Sulla Christifideles laici


Il diaconato in Italia n° 176/177
(settembre/dicembre 2012)

PASTORALE


Sulla Christifideles laici
di Francesco Giglio

Sono trascorsi 25 anni da quel fatidico giorno in cui il Beato Giovanni Paolo II ci faceva dono di una stupenda esortazione: la Christifideles laici. Questo è il nome di una Esortazione apostolica post-sinodale di papa Giovanni Paolo Il, firmata a Roma il 30 dicembre del 1988 come riassunto e compendio della dottrina sorta dal Sinodo dei vescovi del 1987 sul tema "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo".
Nel proliferare di Associazioni e Movimenti cattolici che si è avuto nel periodo del Concilio e seguente ad esso, l'importanza del documento sta nell'indicare le strade maestre della partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, ed in particolare i necessari criteri di ecclesialità.
Si è reso necessario quindi avere criteri di ecclesialità chiari e precisi di discernimento e di riconoscimento.
1) Il primato dato alla vocazione di ogni cristiano alla santità.
2) La responsabilità di confessare la Fede cattolica.
3) La testimonianza di una comunione salda e convinta.
4) La comunione con il papa ed i vescovi.
5) L'impegno di una presenza nella società umana.
Per questo il documento ci ricorda che «siamo stati costituiti perché andiamo e portiamo frutto». È logico quindi che questo invito venga esteso ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli laici. Con lo sguardo rivolto al dopo-Concilio i Padri sinodali hanno potuto constatare come lo Spirito abbia continuato a ringiovanire la Chiesa, suscitando nuove energie di santità e di partecipazione in tanti fedeli laici. Ciò è testimoniato, tra l'altro, dal nuovo stile di collaborazione tra sacerdoti, religiosi e fedeli laici;dalla partecipazione attiva nella Liturgia, nell'annuncio della Parola e nella catechesi.
Nel corso dei suoi lavori il Sinodo ha fatto costantemente riferimento al Concilio Vaticano II il cui insegnamento sul laicato è apparso di sorprendente attualità e talvolta di portata profetica. In realtà, la sfida che i Padri sinodali hanno accolto è stata quella di individuare le strade concrete perché la splendida teoria sul laicato divenisse un'autentica prassi ecclesiale. I Padri hanno giustamente riservato una particolare attenzione ai problemi riguardanti i «ministeri e i servizi ecclesiali» affidati o da affidarsi ai fedeli laici. Lo scopo quindi di questa Esortazione è di suscitare e alimentare una più precisa presa di coscienza del dono e della responsabilità che i laici hanno nella comunione e nella missione della Chiesa. Il frutto più prezioso e desiderato di questo Sinodo è «l'ascolto da parte dei fedeli laici dell'appello di Cristo a lavorare nella sua vigna, a prendere parte attiva, consapevole e responsabile alla missione della Chiesa in questa ora magnifica e drammatica della storia, agli inizi del terzo millennio».
Situazioni nuove, ecclesiali, vocazionali, sociali, economiche, politiche e culturali reclamano oggi, con una forza tutta particolare, l'azione attiva e fattiva dei laici.

