Una chiamata molto diretta


Il diaconato in Italia n° 176/177
(settembre/dicembre 2012)

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Una chiamata molto diretta
di Bruno Zanini

La chiamata
Era il mese di febbraio del 2004. Un giorno squillò il telefono: «Pronto». «Ciao Bruno, sono don Guido, come stai?... Ti devo parlare!». Tra me pensai: mamma mia, che cosa ho fatto o che cosa non ho fatto? O mi fa una proposta di trasferimento d'ufficio? Niente di buono se mi telefona il vicario episcopale...
Intanto la telefonata continuava: «Ho pensato a te, perché ti ritengo la persona più adatta per sostituire don Igino, parroco di Villarbasse, nell'Ospedale di Rivoli. Dovresti fare l'assistente religioso due volte alla settimana, nei giorni di riposo del cappellano don Giorgio Gioachin. Dovresti passare nelle corsie a trovare gli ammalati, portare la comunione, visitare le mamme con i bambini appena nati, fino alla camera mortuaria, benedicendo i defunti, consolando i parenti, ecc.. Con il tuo carattere ci saprai fare, ti conosco, sei aperto, gioviale...». Mentre mi infiorava, trovando da chissà dove le cose positive legate a me per questo incarico, la mia mente stava elaborando la difensiva, alla ricerca delle cose negative per dire di no. «Allora Bruno, cosa ne pensi?». Cominciai ad arrampicarmi sugli specchi: «Tu sei buono, mi sopravvaluti, non saprei, gli ammalati, i defunti, la camera mortuaria... Ci sono altri diaconi certamente più bravi di me. Io ho degli impegni, la famiglia, la parrocchia...» e aggiunsi tante altre cose che ora non ricordo.
Un istante di silenzio poi mi disse: «Hai ragione». Pensai: meno male, ce l'ho fatta! E lui continuò: «Facciamo così: per favore, prova per un mese, ti sarà vicino il cappellano. Parla con la tua famiglia e con il tuo parroco per tutti gli impegni. Il Signore ti benedica. Ci sentiamo, ciao!». Chiesi qualche parere e tutti mi dissero di provare: «Dai, vedi tu... come si fa a dire di no a don Guido?».
Alcuni giorni dopo telefonai: «Pronto don Guido, sono Bruno... Va bene, ci provo». E lui: «Vai tranquillo. Voi diaconi siete ordinati per il servizio» e dopo qualche altra assicurazione mi salutò. Pensai: «Questa volta sono fritto!». Iniziai il 1° aprile del 2004 (il pesce non c'entra... o sì?). Ormai sono passati sette anni. Metto in comune gli incontri, le riflessioni, le esperienze, gli aneddoti. Inizio con titubanza, un po' impacciato, poi a poco a poco mi trovo sempre più a mio agio, grazie anche agli aiuti del cappellano, di don Brunetti, del diacono Arsen e di altri. Gli incontri in ospedale sono vari, dalle nuove vite che nascono, dove c'è gioia, agli operati, agli ammalati terminali, fino alla camera mortuaria (una bella ginnastica!), Passare a visitarli tutti, informarsi, consolari i, e, più importante, ascoltarli, stare lì. Il malato ti vuole tutto per sé e se non sei superficiale si confida, si apre, sente che lo ami. Diceva il card. Ballestrero: «Bisogna amare gli uomini non perché lo meritano, ma perché Dio li ama».
Più difficile è il rapporto con la parte amministrativa, i medici, gli infermieri, il personale. Ti sentono come un intruso, non vedono bene gli assistenti spirituali: devi muoverti con delicatezza, senza urtarli. Attualmente posso dire che il rapporto è buono, grazie anche al lavoro del nuovo cappellano, don Mauro Petrarulo. Piano piano siamo riusciti a farci accettare.

