XI Domenica del Tempo ordinario (C)

ANNO C - 16 giugno 2013
XI Domenica del Tempo ordinario

2Sam 12,7-10.13
Gal 2,16.19-21
Lc 7,36-8,3
ACCOGLIENZA
E MISERICORDIA

C'è una relazione molto stretta tra la parabola di Natan del secondo libro di Samuele e il racconto lucano della peccatrice perdonata. Entrambi i testi presentano una questione etica a prima vista di facile soluzione ma, in realtà, molto complessa. Essa chiede di procedere, seguendo un modello di argomentazione tipicamente semitico, in modo indiretto, attraverso il ricorso a una parabola o a un paragone esemplare tra due persone.

I due testi richiamano l'attenzione su due atteggiamenti moralmente scorretti: Davide è peccatore e ingiusto, perché colpevole di un omicidio per passione; una donna, che s'insinua senza proferire parola in un banchetto cui prendeva parte anche Gesù, è conosciuta da tutti come peccatrice. Con il racconto di una parabola, il profeta Natan obbliga Davide a rendersi conto della sua colpa, mentre il profeta nazareno si serve del comportamento della donna per interpellare il fariseo e obbligarlo a capire che per Dio amare significa perdonare e perdonare significa amare: nel momento in cui ci si riconosce peccatori, Dio perdona.
Il fariseo è padrone di casa, nelle cose religiose sta "a casa sua" e invita alla sua tavola un profeta, mentre la peccatrice è un'estranea, un'esclusa. Ma chi si comporta veramente da "padrone di casa"? Chi riserva a Gesù i gesti propri dell'accoglienza, del riconoscimento e della riconoscenza? Chi sa di essere inadeguato e quindi fa dell'accoglienza un dovere? L'estranea, l'esclusa, la peccatrice. Chi invece è diventato ormai giudice dei profeti e di Dio stesso perché pretende di conoscere i pensieri di Dio e, soprattutto, di giudicare al posto di Dio? Con il fariseo, Dio deve passare l'esame. Con la donna, l'ospite, il profeta si impone e chiede solo di essere riconosciuto e accolto.

La scena è molto ben costruita e fa sfondo a una parabola di cui il fariseo capisce perfettamente il senso, ma da cui, diversamente da Davide, non si sente chiamato in causa. La donna si sente chiamata pienamente in causa dal solo fatto che Gesù è lì, è entrato in casa e siede a tavola. Non è importante che la sua sia una vita peccaminosa: è una vita aperta. Il fariseo, preoccupato di vagliare ciò che si deve e non si deve fare, certamente attento alle osservanze, ha perso invece il senso complessivo della vita. È paradossale: c'è una preoccupazione religiosa che impedisce di vedere e di capire il senso di Dio perché è tutta centrata sulla propria capacità di tenere basso il debito nei confronti di Dio. Chi crede veramente, invece, è colui che sa che nei confronti di Dio il suo debito è sempre e comunque alto, ma che Dio è colui che condona sempre molto. Nei confronti di chiunque.
Significativamente, poi, Luca compone in una stessa sezione due racconti a protagonismo femminile, e a quello della peccatrice fa seguire quello della comunità dei discepoli che accompagnano Gesù durante la sua predicazione in Galilea e di cui fanno parte anche tre discepole. I loro nomi, come quelli dei Dodici riportati dall'evangelista poco prima, sono rimasti iscritti nella tradizione. Si tratta di due testi che hanno contribuito a fissare nell'immaginario religioso di generazioni di cristiani un certo modo di considerare la partecipazione delle donne alla sequela di Gesù e che solo negli ultimi decenni sono stati liberati dall'ipoteca d'interpretazioni tanto ambigue quanto arbitrarie.

Luca, infatti, non dice quello che, a partire da un'omelia di Gregorio Magno, è invece diventata la versione "ufficiale" sulla presenza delle donne nei vangeli. Non dice, innanzitutto, che la donna è una prostituta, ma solo che è conosciuta dai suoi concittadini per la sua vita di peccato. Le donne però, si sa, non possono essere conosciute da tutti perché sono negozianti che truffano i clienti o per la loro crudeltà, ma sempre e solo perché sono prostitute! Luca la presenta invece come modello di tutti coloro che, uomini e donne, hanno bisogno del perdono di Dio. Essa segna il confine, netto e preciso, tra coloro che sanno chi Dio è e come si dovrebbe comportare con i peccatori e quelli che sanno solo che hanno bisogno di lui perché senza di lui non possono trovare la pace.

In secondo luogo, Luca non dice in alcun modo che questa donna è Maria di Magdala. Anzi: quanto mai importante è che questa donna sia e resti anonima. Invece, proprio Maria di Magdala, che secondo tutti e quattro i vangeli è una discepola di Gesù e che Luca ci presenta come una donna guarita a capo di un piccolo gruppo di discepole, diventa la grande prostituta penitente così cara alla tradizione letteraria e a quella figurativa. Infine, Luca presenta sia i dodici che le tre donne come coloro che seguono Gesù nel suo instancabile cammino di evangelizzazione e, a conclusione del suo sommario, indica le discepole di Gesù come modello, soprattutto per le donne benestanti della sua comunità, perché sostengano economicamente la missione della Chiesa.
I racconti a protagonismo femminile che Luca pone in successione attestano, dunque, qualcosa di diverso dagli stereotipi cui per troppo tempo siamo stati abituati. Il primo è una storia d'accoglienza e di conversione. Il secondo è un riassunto breve e incisivo dell'attività di Gesù e di coloro, uomini e donne, che l'accompagnavano nella sua missione. Racconti inclusivi su una comunità discepolare altrettanto inclusiva che hanno molto da insegnarci.

VITA PASTORALE N. 5/2013
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)

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