Assunzione della Beata Vergine Maria


ANNO B – 15 agosto 2012
Assunzione della Beata Vergine Maria

Ap 11,19a;12,1-6a.10ab
1Cor 15,20-27a
Lc 1,39-56
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Messa vespertina nella vigilia
Messa del giorno


BENEDETTA FRA TUTTE
LE DONNE DELLA STORIA

Di quale Maria ci parla la festa dell'Assunzione? Della madre del Messia, donna visitata dalla potenza dello Spirito, che la tradizione evangelica più primitiva ci presenta come beata tra tutte le donne della storia, e non soltanto di quella del suo popolo? Oppure della figura simbolica in cui il veggente dell'Apocalisse vede compiersi la lotta finale e la vittoria definitiva di Dio? Non deve stupire se la storia della fede situa Maria, come del resto Gesù, al crocevia tra storia e mito. Solo in questo modo, infatti, Maria può dire qualcosa di decisivo per la fede: la fede nel Dio di Abramo e di Gesù chiede di tenere saldamente uniti insieme il tempo e l'eternità, la terra e il cielo, la vita nella carne e la vita che non muore.

Certamente, Paolo non ha la minima idea del dogma. dell' Assunzione di Maria al cielo, che entra nella storia della Chiesa cattolica in tempi molto recenti. Forse però, il significato autentico della festa ci viene proprio dalle parole dell'Apostolo, prima ancora che da qualsiasi speculazione. Se non si parte dalla fede nella risurrezione di Gesù, infatti, si corre un doppio rischio: da una parte, si fa perdere a Maria la sua identità di ragazza ebrea da cui è nato il Messia e, dall'altra, si carica la donna vestita di sole di mitologie straniere ed estranee.

È pur vero, . però, che la tradizione più antica, che permane nelle Chiese ortodosse e orientali, ha sempre cercato di salvaguardare la figura di Maria dalla sorte così umana e, in fondo, così biblica, di tornare alla polvere dopo aver attraversato l'ombra della morte. Fin da tempi molto antichi l'idea della dormitio Virginis o del transitus Mariae ha permesso di accomunare la madre al figlio, in un quadro di futuro definitivo ormai inaugurato e:reso possibile dalla risurrezione di Gesù. Lungo i secoli la riflessione teologica si è prodotta in un'inesauribile quantità di variazioni su questo tema. D'altro canto, per la fede cristiana esso è l'unico veramente dirimente perché, come afferma con forza Paolo, «se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede» (1Cor 15,14).
Paolo rilegge in chiave storico-salvifica i racconti genesiaci delle origini e questo gli consente di costruire il parallelismo Adamo-Cristo attorno al binomio morte-risurrezione. Colui per mezzo del quale tutti riceveranno la vita è Cristo, primizia di tutti coloro per i quali la morte non avrà più il valore di condanna finale e definitiva, come Adamo è stato primizia di un'umanità che sperimenta, come unico esito alla propria esistenza, l'inesorabilità della morte. Adam non è, evidentemente, soggetto singolare, ma collettivo, non l'aner, il maschio, ma l'antropos, l'umano, e rimanda all'umanità intera, segnata nella sua carne dall'insanabile contrapposizione tra un'origine gloriosa ad opera di Dio e una fine miserevole nel regno dove Dio non fa arrivare la sua luce.

Diversamente da altri filoni della letteratura biblica e, soprattutto,in netto contrasto con l'inquietante insistenza della tradizione cristiana successiva, che identifica in Eva,singolarmente intesa e prototipo del femminile, la causa del peccato, Paolo invece si attiene qui a un'implicazione universale della caduta originaria. Ciò consente allora di attribuire un rilievo autenticamente teologico anche al binomio Eva-Maria,caro alla riflessione cristiana successiva. Lo libera dai cascami di una misoginia che mal si. combina con la fede nella risurrezione di Cristo e garantisce così al tema dell'assunzione al cielo di Maria la consonanza con la fede cristologica: come"Eva" non è nome proprio individuale, ma sinonimo di vita, così Maria diviene sinonimo di risurrezione di tutti coloro che sono stati generati alla vita.
Va costantemente ribadito, infatti, che il gioco delle traduzioni ha intrappolato il testo di Gen 3,20 in un equivoco; Nel testo originale, infatti, il nome che l'uomo attribuisce alla donna non è"Eva", frutto di una traslitterazione che non fa giustizia della potenza evocativa del testo, ma è "Vita". Rimanda cioè al vincolo assoluto che lega ogni vivente, cioè l'Adam, ma anche il Cristo, alla generazione da una donna.
Per questo, dunque, la donna dell'Apocalisse è incinta e grida perii travaglio del parto: da lei soltanto può essere generata alla vita l'umanità messianica, quella della definitiva alleanza, quella per la quale si è compiuta la salvezza grazie alla potenza di Cristo. Non è facile, è vero, recuperare secoli e secoli di misoginia che, penetrando nella riflessione teologica già alla fine dell'epoca biblica (cf Sir 25,24), hanno condannato le donne a sopportare il peso di accuse e interdizioni, sospetti e insinuazioni per il solo fatto di essere donne e, soprattutto, a dover accettare che il loro sangue, condizione per generare alla vita ogni essere umano, divenisse motivo sufficiente per essere tenute lontane dallo spazio del sacro.

Il canto del Magnificat, che Luca mette in bocca alla donna incinta della nuova creazione, è come un preludio che anticipa quanto troverà definitiva espressione nella figura teologica dell'Assunzione: il nuovo Adamo chiama Maria "Vita" e la madre del Messia è "madre" d'ogni vivente che, in forza della risurrezione di Cristo, avrà come lei accesso alla vita che non muore.

VITA PASTORALE N. 7/2012
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)


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