Tempo ordinario (B) [2] - 2012


Parola che si fa vita

Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)

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"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


Santissima Trinità (3 giugno 2012)
Io sono con voi tutti I giorni (Mt 28,20)

Corpus Domini (10 giugno 2012)
Prese in pane, lo spezzò e lo diede loro (Mc 14,22)

11adomenica del tempo ordinario (17 giugno 2012) (15 gennaio 2012)
Il seme è la parola di Dio (Canto al Vangelo)

Natività di san Giovanni Battista (24 giugno 2012 - 12a dom. del t. o.)
Si chiamerà Giovanni (Lc 1,60)

13a domenica del tempo ordinario (1° luglio 2012)
Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34)

14a domenica del tempo ordinario (8 luglio 2012)
Si meravigliava della loro incredulità (Mc 6,6)

15a domenica del tempo ordinario (15 luglio 2012)
Prese a mandarli a due a due (Mc 6,7)

16a domenica del tempo ordinario (22 luglio 2012)
Venite in disparte, in un luogo deserto (Mc 6,31)

17a domenica del tempo ordinario (29 luglio 2012)
Prese I pani e li diede (Gv 6,11)

18a domenica del tempo ordinario (5 agosto 2012)
Voi mi cercate perché avete mangiato di quei pani (Gv 6,26)

19a domenica del tempo ordinario (12 agosto 2012)
Io sono il pane della vita (Gv 6,48)

Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2012)
L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46)

20a domenica del tempo ordinario (19 agosto 2012)
Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,51)

21a domenica del tempo ordinario (26 agosto 2012)
Signore, da chi andremo? (Gv 6,68)

22a domenica del tempo ordinario (2 settembre 2012)
Questo popolo mi onora con le labbra (Mc 7,6)

23a domenica del tempo ordinario (9 settembre 2012)
Gesù gli disse: "Apriti!" (Mc 7,34)

24a domenica del tempo ordinario (16 settembre 2012)
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mc 8,34)

25a domenica del tempo ordinario (23 settembre 2012)
Se uno vuol essere il primo, sia il servitore di tutti (Mc 9,35)

26a domenica del tempo ordinario (30 settembre 2012)
Chiunque vi darà un bicchiere d'acqua, non perderà la sua ricompensa (Mc 9,41)

27a domenica del tempo ordinario (7 ottobre 2012)
L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto (Mc 10,9)

28a domenica del tempo ordinario (14 ottobre 2012)
Se ne andò rattristato, possedeva infatti molti beni (Mc 10,22)

29a domenica del tempo ordinario (21 ottobre 2012)
È venuto per servire e dare la propria vita (Mc 10,45)

30a domenica del tempo ordinario (28 ottobre 2012)
Che cosa vuoi che io faccia per te? (Mc 10,51)

31a domenica del tempo ordinario (4 novembre 2012)
Amerai il tuo prossimo come te stesso (Mc 12,31)

32a domenica del tempo ordinario (11 novembre 2012)
Questa vedova, povera, ha dato più di tutti gli altri (Mc 12,43)

33a domenica del tempo ordinario (18 novembre 2012)
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mc 13,31)

Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (25 novembre 2012)
Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,36)



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Santissima Trinità (3 giugno 2012)
Io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20)

Nella SS. Trinità, fonte della nostra fede e della nostra speranza, lo Spirito Santo è l'amore che lega fra loro il Padre e il Figlio in unità, rispettando la diversità.
In San Giovanni, Gesù aveva detto: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola".
Per noi cristiani, pertanto, Dio è Amore, Dio è Famiglia.
Pensiamo allora a tutte le conseguenze che questo comporta: siamo la sua famiglia!
Possiamo allora ricambiare tutto l'amore che Dio ha avuto e ha per noi, con l'amore scambievole: in famiglia, nelle assemblee civili ed ecclesiali, nell'ambiente di lavoro…
Questa vita di famiglia è però una conquista di tutti i giorni, che va continuamente rinnovata.
Che ciascuno possa scoprire fra noi cristiani il riflesso della bellezza e dell'armonia della vita Trinitaria.

Testimonianza di Parola vissuta

La mamma di mio marito è affezionatissima a suo figlio, fino a esserne gelosa, atteggiamento che ha sempre creato difficoltà tra noi.
Un anno fa le è stato diagnosticato un tumore: necessita di cure ed assistenza, che la sua unica figlia non è in grado di darle.
In quel periodo, accogliendo l'invito di un'amica, partecipo ad un convegno e lì, l'incontro con Dio Amore mi cambia la vita. La prima conseguenza di questa conversione è la decisione di accogliere mia suocera in casa, superando ogni timore. La luce che mi si è accesa in cuore al convegno, me la fa vedere con occhi nuovi. Ora so che è Gesù che curo e assisto in lei. E pian piano il mio cuore di pietra si trasforma in un cuore di carne.
Lei, non indifferente all'amore, ricambia, con mia sorpresa, ogni mio gesto con altrettanto amore. La grazia di Dio ha operato così il miracolo della reciprocità!
Trascorrono mesi di sacrifici che non mi pesano e, quando mia suocera parte serena per il Cielo, lascia pace in tutti.
In quei giorni mi accorgo di essere in attesa di un bimbo, che da nove anni desideriamo! Questo figlio è per noi il segno tangibile dell'amore di Dio che ricambia in questo modo quel po' d'amore che abbiamo cercato di dare a lui nella nonna.

M. - Argentina

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Corpus Domini (10 giugno 2012)
Prese il pane, lo spezzò e lo diede loro (Mc 14,22)

L'Eucaristia che fa la Chiesa manifesta visibilmente l'unità a cui sono chiamati i cristiani.
Nel cenacolo c'è un momento stupendo di intimità con Gesù e i suoi. A tavola, mentre spezza il pane, dice: "Prendete, questo è il mio Corpo". In quel gesto Gesù compie un ineffabile e straordinario atto di amore per gli apostoli. E quel 'pane' diventa nutrimento quotidiano per loro e per tutte le comunità che verranno.
Gesù si dona a noi senza prima guardare ai nostri limiti, alle nostre fragilità, meschinità e paure.
Così, sul suo esempio, Gesù ci invita a spezzare il nostro pane, condividendolo con quanti sono nel bisogno: con chi ci vive accanto, con chi ci ama, con chi non ci ama.
Sia questo il nostro SÍ che nella comunione con Gesù Eucaristia rinnoviamo singolarmente e insieme: amarci fino al dono di sé, perché si compia l'adempimento della Sua volontà: che tutti siano una cosa sola.
Quale meraviglia e stupore ha una vita così!

Testimonianza di Parola vissuta

Poco dopo che io e mia moglie abbiamo cominciato a mettere in pratica il Vangelo, ho sperimentato, per la prima volta, come Dio provvede alle necessità in modo molto concreto. Ci eravamo appena trasferiti in una casa nuova con una sala da pranzo piuttosto grande. Il nostro tavolino e le quattro sedie sembravano perdersi, ma era tutto quello che avevamo. Nell'altra stanza, abbiamo sistemato una piccola cucina.
Poi un giorno Rose Marie mi disse che aveva saputo di una famiglia che aveva bisogno di mobilia per la sala da pranzo. La sua immediata e logica conclusione fu che dal momento che noi avevamo due sets, uno per la cucina e uno per la sala da pranzo, e loro nessuno, noi avremmo dovuto dare loro quello per la saletta da pranzo. "Poi sarà vuota", risposi io. "Comunque è l'arredo sbagliato per quella stanza", lei concluse, "e noi non la useremo mai". Io le dissi che era fuori questione. Lei non ha più menzionato la cosa, ma io sapevo cosa pensava.
Ho messo da parte l'argomento, o dovrei dire, ho provato. Alcuni giorni dopo, non riuscivo a pensare che a questa famiglia. Trovavo persino difficile a concentrarmi sul lavoro. La voce della mia coscienza mi tormentava. In fondo al cuore ho avvertito che Dio mi stava chiedendo di dare la sala da pranzo, ma io continuavo a resistere. Più cercavo di ignorare l'idea, più forte diventava, fino al punto di non avere più pace. Sono andato a casa ed ho parlato con Rose Marie. Lei ha telefonato alla famiglia che aveva ancora questa necessità. Ho portato loro la mobilia, ho dato una mano a sistemarla nella loro casa ed era perfetta per lo spazio che avevano. Quando li ho salutati, ho sentito una gioia che non avevo mai sperimentato prima.
Pochi giorni dopo abbiamo ricevuto una chiamata da un parente che ci chiedeva se noi conoscevamo qualcuno che aveva bisogno di una sala da pranzo completa di tavolo, sei sedie, una scaffalatura ed una credenza. L'amore di Dio personale onestamente mi ha strabiliato…

Rose Marie and Leon

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11a domenica del tempo ordinario (17 giugno 2012)
La parola di Dio è come un seme (Canto al Vangelo)

Quale stupore constatare la crescita miracolosa del seme e il risultato finale: un copioso raccolto.
Oggi la parabola di Gesù parla di un seme che si sviluppa da sé, che cresce fino a diventare un albero.
Tale immagine indica la parola di Dio seminata nel cuore dei discepoli, per germogliarvi e fruttificare: ha in sé una luce e una forza straordinaria perché è Gesù che parla in noi.
Se viene accolta, amata, vissuta, ha una potenza di irradiazione che l'uomo neppure immagina.
L'efficacia non dipenderà tanto da chi o come viene spiegata, ma dall'umiltà con cui si accoglie e dal rapporto d'amore con Gesù da parte di coloro che l'annunciano.
Se la Parola diventerà vita, questi saranno gli effetti: suscita l'unione con Dio, crea uomini nuovi, rende liberi, porta l'unità dove ci sono divisioni. A noi essere "vangeli vivi".

