove siamo, dove ci troviamo, dove andiamo, chi siamo? Dicono i nostri Vescovi «le persone fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all'esistenza [...] le cause di questo disagio sono molteplici - culturali, sociali, economiche - [...] al fondo si può scorgere la negazione della vocazione trascendente dell'uomo [...] "vi è" un falso concetto di autonomia dell'uomo, che lo induce a concepirsi come un IO completo in se stesso» (EVB 9). Riprendo questo passaggio per riportarmi all'inizio del mio raccontare quando, citando l'episodio del diacono Filippo e dell'eunuco, sottolineavo quei movimenti del raggiungere e del salire; del fare un tratto di strada comune (nella modalità del carro) e dell'ascoltare; dello spiegare e del ricevere un sostanziale consenso, fino al raggiungimento del dono finale: la libertà nell'acqua e nello spirito.
Mi domando: abbiamo contezza di chi sono quelli con cui percorriamo la strada di questo momento storico o la nostra visione è chiusa ad iniziative rodate, sperimentate ma ormai svuotate di senso e divenute camaleonticamente territorio di caccia di coloro cercano e autoproducono "sensi di gratificazione personali"? L'esito alle domande trova conferma ed eco nell'analisi che gli stessi Vescovi fanno immediatamente dopo quando affermano che: «la formazione dell'identità personale avviene in un contesto [...] caratterizzato dalla molteplicità di messaggi e dalla grande offerta di beni di consumo» (EVB 10).
Questa affermazione chiama in causa tutti: chi di noi è fuori e può dirsi fuori da un contesto di tentazione quale questo? Dall' AT (Pentateuco, Libri Storici e ogni altro libro) fino al NT (tentazioni di Gesù, desideri di primazialità degli apostoli nel cammino col Maestro) ogni passo della Scrittura ci ricorda questa precarietà vincibile solo attraverso l'Amore. Perciò, sempre nello stesso contesto, i nostri Vescovi aggiungono: «il compito più urgente diventa dunque educare a scelte responsabili» la sfida per noi chiamati e per gli eunuchi disseminati su ogni strada della vita resta quella «di contrastare l'assimilazione passiva di modelli ampiamente divulgati (inconsistenti) promuovendo la capacità di pensare e l'esercizio critico della ragione».
Ecco, se mi consentite, le antiche e nuove piste della diakonia sulle quali possono incontrarsi le esigenze di quei terribili primi anni novanta e di questo altrettanto difficile secondo decennio del terzo millennio. «I poveri li avrete sempre con voi!» (Gv 12,8) si tratta di procedere ad un'opera di sostegno a liberare dai modelli vincenti del consumismo quanti lo vogliono e si impegnano a farlo ritrovando le strade di scelte responsabili ragionando, pensando, generando nuova cultura! Qui il secondo spunto di riflessione: formarsi e formare all'esercizio critico della ragione, con le qualità umane che ciascuno ha maturato nel percorso di vita (sarà forse questa la strada che scende a Gaza?) e con la chiarezza del percorso da fare e dell'obiettivo da raggiungere. Qualità che certamente sono talenti da commerciare... ma senza la furbizia sterile del terzo servo beneficiario del dono nella omonima parabola evangelica.
La furbizia, che allude forse alla stoltezza di chi vuole mantenere sempre lo status-quo, giacché esente dalla fatica e dai rischi personali ma che di certo non è mai premiante nel momento della vittoria della verità e del bello, ce la richiamano ancora i nostri Vescovi ricordandoci i rischi della fatica, della tentazione del dominio e la gioia della gratuità (EVB 3).
Rileggiamoli insieme e comprendiamo quanto vi siamo coinvolti e che fatica è fare diakonia oggi se la si vuole sviluppare pienamente a servizio della storia e della Rivelazione. Un cammino di relazione e fiducia è fondamentalmente necessario se si è alla sequela del Maestro come Filippo che ha ascoltato l'Angelo, ha ascoltato le istanze dell'eunuco, ha formato anche se stesso lasciandosi andare agli eventi determinati dallo Spirito che ci suggerisce di evitare la sciocca politica del decidere "per". «Un cammino di relazione e fiducia richiede impegno che non può ridursi ad interventi puramente funzionali e frammentari; esige un rapporto personale di fedeltà tra soggetti attivi» (EVB 26).
«Un rapporto non privo di rischi e può sperimentare crisi e fallimenti (e) richiede il coraggio della perseveranza. Entrambi sono chiamati a mettersi in gioco, a correggere e a lasciarsi correggere» (EVB 28). Un volontariato con la "minuscola", possibile ai giorni nostri, è sempre pronto a spegnersi perché fatto di cervello e non di cuore, ma anche tanto bisognoso di una diakonia formativa capace di aprire il cuore "far comprendere" la lettura degli eventi della vita. «Un rapporto (chiamato) a modificare e rivedere le proprie scelte [...] a vincere la tentazione di dominare l'altro, e che richiede che sia condivisa la meta verso cui procedere» (EVB 28).

