Quarant'anni di diaconato nella diocesi di Torino


Il diaconato in Italia n° 174
(maggio/giugno 2012)

SPECIALE


Quarant'anni di diaconato nella diocesi di Torino
di Giorgio Agagliati

«Verso la fine del 1971 , l'allora nostro parroco invitò alcuni uomini a un incontro sul diaconato. Ne avevo sentito parlare, ero interessato e ci andai. C'erano due cose che in quel momento ancora non sapevo: primo, che quell'incontro era parte di un 'tour promozionale' per far conoscere il diaconato e stimolare interesse nei potenziali candidati; secondo, e più importante: che il Cardo Pellegrino, in attuazione del Concilio, aveva deciso di partire». Ricorda così il primo incontro con il diaconato permanente Angelo Ambrosio, che il 5 ottobre del 1975 divenne il primo diacono ordinato della Diocesi di Torino.
Prima di quell'incontro in parrocchia, in Diocesi si erano compiuti i passi decisivi per dare corpo alla decisione del Vaticano II di "restituire" il diaconato "come proprio e permanente grado della gerarchia" (LG 29). Sin dal momento della sua elezione a Vescovo di Torino nel settembre 1965, Michele Pellegrino aveva stabilito che il suo programma pastorale sarebbe consistito nel dare attuazione al Concilio. Anche su questo punto.
Così, dopo i decreti attuativi di Paolo VI, il cardinale aveva acquisito, nel gennaio 1971, il parere positivo del Consiglio presbiterale diocesano e incaricato don Giovanni Pignata di progettare e poi seguire il cammino di preparazione dei primi diaconi. Il gruppo di lavoro coordinato da don Pignata, e seguito anche dal vescovo ausiliare Livio Maritano, prese tra l'altro contatto con le realtà di Reggio Emilia e di Napoli, per un confronto tra queste diocesi apripista. In questa fase fu molto significativo anche l'incontro con don Alberto Altana. Non appena la CEI, l'8 dicembre del 1971, autorizzò i singoli vescovi a procedere a loro discrezione all'introduzione del diaconato nelle diocesi, indicando anche gli orientamenti formativi, partì l'avventura del diaconato permanente a Torino.

Le tappe
L'annuncio ufficiale avvenne nel marzo del '72, e nello stesso anno partì il primo corso di formazione. Per questo fissa al 1972 l'inizio del diaconato a Torino e se ne celebra quindi in questo 2012 il quarantennale. A dare l'annuncio fu don Pignata, coadiuvato da don Vincenzo Chiarle per la formazione spirituale, da padre Eugenio Costa S.J. e da don Luigi Losacco per quella biblico-teologica. Il primo percorso formativo fu triennale, e nell'autunno del '75 si ebbero le prime ordinazioni: oltre ad Ambrosio, divennero diaconi in quel periodo Aldo Diani, Giuseppe Gasca, Mario Mancini, Luigi Luppi, Enzo Olivero e Gianni Barra, seguiti nel gennaio del '76 da Giuseppe Ferrero. Da allora, in Diocesi vi sono state ordinazioni ogni anno, con la sola eccezione del 2004.
Nel tempo la situazione del diaconato si è evoluta, anche alla luce delle direttive impartite nel 1979 e nel 1987 dal Card. Anastasio Ballestrero (successore di Pellegrino, vescovo di Torino dal 1977 al 1989), che introdusse un anno propedeutico al triennio di formazione, e dell'ulteriore intervento del Cardo Giovanni Saldarini (1989-1999), che nel 1991, tra l'altro, portava a cinque gli anni di formazione. Durante il suo episcopato avvenne il primo cambio della guardia nell'incarico di delegato per il diaconato: a don Pignata successe don Domenico Cavallo, mentre don Chiarle assunse la responsabilità della formazione. Ulteriori integrazioni di contenuti furono attuate a seguito della promulgazione del Direttorio del '98.
Con il Card. Severino Poletto (1999-2010), si definisce nel 2004 il regolamento diocesano per le questioni economiche riguardanti i diaconi e nel 2005 si riunificano le responsabilità della formazione al ministero e del ruolo di delegato per il diaconato, affidandone la responsabilità a don Giuseppe Tuninetti, che la detiene tuttora. Poco dopo il suo arrivo, nel 2010, alla guida della diocesi, l'attuale vescovo, Cesare Nosiglia, ha stabilito che dall'anno 2012-2013 il corso teologico di preparazione al diaconato permanente - sino ad ora curato da una specifica Scuola di formazione con docenti della Facoltà teologica - sia affidato all'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino, con un biennio filosofico e un triennio teologico, al termine dei quali, previa tesi, si potrà conseguire la laurea breve in teologia. Un sesto anno, dedicato particolarmente alla preparazione pastorale, completerà il cammino verso l'ordinazione.