Testimonianza di Parola vissuta

Abbiamo iniziato un Gruppo del Vangelo in una casa. Vengono anche persone che non frequentano la chiesa. Cerchiamo di creare subito un clima di accoglienza e di famiglia. Poi leggiamo e invitiamo a vivere una pagina di Vangelo. Alcuni di noi raccontano le loro esperienze nella vita di coppia, con i figli, nel posto di lavoro. La cosa piace, ma soprattutto impressionano il clima fraterno che si crea e le esperienze semplici e concrete.
Molti i frutti. Una donna: "Mi sono resa conto che finora ero una cristiana individualista: pregavo, andavo a Messa, facevo tutto per me. Ora mi sento Chiesa, sento che insieme rendiamo presente Gesù per il mondo". Un altro: "Ho scoperto nelle esperienze semplici ascoltate che si può vivere anche in questi tempi il Vangelo, a sentirci tutti una vera famiglia". E un'altra: "Con un matrimonio fallito alle spalle ed essendomi unita a un compagno avevo chiuso con la Chiesa. Qui ho scoperto che Dio mi ama così come sono ed è stato l'inizio di un rapporto nuovo con la Chiesa. Il primo frutto è stata l'esigenza forte della preghiera e della Messa".

un gruppo di Bologna

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Natività di san Giovanni Battista (24 giugno 2012 - 12a dom. del t. o.)
Si chiamerà Giovanni (Lc 1,60)

Celebriamo la festa della natività di Giovanni Battista "il più grande nato da donna", come dirà Gesù.
Ha una missione straordinaria: "Tu, bambino, andrai davanti al Signore a preparargli la strada".
Come per Giovanni Battista, anche su di noi Dio ha un progetto di amore da realizzare, una missione "unica e irrepetibile" (Giovanni Paolo II).
"Signore, tu mi scruti e mi conosci" – abbiamo pregato nel Salmo – e, nonostante le nostre fragilità, Egli ci chiama a essere dono per gli altri.
La Chiesa, preparando il Sinodo sulla "nuova evangelizzazione", ci invita ad evangelizzarci vivendo il Vangelo, per offrire a tutti il dono della nostra fede vissuta con la coerenza della vita.
Lo Spirito Santo, che ha reso Giovanni Battista Parola viva, ci faccia cogliere la bellezza di tale dono e, al di là delle nostre fragilità e povertà, ci faccia perseverare fino alla fine.

Testimonianza di Parola vissuta

Sono andato insieme a Daxel, un altro ragazzo della mia città, a una festa di una nostra amica che compiva 15 anni. La casa era lontanissima ed abbiamo dovuto camminare moltissimo.
A un certo punto, durante la festa, ho sentito delle forti risate ed ero curioso di sapere perché ridevano così tanto: anch'io volevo divertirmi! Ho scoperto che nel balcone della casa dove eravamo c'era un sacco di gente che rideva di un signore ubriaco che in strada non riusciva a mettersi in piedi.
Subito ho chiamato Daxel – che non si era reso conto della situazione - e gli ho detto di accompagnarmi sotto. Avvicinandoci, ci siamo accorti che il signore ubriaco era un uomo grande e robusto, molto forte, lo abbiamo aiutato a mettersi in piedi.
Alcuni gridavano: lasciatelo lì, lui è sempre così ubriaco. Ma per me era Gesù e basta. Lui, molto contento, ci ha ringraziato ma io gli ho risposto: "Ringrazia Dio!". Quando siamo saliti di nuovo per la festa, tutti ci guardavano con stupore e ci hanno fatto un grande applauso.
Ci sentivamo felici di aver potuto testimoniare il nostro amore verso tutti.

Ernesto

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13a domenica del tempo ordinario (1° luglio 2012)
Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34)

Gesù è attorniato da una folla di persone. Una donna si avvicina e lo tocca. Cerca guarigione. Gesù sente che una forza spirituale è uscita da Lui e vuole conoscere chi l'ha toccato. Il suo sguardo muove la donna alla confessione. Ella avanza con paura e tremore e si getta dinanzi a Lui. Gesù con tenerezza la chiama "figlia" e la congeda interpretando il suo agire come fede: "La tua fede ti ha salvata".
Capiamo che la fede non è agire con cieca fiducia in forze magiche, ma è toccare Gesù e parlargli faccia a faccia. È comunione e dialogo con Lui. Per questo la donna diventa modello per noi che ascoltiamo oggi. Anche noi infatti siamo dei credenti, ma sempre abbiamo bisogno di rinnovare la nostra fede. Guardando alla donna che viene guarita possiamo intuire il cammino della fede: parte dalla constatazione di un male non accettato e l'incapacità di liberarsene; passa per l'ascolto di Gesù che apre alla fiducia nella sua grazia; giunge a "toccarlo" di spalle per diventare poi un dialogo faccia a faccia con Lui. Solo se lo "tocchiamo" siamo salvi perché è Lui la nostra vita.

Testimonianza di Parola vissuta

Una mamma di New York ha tre bambini piccoli.
È povera, e quell'inverno bisognava comprare i tre cappotti ai tre bambini, perché ormai erano consumati. Lei non ha soldi, ma attraverso il giornale vede che c'è un negozio che svende cappotti a prezzo minimo. Allora lei dice: bisogna che ne approfitti, entro oggi devo andare a comprare i tre cappotti per i bambini. Ma in quel momento la suocera – che viene solo di rado – telefona per fare una visita ai bimbi. Dapprima pensa: io dico che devo uscire.
E subito dopo: ma Gesù riterrà fatto a sé quello che io dico a lei, perché c'è Gesù anche dietro di lei.
Allora dimentica i cappotti, con grande dolore per i suoi bambini, e risponde al telefono: "Vieni pure". Finalmente arriva, suona il campanello ed entra questa signora anziana con un grande pacco, va lì dai tre bambini e lo apre. Cosa conteneva? Tre cappotti, piccolini, per i bambini. È proprio Gesù che risponde.
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14a domenica del tempo ordinario (8 luglio 2012)
Si meravigliava della loro incredulità (Mc 6,6)

Gesù lascia la casa e il paese di Giairo e raggiunge la sua patria, Nazareth. I discepoli accompagnano il Maestro, lo seguono e sono la sua vera famiglia. Gesù prende l'occasione del culto del sabato nella sinagoga per tenere un discorso.
I suoi compaesani si meravigliano e si scandalizzano che la sapienza e l'azione di Dio sia in quest'uomo, che ben conoscono. Anche Gesù a sua volta si meraviglia della loro incredulità.
Questo episodio ci aiuta a comprendere la nostra fede. Quante volte diciamo: se lo vedessi, se lo toccassi gli crederei! I suoi l'hanno rifiutato proprio perché l'hanno visto e proprio perché potevano toccarlo. La fede non è tanto accettare che Gesù è Dio – magari il Dio che pensiamo noi! - ma accettare che Dio, il Dio che noi non pensavamo, è questo uomo Gesù. Perché quel Dio che nessuno ha mai visto, Lui, Gesù, ce l'ha rivelato (Gv 1, 18). Lo scandalo della fede, uguale per tutti, è costituito dal fatto che la sapienza e la potenza di Dio parlino e operino nella follia e nella debolezza di un amore fatto carne, che fa sue tutte le nostre fragilità, fino alla morte in croce. La fede è accettare e toccare proprio Lui come mio Dio e mio Signore. Provo a chiedermi in questa settimana chi è Dio per me, qual è l'immagine di Dio che mi porto dentro, qual è la mia esperienza di Dio. E provo a raccontarla.

Testimonianza di Parola vissuta

Ho 21 anni e frequento il 3° anno d'Università. Non amo essere chiamato ateo, poiché oggigiorno l'ateismo viene letto come posizione in feroce contrapposizione alla Chiesa e alle religioni. Io invece cerco di mettere il rispetto davanti ad ogni persona e cosa: per questo preferisco essere chiamato "non credente".
Non sono mai stato d'accordo nell'evangelizzazione delle persone; l'ho sempre vista come una costrizione.
Un piccolo gesto di gentilezza può far venire il sorriso e può innescare una serie di eventi positivi a catena - crea una porzione di mondo unito.
Un giorno, mentre ero in gita in montagna, un signore decise di unirsi alla nostra comitiva, nonostante i suoi scarponi si fossero rotti, poiché soffriva di vertigini e aveva paura di scendere con la seggiovia. Decisi di fare scambio di scarpe, proseguendo io con un piede scalzo e uno con uno scarpone rotto. Dopo questo scambio arrivammo facilmente fino alla seconda seggiovia, dove lui pensò di prenderla e di ridarmi le scarpe. Se un'azione è spinta d'amore disinteressato e vissuta con quotidianità, a noi forse non cambierà la giornata, ma a molti altri sì.
A tutte le persone che hanno dubbi di fede o pensano che essere non credenti vuol dire essere bollati per la vita, vorrei dire che non è poi così.

