La Chiesa


Il diaconato in Italia n° 179
(marzo/aprile 2013)

CONFRONTI


La Chiesa
di Carlo Carretto

Non è facile leggere Fratel Carlo, semmai lo si beve tutto d'un fiato, rischiando di non gustarlo... In questo florilegio, liberamente tratto dai suoi scritti, ecco la splendida immagine della Chiesa sancta et meretrix.

Quanto mi sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello. Basta leggere il processo fatto dall'inquisizione a santa Giovanna d'Arco, per convincerci che Stalin non fu il primo a falsificare le carte e prostituire i giudici. Basta pensare a ciò che fu fatto firmare all'innocente Galileo, sotto minaccia, per convincersi che, pur essendo Chiesa, gli uomini della Chiesa, il personale Chiesa, sono cattivi uomini e personale quanto mai scadente, capace di realizzare errori grandi come la traiettoria percorsa dalla terra attorno al sole. Quanti vescovi principi, quanti papi col potere della forza tra le mani, quanti cristiani "crociati" con la spada al fianco!
Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era come un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nell'umiltà e nella coscienza della propria fragilità. No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io. E poi che cosa contano le pietre? Ciò che conta è la promessa di Cristo, ciò che conta è il cemento che unisce le pietre, che è lo Spirito Santo.
La Chiesa va sempre al di là delle nostre povere realtà umane e nessuno la può esprimere nella sua pienezza su questa terra. Farebbe male il Vaticano a dire "sono io la Chiesa", perché così facendo darebbe a me una idea inesatta di essa. È finito il tempo delle complicazioni, delle pesanti bardature, delle esteriorità distraenti, degli stucchi inutili, delle processioni infantili. Chiedo in questo momento perdono a tutti coloro che, guardando me, hanno perduto una così brutta idea della Chiesa di Dio! Io, quando sento la contestazione contro la Chiesa, ci prendo gusto e la sento come una meditazione seria, profonda, scaturita da una sete di bene e da una visione chiara e libera delle cose.
No, non è male contestare la Chiesa quando la si ama; è male contestarla sentendosi al di fuori come dei puri. No, non è male contestare il peccato e le cose brutte che vediamo; è male addossarle agli altri e credersi innocenti, poveri, mansueti. Questo è male. Il popolo di Dio è un popolo di santi, di profeti, di sacerdoti e nello stesso tempo un popolo di peccatori, di adulteri e di pubblicani. C'è capacità di male e nostalgia di santità, natura corrotta e grazia santificante: c'è Adamo e c'è Cristo. È orgoglio sentirsi sicuri nella casa di preghiera e non tener conto del rimprovero di Cristo: «L'avete trasformata in una spelonca di ladri». Non temiamo di dirlo.
Le parole tremende di Gesù rivolte al Tempio non riguardavano solo il Tempio di Gerusalemme, quello che preparava la sua morte, ma riguardano ognuno di noi e ognuna delle nostre Chiese. Ognuno di noi può diventare spelonca di ladri e ognuna delle nostre Chiese può essere altrettanto. Che cose strane capitano nelle chiese! Si direbbe che il Vangelo non viene letto o almeno capito. Eppure è così e tutti possono constatarlo. Ad ascoltare le normali predicazioni in parrocchia, in diocesi, o anche più in su, si ha la netta impressione che a peccare siano sempre gli altri e che noi, come Chiesa, siamo sempre innocenti.
Una grande sofferenza che è nella Chiesa oggi è dovuta all'accorgersi di non essere sempre dalla parte giusta. Il veder di aver messo il vescovo in un palazzo, il constatare che la nostra congregazione ha più soldi che novizi, il prendere coscienza che i cristiani sono tra i paese più ricchi, ci mette a disagio. L'ultimo posto è l'ultimo posto, e chi vuoi seguire Cristo deve farne le stesse scelte di povertà senza camuffarle dietro la solita scusa della dignità della Chiesa. Ci si stupisce delle defezioni, degli abbandoni e dei successi dei Testimoni di Geova non considerando che nessuno cerca di cambiare Chiesa se la sua Chiesa gli dà ciò che cerca e di cui è assetato: verità, amore, amicizia, comunicazione. È proprio la sete di Chiesa che spinge gli uomini, specie i più poveri a cercare una Chiesa. Ma una Chiesa alla dimensione della loro povertà e dei loro bisogni. Non impressiona più una grande Chiesa, ufficiale, solenne, che si sazia di culto e di forza visibile, di numeri.
L'uomo di oggi che conosce l'angoscia della solitudine vuole una Chiesa fatta di amicizia, di contatti autentici, di scambi reciproci, di piccole cose. Ma più di tutto una Chiesa che lo nutra della Parola, una Chiesa che cammini con lui prendendolo materialmente per mano; una Chiesa che abbia il volto come la Chiesa di Luca, di Marco, di Giovanni, una Chiesa che inizia, una Chiesa che... sappia di origine. La Chiesa come Popolo di Dio e non come la solita e antiquata piramide clericale. Nel passato il Popolo di Dio fondava ordini e spiritualità, oggi avviene la stessa cosa, e donne e uomini semplicissimi, ma estremamente vivi e attenti fondano movimenti e avviano spiritualità che hanno una risonanza enorme e che hanno veramente il potere di annunciare la Buona Novella con parole e metodi efficaci. Parrebbe strano e per qualcuno potrebbe sembrare squalificante: nella Gerarchia non nasce nulla di tutto questo, ma veramente nulla.
Il vero pericolo per le Chiese sono le ricchezze, le proprietà, veri insulti alla povertà del Cristo e vere trappole per i cristiani. I benefici rendono gelosi, allontanano dallo slancio primitivo del Vangelo e... quel che è peggio hanno bisogno di essere difesi con i metodi del mondo, ciò che significa: compromesso, capitalismo, usura e... cose anche peggiori. E se volete un consiglio, specie oggi in cui gli uomini sono diventati estremamente sensibili alla testimonianza, alla verità, al servizio gratuito... fate che il denaro scompaia completamente dai rapporti con le cose. Sarà un modo unico e radicale per non aver più bisogno da parte dei cristiani di fondare banche e di asservirsi, anche senza volerlo, ai potenti.
E qualora ci fosse qualcuno che ricorda la Parola di Dio quando gli fa comodo, sostenendo che persino l'apostolo Paolo ha difeso il diritto di vivere dell'altare, non abbiate paura di rispondergli che sono passati duemila anni da quel tempo e che il mondo moderno, con la sua tecnica e maturità, sa trovare tutto ciò che necessita alla comunità senza umiliarla al punto di vedere un prete farsi pagare per una messa o un qualsiasi altro rito liturgico. Verrebbe salvata almeno la dignità! Ma non sentite l'incongruenza, e sovente la sporcizia venale, di una sacrestia, o il modo irrazionale con cui la regolare amministrazione di una comunità viene condotta, avvolta nei misteri? Non vi sembrano cose di altri tempi? Nella Chiesa non mancano i sacerdoti, non dite la grossa bugia: "mancano i preti"; non è vero! Mancano i celibi, ma non mancano i preti! Ma è un peccato non essere celibe? È un difetto della natura umana?

