Pastorale della strada



Il diaconato in Italia n° 172
(gennaio/febbraio 2012)

INTERVISTE


Pastorale della strada
a cura di Vincenzo Testa

Pino Sestito è diacono dal 13 luglio 1998. È sposato e ha una figlia di 19 anni. Vive e lavora a Crotone e svolge il suo ministero nella Parrocchia di San Paolo. Quando gli domando quale sia il suo servizio specifico mi risponde: «Faccio pastorale della strada». Tra me, mi chiedo in cosa consista ma prima di appagare questa mia curiosità gli chiedo della sua vocazione.

«Premetto - esordisce Pino - che ho avuto una vita che definirei ordinaria, come quella di gran parte dei giovani. Non ero molto inserito nella comunità parrocchiale anche se sono stato sempre educato dai miei genitori ai valori della solidarietà. Una solidarietà non ristretta ma allargata. Molti valori gli ho ricevuti e mi sono stati trasmessi dalla famiglia. Con l'andare del tempo - prosegue - ho capito che dovevo mettere Cristo e la sua Parola al centro della mia vita».

Come è accaduto questo cambiamento?
- Ho conosciuto un frate francescano 25 anni fa. È stata la prima persona che mi ha parlato di Cristo in una certa maniera ma, soprattutto, ho visto la sua testimonianza (faceva il cappellano in Ospedale a Crotone). Lui mi parlava degli ammalati e io lo accompagnavo. Questa è stata la prima scintilla... poi - continua a raccontare - la pienezza della chiamata l'ho colta in America Latina, quando, - e qui il racconto si fa più intenso - mi sono recato con mia moglie nel gennaio 1993 per adottare la mia bambina che ora ha 19 anni. Sono andato con le brocche vuote e sono tornato con le brocche piene. Sono tornato con una figlia straordinaria che mi ha cambiato la vita e con una esperienza di vita bella.
Questa esperienza mi ha fatto capire che dovevo dedicarmi ai cosiddetti "ultimi" o ai "niente" come qualcuno li ha definiti. Loro, gli "ultimi", i "niente", i "disperati della terra", sono quelli che vivono ai margini. Ho iniziato così a capire in maniera molto semplice che cosa voleva dire San Francesco quando diceva che è nel dare che si riceve.

Qual è stata la tua prima esperienza dopo l'ordinazione?
- Il mio primo servizio è stato liturgico in parrocchia ma non era appagante. Così ho cercato anche altro. Vedi - e la voce si fa ancora più profonda - io vengo dalla strada, nel senso positivo del termine. Vivo nella strada anche perché sono insegnante nella scuola primaria da 26 anni e vivo tra i bimbi. Spesso vado anche a visitare le loro famiglie. Le situazioni sono tante. Ho avuto modo di toccare con mano le varie situazioni e ho capito meglio un concetto che ho sentito da Padre Renato Cantalamessa. Lui dice che se è vero che la Chiesa è nata anagraficamente il giorno di Pentecoste è anche vero che è stata concepita, come tutte le creature nel costato di Cristo. Da quel costato è sgorgato l'amore per i poveri.

Quali sono state le tue esperienze successive?
- Ho fatto una esperienza a "Mondo X" che è una comunità di recupero che accoglie nel mio territorio ragazzi dal nord Italia. Poi ho fatto ancora esperienza in un'altra comunità di recupero che ha anche una casa famiglia. Lì sono stato due anni e facevo anche catechismo ai ragazzi che volevano ricevere la cresima. Poi, un giorno insieme ad alcuni amici abbiamo riflettuto sulla presenza a Crotone di uno dei più grandi centri di accoglienza. In tanti vengono mandati a Crotone per vari motivi.
Si tratta per la maggior parte di irregolari, di persone che hanno avuto problemi con la giustizia, ecc. Si tratta, in ogni caso di nostri fratelli, e noi, la Chiesa, deve comunque accoglierli. Ed è così che abbiamo pensato di dar vita ad una pattuglia notturna per capire dove vivevano e dove dormivano. Le ragazze, purtroppo, si prostituiscono. Non possono fare altro e forse dietro c'è anche la delinquenza organizzata. Sono quelle che don Benzi chiamava "le schiave". È una realtà che esiste anche a Crotone, una realtà che emerge quando il sole scompare e arriva la notte.

Cosa avete pensato dunque di fare?
- Io, insieme a questi amici ci siamo sentiti in dovere di fare qualcosa. Da parte mia lo faccio sia come cristiano che come consacrato e così ci siamo organizzati per portare loro da mangiare. Alcune famiglie volontarie preparano i pasti e noi li consegniamo. In questo progetto è intervenuta anche la curia vescovile e la parrocchia che hanno comprato un camper.
È nato così il "Camper della Speranza On the road". Ora ci sono diversi volontari che assicurano la cena da lunedì a domenica e la domenica anche a mezzogiorno. Ma, oltre al cibo cerchiamo di instaurare delle relazioni. Se c'è qualcuno che ha problemi di salute o di altra natura cerchiamo di fare quanto è possibile. A coordinare il tutto c'è il mio parroco ma insieme ci sono anche tanti giovani penso a Claudio e a sua sorella tra i tanti. È un'esperienza dalla quale ricevo molto.

Ma, allora, cosa è un diacono per te?
- Il diacono è colui che prima di tutto ascolta. Deve incarnare prima di tutto ciò che ascolta e cioè, prima di tutto, la Parola del Signore. Deve ubbidire al Vescovo e al parroco e deve farlo anche quando non lo comprende. Deve stare in pace con se stesso e con tutta la Chiesa ed essere convinto del suo ministero che è quello di servire l'altro. Il diacono ha il dovere di servire l'altro; ha fatto una scelta di campo che, gli sposati, condividono con la moglie. Io, infatti, credo che per i diaconi sposati ci sia proprio una vocazione di coppia. Credo che la sposa è quel qualcosa in più che aiuta e che dopo il rito di ordinazione dà il supporto, soprattutto quando le cose si fanno più difficili.
Il diacono, però, deve essere prima marito, poi padre e quindi non può trascurare la famiglia e deve sapersi spendere per il prossimo. Insomma deve passare da un cristianesimo del dire ad un cristianesimo del fare. Noto, purtroppo con sofferenza, che anche all'interno delle nostre comunità ci si ferma, in molti casi, ad un cristianesimo del dire come se ci fosse un po' di intimismo.

E per la formazione?
- La formazione è essenziale prima e dopo. Credo che sia fondamentale e che bisogna sempre cercare occasioni di formazione. Ma prima di tutto c'è la preghiera. Infine sarà fondamentale leggere i fatti del quotidiano che ci circonda. Lo specifico del diacono a mio parere è stare con i poveri. Dove c'è un povero là deve esserci un diacono.


Ora capisco meglio cosa sia la "Pastorale della strada". Credo che sia quella dove la vita brucia e dove la sofferenza e il dolore si fanno storia. Dove uomini e donne in carne ed ossa, definiti "i niente", "i diseredati", "i disperati della terra ", vivono in condizioni sub umane circondati dall'indifferenza di una società opulenta e grassa.


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