XVI Domenica del Tempo ordinario (C)

ANNO C – 21 luglio 2013
XVI Domenica del Tempo ordinario

Gen 18,1-10a
Col 1,24-28
Lc 10,38-42
RUOLI ECCLESIALI
AFFIDATI ALLE DONNE

Ci sono racconti evangelici che hanno intessuto la nostra tradizione spirituale e culturale molto più di altri. Toccano, evidentemente, un punto nodale della vita religiosa e della sua organizzazione, ma anche sono facilmente utilizzabili per presentare ai fedeli modelli di vita spirituale. Il racconto della visita di Gesù nella casa di Marta e Maria ha segnato profondamente la nostra tradizione religiosa. Soprattutto per quanto concerne la vita di fede delle donne. Cosa c'è di meglio di una scena domestica, infatti, per profilare atteggiamenti e comportamenti delle donne? Una sorta di riflesso condizionato porta gli uomini a rappresentarsele sempre e soltanto come madri e mogli premurose, dedite alle faccende domestiche, e a sopportare, ridicolizzandoli, anche gli effetti collaterali di tanta dedizione, che sono l'ansia e l'insoddisfazione.
Eppure, anche la scena dell'accoglienza dei tre uomini, cioè del Signore, da parte di Abramo riflette un contesto quanto mai patriarcale, eppure l'ospitalità è impegno di tutti, dei due "padroni di casa", Abramo e Sara, ma anche dei servi, perché nel mondo orientale ricevere qualcuno nella propria tenda o nella propria casa significava mettere in moto tutte le risorse a disposizione per esprimere la grande riconoscenza per la visita ricevuta. Perché Gesù dovrebbe redarguire così bruscamente Marta se si dà da fare per accoglierlo come merita l'ospite e l'amico?

Per molti secoli, invece, la scena della casa di Betania è sempre stata interpretata come un conflitto tra due modi, uno utile, ma a volte petulante, l'altro encomiabile, ma del tutto idealizzato di vivere la sequela di Gesù all'interno della Chiesa. Non esclusivamente, forse, ma prevalentemente per le donne. Sono state organizzate forme di vita attiva e di vita contemplativa, sorvolando sul fatto che, molto spesso, le donne che sceglievano la contemplazione faticavano, e duramente, anche in attività non meno diaconali delle altre impegnate nel mondo e quelle dedite alla missione della Chiesa non hanno mai rinunciato a lunghi tempi di preghiera. Forse, di fronte alla lunga storia dell'interpretazione della scena evangelica delle due sorelle di Betania una domanda s'impone: perché, quando leggiamo i racconti biblici, siamo abituati a valutare un'opposizione tra due uomini come un conflitto tra ruoli che determina svolte importanti nella storia del popolo di Dio e il confronto o l'opposizione tra due donne preferiamo invece capirla sempre come un contrasto interpersonale, un confronto tra caratteri?

Eppure, l'interesse di Luca per la vita ecclesiale è noto: non possiamo pensare allora che il racconto del confronto tra Marta e Maria sul modo di accogliere nella propria casa colui che annuncia il regno di Dio fosse indirizzato a risolvere un contenzioso, presente nella comunità lucana, tra la pretesa delle donne di ascoltare la predicazione missionaria direttamente e non per interposizione del marito e la diaconia nei confronti dei missionari? L'autorevole parola di Gesù, che viene esplicitamente chiamato in causa come Kyrios, come "Signore", non verrebbe sprecata a dirimere una lite tra donnette sui piatti da lavare, ma dovrebbe fare chiarezza su una situazione di conflitto ecclesiale intorno ai ruoli esercitati dalle donne. È del tutto possibile.

Le comunità cristiane dei primi tempi avevano superato forme di esclusione e di discriminazione divenute invece molto diffuse nelle religioni ufficiali dell'epoca. Basti pensare che né l'ingresso nella comunità attraverso il battesimo, né la partecipazione alla cena eucaristica sono mai stati interdetti alle donne. Non così però il loro diritto a rivestire ruoli ecclesiali precisi dato che le giovani comunità si confrontavano con l'antica tradizione giudaica e con la grande tradizione pagana, entrambe contrarie all'inclusione delle donne nell'ambito del sacro e a una loro partecipazione ai ruoli pubblici. Prevale una lettura che interpreta l'episodio della visita di Gesù nella casa delle due sorelle di Betania in modo sanzionatorio e restrittivo nei confronti delle donne. Non è in gioco la loro identità ecclesiale, né lo sono i loro ruoli dentro la comunità. Sparisce progressivamente il contesto missionario e si fa strada invece l'esigenza ascetica con la sua mistica del silenzio e le sue esigenze sacrificali.

Continuare a contrapporre le due sorelle di Betania, ben sapendo che, se le donne si sottraessero alle infinite diaconie di cui sono capaci e che vengono loro richieste, il mondo semplicemente si fermerebbe, oltre che ipocrita aggrava ulteriormente una lacerazione del corpo ecclesiale. La cultura patriarcale, è vero, ha sempre saputo servirsi del sottile potere delle dicotomie, soprattutto della contrapposizione tra due figure femminili, una da esaltare, l'altra da denigrare, in modo tale da escludere poi tutte le donne, che sono così perennemente fuori dai margini della normalità delle umane vicende, fuori cioè dal pragmatismo del potere. Già molti anni fa, però, il cardinal Carlo Maria Martini, tra i tanti interrogativi con cui introduceva una riflessione sul rapporto donne-Chiesa, ne poneva uno alla luce del quale anche il racconto delle sorelle di Betania prende una luce diversa: i ruoli ecclesiali affidati alle donne sono secondo i carismi di una Chiesa condotta dallo Spirito oppure ancora frutto di una mentalità maschile?

VITA PASTORALE N. 6/2013
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)

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