Andrea O., Roma

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15a domenica del tempo ordinario (15 luglio 2012)
Prese a mandarli a due a due (Mc 6,7)

Dopo l'infruttuoso intervento di Nazareth, Gesù gira nei dintorni e insegna. Intensifica la sua attività e vuole ampliarla con l'aiuto dei dodici. Li ha chiamati ad uno ad uno (Mc 1, 16-20), li ha comunitariamente costituiti perché "stessero con Lui" (Mc 3,14). Ora li invia ai fratelli a due a due.
Marco ci racconta i tre passi di ogni vocazione: il primo passo dalla dispersione al seguire Gesù; il secondo dal seguire Gesù alla comunione con Lui; il terzo dalla comunione alla missione.
Come gli apostoli, anche noi prolunghiamo la missione di Gesù. L'invio avviene a due a due. Ciò corrisponde ad un modo abituale di fare all'inizio del cristianesimo che dà alla parola che si annuncia il peso di due testimoni. In secondo luogo l'essere mandati a due a due allude all'aiuto reciproco nell'attività. E perché la parola sia sostenuta dall'esempio e l'esempio sia confermato dalla parola, devono testimoniare tra loro l'Amore che proclameranno agli altri. Infatti se due stanno insieme nella carità reciproca è perché c'è un terzo: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, sono in mezzo a loro (Mt 18,20). E due è anche il principio di molti; è l'inizio della nuova comunità: essere uniti tra noi perché viviamo in comunione con Lui e siamo mandati ad annunciare e testimoniare Lui, il Dio Amore.

Testimonianza di Parola vissuta

Quattro anni erano trascorsi dalla morte del papà per un incidente d'auto, e quella era l'ultima udienza del processo. Non avevo mai voluto assistere alle precedenti per non rivivere tristi circostanze, e anche per non vedere la persona che, con imprudenza, aveva arrecato a me e a tutta la mia famiglia un dolore così grande. Ma quella volta dovetti andare.
Il giudice lesse la sentenza: sei mesi di reclusione, con la condizionale.
La moglie, il padre e lui stesso, l'investitore, apparivano molto depressi. Si capiva che soffrivano molto. Uscimmo tutti dall'aula. Ma non me la sentivo di andarmene così. Avrei voluto avvicinarmi a quell'uomo vincendo l'orgoglio che diceva di no; fargli sentire che gli ero vicino: ne parlai a mia sorella: "Sono loro che devono scusarsi con noi..." Insistetti Raggiungemmo quella persona. Notai un atteggiamento di difesa nei nostri confronti, ma mi affrettai a rassicurarla: "Non nutriamo nessun rancore nei suoi riguardi...". Ci stringemmo la mano con forza.

R.S.- Italia

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16a domenica del tempo ordinario (22 luglio 2012)
Venite in disparte in un luogo deserto (Mc 6,31)

Gli apostoli sono andati in missione, mandati a due a due. Ora ritornano e si riuniscono presso Gesù a raccontare la loro esperienza. Al centro sta Colui che li ha inviati e ora Gesù li invita in solitudine: Venite in disparte.
Chi si confronta con la Parola, che è Gesù, è invitato ad entrare sempre più profondamente nella sua comprensione e nella conoscenza di Dio e del suo amore. Gesù invita i suoi ad entrare nel deserto perché, come dice il profeta Osea, vuole parlare al loro cuore. Lì conosceranno chi è il Signore: parola e pane disceso dal cielo. Il brano di questa domenica ci racconta innanzitutto che cos'è la Messa: è andare in disparte, riunirsi attorno al Signore Risorto perché Lui possa parlare al nostro cuore e perché noi possiamo trovare il vero "riposo", in intimità con Lui, che ci comunica il suo segreto, il suo amore. E ci racconta anche l'importanza di trovare dei momenti di solitudine nella preghiera per dare ali alla nostra comunione con il Signore della nostra vita.

Testimonianza di Parola vissuta

Una domenica, passando nella corsia dell'ospedale, prima della celebrazione della Messa, per vedere quanti desideravano la Comunione, chiesi a una signora inferma se desiderava accostarsi a Gesù. "No!" fu la secca risposta. "Non si preoccupi, la ricorderò al Signore nella Messa", le disse e mi girai per porre la stessa domanda alla compagna di camera, la quale mi chiese se la potevo confessare prima di ricevere Gesù. Mi chinai su di lei e, con tutta calma, ascoltai la signora e le diedi l'assoluzione. Poi salutai le due signore con la mano. Al che la prima mi fece cenno di accostarmi a lei. Accostandomi mi disse a voce chiara: "Voglio confessarmi anch'io". Lesse nel mio sguardo un cenno di meraviglia e continuò: "Si meraviglia? Quando l'ho vista chinarsi con tanta gentilezza e disponibilità su quella signora mi sono sentita dentro tutta animata di rimettermi in pace con Dio: Sono 64 anni che non mi confesso!...".

don D.V. - Italia

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17a domenica del tempo ordinario (29 luglio 2012)
Prese i pani e li diede loro (Gv 6,11)

A partire da questa, per alcune domeniche ascolteremo nella liturgia il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. Esso si apre con la scena della moltiplicazione dei pani, che Gesù poi commenterà in chiave eucaristica nella sinagoga di Cafarnao. L'episodio, situato nel tempo della Pasqua ebraica, presenta una grande folla che segue Gesù sul monte. Lì, la folla riceve la parola che diventa pane di vita. Gesù prende il pane, che un ragazzo gli ha donato.
C'è modo e modo di prendere. C'è chi prende e tiene per sé: ma questo divide dagli altri; ci separa anche da Dio che ci vuole figli e fratelli. C'è invece chi prende ricevendo come dono, chi prende con la mano aperta che riceve e dona. E la vita fluisce e cresce. Gesù prende e non tiene per sé. E quel poco in mano sua diventa molto per tanti. Per questo Gesù sente il bisogno di ringraziare, di fare Eucaristia. È bello pensare che tutto parte da un ragazzo insignificante, di cui non conosciamo niente. Eppure anche lui ha aperto le mani e ha messo il suo pane a servizio degli altri; diventa così immagine di Gesù venuto per servire e dare la vita per i fratelli, chiamando i discepoli a fare altrettanto.

Testimonianza di Parola vissuta

Domenica scorsa, durante l'omelia, il sacerdote ha consigliato di invitare a prendere un caffè un vicino di casa mai avvicinato. Mi è piaciuta questa idea e mi sono detta: "Ci provo!".
Di fronte a me abita una signora nigeriana sposata con un bambino tanto carino; era lui che univa noi, con un saluto, un complimento, ma erano di "un'altra razza" e li tenevo a distanza. Lei invece mi suonava il campanello per qualche bisogno; la trattavo bene ma parlavamo solo sulla porta di casa.
Lunedì pomeriggio prendo forza, dico una preghiera e le suono il campanello. Lei mi dice: "Cos'è successo?". "Niente – dico io – ti chiedo scusa perché non ti ho mai fatta entrare in casa mia e ora ti invito per un caffè". Lei fa un sorriso largo, anche con gli occhi dicendomi: "Accetto".
Ora siamo amiche ed ha appena avuto due gemelli. Io sono contenta perché al bisogno mi chiama.

E. V

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18a domenica del tempo ordinario (5 agosto 2012)
Voi mi cercate perché avete mangiato di quei pani (Gv 6,26)

La folla che sul monte aveva mangiato il pane saziandosi va in cerca di Gesù. Quando lo trovano, Gesù li rimprovera perché lo cercano per il pane che perisce e li esorta a darsi da fare per quello che non perisce. Si può cercare Gesù perché garantisce il pane materiale per sopravvivere, oppure perché si è visto che quel pane è il segno di Lui che si dona. Cercare Gesù è cercare il pane che sazia, che dà la vita piena. Gesù vuole educarci ad uscire dal nostro egoismo per accogliere il suo amore.
Questo brano del Vangelo ci offre l'occasione di farci alcune domande: che cosa, o meglio, chi cerchiamo nella nostra vita? Per chi viviamo? Come viviamo? Possiamo vivere mettendo noi stessi al centro: allora gli altri mi saranno degli estranei. Oppure viviamo prendendo tutto come dono del Padre e condividendo con il fratello. Solo così si realizza in pieno la nostra umanità: tutto ci sazia e ci rende figli del Padre celeste e fratelli e sorelle di tutti. Proviamo a vivere questa settimana cercando e amando il Signore dei doni (e non solo i doni del Signore), che ci invita a trattare gli altri come fratelli.

Testimonianza di Parola vissuta

Nei pomeriggi liberi dai compiti, mi piace un sacco ritrovarmi col mio gruppo di amiche a parlare tra di noi. Altre compagne di scuola, invece, preferiscono andare a spasso per la città ed il giorno dopo in classe hanno sempre nuove avventure da raccontare. «Ieri siamo andate al cyber cafè - ci hanno detto un giorno tre di loro - e navigando in internet, siamo entrati in un sito dove, chattando, puoi iniziare un rapporto con i ragazzi». In ogni momento libero non parlavano d'altro.
Erano così entusiaste che, incontrandole per caso in biblioteca, ho deciso di seguirle: quella novità mi incuriosiva. Ben presto sono diventata loro amica ed un giorno mi hanno chiesto: «Perché, quando vieni con noi al cyber cafè, non ti metti anche tu in contatto con qualche ragazzo? 'Entrare in rete', come dice sempre il nostro professore, allarga gli orizzonti e ci aiuta a fare nuove conoscenze…».
Come mi risvegliassi da un sonno, di colpo ho capito che la mia curiosità mi aveva ingannato, trascinandomi in un mondo falso. Quei rapporti che le mie amiche, tramite la chat, avevano iniziato, non erano un arricchimento, anzi, Gesù presente nel mio cuore mi spingeva a rifiutare simili relazioni così occasionali. Perciò ho detto di no alla loro proposta, aggiungendo che non le avrei più accompagnate al cyber cafè. Poi ho raccontato al mio vecchio gruppo di amiche ciò che avevo imparato da questa esperienza e la nostra amicizia è diventata più forte. Con loro, nel periodo prima degli esami, ho incominciato a incontrarmi ogni giorno: volevamo studiare insieme per ottenere i migliori voti e vincere una gara all'interno della scuola. Anche un ragazzo molto preparato si è unito a noi e, non solo siamo stati tutti promossi, ma lui è arrivato 4° ed io 3a!
Ho sperimentato che andando controcorrente ed essendo coerente con ciò che Gesù mi dice dentro, posso essere davvero felice e far felici anche i miei amici.

