Il diaconato permanente… in evoluzione


Il diaconato in Italia n° 178
(gennaio/febbraio 2013)

ANALISI


Il diaconato permanente… in evoluzione
di Vincenzo Mango

Dalle testimonianze degli apostoli e dai testi del Nuovo Testamento è chiaramente testimoniato il grande influsso che il diaconato, riconosciuto con il carattere di ordine sacro, ha offerto soprattutto nella Chiesa primitiva e nel mondo cristiano. I diaconi, distribuiti in modo diverso nelle specifiche regioni, svolgevano dappertutto lo stesso ruolo, benché gli aspetti e gli accenti del loro impegno erano vari e in modo vario anche formulati. Il diaconato raggiunse la sua stabilizzazione nel corso del IV sec. Così che nelle direttive sinodali e conciliari proprie di tale periodo, il diaconato è considerato come elemento essenziale della gerarchia della Chiesa locale. Giunto, così, alla sua stabilizzazione, per varie ragioni e proprio nello stesso periodo, sorgeva gradualmente e in modo sempre più evidente un fatto nuovo: le funzioni del diacono, svolte anche dagli altri ministri inferiori (come i suddiaconi), finirono per assorbite da questi fino a farle diventare proprie.
Ma, con la stessa gradualità e, ritenendo che l'ordine superiore contenesse quello inferiore, anche dall'ordine superiore del presbiterato venivano man mano esercitate le funzioni del diacono, tanto che divenne prassi svolgerle definitivamente, fino a farne perdere la specificità al diaconato. Così che esso, entrato in declino nel Medioevo, scomparve come ministero permanente e le sue funzioni continuarono ad essere esercitate dai candidati ad sacerdozio, ma solo temporaneamente e nel periodo di attesa dell'ordinazione al presbiterato o all'episcopato.
Nonostante ciò, niente ha impedito che dal tempo della scolastica fino ai nostri giorni ci si interessasse del suo significato teologico e, in particolare, del problema del suo valore sacramentale come grado dell'ordine. Questa situazione, quindi, divenuta prassi fino al XX secolo, con l'avvento del concilio Vaticano II è avvenuto che l'ordine del diaconato fosse ripristinato come sacramento stabile e affidato a soggetti celibi o coniugati, riconoscendone l'originalità e l'autonomia nelle sue funzioni.
Perciò, esso è chiamato permanente, perché definitivo, quando viene conferito ed esercitato come tale con apposita ordinazione del vescovo. Rimane, però, la prassi di riceverlo in modo transeunte e di esercitarlo temporaneamente dai candidati al sacerdozio fino alla loro ordinazione al presbiterato. Così il 21 novembre 1964 Paolo VI con la firma alla costituzione dommatica su la Chiesa Lumen Gentium ne approvava e riconosceva, come dottrina del magistero universale della Chiesa, tutte le decisioni dei padri conciliari; e in particolare quella di reintrodurre la prassi antica del diaconato permanente. «In un grado inferiore alla gerarchia sono i diaconi, ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il ministero. Essi, infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nel servizio della liturgia, della predicazione e della carità, servono il Popolo di Dio in comunione col vescovo ed il suo presbiterio» (LG, 29). Lo stesso papa darà le norme per l'applicazione delle decisioni del Concilio e successivamente il 15/08/1972 le integrerà come norme canoniche e saranno fissate in modo completo, precisandone le condizioni per l'ammissione e l'ordinazione dei diaconi permanenti.
