XXXIII Domenica del Tempo ordinario (C)

ANNO C – 17 novembre 2013
XXXIII Domenica del Tempo ordinario

Ml 3,19-20a
2Ts 3,7-12
Lc 21,5-19
TEMPO DI FEDELTÀ
NON DI MEDIOCRITÀ

Gesù è ormai a Gerusalemme ed è alla vigilia della sua condanna. II suo insegnamento nel Tempio e, soprattutto, contro il Tempio prepara, sia per i temi che per i toni, l'ultimo atto della vicenda umana del profeta di Nazaret. Le autorità religiose decideranno di condannarlo e Giuda deciderà di tradirlo. In questo contesto, ma soprattutto in questo clima gravido di angoscia, si inserisce il grande discorso di Gesù sulla fine dei tempi. Una fine già iniziata, una fine enigmatica, che resta sospesa in un futuro del quale nessuno può avere ancora altro che dei segnali. Luca ricorda alla sua comunità che coloro che credono nel Risorto devono imparare che la vita della comunità dei credenti si svolge nel tempo intermedio, quello tra la venuta del Messia e il suo ritorno.

Non è senza significato che Gesù ponga al centro del suo ultimo insegnamento proprio il Tempio. L'evangelista infatti scrive in un momento in cui il T empio di Gerusalemme è già stato distrutto dall'esercito romano guidato dal futuro imperatore Tito. Nel dialogo iniziale egli presenta dunque la profezia di Gesù sulla sorte del Tempio, ben sapendo che i suoi uditori sanno che essa si è già compiuta. D'altra parte, egli sa anche molto bene che le comunità cristiane hanno progressivamente preso le distanze dal Tempio di Gerusalemme. Non solo dal punto di vista spaziale, dato che si sono diffuse ben al di fuori di Gerusalemme e della Palestina, ma anche dal punto di vista religioso e cultuale.
All' epoca di Luca sono ormai le case private a costituire il luogo della pratica della fede. E l'esperienza di una religione legata alle pratiche del Tempio, soprattutto ai sacrifici espiatori, ha ceduto il passo a una pratica religiosa centrata sulla diffusione dell'annuncio dell'evangelo, sulla missione, sulla celebrazione del ricordo della cena del Signore. Anche gli stessi Giudei, quando il Tempio avrà definitivamente finito di esercitare il suo ruolo e sacerdoti e leviti non saranno più figure forti di riferimento, metteranno sempre più al centro della pratica religiosa l'osservanza della legge e dell'insegnamento dei padri e dei maestri. Luca percepisce dunque che, nel contesto del discorso di Gesù sulla fine dei tempi, il ricordo della svolta che si è operata con la distruzione definitiva del Tempio contribuisce a spiegare ai cristiani quale sia il legame possibile tra fede in Gesù e fede giudaica e quanto ampia sia ormai la distanza che si è andata creando tra queste due fedi religiose.

La domanda su "quando" arriverà quello che Malachia aveva chiamato «il giorno rovente come un forno», posta non da un discepolo ma da uno sconosciuto, fornisce l'occasione per avviare un lungo discorso pubblico sui segnali che accompagneranno il progressivo avvicinarsi della parusia. Esso si compone di varie unità. Nella prima, oltre il tragico, ma ancora normale, ritmo delle guerre e delle sopraffazioni tra i popoli, vengono evocati fatti ancora più terrificanti che coinvolgono non soltanto le umane vicende ma anche il cosmo intero. A questa evocazione apocalittica si accompagna però una chiara messa in guardia da forme di angoscia incontrollata che possono alterare la partecipazione all' attesa del momento finale. Ci possono essere false attese che generano falsi modi di leggere i segnali. Luca insiste: è necessario fare attenzione e verificare perfino quanto viene detto in nome di Gesù, perché il tempo in cui si preannuncia la fine imminente è il tempo dei falsi maestri.

Ma c'è ancora qualcosa che precede i segni dell'arrivo dei tempi ultimi ed è la persecuzione dei credenti in Cristo. Si tratta di situazioni non soltanto plausibili, ma con tutta probabilità già concretamente sperimentate. In fondo, basta pensare a quanto Luca racconta nel libro degli Atti degli apostoli: spesso la tensione con i giudei è stata forte, la condanna di coloro che erano passati dal giudaismo alla fede in Gesù era stata esplicita, la delazione di fronte all'autorità romana ripetuta e pericolosa, e la vicenda di Paolo ne è un esempio evidente. Luca sa molto bene che sta portando il suo uditorio a capire che il tempo dell'attesa della parusia non è una rincorsa ad aspettare chissà cosa e soprattutto a interpretare in modo apocalittico quanto accade, ingenerando false angosce.

Il tempo dell'attesa della parusia non è tempo di fuga dalla storia. È il tempo in cui i credenti sono provati ma, d'altra parte, proprio questa è per loro la conferma che stanno vivendo nel tempo intermedio, il tempo in cui il "nome di Gesù" viene proclamato. II tempo della sequela cristiana è dunque tempo di prova fino alla persecuzione e di persecuzione fino alla morte. Perfino i legami familiari diventeranno pericolosi. Ciò non di meno, è tempo di grande sicurezza e fiducia perché non mancheranno a nessuno la forza e il sostegno dello Spirito. Nessuno sarà in balìa dei suoi persecutori, nessuno perderà l'orientamento e tutti sapranno cosa dire per difendersi.
Di fronte a questo quadro, che sia Luca sia i cristiani sanno molto bene non essere meramente ipotetico, solo un appello è possibile, quello alla perseveranza. Sappiamo bene che per Luca è questa la virtù che ha sostituito l'entusiasmo della prima generazione. II tempo dell'attesa della fine non può essere altro che il tempo del discernimento e il tempo della perseveranza ma, non per questo, è tempo di mediocrità.

VITA PASTORALE N. 9/2013
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)

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