Gaudium et spes - Conclusione




Costituzione Pastorale "Gaudium et spes"
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
7 dicembre 1965


Commento mediante il Catechismo della Chiesa Cattolica


PARTE II
ALCUNI PROBLEMI PIÙ URGENTI

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Capitolo V
LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DEI POPOLI

CONCLUSIONE


Compiti dei singoli fedeli e delle Chiese particolari (n. 91)
     [91a] Contributo alla fratellanza universale
     [91b] Carattere generale delle proposte
     [91c] Valido aiuto a tutti

Il dialogo fra tutti gli uomini (n. 92)
     [92a] La Chiesa segno di fraternità
     [92b] Promozione della stima e del rispetto reciproco
     [92c] Pensiero rivolto a chi non è in piena comunione con noi
     [92d] L'unità dei cristiani presagio di unità e di pace
     [92e] Pensiero a coloro che credono in Dio
     [92f] Desiderio di dialogo con tutti gli uomini di buona volontà
     [92g] Siamo tutti chiamati ad essere fratelli

Un mondo da costruire e da condurre al suo fine (n. 93)
     [93a] Responsabilità dei cristiani nella testimonianza dell'amore vicendevole
     [93b] Fare la volontà del Padre
     [93c] La volontà del Padre: che tutti si riconoscano fratelli
     [93d] Risvegliare in tutti una speranza viva
     [93e] A Lui la gloria nella Chiesa in Cristo Gesù




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Capitolo V

La promozione della pace e la comunità dei popoli

 

Conclusione

 


 

n. 91 - Compiti dei singoli fedeli e delle Chiese particolari

 

Contributo alla fratellanza universale

 

[GS.91a] Quanto viene proposto da questo santo Sinodo fa parte del tesoro dottrinale della Chiesa e intende aiutare tutti gli uomini del nostro tempo -sia quelli che credono in Dio, sia quelli che esplicitamente non lo riconoscono - affinché, percependo più chiaramente la pienezza della loro vocazione, rendano il mondo più conforme all'eminente dignità dell'uomo, aspirino a una fratellanza universale poggiata su fondamenti più profondi, e possano rispondere, sotto l'impulso dell'amore, con uno sforzo generoso e congiunto agli appelli più pressanti della nostra epoca.
(CCC 863) Tutta la Chiesa è apostolica in quanto rimane in comunione di fede e di vita con la sua origine attraverso i successori di san Pietro e degli Apostoli. Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è "inviata" in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a questa missione. "La vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato". Si chiama "apostolato" "tutta l'attività del Corpo mistico" ordinata alla "diffusione del regno di Cristo su tutta la terra" [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 2]. (CCC 898) "Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. […] A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le realtà temporali, alle quali essi sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e al Redentore" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 31]. (CCC 900) I laici, come tutti i fedeli, in virtù del Battesimo e della Confermazione, ricevono da Dio l'incarico dell'apostolato; pertanto hanno l'obbligo e godono del diritto, individualmente o riuniti in associazioni, di impegnarsi affinché il messaggio divino della salvezza sia conosciuto e accolto da tutti gli uomini e su tutta la terra; tale obbligo è ancora più pressante nei casi in cui solo per mezzo loro gli uomini possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo. Nelle comunità ecclesiali, la loro azione è così necessaria che, senza di essa, l'apostolato dei Pastori, la maggior parte delle volte, non può raggiungere il suo pieno effetto [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 33].

 

Carattere generale delle proposte

 