La Conferenza Episcopale Italiana l'8/12/1971 si rivolgerà alla Santa Sede perché il diaconato fosse istituito anche nella Chiesa italiana. Da allora, come per tutta la Chiesa, anche in Italia si è assistito ad un processo di grande differenziazione. Ogni Chiesa ha cercato di prendere coscienza della portata reale dell'iniziativa conciliare e ha deciso di accogliere l'istituzione e l'esercizio del diaconato, secondo l'opportunità o la sensibilità dei vescovi locali o anche delle circostanze concrete delle singole diocesi. Napoli, grazie al fervore del suo pastore il card. Corrado Ursi, è stata una delle prime diocesi ad instaurare il diaconato permanente. Così, il 19 settembre 1972 nasceva a Napoli l'IDIM (Istituto Diocesano per i Ministeri) e con esso il primo gruppo di aspiranti al diaconato. Il 29 giugno1975 la Chiesa di Napoli, con la prima sacra ordinazione, si è arricchita dei primi nove Diaconi permanenti.
Per una Chiesa che, secondo i padri conciliari, nella sua varietà di carismi e organicità, deve presentarsi tutta ministeriale e carismatica, i diaconi permanenti si possono inserire con una capacità propria sacramentale e con la chiarezza di possedere un ruolo di rappresentanza della Chiesa a rispondere a questi intenti. Essi, infatti, arricchiti dallo Spirito e dalla grazia sacramentale del diaconato, possono incarnarsi nelle esigenze proprie del nostro tempo, e riprendere il loro posto originario con la capacità nuova, però, di incarnarsi profeticamente nelle esigenze del mondo di oggi, soprattutto se da sposati sono impegnati nella vita del lavoro e della famiglia. Questa condizione, si sottolinea ancora, può evidenziare e far sperimentare la bellezza e l'efficacia di una rinnovata ed originale visione profetica della presenza di una Chiesa, che feconda attraverso la loro missione ogni ambito della vita.
Di qui la necessità di fare chiarezza, perché questo ministero, in particolare per Napoli dopo questi 40 anni dalla sua nascita, non vada più avanti solo per sperimentazioni. Si auspica, pertanto, che per la formazione dei diaconi e anche per i futuri candidati si preveda una teologia soda, come ha voluto il card. Sepe, assimilabile e incarnata, con il contributo di pastori, teologi e con l'apporto di commissioni specifiche. È opportuno, però, che accanto alla formazione teologica ci sia un'attenzione non secondaria alla crescita umana, spirituale e pastorale, che maturi nel tempo e assicuri una preparazione sufficiente a mettere i diaconi in prima linea, come testimoni di vita evangelica che aiutino a vedere nel loro operato una Chiesa serva dei poveri. Perché l'efficacia di una formazione integrale dipende in gran parte anche dall'apporto che viene da una preparazione sufficiente e completa in ogni ambito. Perciò, «il programma della formazione dovrà integrare armonicamente le diverse dimensioni formative (umana, spirituale, teologica e pastorale), - afferma la Ratio fundamentalis - essere teologicamente ben fondato, avere una specifica finalizzazione pastorale ed essere adattato alle necessità e ai programmi pastorali locali» (n. 55).
Giovanni Paolo II il 13/03/1985 ai diaconi, inoltre, esplicitava così le funzioni del diacono: «Il diacono è maestro in quanto proclama e annuncia la Parola di Dio; è santificatore in quanto amministra i sacramenti del battesimo, dell'eucarestia e dei sacramentali, partecipa alla Messa, in veste di "ministro del Sangue", conserva e distribuisce l'eucarestia; è guida in quanto è animatore della comunità o settore di vita comunitaria». E ancora il 19/09/1987 a Detroit (USA) diceva: «Se consideriamo la profonda natura spirituale di questa diaconia, allora possiamo apprezzare meglio l'interrelazione fra le tre aree del ministero tradizionalmente associate al diaconato, cioè il ministero della Parola, il ministero dell'altare e il ministero della carità. A seconda delle circostanze l'una o l'altra di queste può assumere particolare importanza nel lavoro individuale di un diacono, ma questi tre ministeri sono inseparabilmente uniti nel servizio del piano redentore di Dio» (Direttorio, n 39).