Spunto conclusivo
Lo spunto conclusivo non può che riferirsi al "come". Il "come" umano, specialmente se vissuto nella realizzazione di opere che generano grandi movimenti di denaro e grandi relazioni di potentato rischiano di travolgere anche il più bel progetto nelle grandi acque della tentazione del "personalismo", delle "amicizie che contano" e dello "stare sempre a galla" per evitare il rischio del fallimento dell'opera umana intrapresa e, perché no, anche della paura di finire in prima pagina. Fare "diaconia" tra gli ultimi presi dalle spire dell'illegalità dell'usura, del racket e dalle dipendenze di ogni genere non può esprimersi attraverso la ricerca di una facile contrapposizione tra "poteri forti": vinceranno loro! Non può fondarsi su grandi seguiti di yes-men e compromessi capaci di far forza (politica): assorbiranno la tua persona e il tuo servire! Non può partire dalla logica del "se tu avessi fatto come me (che sono buono) non saresti cascato! ora farai come ti insegno e dico io!".
Assumere questa diaconia esige innanzitutto di riconoscere che Gesù si è fatto servo perché ogni uomo ritrovasse la sua dignità nella verità liberante e solo dopo partire per una strada che ci coinvolgerà come servi nella azione dell'accompagnamento, in quella della formazione di operatori (laicato), in quella di attenzione sociale e del territorio, in quella politica. Tutte però a partire da un solo concetto: l'impegno a «servire nella gratuità, ricordando che Dio ama chi dona con gioia (2Cor 9,7)» (EVB 29), senza mai cedere neanche col pensiero di poter avere qualcosa in cambio.
È questo, infatti, il limite col quale confrontarci e far confrontare chiunque crede di poter vivere un'opera impegnativa, come quella che ho raccontato, che può essere possibile in una rete operativa grandissima, senza limitazioni di fede, cittadinanza o stato sociale o credo politico, in cui ognuno e ogni ente, credendo nel bene comune, metta in gioco conoscenze, capacità e cuore solidarizzando con gli ultimi.
Questa la nuova frontiera in cui ognuno, orientato verso il bello, il buono e il vero può diventare strumento d'amore per l'altro! Allora, chiosando un po' l'indicazione che Mosè nel deserto dava allo stupito ma goffamente settario giovane Giosuè, mi va di concludere affermando «magari tutti potessero essere diaconi!». Un sogno? No, a lume di naso è una promessa di Dio.


(P. Giusto è diacono di Bari, già coordinatore della Consulta Nazionale Antiusura e componente del Comitato Antiracket e Antiusura presso il Ministero dell'Interno)




Note:
1 Agli inizi del nuovo millennio questa mia sensazione precedente ho potuto rileggerla (e confermata) nel documento della CEI "Annunciare il Vangelo in un mondo che cambia" al n° 53, laddove si parla di «fantasia della carità».
2 Legge 108/96 e legge 44/99 oggetto di costante attenzione, per la relativa attuazione, da parte di un apposito Ufficio presso il Ministero dell'Interno (Commissario Antiracket e Antiusura) e di altro Ufficio presso il Ministero dell'Economia (Antiusura-Riciclaggio) rispettivamente interessati alle iniziative per la repressione e per la prevenzione.
3 Cf. F. Appi, Diaconi educati alla diaconia politica, in Il diaconato in Italia, 170/171 (2011) 57.



----------
torna su
torna all'indice
home