Veronique, Madagascar

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19a domenica del tempo ordinario (12 agosto 2012)
Io sono il pane della vita (Gv 6,48)

Continua il discorso di Gesù sull'Eucaristia. Gesù dice che il pane, simbolo della vita, è Lui, il Figlio che ama il Padre e i fratelli. La vita di ciascuno infatti è costituita da quelle relazioni di amore che la rendono umana e vivibile. Gesù applica a sé le caratteristiche del pane: umile e utile, appetibile e disponibile, semplice e gustoso, faticoso e gioioso, forza di chi lo assimila e comunione tra chi lo mangia (tanto che la parola "compagnia" indicava il gruppo che spezzava e condivideva la stessa grossa pagnotta di pane). Con l'immagine del pane della vita, Gesù ci suggerisce l'idea del mangiare e dell'assimilare.
Come per la vita fisica se vogliamo vivere è necessario mangiare ed è altrettanto indispensabile che il cibo sia assimilato dal nostro corpo, così anche per la nostra vita spirituale: mangiare il Pane per diventare simili al Figlio, amato dal Padre e che ama i fratelli. L'Eucaristia ci rende figli nel Figlio, in comunione col Padre, con i fratelli e con tutto il creato. Gesù pane della vita, è capace di trasmettere la vita divina. Questo è il grande dono dell'Eucaristia. Quando passiamo accanto ad una chiesa in questa settimana entriamo e sostiamo in contemplazione ringraziando Gesù di questo dono.

Testimonianza di Parola vissuta

La settimana appena iniziata non stava andando molto bene: era come se nessuno mi capisse... Non riuscivo a trovare niente di positivo nella giornata. Poi la domenica sono andata a Messa ed ho scoperto quale era la luce che mi mancava e di cui avevo veramente bisogno: la Parola di Dio! Era stata in me in ogni momento della settimana, ma ero talmente chiusa in me stessa e triste che non le avevo dato ascolto. Non avevo permesso a Gesù di entrare e di compiere su di me la sua volontà! Ero felicissima di aver ritrovato la voglia di Vita durante quell'incontro con Dio! Dio ci ama sempre anche quando noi non ci lasciamo amare da Lui. Potevo iniziare subito con una mia compagna, non credente, che senza alcun motivo si divertiva a rispondermi male. Ho deciso di amarla il doppio per farle sperimentare quanto è bello e fondamentale l'amore di Dio e quanto è fantastico vivere per un ideale.

Cristina

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Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2012)
L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46)

Celebriamo oggi con tutta la Chiesa, quella di Oriente e quella di Occidente, la solennità di Maria Assunta in cielo. Abbiamo ascoltato dal Vangelo che Maria "in quei giorni si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda". Allora Maria correva da Elisabetta per portarle il suo aiuto, per vivere il comandamento della carità. Oggi la contempliamo correre verso la Gerusalemme celeste per incontrare finalmente il volto del Padre e il suo Figlio.
L'Assunzione di Maria in cielo con il corpo ci parla del nostro futuro: anche noi saremo con il corpo accanto al Signore. Con Maria, la celeste Gerusalemme comincia a popolarsi e a vivere la sua vita di pace, di amore e di fratellanza. Il Magnificat di Maria può perciò divenire il nostro canto, il canto dell'umanità intera che vede il Signore piegarsi su tutte le creature, che sperimentano così "oggi" la sua salvezza. Se guardiamo al Magnificat nel suo insieme scopriamo in esso la descrizione di quanto Dio ha fatto e fa per l'umanità. È l'espressione della beatitudine di chi ha riconosciuto l'azione di Dio in suo favore. L'occhio di Maria "fa grande" Dio e lo vede come datore di ogni bene, potente e vittorioso su ogni male. Lo riconosce come Dio e si scopre "piena" di Lui. Quanto è grande la nostra vita se è il luogo della presenza e dell'azione amorevole di Dio! Per questo con la mia vita, vissuta intensamente e nell'amore, do lode al Signore.

Testimonianza di Parola vissuta

Faccio parte di un'associazione che ospita i parenti di malati che vengono da lontano per essere ricoverati nei vari ospedali di Milano . Qualche tempo fa è capitata da noi una coppia di Italiani proveniente dalla Germania. Al marito avevano diagnosticato un tumore con pochi mesi di vita. Il marito esprime il desiderio di morire nella Sua Napoli e la moglie decide di accompagnarlo in macchina lasciando in Germania il figlio diciottenne. Ma arrivati a Milano Nino sta troppo male per proseguire il viaggio e viene ricoverato all'ospedale San Raffaele. Avendo un appartamento libero abbiamo ospitato la moglie. Purtroppo il marito dopo qualche settimana è partito per il cielo per cui bisognava andare in Germania a prendere il figlio per portarlo in Italia insieme alle cose là rimaste. La povera donna, già molto provata dalla fatica e dal dolore, non se la sentiva di fare il viaggio da sola. Avevo davanti a me il prossimo che chiedeva aiuto e mi sono venute alla mente le parole di Gesù "Fate agli altri quello che volete che gli altri facciano a voi" Dopo averne parlato con mia moglie mi sono offerto di accompagnarla io. Non vi dico la gioia della signora. Il giorno dopo di buon'ora siamo partiti alla volta della Germania. Sono stati due giorni faticosi di "trasloco" e di viaggio, ma i ringraziamenti e la gioia di quelle due persone che si sono sentite amate e aiutate mi hanno abbondantemente ripagato di tutto.

Rinaldo

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20a domenica del tempo ordinario (19 agosto 2012)
Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,51)

Gesù è ancora nella sinagoga di Cafarnao e continua il suo discorso sull'Eucaristia. Oggi ci dice che il pane che Egli ci dà è la sua carne per la vita del mondo. Gesù usa dei termini prendendoli dall'esperienza quotidiana: pane, carne, vita. La carne a cui accenna Gesù è il suo corpo dato per noi. Chi mangia la sua carne, pane vero, e si alimenta di Lui, riceve il dono supremo di Dio: il corpo e il sangue del Figlio, che lo mettono in comunione di vita con Lui e col Padre.
Ogni "pane" dell'esistenza quotidiana è simbolo di questo Pane. Per questo possiamo prendere ogni briciola di pane, cioè ogni realtà anche la più piccola, come un segno d'amore del Padre, rendendo grazie a Lui e condividendo con i fratelli, facendo circolare in tutto e per tutti la vita del Figlio. Noi quando mangiamo il pane dell'Eucaristia, mangiamo il pane vero che ci rende simili a Gesù, capaci di amare con lo stesso amore con cui siamo amati: questa è la vita vera nostra e del modo. Dedichiamo nella settimana che ci sta avanti, qualche tempo all'adorazione di questo grande mistero che è l'Eucaristia: essa porta in noi la vita stessa di Dio, ci inserisce in Dio, nella Trinità.

Testimonianza di Parola vissuta

Una mia conoscente soffriva molto per la morte del padre, pur essendo trascorsi già diversi anni. Un giorno, passando in una libreria, avevo notato un libro dal titolo "Finché ci rivedremo in Paradiso".
«Ecco un dono adatto per quella persona!», mi sono detta. E l'ho comprato. Poi però o non mi veniva l'ispirazione per scrivervi una dedica, o mi sfuggiva l'occasione per consegnarlo alla destinataria. Finalmente mi sono decisa a mandarglielo per posta. Poco tempo dopo, mi giunge una telefonata: era la mia conoscente, stupefatta per quel regalo arrivatole giusto il giorno dell'anniversario della morte di suo padre. Non solo: quella mattina stessa lei gli aveva chiesto un segno dal Cielo. E nell'aprire il pacchetto aveva letto: Finché ci rivedremo in Paradiso.

M. V.

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21a domenica del tempo ordinario (26 agosto 2012)
Signore, da chi andremo? (Gv 6,68)

Gesù ha parlato di sé come del pane disceso dal cielo: mangiare la sua carne e bere il suo sangue ci fa vivere del suo amore verso il Padre e i fratelli. Questa rivelazione trova il muro dell'incredulità degli ascoltatori. Molti si allontanano. Gesù pone anche ai Dodici la domanda Volete andarvene anche voi? Questa domanda non vuole provocare una crisi, ma aiuta a prenderne coscienza per risolverla. La risposta di Pietro, a nome dei Dodici, è un'adesione di fede. Pietro aderisce a Gesù, anche se non capisce tutto. Egli ama veramente Gesù e le sue parole, anche se non le comprende pienamente. Il suo è un inizio di fede, che si completerà nelle esperienze successive, anche attraverso fughe e rinnegamenti. Solo in seguito capirà chi è Gesù e cosa significano le sue parole.
Oggi il Vangelo ci invita a riflettere sulla nostra fede e come le mie scelte esprimono la fede. La parola di Gesù è sempre una spada che divide e giudica. E ci ricorda che essere cristiani, prima di essere la scelta di un modo di comportarsi, è l'incontro con Gesù. Un incontro che cambia la vita. Io l'ho incontrato? Pietro non disse "dove", ma "da chi" andremo. Con queste sue parole sottolinea quel rapporto di intimità con Gesù, che è il cuore della fede cristiana.

