Santissima Trinità


ANNO B - 3 giugno 2012
Santissima Trinità

Dt 4,32-34.39-40
Rm 8,14-17
Mt 28,16-20

LA FESTA DELL'UNITÀ
IN UN MONDO PLURALE

Siamo troppo abituati a una fede che ha preteso da noi l'ossequio dell'ignoranza invece che quello dell'intelligenza delle cose dello spirito. Ora che le mode del nostro tempo e il confronto diretto con le altre religioni c'impongono davvero di "rendere ragione" della nostra fede, allora, o veniamo meno o ci trinceriamo dietro un imbarazzato riferimento a misteri impenetrabili, dando così a noi stessi e agi! altri la misura dell'inconsistenza della nostra fede. È bene ricordarlo, nel giorno della festa liturgica della Trinità di Dio che troppo spesso e, soprattutto, troppo facilmente, archiviamo con il titolo di "mistero".
La festa della Trinità celebra l'opera creatrice e salvatrice di Dio e ci fa ritornare alle origini dell' economia divina perché ci lascia contemplare l'essenza del Dio di Israele che si è fatto conoscere come un Dio che parla ma, soprattutto, come un Dio di fronte al quale si può stare senza morire. Fonte e origine di tutto ciò che esiste, del cosmo, della terra, della vita, dell'essere umano e della sua salvezza, Dio ha scelto per rivelarsi la logica della relazione. Si è rivelato come relazione e non può essere, quindi, altro che relazione.

Lo svelano innanzi tutto le grandi opere che egli ha fatto in favore di Israele, ma lo confermano l'opera compiuta da Gesù, il Cristo di Dio, e dopo la sua risurrezione quella compiuta dallo Spirito che egli stesso ha donato. Sono opere che hanno ormai un'efficacia universale e chiamano dentro la relazione con lui non soltanto un popolo, ma l'intera umanità. Sono opere di carità, di giustizia e di fraternità, opere che realizzano una trasformazione profonda della persona umana e ci presentano l'ideale di un Regno voluto da Dio, annunciato da Gesù Cristo perfino con la sua stessa morte, e presente e operante attraverso lo Spirito dentro di noi e in mezzo a noi. Riguardo a questo, le parole di Paolo, che attestano che lo Spirito di figli è donato a tutti, fanno esplodere ogni confine di separazione.

Forse dovremmo riflettere di più sul fatto che la festa della Trinità non pretende di metterci di fronte a speculazioni fumose sulla divinità, ma vuole ricordarci che l'essere relazione del Dio unico comporta, di fatto, la festa della grande fraternità umana, la festa dell'unità possibile in un mondo plurale. Ciascun figlio di Dio, infatti, porta dentro di sé l'immagine di un Dio che, proprio per essere unico, non può essere che plurale. Forse, però, celebrare, almeno nella promessa, la festa di un mondo plurale è più difficile e azzardato che non l'elaborazione di limpidi teoremi concettuali che poco hanno a che fare con la vita degli uomini e dei popoli.

Come festa del mondo plurale, la Trinità ha infatti a che fare con le strade e le piazze delle nostre città dove circolano le pretese di coloro che vogliono condividere gli stessi nostri diritti. Che essi abitino in Paesi lontani o siano invece costretti a cercare cittadinanza lì dove non sono nati, non fa differenza. La Trinità ha a che fare con la capacità di convivere insieme a coloro che chiamano Dio con altri nomi e lo pregano in altri modi e di stabilire con loro relazioni di fratellanza. Fin dalla prima alleanza Dio era stato chiaro: il dono della terra e il dono della Legge hanno come finalità che «sia felice tu e i tuoi figli dopo di te». L'atlante del mondo e l'agenda della storia ci ricordano ogni giorno impietosamente che c'è ancora tanto da fare perché la terra diventi abitabile e il mondo diventi vivibile per tutti gli uomini. Ci dicono anche, però, che lo Spirito di Dio lentamente si fa strada nel cuore degli uomini, e la fratellanza, perché possa essere rispettata come diritto di tutti, è diventata ormai già per molti un dovere da insegnare ai propri figli.

Anche l'evangelista Matteo non specula sulla Trinità, ma ci presenta il Padre, il Figlio e lo Spirito come l'unico Dio che nella trama della storia ha intessuto la sua promessa di fedeltà. Capire la Trinità e parlare della Trinità significa leggere il vangelo e ammaestrare ad esso tutte le genti. L'ultima istruzione di Gesù ai suoi prima di lasciarli definitivamente per salire alla destra del Padre non fa che rimandare a quanto l'intero vangelo ha raccontato: ciò che il Padre vuole, il Figlio lo rende possibile e attuale attraverso il dono del suo Spirito. In questa istruzione evangelica, pronunciata da colui che è investito ormai di ogni potere e può essere presente in mezzo ai suoi fino alla fine del tempo, possono ormai essere "battezzate" tutte le nazioni. D'altra parte, però, la scena dell'invio alle genti che chiude il vangelo si svolge in luogo e tempo precisi.
La missione della Chiesa deve cominciare lì dove Gesù stesso ha dato inizio alla sua missione, perché la Chiesa che vive nell'era della risurrezione, cioè nel tempo del dono dello Spirito, deve restare ancorata alla continuità storica con Gesù, il figlio prediletto che il Padre ha inviato. È questa l'investitura che viene dall'alto. I discepoli possono anche dubitare ed essere sconcertati. Il dubbio, infatti, non impedisce l'adorazione, anzi ne è la condizione previa. E solo se parte dall'adorazione di Dio, Padre, Figlio e Spirito, la missione della Chiesa non si traduce in un programma ideologico che persegue il delirio di assoggettare il mondo a un pensiero unico e a una fede unica invece della festa di un mondo plurale.

VITA PASTORALE N. 5/2012
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)


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