«Non è lecito a nessuno rimanere in ozio»
Nel celebrare quindi il giubileo di questa esortazione mi permetto esporre la sua composizione e rivolgo di cuore a tutti l'invito a rileggere, meditare ed attualizzare questa importante Esortazione apostolica. Essa si compone:
Introduzione
Cap. I: Io sono la vite, voi i tralci. La dignità dei fedeli laici nella Chiesa-Mistero.
Cap. II: Tutti tralci dell'unica vite. La partecipazione dei fedeli laici alla vita della Chiesa-Comunione.
Cap. III: Vi ho costituito perché andiate e portiate frutto. La corresponsabilità dei fedeli laici nella Chiesa-Missione.
Cap. IV: Gli operai della vigna del Signore. Buoni amministratori della multiforme grazia di Dio.
Cap. V: Perché portiate più frutto. La formazione dei laici.
Tra i tanti punti trattati in questo documento ritengo che ve ne siano alcuni che possono venirci in aiuto per meglio comprendere il dono della vocazione al servizio e della chiamata alla santità nella Chiesa. In modo particolare mi rivolgo a quanti in questi anni hanno scelto di formarsi nel servizio a Cristo, alla Chiesa ed ai fratelli attraverso il cammino di formazione verso i Ministri Istituiti ed il Diaconato permanente. Il vivaio nel quale il Signore chiama i suoi seguaci è senza ombra di dubbio il laicato.
n° 25 - I laici vengono altresì esortati a partecipare alla vita e alla missione delle Chiese particolari e della Chiesa universale in particolare alla vita delle Parrocchie essendo queste il luogo in cui la Chiesa vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie.
n° 27 - I fedeli laici devono essere sempre più convinti del particolare significato che assume l'impegno apostolico nella propria parrocchia.
n° 33 - I laici, proprio perché membri della Chiesa, in virtù del loro battesimo, hanno la vocazione e la missione di essere annunciatori e testimoni del Vangelo:
Attraverso l'evangelizzazione devono costruire e plasmare la Chiesa come:
a) comunità di fede confessata nell'adesione alla Parola di Dio;
b) comunità celebrata nei Sacramenti;
c) comunità vissuta nella carità.
Spetta quindi a tutti i laici, ai ministri istituiti e a quelli ordinati il compito di rendere viva e ricca la Chiesa aiutando i giovani a divenire speranza della Chiesa, ai bambini e a chi è come loro ad essere destinatari del Regno dei cieli e agli anziani a farsi dono della loro sapienza a tutti gli uomini e le donne chiamati a difendere la dignità personale.
n° 58 - Questa stupenda Esortazione invita i laici a scoprire e a vivere la propria vocazione e missione. Dio chiama tutti ad essere operai nella sua vigna. Egli dall'eternità ha pensato a noi e ci ha amato come persone uniche e irrepetibili, chiamando ciascuno di noi con il proprio nome, come il buon Pastore che «chiama le sue pecore per nome» (Gv 10,3).
Il piano di Dio, però si rivela a ciascuno di noi solo nello sviluppo storico della nostra vita e delle sue vicende, e pertanto solo gradualmente: in un certo senso, di giorno in giorno.
Ora per poter scoprire la concreta volontà del Signore sulla nostra vita sono sempre indispensabili l'ascolto pronto e docile della Parola di Dio e della Chiesa, la preghiera filiale e costante, il riferimento a una saggia e amorevole guida spirituale, la lettura nella Fede dei doni e dei talenti ricevuti e nello stesso tempo delle diverse situazioni sociali e storiche entro cui si è inseriti.
n° 23 - La Christifideles laici, fa anche riferimento all'altra Esortazione Evangelii nuntiandi di papa Paolo VI che così si esprime in merito alla specifica vocazione dei laici e ricorda che «il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia, della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza».
I laici quindi vengono esortati a farsi penetrare dallo «spirito evangelico» impegnandosi con responsabilità in queste realtà al servizio e all'edificazione del Regno di Dio e quindi della salvezza in Gesù Cristo.
Il Signore chiama a lavorare nella Sua vigna a tutte le ore della vita e quindi nell'età dell'adolescenza, della giovinezza e della maturità.
Di conseguenza i laici nella Chiesa sono quelli che in virtù del battesimo sono innestati in Cristo: Via, Verità e Vita. È a questi che il Signore rinnova la chiamata ed esorta alla sequela con questo pressante invito: «Andate anche voi nella mia vigna».
I fedeli laici, la cui vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, fu l'argomento del Sinodo dei vescovi nel 1987, vengono esortati a sentirsi fieri ed orgogliosi di appartenere a quel Popolo di Dio che è raffigurato dagli operai nella vigna del Signore, dei quali parla il Vangelo di San Matteo, patrono della città di Salerno. Egli scrive: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna» (Mt 20,1-2). La parabola evangelica spalanca davanti al nostro sguardo l'immensa vigna del Signore e la moltitudine di persone, uomini e donne, che da Lui sono chiamate e mandate perché in essa abbiano a lavorare. La vigna è il mondo intero (cf. Mt 13,18) che deve essere trasformato secondo il disegno di Dio in vista dell'avvento definitivo del regno di Dio.
E successivamente: «Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: «Andate anche voi nella mia vigna» (Mt 20,3-4). L'appello del Signore «Andate anche voi nella mia vigna» non cessa di risuonare da quel lontano giorno nel corso della storia: è rivolto a ogni uomo che viene in questo mondo. Ai nostri tempi, nella rinnovata effusione dello Spirito pentecostale avvenuta con il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha maturato una più viva coscienza della sua natura missionaria e ha riascoltato la voce del suo Signore che la manda nel mondo come «sacramento universale di salvezza».
«Andate anche voi». La chiamata non riguarda soltanto i pastori, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti: anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore, dal quale ricevono una missione, un servizio o un ministero per la Chiesa e per il mondo. Lo ricorda San Gregorio Magno che, predicando al popolo, così commenta la parabola degli operai della vigna. «Guardate al vostro modo di vivere, fratelli carissimi, e verificate se siete già operai del Signore. Ciascuno valuti quello che fa e consideri se lavora nella vigna del Signore».
In particolare il Concilio, con il suo ricchissimo patrimonio dottrinale, spirituale e pastorale, ha riservato pagine quanto mai splendide sulla matura, dignità, spiritualità, missione e responsabilità dei fedeli laici. I Padri conciliari riecheggiando l'appello di Cristo, hanno chiamato tutti i fedeli laici, uomini e donne, a lavorare nella Sua vigna: «Il sacro Concilio scongiura nel Signore tutti i laici a rispondere volentieri, con animo generoso e con cuore pronto, alla voce di Cristo, che in questa ora li invita con maggiore insistenza, e all'impulso dello Spirito Santo. In modo speciale i più giovani sentano questo appello come rivolto a se stessi, e l'accolgano con slancio e magnanimità. Il Signore stesso infatti ancora una volta per mezzo di questo santo Sinodo invita tutti i laici ad unirsi sempre più intimamente a Lui e, sentendo come proprio tutto ciò che è di Lui (cf. Fil 2,5), si associno alla Sua missione salvifica; li manda ancora in ogni città e in ogni luogo dov'Egli sta per venire (cf. Lc 10,1 )». «Andate anche voi nella mia vigna. Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?». È necessario l'ascolto da parte dei fedeli laici dell'appello di Cristo a lavorare nella Sua vigna, a prendere parte viva, consapevole e responsabile alla missione della Chiesa in questa ora magnifica e drammatica della storia... Se il disimpegno è sempre stato inaccettabile, il tempo presente lo rende ancora più colpevole. «Non è lecito a nessuno rimanere in ozio».
Riprendiamo la lettura della parabola evangelica: «Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna» (Mt 20,6-7). Non c'è posto per l'ozio, tanto è il lavoro che attende tutti nella vigna del Signore. Il padrone di casa ripete con più forza il suo invito: «Andate anche voi nella mia vigna». Ma per entrare a lavorare in questa vigna il padrone ci chiede di riconoscerlo come Padre e quindi ci invita a divenire suoi figli. Perciò dobbiamo scoprire allora la novità cristiana del battesimo.

