Domenica di Pasqua (C)

ANNO C - 31 marzo 2013
Domenica di Pasqua

At 10,34a.37-43
Col 3,3,1-a; 1Cor 5,6-8
Gv 20,1-9
L'INIZIO DELLA
NUOVA CREAZIONE

La celebrazione della Pasqua può avvenire sempre e solo di domenica. È un fatto importante. È «il primo giorno della settimana» e, quindi, l'unico giorno in cui la Pasqua può prendere senso. Credere che Gesù è risorto significa credere che Dio ha cominciato a portare a compimento la nuova creazione e, con la risurrezione di suo Figlio, Dio ha dato inizio al tempo nuovo della vittoria sulla morte. Eppure, il vangelo di Giovanni ci ricorda che cogliere la realtà della nuova creazione comporta sconcerto, non supponenza.
Tre sono i protagonisti che entrano in scena all'alba del primo giorno della settimana: Maria di Magdala, colei che addirittura precede l'alba, e poi i due discepoli sui quali il quarto evangelista appoggia, come due colonne di uno stesso arco, i racconti delle successive apparizioni del Risorto, il discepolo che viene menzionato non per nome, ma con l'appellativo forte «il discepolo che Gesù amava», e Simon Pietro.
Tutti e tre, in quella mattina, «corrono». Maria corre dai discepoli perché ha trovato la pietra del sepolcro rotolata via e suppone il furto del cadavere. Come a dire che in lei non c'è nessuna aspettativa, nessuna previsione plausibile di potersi confrontare con la risurrezione di Gesù. Poco più avanti, la prima apparizione del Risorto sarà proprio a lei e ancora una volta da parte sua non c'è nessuna aspettativa al riguardo.

Corrono anche gli altri due discepoli, facendo il cammino inverso a quello di Maria, andando cioè in direzione del sepolcro. Anche per loro la risurrezione di Gesù è una possibilità del tutto impensabile, un'ipotesi imprevista perché imprevedibile. Da qui bisogna partire per entrare nel mistero della Pasqua. La Pasqua è innanzi tutto una realtà che coglie di sorpresa, un annuncio. Perché è intervento di Dio. Esattamente come la creazione il primo giorno della settimana in cui Dio dà al cosmo ordine e destinazione, quella settimana in cui tutte le cose non sono più solo cose, ma divengono creature.
Quella scena in cui i tre discepoli per Giovanni più significativi del seguito di Gesù, Maria, il discepolo prediletto e Pietro si affacciano sul sepolcro all'alba del primo giorno veicola un messaggio forte: di fronte alla fede nella risurrezione nessuno, neppure i discepoli più stretti del Maestro di Nazaret, è preparato, nessuno ha più facilità di altri, nessuno può entrare nella luce di quella fede in modo automatico. La risurrezione di Gesù nessuno l'ha vista, nessuno può dire di aver assistito a qualcosa di straordinario e, per ciò stesso, di convincente. Quella scena impone ai discepoli di ogni generazione di accettare che, di fronte all'annuncio della risurrezione, tutti, anche i discepoli storici, sono stati obbligati a posizionarsi al punto di partenza. Per questo di fronte al racconto giovanneo del sepolcro vuoto non si deve indulgere a psicologismi cercando a tutti i costi di immaginare i diversi stati d'animo dei personaggi. Bisogna avere il coraggio di accettare che la sobrietà dell'evangelista nel raccontare può essere l'unica condizione indispensabile perché possiamo capire. Con i racconti delle apparizioni che si spingono oltre la storia plausibile dei fatti, il registro della narrazione evangelica cambia radicalmente.

Che Maria di Magdala restasse in qualche misura attaccata a quel sepolcro in cui aveva visto deporre il suo Maestro, è ben comprensibile. Il sepolcro è l'unica realtà "dopo" la morte a cui possiamo arrivare, è l'unica possibilità pure per chi resta di non considerare la morte come l'ultima e definitiva parola. Visitando il sepolcro di chi ci è stato tolto, possiamo arrivare a "dopo" la morte. Ma non di più. "Oltre" la morte, infatti, solo Dio può arrivare. La Maria di Magdala giovannea, d'altro canto, sa molto bene dove andare a raccontare il suo sconcerto. Essere discepoli non significa condividere delle certezze, ma interpellarsi reciprocamente, ben sapendo che l'agire di Dio mette sempre di fronte a un inedito.

I due discepoli che Maria interpella non corrono con lo stesso passo, non valutano ciò che vedono in modo identico, non arrivano alle stesse conclusioni. D'altra parte, nessuno dei due, neppure quello che corre più veloce e che ha già affinato la sua capacità di vedere con gli occhi della fede, è realmente avvantaggiato e può capire con le proprie forze che quella tomba vuota significa che Gesù è stato risuscitato da Dio. Tutti e due, sia il discepolo prediletto che Pietro, devono mettersi alla scuola della tradizione biblica per arrivare a capire. Solo a partire dalla conoscenza delle Scritture, il Vangelo, cioè l'annuncio della buona novella della risurrezione di Gesù, può trovare il suo autentico significato.
Ciò vale per tutti, qualunque sia la nazione di provenienza o la generazione di appartenenza. In casa del centurione Cornelio, Pietro annuncia per la prima volta la risurrezione ai pagani perché ha capito che Dio non fa preferenza di persone. Anche loro, però, devono essere istruiti nella Parola che Dio ha inviato ai figli d'Israele e capire la testimonianza dei profeti. Quanti uomini (e donne) giusti e timorati di Dio sono intorno a noi e vorrebbero ascoltare ciò che i discepoli di Gesù anche oggi hanno da dire loro? Non con l'arroganza delle certezze, ma con la sapienza di chi sa scrutare le Scritture e riconoscere in esse una Parola di salvezza.

VITA PASTORALE N. 2/2013
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)

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