Testimonianza di Parola vissuta

Una sera tornando a casa ho visto le mie figlie preoccupate perché una parente era venuta a casa nostra e aveva chiesto dello zucchero portandosi via il poco che avevamo. Ho detto lo di non preoccuparsi, di darlo con tutto il cuore, lei aveva più bisogno di noi. Pochi minuti dopo arriva una nostra conoscente con una borsa piena di cibarie C'era dentro, tra il resto, il doppio dello zucchero che avevamo dato
Con i primi guadagni eravamo finalmente riusciti a comperare un paio di scarpe alla nostra figlia maggiore. Un giorno torna da scuola e mi dice che ha visto una delle sue compagne con le scarpe rotte e che intendeva regalarle le sue nuove, "perché tu mamma ci hai insegnato che ai poveri dobbiamo dare le cose migliori che abbiamo". Sapendo quanti sacrifici ci erano costate io rimasi perplessa, però non mi sono sentiti di contraddirla.
Tre giorni dopo una signora porta una paio di scarpe nuove dello stesso numero dicendo che le aveva comprate per sua figlia e che e stavano piccole. Mia figlia mi ha guardato sorpresa e felice. Veramente, da quando cerchiamo di vivere le parole di Gesù, sperimentiamo che Dio ci ama come un padre e ci conduce per mano.

C. E., Messico

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22a domenica del tempo ordinario (2 settembre 2012)
Questo popolo mi onora con le labbra (Mc 7,6)

Gesù è ancora in Galilea. Alcuni scribi e farisei arrivano da Gerusalemme per discutere con Lui. Essi, vedendo che i discepoli di Gesù non osservavano le pratiche di purificazione prima di mangiare, si sentono in pieno diritto di chiedere al Maestro: "Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?". Ovviamente, il rimprovero è diretto non alla trasgressione di una norma igienica ma ad una prescrizione rituale. Gesù, riprendendo le parole di Isaia (29,13), stigmatizza la grettezza di un atteggiamento puramente esteriore: "Questo popolo – risponde – mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me". È il lamento di Dio per un culto puramente esteriore.
Gesù non condanna le pratiche rituali, ma la lontananza del cuore degli uomini da Dio. È il rapporto personale tra l'uomo e Dio che è posto in questione dal Maestro. Il Dio nel quale crediamo e che amiamo in Gesù si è fatto vicino a noi: per questo è inammissibile che ci rivolgiamo a Lui solo con gesti esteriori senza l'affetto del cuore. La novità che Gesù suggerisce è quella del cuore, che ama Dio e ogni prossimo.

Testimonianza di Parola vissuta

Sono solito scambiare due parole col bigliettaio di turno che mi offre il suo servizio alla stazione. E così questa mattina, alle 7,45 lascio il bigliettaio a dire il vero un po' scuro in volto a motivo del suo lavoro non sempre facile, con un "Buon giorno!". Prendo borsa e biglietto, un po' in fretta e salgo sul treno. All'improvviso mi accorgo che non ho più il portafoglio, documenti compresi. L'ho lasciato quasi sicuramente sul piccolo ripiano, allo sportello del mio bigliettaio! Affido tutto all'Eterno Padre e sono in pace.
Giunto a destinazione faccio quanto devo fare con grande gioia. Alle 13, al ritorno, sono nuovamente alla stazione. "Si ricorda di me?" dico sorridente al bigliettaio. "Ah, è lei che...", mi risponde. "Ho ripensato al suo 'Buon giorno' e mi sono detto che, purtroppo, non sarà stato così per lei!". E continua: "Mi sono permesso di guardarci dentro. Ho trovato il suo numero di telefono e ho avvertito a casa sua. Ecco il portafoglio!". Lo ringrazio di cuore e faccio una battuta sulla mia fretta di questa mattina. Poi sento di dirgli: "Posso lasciarle qualcosa?". "Nemmeno per sogno!", esclama. Ci salutiamo stringendoci due dita soltanto, perché attraverso l'apertura dello sportello le altre non passano. Chissà se non sarà stato anche quel "Buon giorno" ad aggiungere alla sua onestà la delicatezza della carità? Forse un altro giorno potrò spiegargli quell' "amare tutti" che stamattina l'ha fatto contento.

Umberto

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23a domenica del tempo ordinario (9 settembre 2012)
Gesù disse: "Apriti!" (Mc 7,34)

L'episodio della guarigione del sordomuto riguarda ciascuno di noi fin dal giorno del Battesimo, quando il sacerdote a noi, che poco comprendevamo e poco parlavamo, disse: "Il Signore ti conceda di ascoltare presto la sua Parola e di professare la tua fede". Fin dall'inizio della nostra vita, quando ancora è impossibile capire le parole, ci viene comunque detto che l'ascolto della Parola è la nostra salvezza. Gesù dice al sordomuto: "Apriti!". È una sola parola, che sgorga da un cuore pieno dell'amore di Dio. E la guarigione avviene come in due tappe. Anzitutto Gesù tocca le orecchie: è necessario che l'uomo si "apra" all'ascolto della Parola di Dio; poi, ed è la seconda tappa, tocca la lingua: quell'uomo dopo aver ascoltato può parlare correttamente.
Sì, c'è un legame stretto tra ascolto della parola e capacità di comunicare. Chi non ascolta resta muto, anche nella fede. Questo miracolo ci fa riflettere sul legame tra le nostre parole e la Parola di Dio. Spesso noi non poniamo sufficiente attenzione al peso che hanno le nostre parole, al valore che ha il nostro linguaggio. Eppure per mezzo di esso noi esprimiamo noi stessi. Dio si è fatto Parola, comunicazione, dono di sé. L'uomo è anzitutto orecchio e lingua. Ascoltando è in grado di rispondergli: entra in dialogo con Lui, unito a Lui e simile a Lui. Questa è la fede: incontro, relazione.

Testimonianza di Parola vissuta

Di ritorno da un incontro sulla Parola di Dio, dove ho capito che la Parola è Gesù, come lo è l'Eucaristia, ho cominciato a vivere con serietà la Parola con mio marito. Per questo ho deciso di vendere i miei gioielli per aiutare i poveri, e, dopo un primo momento di rimpianto, ho sentito una grande gioia come fossi più libera.
Io e mio marito abbiamo dato disponibilità per accogliere nella nostra casa una coppia proveniente dalla Sardegna per un periodo di cure. La permanenza è durata circa un mese e ci ha coinvolti moltissimo, ma siamo stati ricambiati col 'centuplo' quando, superati i problemi di salute, ci hanno invitati in Sardegna dove abbiamo trascorso delle stupende vacanze.

Pia – Monza

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24a domenica del tempo ordinario (16 settembre 2012)
Se qualcuno vuol venire dietro a me,
rinneghi se stesso
(Mc 8,34)

Il brano evangelico di questa domenica ci porta al centro del Vangelo di Marco. Gesù è qui svelato come il Cristo, come Messia: "Tu sei il Cristo", dice Pietro. Dopo la propria, Gesù dichiara l'identità del discepolo e lo chiama ad andare dietro di Lui. Il cristiano è colui che vuole seguire il Signore Gesù, per questo è pronto a rinnegare se stesso, prendere la sua croce e andargli dietro. Aderire a Lui non è un fatto anonimo; è un atto di libertà personale, è decisione che ogni singolo prende. La fede cristiana è l'amore personale per Gesù, che si esprime nel desiderio di essere come Lui povero, umiliato e umile. Per questo Gesù propone al suo discepolo di rinnegare se stesso. Questo è la piena realizzazione dell'uomo, significa vincere il falso io, l'egoismo, radice di tutti i mali. È il contrario dell'affermare se stesso.
Quante volte l'uomo sentendosi piccolo, insignificante e stupido, vuole affermarsi facendosi ricco, potente, orgoglioso. Ma è un inganno. Infatti si realizza solo quando, sentendosi amato e importante agli occhi di Dio, capisce che è bello amare, donare e servire in libertà e povertà. Lui, Gesù, ha fatto così. Egli ha definito se stesso come colui che è venuto solo per realizzare la volontà del Padre, solo per servire ogni prossimo che ha incontrato. Tanto che Pietro dirà nel suo discorso presso Cornelio che Gesù è passato su questa terra "beneficando", cioè facendo il bene.

Testimonianza di Parola vissuta

Un giorno, tornando da Messa, ho avuto la notizia che un soldato mio collega era morto in un attentato alla stazione degli autobus. È stato uno choc che mi ha accompagnato per giorni. Ricordarmi che la mia vita è tutta donata a Dio mi ha dato la forza di credere di nuovo nel Suo amore e ha riacceso la speranza che Dio potrà tramutare in un bene tutto questo dolore. In questa situazione c'è il rischio di abituarsi alla morte. Un giorno mi hanno comunicato per telefono una lista di soldati uccisi. L'ho scritta meccanicamente, ma di colpo mi sono accorto che dietro ogni numero c'era una persona e questo mi ha spinto a cominciare a pregare per ognuna e per le loro famiglie come l'unico modo utile per intervenire in questa tragedia. Ogni giorno è una conquista, la mia fede e il mio Ideale è messo alla prova, l'unica arma che ho è di vivere pienamente nell'amore ogni attimo, aiutato solo dal pensiero che tanti pregano per me».