Il battesimo
N° 10 - Non è esagerato dire che l'intera esistenza del fedele laico ha lo scopo di portarlo a conoscere la radicale novità cristiana che deriva dal battesimo, sacramento della fede, perché possa viverne gli impegni secondo la vocazione ricevuta da Dio. Per descrivere la figura del fedele laico prendiamo ora in esplicita e più diretta considerazione, tra gli altri, questi tre fondamentali aspetti:
1. il battesimo ci rigenera alla vita dei figli di Dio;
2. ci unisce a Gesù Cristo e al Suo corpo che è la Chiesa;
3. ci unge dello Spirito Santo costituendoci templi spirituali.
La voce del Signore risuona certamente nell'intimo dell'essere stesso d'ogni cristiano, che mediante la fede e i sacramenti dell'iniziazione cristiana è configurato a Gesù Cristo, è inserito come membro vivo nella Chiesa ed è soggetto attivo della Sua missione di salvezza. La voce del Signore passa però anche attraverso le vicende storiche della Chiesa e dell'umanità, come ci ricorda il Concilio: «Il popolo di Dio, mosso dalla Fede, per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio. La Fede infatti tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, e perciò guida l'intelligenza verso soluzioni pienamente umane».
È necessario, allora, guardare in faccia questo nostro mondo, con i suoi valori e problemi, le sue inquietudine e le speranze, le sue sconfitte: un mondo le cui situazioni economiche, sociali, politiche e culturali presentano problemi e difficoltà più gravi rispetto a quello descritto dal Concilio nella costituzione pastorale Gaudium et spes. È comunque questa la vigna, è questo il campo nel quale i fedeli laici sono chiamati a vivere la loro missione.
Gesù li vuole, come tutti i suoi discepoli, sale della terra e luce del mondo (cf. Mt 5,13-14). Ma qual è il volto attuale della terra e del mondo, di cui i cristiani devono essere «sale e luce»? Come nel campo evangelico in cui crescono insieme la zizzania e il buon grano, così nella vita concreta si trova il male e il bene, l'ingiustizia e la giustizia, l'angoscia e la speranza, il secolarismo e il bisogno religioso, le violazioni contro la persona umana, la conflittualità e la pace. In tutto questo i laici devono mettere al primo posto: «Gesù Cristo, speranza dell'umanità».
n° 64 - A conclusione di questo documento post-sinodale si ripropone ancora una volta l'invito del «padrone di casa» di cui parla il Vangelo «Andate anche voi nella mia vigna». Si può dire che il significato del Sinodo sulla vocazione e missione dei laici stia proprio in questo appello del signore Gesù rivolto a tutti e in particolare ai fedeli laici, uomini e donne.
È di particolare importanza che tutti i cristiani siano consapevoli di quella straordinaria dignità che è stata donata loro mediante il battesimo: per grazia siamo chiamati ad essere figli amati dal Padre, membri incorporati a Gesù Cristo e alla sua Chiesa, templi vivi e santi dello Spirito.
Questa "novità cristiana" donata ai membri della Chiesa, mentre costituisce per tutti la radice della loro partecipazione all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo e della sua vocazione alla santità, all'amore, si esprime e si attua nei fedeli laici secondo l'indole secolare loro propria e peculiare.
Per tutti e per ciascuno la preghiera ardente di Gesù nell'ultima cena: «UT UNUM SINT!» deve diventare, ogni giorno, un esigente e irrinunciabile programma di vita e di azione.
Questa è la vigna, in cui lavorare, non ci è dato sceglierla! Questa è la nostra Chiesa. Occorre guardarla negli occhi! Amarla... Anche quando ci fa soffrire. Anche quando sembra che abbia il volto stanco di una madre invecchiata. In lei lo Spirito ci farà cogliere i tratti di una eterna giovinezza. «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente» (Gv 3,1).

(F. Giglio è diacono e docente di Norme del Messale e Pedagogia Religiosa presso la Scuola Diaconale, Salerno)

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