Le esperienze
Porto la comunione in medicina. Una signora, Paola, che lamenta forti dolori e si muove a fatica, mi dice: «Preghi per me». Rispondo: «Sì, sì, certamente, ma per me è facile pregare, sto bene; ma la preghiera che vale molto di più è quella fatta da lei, nel suo letto di dolore. Le chiedo un favore grande: tante persone hanno bisogno delle sue preziose preghiere. Preghi lei per gli ammalati che non sperano più, per i peccatori, per i sacerdoti, per le vocazioni... Vuole farlo? Il Signore la ricompenserà, perché è associata alla sua croce». Il viso della signora si distende, riesce a fare un sorriso: «Non ci avevo pensato, farò così! Grazie e venga ancora a trovarmi».
In cardiologia, dopo la comunione chiediamo aiuto di pronta guarigione a Sant'Antonio, oggi è la sua festa. La Signora Agata mi dice: «Ho settant'anni, ma è da piccola che prego così: Sant'Antonio che porti il Figlio di Dio/ Fammi la grazia Antonio mio/ Fallo presto e non tardare/ Tu sei santo e me la puoi fare».
Sono in chirurgia uomini. Mi presento: «Sono l'assistente religioso». Prende la parola uno degli ammalati: «Venga pure per gli altri, per me no. Sono ateo». Gli domando: «Come si chiama». «Giovanni. Ho sessantotto anni. Vuole sapere altro?», «No. Rispetto la sua idea, lei è sincero e pure simpatico, però guardi che non può impedirmi di pregare per lei». Si mette a ridere e, dopo una chiacchierata sulla salute, la famiglia, il lavoro, ci salutiamo. «Allora mentre prego per gli altri posso pregare per lei?». «Se vuole lo faccia pure. Arrivederci e ripassi».
Ginecologia. «Sono Maria, ho trentacinque anni, mi sono arrivati due gemelli! Pensi, ho pregato tanto per un figlio, ho chiesto aiuto a due papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II: mi hanno esaudita e così li ho chiamati come loro, Giovanni e Carlo. Siamo contenti!».Nel reparto maternità a tutte le mamme do un'immagine della Madonna e preghiamo per mettere i bimbi sotto la sua protezione. Quando mi viene richiesto passo per la benedizione dei neonati. In chirurgia donne chiedo chi vuole la comunione. Una signora mi dice: «Guardi che non sono cattolica, io sono protestante!». Io di rimando: «Allora lei è della concorrenza!». Ride. Ci mettiamo a parlare ed alla fine la signora protestante, Anna, mi dice di ritornare pure.
In urologia trovo ancora Pietro: «Buon giorno, Pietro, ancora qui? È tanto che doveva uscire». Mi spiega e poi: «Ha capito don?». Rispondo: «Mi può chiamare don, ma non sono un sacerdote, sono un diacono». Un malato chiede: «Ma chi sono i diaconi?». Cerco di spiegare e lui riprende: «Se sono tutti come lei, ben vengano». «Ce ne sono tanti di migliori di me, e come sono io non è merito mio», «Modesto!». «No, no, sono Bruno, non mi chiamo Modesto». Ridiamo tutti...
In pediatria dopo avere messo a loro agio i bambini con scherzetti vari, perché impressionati dal camice bianco come quello dei medici, mi posso avvicinare, mi accettano. Secondo l'età do un giornalino, un libretto di favole, cerotti disegnati... Alle mamme dono la medaglietta miracolosa di Maria. Tutti ringraziano ed io: «No, non voglio un grazie, ma una preghiera. Me la dici un'Ave Maria questa sera perché diventi più bravo anch'io? Ma tu preghi?». Risponde una mamma: «Francesca, digli la preghiera che dici alla sera». E Francesca (cinque anni):
Buona sera Madonnina vado a letto a riposare
fino all'ora mattutina e svegliarmi a te pensare
sarò buona un'altra volta lo prometto
questa sera Madonnina lieta ascolta la mia piccola preghiera
buona sera Madonnina Madonnina buona sera!
Aggiungo altre due preghiere raccolte in diverse occasioni.
Ancora in ginecologia. Dopo essermi presentato la signora si mette a piangere: tra i singhiozzi mi dice che lei vuole tenere il bambino, ma che ci sono molte pressioni contrarie da parenti stretti. «Se lei è passato, questo è un segno in più che devo tenerlo. Mi aiuti!». Le spiego allora del Centro Aiuto alla Vita, della possibilità di avere delle persone abilitate che possono aiutarla e seguirla. La signora accetta e contattiamo il C.A.V. che manda immediatamente una coppia... Con la gioia della mamma nascerà poi un bel bimbo.
In sala d'aspetto una signora, vedendo la croce sul camice, mi chiede se sono il cappellano e poi mi dice: «Sto entrando per fare i documenti per l'I.V.G. (Interruzione Volontaria della Gravidanza), ma fino ad ora ho pregato il Signore che mi mandasse un segno della sua volontà. È arrivato lei... vuoi dire che devo tenere il bimbo. Parlo subito a mio marito». Preghiamo insieme e mi saluta dicendo che mi avrebbe poi fatto sapere qualcosa. I due gemelli hanno ormai cinque anni ed i genitori sono felicissimi.
Mi vengono i brividi a pensare che in queste occasioni io sono stato "segno" di Dio. Mi domando perché non ci spendiamo di più per gli altri, visto che ci muoviamo per Lui... Si perdono tante occasioni preziose a volte per pigrizia, fretta, stanchezza, scuse...
Ritorno da dove sono partito, dalla cappella interna dell'ospedale. Avevo chiesto a Gesù un aiuto prima di andare a trovare i malati, ora vengo a "riferire" quello che ho incontrato, portando tutto a Lui. Chiedo anche di poter mettere in pratica una frase sentita da don Guido Fiandino: «Non farsi prendere dalle cose di Dio, ma fare le cose per Dio». A proposito don: grazie per avermi mandato in quell'ospedale. È più quello che ricevo che quello che do!

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