Z. M.– Siria

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25a domenica del tempo ordinario (23 settembre 2012)
Se uno vuol essere il primo sia il servo di tutti (Mc 9,35)

Il Vangelo di questa domenica ci presenta Gesù in cammino, in viaggio. Non si tratta certo di un itinerario solo spaziale. Il viaggio che Gesù compie assieme ai discepoli è il simbolo del cammino della vita, dell'itinerario della propria crescita spirituale. In questo cammino Gesù confida ai discepoli i pensieri più segreti e dice: "Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno". I dodici non capiscono anche se le parole sono chiare. Perché? Perché il loro cuore e la loro mente sono lontani dal cuore e dalla mente di Gesù; i loro pensieri sono diversi da quelli del Maestro.
Il seguito del racconto è disarmante. Fa supporre che Gesù, durante il cammino sia rimasto solo davanti al gruppo dei discepoli. Ed essi senza tener conto delle drammatiche parole del Signore, si sono messi a discutere su chi tra di loro dovesse prendere il primo posto. Marco scrive: "Quando fu in casa… sedutosi, chiamò i Dodici" e si mette a spiegare ancora una volta il Vangelo e a correggere, da buon Maestro, il loro modo di pensare. "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti": Gesù sembra non contestare la ricerca di un primato da parte dei discepoli. Ne rovescia però la concezione: è primo chi serve, non chi comanda. Come Gesù. Il primato dell'amore soppianta quello dell'egoismo.

Testimonianza di Parola vissuta

Ho 34 anni, sono brasiliano, sposato e con due figli e lavoro al servizio dei più poveri aiutandoli a rivendicare i propri diritti di base. Di mestiere faccio il difensore pubblico: quella figura prevista dall'ordinamento brasiliano per assicurare una difesa anche a chi non ha i mezzi per permettersi un avvocato. Cercato di aiutare il prossimo gratuitamente, anche nella mia professione. L'ideale di Gesù mi aiuta a ricordare, prima di ogni udienza, che lì davanti prima di tutto non c'è un procedimento burocratico, ma una persona da rispettare e amare.
Un giorno mi trovavo con un mio collega fuori dal tribunale vicino ad un semaforo e si è avvicinato un ragazzino chiedendoci l'elemosina. Immaginate però la sua faccia quando noi gli abbiamo risposto: "Ma noi possiamo fare molto di più che darti qualche spicciolo! Se ad esempio non hai una famiglia, possiamo aiutarti ad inserirti in un programma sociale apposito, ugualmente se vivi per strada e così anche se non hai soldi. Questi sono infatti tutti diritti che lo Stato si deve impegnare a garantirti perché è la Costituzione che esige la creazione di istituzioni che tutelino questi tuoi diritti. E il mio lavoro è proprio una di queste!".
Non sono un eroe, non penso certo che con il mio lavoro sto cambiando il mondo. Allo stesso tempo però l'idea che neanche un bicchiere d'acqua è donato invano mi affascina moltissimo e sono convinto che anche questo semplice gesto può contribuire a creare quella nuova umanità, dedita alla fraternità, che certo, il diritto può sostenere, ma va poi costruita a partire da noi stessi!

Anisio Caixeta Junior, Brasile

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26a domenica del tempo ordinario (30 settembre 2012)
Chiunque vi darà un bicchiere d'acqua non perderà la sua ricompensa (Mc 9,41)

Il Vangelo di questa domenica ci presenta Gesù che continua a parlare ai discepoli, mentre prosegue il suo cammino verso Gerusalemme. Insegna molte cose: ad esempio il modo evangelico di comprendere e di giudicare la vita: nasce da un cuore misericordioso per i deboli e per i poveri e da un occhio che scorge in ogni bene compiuto la provenienza divina. Dio, ci suggerisce Gesù, rompe ogni schematismo ed è presente dovunque c'è bontà, amore, pace e misericordia. Dio sta in quell'assistito a cui viene dato un bicchiere d'acqua, in quell'affamato cui viene offerto un pezzo di pane, in quel disperato cui viene rivolta una parola di sostegno. Sì, perché anche un bicchiere d'acqua dato nel nome di Gesù avrà la sua ricompensa. Questa espressione di Gesù ci ricorda innanzitutto che il "presente" per quanto piccolo, è il seme da cui fiorisce l'eternità.
Non possiamo dimenticare che la nostra realtà quotidiana ed effimera genera il futuro definitivo. Poi ci ricorda che nei servizi piccoli e quotidiani si rivela, più essenzialmente che in quelli grandi e straordinari, l'amore, la capacità di amare. Ancora ci dice che ogni nostra azione assume la sua qualità dall'intenzione. Per questo spesso la Chiesa si suggerisce questa preghiera: Ispira, Signore, le nostre azioni e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra attività abbia da te il suo inizio e in te il suo compimento.

Testimonianza di Parola vissuta

Da vari anni sto vivendo con il babbo l'evolversi della sua malattia. Con lui c'è sempre stato un rapporto bello e quando circa dieci anni fa sono venuti fuori i primi sintomi, dentro di me s'è stata una ribellione. Conoscendo l'evolversi del morbo, vedevo tutto il negativo: il vecchio negoziante del corso pronto alla battuta con tutti, il nonno orgoglioso dei suoi nipoti, il mio babbo… non ci sarebbe stato più. Al suo posto una persona bisognosa di tutto, dipendente da tutti. È difficile stare accanto ad una persona così. Di fronte a lui dobbiamo essere sempre sereni, perché avverte subito quando siamo nervosi.
Ci aiuta una signora filippina che diventata una di famiglia. Era stata abbandonata dal marito e venire ad assistere il babbo le ha permesso di mantenere i suoi tre figli. Con mia madre ha un rapporto bello. Le abbiamo ottenuto anche un aiuto dal Comune.
La malattia del babbo ha messo in moto tanta solidarietà. Ci sono persone che vengono a far compagnia alla mamma, i parenti si sono fatti più attenti, più presenti. Io ho chiesto a Dio che questo patire di tutti servisse in special modo per i suoi nipoti, perché fossero ragazzi in gamba e trovassero le persone giuste per la loro vita.
Se mi sono potuta allontanare qualche giorno da casa è perché la fidanzata del più piccolo si è presa cura del nonno e della nonna nei giorni della mia assenza.

N. B.

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27a domenica del tempo ordinario (7 ottobre 2012)
L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto (Mc 10,9)

Nel Vangelo di oggi Gesù affronta un tema di grande attualità: alcuni farisei gli chiedono se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie.
Gesù riporta quella che era la prospettiva di Dio quando ha creato l'uomo maschio e femmina. Gesù cita con insistenza il testo della Genesi: l'unione dell'uomo e della donna esprime la méta di una pienezza umana. Non è l'uomo che acquista la proprietà della donna, ma l'uno e l'altra si arricchiscono a vicenda. Quindi l'unione procede da un progetto di Dio.
L'attrazione reciproca tra l'uomo e la donna fa dei due "una carne sola". Per questo, quello che Dio ha congiunto ci ricorda che questa è l'opera di Dio: distinguere per unire. Dio infatti ha distinto l'uomo in maschio e femmina perché si unissero nell'amore. Ha distinto l'uomo da sé per unirlo a sé in un'unica vita.
L'uomo invece, soprattutto quando è confuso, tende a separare. E rompere l'unione tra maschio e femmina è uccidere la loro vita, che è l'amore. L'indissolubilità infatti è richiesta dalla natura dell'amore, che esige di essere costante, fedele per sempre. L'uomo che non ama non è.
Con Gesù si ritorna al progetto iniziale. Ed ogni cosa ha il suo "inizio" voluto da Dio, che noi siamo chiamati a scoprire e ad attuare.

Testimonianza di Parola vissuta

Dopo 27 anni di matrimonio e l'arrivo di due figlie, mia moglie si è innamorata di un collega di lavoro, molto più giovane di lei. Mi ha chiesto la separazione e così, dopo un periodo di inutili tentativi per farla rientrare in sé, mi sono visto costretto a cercare un alloggio per conto mio. La sofferenza è stata lacerante: mi è crollato addosso il sogno di una vita. Il mio percorso di fede allora era piuttosto recente, mi sembrava di non esser abbastanza forte per sostenere una simile prova. Ma da subito, ho percepito che una strada c'era: aggrapparmi a quel Dio che avevo conosciuto e sperimentato come Amore. A Lui ho offerto ed affidato la mia vita coniugale. Anche Lui aveva conosciuto l'abisso del fallimento e della separazione. Questo mi ha dato e mi continua a dare la forza di rinascere ogni giorno, di non lasciarmi schiacciare dai limiti e dai pesi che la nuova condizione di vita mi ha presentato.
Sono passati 15 anni, nei quali ho cercato di uscire da me stesso, cercando di stare vicino alle figlie e offrendomi agli altri. Faccio catechismo in parrocchia e do il mio contributo in un gruppo di famiglie. Insieme ci aiutiamo a scoprire e vivere il messaggio sempre nuovo del Vangelo e la comunione con loro mi aiuta a sostenere un quotidiano non sempre facile. Sento che devo diffondere soprattutto con la vita una visione del matrimonio altissima, come Dio l'ha pensata. Nel donarmi agli altri, a cominciare dalle mie figlie, sperimento quella pienezza in cui non manca nulla; dove, anzi, è possibile scoprire la fonte della vera felicità.

