Medico e diacono



Il diaconato in Italia n° 179
(marzo/aprile 2013)

TESTIMONIANZE


Medico e diacono
di Crescenzo De Stefano

Questa mattina, quando mi recherò nel mio ambulatorio, cosa sarò un medico o un diacono? È questa la domanda alla quale sono chiamato a dare una risposta ogni giorno da poco più di sei anni, dal giorno cioè della mia ordinazione diaconale. Molte volte non riesco a darmi una risposta convincente: è difficile gestire nello stesso tempo due cose così diverse tra loro. Prestare maggiore attenzione al corpo delle persone che si affidano a me o alla loro anima?
È dal 1985 che lavoro come medico di Medicina Generale nella mia città, Casoria. Ho in cura circa 1200 persone, in qualche caso famiglie intere. Quante volte ho partecipato alle loro gioie e soprattutto alle loro sofferenze, quante volte ne sono stato coinvolto e nonostante i miei limiti le ho accompagnate con la mia presenza. Dal giorno della mia ordinazione, le cose non sono cambiate più di tanto, certo c'è la grazia sacramentale che ogni giorno mi rende più forte nella mia fede e mi incoraggia quando ci sono difficoltà, ma penso che con i miei limiti ho continuato ad esercitare quella diaconia che è propria della mia professione, con una particolare predisposizione alla carità sul campo, vissuta giorno per giorno, al servizio delle persone.
Io credo che il diacono abbia proprio la funzione di prolungare nella quotidianità, nella vita di ogni giorno, nelle persone che incontra nel proprio lavoro, l'azione della Chiesa, e testimoniare la presenza di Cristo nel mondo. Credetemi non c'è impegno parrocchiale che possa realizzare, in modo migliore, l'essere diacono oggi.
Così, oltre a porre attenzione a quelli che sono i problemi clinici e terapeutici dei miei pazienti, se posso, cerco di interessarmi anche a quelli che sono i problemi familiari e sociali. Se ripenso a tante storie che conosco, alcune delle quali sono diventate le mie (e non me ne vergogno), mi prende la commozione. Si sa, mi dice sempre qualcuno, il medico è come il confessore. Quante coppie in crisi matrimoniale oggi! Quante volte sono stato partecipe della storia di bambini che mai avrebbero visto la luce!
Quanti ammalati oncologici che vivono con ansia gli ultimi giorni della loro vita! Quante difficoltà economiche affliggono la famiglia oggi! Quante volte le persone chiedono solo che qualcuno sia disposto ad ascoltarli, a dare loro una buona parola, un consiglio, una stretta di mano! Spesso mi rendo conto che in fondo hanno solo sete di verità, di amore, sete di Gesù Cristo. Allora mettendo insieme le conoscenze mediche e le capacità di ascolto e di consiglio del diacono, sulla base della Parola di Dio e del Magistero, si possono fare tante cose, soprattutto facendosi accompagnare ogni giorno dalla preghiera che non può e non deve mancare e dalla Eucaristia domenicale da cui attingere forza per «trasformare tale comunione misterica in servizio fraterno di carità, particolarmente verso i poveri e bisognosi» (CEI "La restaurazione del diaconato permanente in Italia", 1971). Ricordo sempre una frase del compianto Card. Martini che rivolgendosi ai Diaconi della Diocesi di Milano diceva: «La gente che avvicinerete, le persone che incontrerete nel vostro ministero e anche nel vostro lavoro quotidiano, le comunità a cui sarete inviati, vedranno in voi la carità infinita di Gesù, la sua assoluta disponibilità, vedranno l'amore del Padre che perdona e salva; dovranno percepire nella vostra testimonianza di servizio una gioia sorgiva e attraente». Tutto ciò non mi fa perdere mai di vista "chi sono" e "a cosa" sono stato chiamato.
Allora ecco la risposta che cerco di darmi ogni giorno, ogni mattina: io devo lavorare nella vigna del Signore non come "operaio specializzato", ma come un semplice manovale disponibile ad ogni servizio, che si sforza di vivere contemporaneamente l'arte medica e la missione di diacono. Sono sempre io, nello stesso tempo, medico e diacono, al servizio dell'uomo.

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