È vero che «manca una teologia definitiva del diaconato, non manca però la fede nella sua realtà rivelata» - dice l'Arcivescovo Roberto O. Gonzales Nieves. Per questo, «rilanciato dal Vaticano II, dopo secoli di disuso, il diaconato cerca ancora la sua vera identità nelle chiese locali. [...] È un "super laico" o "sottoprete"; i contorni sfumati persistono. Tra i laici e i preti c'è un posto per i diaconi?» chiede A. Cavagna (Settimana, 23/01/2005, p. 3).
Le provocazioni alla riflessione e alla sperimentazione continuano. Non mancano contributi validi. Anche così la vita della Chiesa si rivela viva, come vivo rimane il Vangelo da annunciare in tutti i tempi e secondo le esigenze in "un mondo che cambia". È così che, con il discernimento della Chiesa, oggi si vive il tempo della speranza, con la luce e la fiducia nello Spirito, che illumina l'intelligenza dell'uomo! Si spera che per Napoli questa tappa del 40° anniversario sia una occasione provvidenziale perché, in modo chiaro e responsabile, si cerchi di approfondire sempre meglio il senso di una presenza diaconale, rivelatasi tanto importante e necessaria per la Chiesa e per la società. Ci auguriamo che il Convegno prossimo offra un suo primo contributo per rilanciare l'esperienza del diaconato a Napoli, alla luce degli approfondimenti e delle riflessioni che saranno offerte. Se Napoli ha il privilegio di avere un numero così significativo di diaconi, ha anche la responsabilità di essere segno per le altre diocesi, che hanno il diritto di vedere i frutti di un servizio pastorale riconosciuto ormai vitale per le comunità. Si dice nel Vangelo: «Dal frutto si conosce l'albero» (Mt 12,33b).
Una prima occasione può offrirla proprio l'anno della fede voluto da Benedetto XVI come evento di grazia, coincidendo il suo inizio provvidenzialmente proprio con la nostra celebrazione. Accogliamolo come un ulteriore invito a riprendere il nostro cammino verso nuovi orizzonti, sulla scia della esaltante esperienza già fatta, con l'apporto di quanto sarà prodotto nella riflessione e nella preghiera di quest'anno. «Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede - dice il Papa - è un impegno che ogni credente deve fare proprio» (La porta della fede, p. 15). Diventa necessario riscoprire un nuovo slancio alla santità da vivere oggi come diaconi, per capire qual è il vero fondamento della vocazione. «L'universale vocazione alla santità - afferma il Direttorio - ha la sua fonte nel "battesimo della fede" che, doverosa per ogni fedele, trova per il diacono ulteriore fondamento nella speciale vocazione ricevuta».
«Comporta la pratica delle virtù cristiane e dei diversi precetti e consigli di origine evangelica secondo il proprio stato di vita. Il diacono è chiamato a vivere santamente, perché lo Spirito Santo lo ha fatto santo con il sacramento del battesimo e dell'Ordine e lo ha costituito ministro dell'opera per cui la Chiesa di Cristo serve e santifica l'uomo» (n. 44-45). I diaconi sono tenuti a «rispondere generosamente all'impegno richiesto dalla dignità e dalla responsabilità che Dio ha conferito loro per mezzo del sacramento dell'Ordine; nel custodire, difendere e sviluppare la loro specifica dignità e vocazione; nel santificare se stessi e gli altri mediante l'esercizio del loro ministero» (n. 66a).
«I diaconi camminino nella santità sotto lo sguardo di Dio santo, quali ministri suoi e del Cristo, - diceva S. Policarpo - e non si curino degli apprezzamenti degli uomini. Non siano calunniatori, non falsi; non siano attaccati al denaro. Saggi in ogni cosa, compassionevoli, solleciti, camminino la verità del Signore che si fece servo di tutti» (Lettera ai Filippesi, cap 5,2). Si insiste, pertanto e comunque, sulla formazione permanente, perché la vocazione "al" diaconato continui e si esprima come vocazione "nel" diaconato, attraverso la periodica rinnovazione del "sì, lo voglio" pronunciato nel giorno dell'ordinazione (Ratio, n. 63).

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