N.B.

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28a domenica del tempo ordinario (14 ottobre 2012)
Se ne andò rattristato, possedeva infatti molti beni (Mc 10,22)

Una persona corre incontro a Gesù, si mette in ginocchio davanti a lui e gli fa una domanda: Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna? Gesù gli risponde orientandolo a Dio che ha espresso la sua volontà nei comandamenti.
L'uomo che sta davanti a Gesù sente il bisogno di un "di più", di qualcosa di nuovo. E Gesù gli dà la sua proposta: Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi! Gesù gli chiede di sbarazzarsi della sua ricchezza e di diventare suo discepolo: è lui, Gesù, la méta, la pienezza dei comandamenti. Ma quell'uomo perde il suo entusiasmo iniziale, si incupisce e si allontana: se ne andò rattristato, possedeva infatti molti beni.
Gesù lo invitava alla piena donazione di sé, lo chiamava alla perfezione dell'amore. Questo invito di Gesù è per tutti: tutti siamo chiamati a seguirlo, naturalmente ciascuno secondo quello stato di vita che ha voluto per lui. Gesù chiama tutti ad una vita totalmente nuova, ad una vita non più impostata sull'attaccamento ai beni materiali, ma al servizio dei fratelli nell'amore. Ciò che hai e non dai ti impedisce di ottenere il tesoro dell'Amore. Viviamo come amministratori dei beni che abbiamo con spirito di solidarietà e di apertura verso ogni fratello e la Comunità.

Testimonianza di Parola vissuta

Ci eravamo trasferiti da poco nella nuova casa e il nostro tavolino e le quattro sedie sembravano perdersi in quella sala piuttosto grande. Nell'altra stanza avevamo sistemato la cucina.
Qualche giorno dopo mia moglie mi dice che una famiglia aveva bisogno di mobili per la sala da pranzo e mi propone di dar loro quel tavolo e quelle sedie che avevamo e che non erano adatte per la nuova sala. Io non ero d'accordo, così non ne abbiamo più parlato.
Poi ci ripensai: forse mia moglie aveva ragione, a noi quei mobili non servivano e potevano invece essere utili a quella famiglia. Gliel'ho detto e lei ha telefonato, io ho portato loro i mobili, ho dato una mano a sistemarli; erano perfetti per quella stanza. Nel salutarli avevo in cuore una gioia insolita…
Qualche giorno dopo un parente ci chiama e ci chiede se conosciamo qualcuno che ha bisogno di una sala da pranzo completa di tavolo, sei sedie, uno scaffale e una credenza. Era tutto perfetto per noi. Eravamo commossi.

R. M. L.

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29a domenica del tempo ordinario (21 ottobre 2012)
È venuto per servire e dare la propria vita (Mc 10,45)

Nel Vangelo di questa domenica assistiamo alla gara fra gli apostoli per la conquista dei primi posti. La richiesta dei due fratelli Giacomo e Giovanni suscita lo sdegno degli altri apostoli. Allora Gesù con pazienza rinnova la sua lezione di umiltà e di gratuità, caratteristiche della sua nuova comunità. E conclude presentando se stesso come modello: Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.
Gesù è venuto in mezzo a noi e ha servito tutti. Così anche per noi, che siamo la sua Chiesa, la vera grandezza è servire. Servire è amare con i fatti; servire è promuovere il bene dell'altro; servire è essere dell'altro. Questa è la libertà che rende simili a Dio.
Gesù si presenta come colui che è disposto ad offrire all'intera umanità il suo migliore ed esclusivo servizio: dare la propria vita. Dare è il verbo del dono, dell'offerta gratuita, piena di amore. La propria vita: chi mette a disposizione la propria esistenza, mette a disposizione tutto. È il massimo dell'amore: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Coltiviamo in questa settimana la cultura del dare: un sorriso, un ascolto, un po' di tempo, una mano, un aiuto, una consolazione, ciò di cui l'altro ha bisogno.

Testimonianza di Parola vissuta

Il cielo era grigio fuori e dentro di me. Mi pesava la routine del lavoro stancante, sempre uguale, privo di interesse, immersa fra le carte, i numeri, le fatture, il computer. Sottile però dentro un richiamo: "Dietro ad ogni carta c'è una persona".
Quelle carte noiose e ripetitive hanno preso vita e la mattinata è volata. Poi un pomeriggio molto caldo, tornata al lavoro, desideravo sedermi davanti alla finestra a guardare lontano il paesaggio verde, prendendo il caffè.
Suona il telefono. Dieci minuti mi ero data! Come un lampo ho pensato: "Non rispondo!". Poi un salto dentro: "Qualunque cosa avete fatto al minimo dei miei fratelli, l'avete fatto a me". E allora: "Pronto!"… Tornata sulla sedia mi ripetevo: "Non farti sfuggire le occasioni!".

L. G.

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30a domenica del tempo ordinario (28 ottobre 2012)
Che cosa vuoi che io faccia per te? (Mc 10,51)

Subito dopo il terzo annuncio della Passione (Mc 10,33), l'evangelista Marco intende chiarire ancora una volta che cosa si intende per fede e che cosa comporti seguire Gesù.
Il caso del cieco che ascoltiamo oggi è esemplare: un uomo prega con perseveranza, invoca Gesù a dispetto delle difficoltà; è incoraggiato e va incontro a Gesù; è da lui interrogato, gli sono aperti gli occhi ed egli lo segue nel suo viaggio. Quando il cieco si trova davanti, Gesù prende l'iniziativa e guida il cammino di Bartimeo: Che cosa vuoi che io faccia per te? La domanda mette in risalto il rispetto di Gesù verso la libertà dell'altro e mette a proprio agio chi deve rispondere, aiuta a superare lo steccato tra Gesù e il cieco, tra Dio e l'uomo. Infatti il dialogo che ne segue esprime un'amicizia semplice ma che si intensifica: il cieco chiama Gesù Maestro mio.
La domanda di Gesù è la stessa che poco prima egli aveva ricolto ai due fratelli Giacomo e Giovanni (Mc 10,36). Ed è la domanda decisiva del Vangelo. Solo se uno riconosce la propria situazione, sa cosa vuole e può chiederlo a Gesù: Che io veda di nuovo. Perché vedere il Signore, vedere il suo amore per noi, lo sappiamo, è la vita della creatura umana.

Testimonianza di Parola vissuta

Abito in una piccola città dell'Ungheria vicino a Szeged. Tutto sembrava procedere per il meglio quando alcuni esami hanno evidenziato la presenza di un tumore maligno. Mi aspettavano un intervento chirurgico e cure pesanti. Sostenuta, oltre che dai miei familiari, anche da tanti amici ho avuto la forza di cogliere, malgrado tutto, l'amore di Dio per me, finché sono riuscita ad accettare la malattia. Questa nuova esperienza, una volta conclusa, ha cambiato il mio modo di considerare il lavoro, diventato ora veramente una missione (lavoro infatti in un reparto dell'ospedale). In particolare ho capito che in questo mondo secolarizzato dobbiamo rivolgerci con grande amore verso chi soffre e assicurare le condizioni sanitarie migliori per gli ammalati fino agli ultimi stadi della vita.
Questi pensieri hanno trovato una particolare risonanza nel vescovo della città. Così, sotto gli auspici della Chiesa locale e del Comune, ha preso il via nell'istituto un programma dal titolo "Dignità umana". L'obiettivo era di stabilire nell'ospedale condizioni umane affinché il malato incurabile possa concludere la sua vita in maniera degna. E ciò offrendo aiuto professionale e spirituale.
Grazie a questo programma, esiste ora una cappella ed in ogni reparto è presente uno spazio lettura che offre almeno una Bibbia e pubblicazioni religiose. Al reparto di patologia è stata riservata una stanza dove i parenti possono dare l'ultimo saluto al proprio congiunto. Un sacerdote è a completa disposizione, vengono assicurate le messe cattoliche e le liturgie protestanti; ed in ogni reparto ci sono medici ed infermieri che fanno volontariato. Sono tante ormai le persone che si sono ritrovate unite intorno a questi valori.

Zsófi Varjasi - Makó (Ungheria)

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31a domenica del tempo ordinario (4 novembre 2012)
Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mc 12,31)

Il Vangelo di oggi ci presenta un dialogo di Gesù con una scriba giudeo. Gesù comprende che la sua domanda, circa il primo di tutti i comandamenti, è sincera. Per questo non ha difficoltà a rispondergli direttamente e chiaramente.
Il primo dice Gesù è amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Per Gesù il primo comandamento è l'amore a Dio capace di coinvolgere totalmente cuore, mente e forze dell'uomo. Poi Gesù aggiunge un secondo comandamento: amerai il tuo prossimo come te stesso.
Gesù unisce i due comandamenti e ne fa uno solo affermando che l'amore verso Dio si esprime e si applica nell'amore verso il prossimo. L'amore per il prossimo non è in alternativa a quello per Dio: ne scaturisce come acqua dalla fonte, o come albero dalle radici. Per questo è secondo: perché ogni amore deriva e scende dall'alto. La nostra capacità di amare è infinità perché fatta da e per Dio. Il prossimo devo amarlo come me stesso, cioè come uno che realizza sé amando Dio. Quindi lo amo in verità solo se lo aiuto a diventare se stesso, raggiungendo il fine per cui è stato creato, che è appunto amare Dio sopra ogni cosa.
Lo scriba domanda un comandamento; Gesù risponde con due, ma proietta il cuore in tre direzioni: amerai il tuo Signore, amerai il tuo prossimo, come ami te stesso. Perché se non ami te stesso non sarai capace di amare nessuno. Amarti come orma di Dio, come tessuto di prodigi, come talento da moltiplicare, come figlio prediletto. Allo stesso modo amerai il tuo prossimo.