Sul servizio
Il sacerdozio è un servizio e questo può essere reso tanto da un celibe come da uno sposato. Sì, sono convinto: Dio stesso ha svuotato i seminari perché vuole altro, e questo altro dobbiamo cercarlo con semplicità di cuore e libertà di spirito. Soprattutto penso che Dio non voglia più celibi per forza. Chissà perché Francesco non volle essere prete. Non mi convince la faccenda dell'umiltà. Francesco non volle essere prete perché aveva il carisma di sviluppare nella Chiesa una delle più grandi idee della mistica di tutti i tempi, idea che, essendo troppo bella, corre sempre il pericolo di essere messa da parte e anche dimenticata: l'idea del sacerdozio di tutti i battezzati, quella che in gergo teologico chiamiamo "sacerdozio dei fedeli".
Per molto tempo fui convinto che esistesse solo il sacerdozio dei preti e che il compito sacerdotale fosse demandato, come in antico, alla tribù di Levi. Io non sono un prete, ma quando offro me stesso e le creature che mi circondano al mio Altissimo Signore mi sento profondamente sacerdote. Non dimentichiamolo: nel battesimo diveniamo tutti sacerdoti... Ma che pericolo può correre la Chiesa di Gesù nell'affermare con forza che tutti i battezzati, uomini e donne, piccoli e grandi, sapienti e ignoranti, sono a tutto titolo sacerdoti? Tutti, tutti, tutti! Anche i peccatori! E lo sono non per loro merito, ma perché innestati in Cristo col battesimo diventano in Lui santi, profeti, sacerdoti. Difatti è detto: «Siete un popolo di santi, siete un popolo di profeti, siete un popolo di sacerdoti» (1Pt 2,9).
È vero o non è vero? È un sentimentalismo pio e devoto o è una verità teologica? Perché allora predicare con tanta insistenza questa grandezza solo per coloro che saranno ordinati preti dal Vescovo? E dare l'impressione, e non solo l'impressione, che i laici sono i paria della Chiesa e che non contano proprio nulla? Si direbbe proprio che ciò che conta per la Chiesa è il sacerdozio ministeriale e per esso consacra tutte le sue energie e aspirazioni. Il resto? Un riempitivo, una massa anonima. Una mucca da mungere quando occorrono i mezzi. Un panorama di teste a cui rivolgere rimproveri o consigli assennati. Grazie, Francesco, che col tuo non essere prete mi hai aiutato a capire che anch'io potevo essere sacerdote come te, pur non essendo prete. Perché anch'io conobbi questa crisi e non volli essere prete.
Non è facile accettare Gesù in tutta la sua ampiezza. Alla chiesa stessa è molto più facile accettare la legge del Vecchio Testamento che la novità dell'Amore contenuta nel nuovo. A ogni piè sospinto, siamo tentati di tornare alla sicurezza della legge. Fratelli, è difficile vivere! È difficile il Vangelo! Gesù ci pone delle esigenze terribili e la Chiesa, la Chiesa stessa che è la sposa del Cristo non sfugge al pericolo della potenza, dell'orgoglio, della libidine, del possesso. La sua forza non sarà mai nel numero, ma nella sua fedeltà alla nudità della parola di Dio e della Croce di Cristo.


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