XXXI Domenica del Tempo ordinario (C)

ANNO C – 3 novembre 2013
XXXI Domenica del Tempo ordinario

Sap 11,22-12,2
2Ts 1,11-2,2
Lc 19,1-10
LA SALVEZZA
È OFFERTA A TUTTI

Zaccheo, un uomo che si è arricchito sulle spalle degli altri e che non può certo riscuotere una grande simpatia, viene invece additato da Luca come modello di qualcosa di straordinario. Nel terzo vangelo Gesù fa appello ripetutamente alla rinuncia alle ricchezze, anche se non sempre con successo, e per l'evangelista la solidarietà con chi non ha diventa il metro su cui la comunità cristiana può misurare la sua fedeltà al Vangelo: solo attraverso la comunione dei beni la comunità attualizza nella vita la frazione del pane eucaristico. È l'eredità che secoli di sequela del Vangelo da parte di innumerevoli uomini e donne hanno lasciato a un mondo che, forse, non avrebbe mai appreso la disponibilità alla condivisione e alla solidarietà.

Con l'episodio del pubblicano di Gerico Luca richiama la sua comunità a non trincerarsi dietro l'alibi della radicalità: Zaccheo non è un eroe e la sua scelta non ha nulla di ascetico o di totalizzante. Nulla della radicalità che alcune figure straordinarie sono state capaci di testimoniare durante la storia dell'umanità e delle Chiese. Zaccheo rimane fedele al suo personaggio di uomo furbo e calcolatore, che tiene per sé la metà dei suoi beni. In questo modo, rende il confronto ancora più incalzante perché nessuno può nascondersi dietro l'alibi di una radicalità che non può essere richiesta a persone "normali".

Zaccheo testimonia che la solidarietà è possibile, però, solo a una precisa condizione, quella dell'incontro con colui che annuncia la salvezza. La solidarietà non risponde cioè a una convinzione ideologica né è dettata da una spinta etica, ma ha il suo fondamento prima di tutto nella convinzione di aver incontrato in Gesù il Messia di Dio. Il ricco pubblicano di Gerico capisce che la presenza di Gesù, il suo passaggio attraverso le città degli uomini, non può restare inosservato. La presenza storica di Gesù non è soltanto il punto di partenza della vicenda di Zaccheo, ne è la condizione. È vero, anche per tanti suoi contemporanei "vedere Gesù" non è stato sufficiente per credere in lui. Si tratta però di una condizione necessaria. Ieri come oggi.

I vangeli nascono per questo: narrata e interpretata, la vicenda del profeta di Nazaret che annuncia il regno di Dio fino alla morte e che Dio risuscita dai morti consente di continuare a "vedere Gesù" . Non è facile, certo, come non lo è stato per Zaccheo che era piccolo di statura. Chiede di ingegnarsi. "Vedere Gesù" non ha nulla di scontato, né è possibile al di fuori di una decisione personale, di un "superamento della folla". La folla acclama o maledice, difficilmente "vede", ancora più difficilmente "riconosce". Gesù è passato per le città della sua terra come tanti altri. Ha fatto accendere la speranza, ha consolato, ha guarito, forse, come tanti altri prima e dopo di lui. Solo la sua vicenda, però, è diventata "evangelo", annuncio di salvezza. Riusciamo, nelle nostre Chiese, a raccontare e far conoscere la vicenda di Gesù come evangelo, come annuncio di salvezza? Quanti salgono sull'albero pur di vederlo? Oggi, in una civiltà che misura tutto in numero di partecipanti, gli stadi e le piazze definiscono la misura del consenso. L'episodio di Zaccheo non presenta il sogno di una fede elitaria, riservata a pochi degni perché attrezzati intellettualmente, né contrappone la fede del singolo a quella del popolo. Attesta che per il Dio che attraversa le città degli uomini quello che conta non è, prima di tutto, la folla.

Vedere Gesù è possibile perché egli stesso si è fatto visibile. Il desiderio di Gesù di fermarsi a casa di Zaccheo fa cadere ogni dubbio. Soprattutto nel terzo vangelo la "casa" è, per eccellenza, il luogo della fede, perché nelle case si predicava l'evangelo, nelle case si celebrava la memoria della cena di Gesù, nelle case si radunava la comunità dei discepoli del Risorto. Nelle case Gesù "si ferma", nelle case il suo ricordo diviene evangelo, annuncio di salvezza. In tutte le case. Non è Zaccheo ad invitare Gesù per strumentalizzare la sua presenza: Gesù sa che in quella casa non avverrà quello che normalmente avviene quando i potenti invitano alla loro tavola i rappresentanti religiosi per accordarsi su reciproci favori. L'atteggiamento di Zaccheo, cioè il suo desiderio di vedere Gesù, non è un semplice preliminare narrativo che conferisce colore al racconto, ma è condizione che impone a Gesù di alzare lo sguardo e di invitarsi a casa del capo dei pubblicani.

Significativamente, allora, le mormorazioni di quelli che assistono alla scena non sono rivolte a Zaccheo, ma a Gesù: come può l'inviato di Dio permettersi di profanare la santità di Dio entrando nella casa di un peccatore pubblico? Ancora una volta, Gesù ribadisce che la salvezza di Dio non può essere imprigionata dentro un sistema religioso: Dio entra nella casa di chiunque lo cerca e la riempie di gioia. Per questo, allora, la solidarietà con i poveri diviene del tutto naturale e non ha nulla di eroico. I primi gesti di Papa Francesco ci hanno fatto sperare che la Chiesa possa di nuovo essere "una Chiesa pubblicana", liberata da ogni "intima presunzione" e da ogni fardello di ricchezza. Una Chiesa in cui abita la sapienza di un Dio che ha compassione di tutti e chiude gli occhi sui peccati degli uomini perché ama tutte le cose che esistono, perché è un Dio amante della vita.

VITA PASTORALE N. 9/2013
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)

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