Testimonianza di Parola vissuta

Insieme, con mio marito, ci eravamo impegnati a vivere l'amore verso il prossimo come il Vangelo insegna. Nel nostro lavoro di custodi in un condominio, avevamo notato che una famiglia viveva un grosso dolore: un giovane padre, dopo un grave intervento, soffriva di forti emorragie che lo costringevano a precipitarsi in ospedale servendosi del taxi.
Ci siamo offerti di accompagnarlo con la nostra macchina, per risparmiare soldi e tempo prezioso. Iniziammo così a condividere il loro dolore, anche custodendo i bambini in loro assenza. Stavano così bene con noi che uno di loro voleva fare i compiti solo a casa nostra.
Oltre al nostro lavoro, che cercavamo di fare nel migliore dei modi, tante erano le occasioni per offrire il nostro aiuto. Due signore anziane e sole nei rispettivi appartamenti, notando la nostra disponibilità, ci dicevano che non si sentivano più così abbandonate perché noi eravamo come la loro famiglia. Quando Giovanni è andato in pensione ed abbiamo lasciato il condominio, molti ci hanno salutato commossi e con alcuni di loro ci lega ancora una bella amicizia.

P. F.

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32a domenica del tempo ordinario (11 novembre 2012)
Questa vedova, povera, ha dato più di tutti gli altri (Mc 12,43)

Gesù si trova nel tempio in una sala dove sono collocate alcune cassette a forma di imbuto per ricevere le offerte suddivise secondo le intenzioni degli offerenti. Gesù ad un certo momento fa osservare ai suoi discepoli la differenza tra l'offerta di una povera vedova per il culto e quella degli altri ricchi offerenti. La povera donna ha consegnato come offerta libera due spiccioli, cioè due monetine tra le più piccole in circolazione, di cui Marco dà il corrispondente in moneta romana. Il valore di questa offerta, nota Gesù, deriva dal fatto che per mezzo di essa quella donna ha espresso il dono totale di sé, ha attuato il comando dell'amore a Dio con tutto quanto aveva per vivere.
Ci ricorda che il luogo dell'incontro con Dio passa attraverso il cuore povero, cioè totalmente aperto e disponibile a Dio. A Dio non si deve dare né tanto né poco, né nulla, ma tutto. Come Gesù. Tutto ciò che abbiamo è comunque suo: noi siamo suoi, dice il salmo, di nulla siamo proprietari se non del cuore. E tutto ciò che è fatto con il cuore ci avvicina all'Assoluto di Dio. La vera misura del nostro agire è quanto cuore e quanta vita metti in ciò che fai, quanta verità esprimi. Anche noi possiamo diventare dono.

Testimonianza di Parola vissuta

Da vari anni Emiliana ha lasciato Puño, città del Perù sul lago Titicaca a quasi 4 mila metri di altitudine, per lavorare a Lima, la Capitale. Guadagna appena di che sopravvivere, ma trova sempre qualcosa da condividere con chi ne ha più bisogno.
Un giorno, ritornando dal lavoro, incontra una ragazza spaventata e ferita alle ginocchia per una caduta. Emiliana, che in conseguenza di una poliomielite cammina adagio, l'aiuta e la porta a casa sua. Le cura le ferite e condivide ciò che ha per mangiare, ma vorrebbe fare qualcosa di più. Trova soltanto delle patate secche, una specialità di Puño. Anche lei ne avrebbe bisogno, ma è contenta di regalarle a Gesù in quella ragazza. Si salutano e a lei rimane una grande gioia.
Un paio d'ore dopo le arriva un avviso per ritirare un pacco. Più tardi, nell'aprirlo, scopre commossa che un parente le aveva inviato una grande cassa piena proprio di quelle patate.

J.M.P. – Perù

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33a domenica del tempo ordinario (18 novembre 2012)
Il cielo e la terra passeranno,
ma le mie parole non passeranno
(Mc 13,31)

Siamo ormai alla fine dell'anno liturgico e il discorso di Gesù riportato dal Vangelo odierno ci apre gli orizzonti del compimento finale. Non per farci paura, ma per educarci alla speranza: se anche tutto ci crollasse addosso, siamo sicuri che viene a noi un Dio esperto di amore.
Certamente anche noi, in qualche momento della vita, abbiamo avuto la sensazione che tutto crollasse: una disgrazia, la malattia, la morte di una persona cara, una sconfitta nell'amore, un tradimento. E fu necessario ricominciare a vivere, a credere in una ripresa che inizia con piccolissimi indizi, con la prima fogliolina del ramo di fico che si fa tenero e ci dice che la vita riparte. Talvolta nel nostro cuore sembra crescere lo sgomento per il male che dilaga in forme antiche e nuove. Come reagire? Non con la fuga, ma rimanendo al proprio posto puntando gli occhi verso il germoglio di speranza che spunta, come dice Marco; puntando lo sguardo verso il Figlio dell'uomo che verrà, come dice Gesù.
Certo, tutto passa; ma c'è una roccia sicura sulla quale possiamo costruire. Cielo e terra passeranno, ma la sua Parola rimane in eterno, come la sua fedeltà e il suo amore. Le parole e le promesse di Gesù hanno la stabilità della Parola di Dio che ha creato e regge tutte le cose. Solo Lui è la roccia stabile su cui fondare la propria vita. Come hanno fatto i Santi, nostri amici e modelli.

Testimonianza di Parola vissuta

Dopo cinque anni di matrimonio, finalmente un figlio. Mi aspettavo che sarebbe stata un'esperienza di amore e di dolore. Forse per ogni figlio non è così?
All'ultimo momento l'equipe medica aveva deciso per il taglio cesareo. Quando mi svegliai c'era accanto a me la pediatra. La bambina pesava tanto e stava bene, però aveva un problema di carattere genetico. "Intende dire che è una bambina down?" Annuì. Non so come trovai la forza di farle un sorriso: "Non si preoccupi – le dissi – va bene lo stesso". Poi entrò mio marito che sapeva già tutto. Ci siamo scambiati uno sguardo interminabile, dove c'era dentro tutto quello che avremmo dovuto affrontare da quel momento in poi.
Da un lato ci spaventava la presenza oscura e inevitabile del dolore e la montagna di difficoltà che ci aspettava; dall'altro s'era aperta in noi una sorgente d'amore, come se quell'essere innocente avesse squarciato una falla nel cuore di Dio. Questa realtà da allora ci ha sempre accompagnato.

M.L., Italia

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Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (25 novembre 2012)
Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,36)

All'esplicita domanda di Pilato, Gesù risponde affermando di essere re, ma in un modo assolutamente originale. Nel raccontare gli eventi pasquali del Cristo, Giovanni segue l'antica narrazione comune con gli altri evangelisti, ma ci fa cogliere nella croce la gloria del re. Gesù regna dalla croce: proprio nella sua morte Gesù, il Messia, assume il potere e lo esercita in modo decisivo.
E quando Gesù afferma che il suo regno non è di questo mondo, ci dice che ha un'origine diversa e obbedisce ad una logica diversa. Nulla ha in comune la regalità di Cristo con quella del mondo. La regalità mondana si manifesta nella potenza, nell'imposizione e nella ricerca di sé; la regalità di Gesù si manifesta nel dono di sé, nell'amore e nel servizio alla verità, nel rifiuto della potenza.
Gesù è un re che non ha mai abitato regge. Una volta ci è andato, ma per essere condannato. Il suo primo trono è stata una mangiatoia, l'ultimo una croce. Ha sempre servito e mai comandato. È un re che non ha mai ingannato nessuno: il suo parlare è stato: sì, sì; no, no. La sua regalità consiste nella testimonianza d'amore. Per questo è possibile essere re come Gesù anche a ciascuno di noi. Anch'io posso essere re se mi farò servitore di vita, se ad ogni prossimo comunicherò vita. Anch'io posso manifestare la verità dell'amore: smisurato, gratuito e offerto.

Testimonianza di Parola vissuta

Ultimamente, contro ogni previsione, ci siamo visti assegnare un lavoro per il quale ci eravamo presentati assieme ad altre ditte associate.
Ci siamo chiesti come fosse stato possibile, visto che le ditte concorrenti avevano offerto prezzi più vantaggiosi.
Abbiamo poi scoperto che uno dei nostri soci, a nostra insaputa, aveva fatto pressione su un amministratore pubblico perché manomettesse i documenti del concorso e la scelta cadesse su di noi.
Per noi è stato un duro colpo, ci siamo sentiti messi in trappola dagli amici. Dopo aver discusso col socio in questione, che con rincrescimento ha ammesso l'azione disonesta, abbiamo tentato il tutto per tutto: prima che l'assegnazione del lavoro diventasse ufficiale ci siamo rivolti all'amministratore pubblico, chiedendogli di riammettere le altre ditte al concorso.
Evidentemente così abbiamo perso il lavoro, ma abbiamo ritrovato un rapporto di verità, di rinnovata amicizia e fiducia con il nostro socio che ha sottoscritto idealmente davanti a noi una dichiarazione di onestà.

E.D.C.



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