Numeri e situazioni di vita
In questi quarant'anni sono stati ordinati 179 diaconi, di cui 132 oggi attivi in diocesi, 31 defunti, 9 passati ad altra diocesi, mentre 8 sono stati gli abbandoni. Nei quattro decenni, il primo, il terzo e il quarto vedono un numero di ordinazioni sostanzialmente stabile, rispettivamente 39 nel periodo 1972-1981, 35 nel 1992-2001 e 37 nel 2002-2011, mentre il secondo (1982-1991) ha visto un exploit con 68 ordinazioni. Attualmente l'età media è di 66,5 anni, il diacono più giovane ne ha 41, il più anziano 91. Dei diaconi attuali 120 sono sposati, per la maggior parte con figli, e stanno aumentando nel percorso di formazione e nelle recenti ordinazioni le coppie con figli bambini o ragazzi. I celibi sono 8. I diaconi in attività lavorativa sono 48, impegnati nelle più diverse professioni: il maggior numero è quello degli impiegati (17), seguiti dai sanitari (9) e dagli insegnanti (8). Operai e imprenditori sono 2 per categoria, e c'è anche un violinista di un'orchestra sinfonica. I pensionati sono in netta maggioranza, 84, ma questa situazione non è destinata a durare a lungo, se si tiene conto del prolungamento del termine per poter lasciare il lavoro. L'impegno pastorale vede al primo posto le parrocchie, con 127 presenze di diaconi. In diversi casi lo stesso diacono svolge più di un incarico: 34 fanno parte di servizi diocesani, 17 sono nel mondo della sanità, 7 operano presso i cimiteri cittadini. A fine 2005 è anche avvenuta la partenza per il Brasile del primo diacono permanente fidei donum della diocesi: Franco Scaglia, che insieme alla moglie Loredana ha vissuto un periodo di appoggio alla diocesi di Belèm come parte di un'équipe formata anche da due preti e una giovane coppia.
Sin dai primi passi, il diaconato torinese ha posto grande attenzione alla dimensione familiare e prima di tutto a quella sponsale. Le mogli sono sempre state coinvolte, sia nei percorsi formativi pre-ordinazione, sia nella comunità diaconale, non come "appendici" del marito, ma come soggetti e protagoniste. Ormai da alcuni anni, su iniziativa del delegato don Tuninetti, l'Organismo di collegamento che lo coadiuva è composto, oltre che da diaconi eletti dai confratelli (più alcuni cooptati dal delegato stesso), anche da una sposa.
Il proto-diacono Ambrosio e sua moglie Renza ricordano la grande sensibilità con cui venivano accolti i dubbi, i timori, le perplessità delle spose di fronte ai primi passi dei mariti verso l'ordinazione, e il clima di comunione che ben presto venne a crearsi tra le famiglie. Citano anche un aneddoto significativo: «Un mese prima dell'ordinazione, il card. Pellegrino ci convocò con le famiglie e accogliendoci disse: "Ci voleva il diaconato per sentire la voce dei bambini sulle scale dell'arcivescovado!"».
Oggi Marita Girola, sposa di Gianfranco, diacono da 21 anni, attesta che quel clima è sempre vivo e che "nella famiglia diaconale, cioè l'insieme delle famiglie dei diaconi, l'esperienza degli uni è di sostegno agli altri: durante i ritiri mensili e gli incontri a piccoli gruppi sul territorio si consolidano amicizie e affinità che dispongono alla confidenza, aiutano ad aprire il cuore al confronto e a ritrovarsi rinfrancati, pur nella diversità dei caratteri e delle esperienze". Quella dei piccoli gruppi territoriali è una realtà che ormai da molto tempo caratterizza il diaconato torinese: ciascun gruppo ha un responsabile e si incontra periodicamente, spesso in forma conviviale, per momenti di dialogo, riflessione, preghiera e per un confronto aperto sulle esperienze di vita e di ministero.
Ma i diaconi sono per loro natura anche presenza "irraggiata" (per dirla con Giuseppe Dossetti) nella società. Se si pensa anche soltanto ai 48 che lavorano, significa che ogni giorno ciascuno di loro incontra centinaia di persone: colleghi, clienti, utenti, studenti e le loro famiglie. Chi poi ha figli in età pre-scolare e scolare - come si è detto, il numero di queste situazioni è in crescita - vive la fitta rete di relazioni consueta per ogni famiglia di questo tipo. Più in generale, attribuendo a ciascun diacono due o tre ambienti sociali di frequentazione oltre alla parrocchia, nel territorio della diocesi di Torino in centinaia di contesti è presente un diacono con la sua famiglia.

Temi di riflessione
Se si aggiunge il già ricordato prolungamento del tempo del lavoro, appare evidente che anche la realtà diaconale torinese deve e sempre più dovrà riflettere sul modo di vivere il ministero, di declinare e testimoniare l'essere diacono anche oltre e in modalità diverse dal pur sempre fondamentale fare specifico del servizio ecclesiale. È un'opportunità di animazione cristiana della società da parte di un ministro ordinato per molti versi inedita, da scoprire e sperimentare. In quest'ambito rientra anche il fattore-tempo: l'allungamento della vita lavorativa sposta molto più in là che nel passato il momento in cui il diacono potrà passare da un servizio ecclesiale part-time a una più ampia disponibilità. D'altra parte, con l'ordinazione tutto il tempo è trasformato in "tempo ministeriale", e l'evoluzione in atto impone e imporrà sempre più di pensare al full-time ministeriale in modo nuovo.
Inoltre, il diacono è un ministro ordinato esposto in misura crescente alle comuni problematiche sociali ed economiche. La crisi c'è per tutti, anche per i diaconi; la precarietà investe tutti i giovani, anche i figli dei diaconi; il clima culturale, mediatico, politico influenza e chiama in causa anche il diacono come cittadino, sposo e genitore: in questo contesto per ogni cristiano vale il monito di San Paolo a sfuggire al conformismo e a farsi agente di trasformazione, ma da parte del diacono questo compito dev'essere attuato nel modo proprio di un ministro della Chiesa. Queste tematiche faranno parte dei contenuti di un convegno che il diaconato torinese terrà il prossimo novembre nell'ambito delle iniziative per il quarantennale.


Le notizie storiche e statistiche e le testimonianze sono tratte dal periodico del diaconato torinese Foglio di collegamento, numero speciale di aprile 2012 per i 40 anni del Diaconato. Gli spunti di riflessione dell'ultima parte dell'articolo sono stati svolti dall'autore anche sul settimanale diocesano torinese La Voce del Popolo, numero del 29 aprile 2012, nell'ambito di una pagina dedicata al quarantennale.



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