[GS.91b] Certo dinanzi alla immensa varietà delle situazioni e delle forme di civiltà, questa presentazione non ha volutamente, in numerosi punti, che un carattere del tutto generale; anzi, quantunque venga presentata una dottrina già comune nella Chiesa, siccome non raramente si tratta di realtà soggette a continua evoluzione, l'insegnamento presentato qui dovrà essere continuato ed ampliato.
(CDS 19) La Chiesa, segno nella storia dell'amore di Dio per gli uomini e della vocazione dell'intero genere umano all'unità nella figliolanza dell'unico Padre (Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1: AAS 57 (1965) 5), anche con questo documento sulla sua dottrina sociale intende proporre a tutti gli uomini un umanesimo all'altezza del disegno d'amore di Dio sulla storia, un umanesimo integrale e solidale, capace di animare un nuovo ordine sociale, economico e politico, fondato sulla dignità e sulla libertà di ogni persona umana, da attuare nella pace, nella giustizia e nella solidarietà. Tale umanesimo può essere realizzato se i singoli uomini e donne e le loro comunità sapranno coltivare le virtù morali e sociali in se stessi e diffonderle nella società, «cosicché vi siano davvero uomini nuovi e artefici di una nuova umanità, con il necessario aiuto della grazia divina» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 30: AAS 58 (1966) 1050). (CDS 10) Il documento si propone come uno strumento per il discernimento morale e pastorale dei complessi eventi che caratterizzano i nostri tempi; come una guida per ispirare, a livello individuale e collettivo, comportamenti e scelte tali da permettere di guardare al futuro con fiducia e speranza; come un sussidio per i fedeli sull'insegnamento della morale sociale. Ne può derivare un nuovo impegno capace di rispondere alle esigenze del nostro tempo e misurato sui bisogni e sulle risorse dell'uomo, ma soprattutto l'anelito a valorizzare in forme nuove la vocazione propria dei vari carismi ecclesiali in ordine all'evangelizzazione del sociale, perché «tutti i membri della Chiesa sono partecipi della sua dimensione secolare» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 15: AAS 81 (1989) 414). Il testo viene proposto, infine, come motivo di dialogo con tutti coloro che desiderano sinceramente il bene dell'uomo.

(Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa)

 

Valido aiuto a tutti

 

[GS.91c] Tuttavia confidiamo che le molte cose che abbiamo esposto, basandoci sulla parola di Dio e sullo spirito del Vangelo, possano portare un valido aiuto a tutti, soprattutto dopo che i cristiani, sotto la guida dei pastori, ne avranno portato a compimento l'adattamento ai singoli popoli e alle varie mentalità.
(CDS 13) Questo documento è un atto di servizio della Chiesa agli uomini e alle donne del nostro tempo, ai quali essa offre il patrimonio della sua dottrina sociale, secondo quello stile di dialogo con cui Dio stesso, nel Suo Figlio unigenito fatto uomo, «parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e vive fra essi (cfr. Bar 3,38)»(14). Traendo ispirazione dalla Costituzione pastorale «Gaudium et spes», anche questo documento pone come cardine di tutta l'esposizione l'uomo, «quello integrale, con il corpo e l'anima, con il cuore e la coscienza, l'intelletto e la volontà»(15). Nella prospettiva delineata, la Chiesa «non è mossa da alcuna ambizione terrena, ma mira a una cosa sola: continuare cioè, sotto la guida dello Spirito Paraclito, l'opera di Cristo, che è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, per salvare e non per giudicare, per servire e non per essere servito»(16).

(14) (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 2: AAS 58 (1966) 818.
(15) (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 3: AAS 58 (1966) 1026.
(16) (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 3: AAS 58 (1966) 1027.

(CDS 14) Con il presente documento la Chiesa intende offrire un contributo di verità alla questione del posto dell'uomo nella natura e nella società, affrontata dalle civiltà e culture in cui si esprime la saggezza dell'umanità. Immergendo le loro radici in un passato spesso millenario, esse si manifestano nelle forme della religione, della filosofia e del genio poetico di ogni tempo e di ogni popolo, offrendo delle interpretazioni dell'universo e della convivenza umana e cercando di dare un senso all'esistenza e al mistero che l'avvolge. Chi sono io? perché la presenza del dolore, del male, della morte, malgrado ogni progresso? a che cosa valgono tante conquiste se il loro prezzo è non di rado insopportabile? che cosa ci sarà dopo questa vita? Queste domande di fondo caratterizzano il percorso del vivere umano (Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 10: AAS 58 (1966) 1032). A questo riguardo, si può ricordare il monito «Conosci te stesso», scolpito sull'architrave del tempio di Delfi, che sta a testimoniare la verità basilare secondo cui l'uomo, chiamato a distinguersi tra tutti gli esseri creati, si qualifica come uomo appunto in quanto costitutivamente orientato a conoscere se stesso.

(Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa)

 

 

n. 92 - Il dialogo fra tutti gli uomini

 

La Chiesa segno di fraternità

 

[GS.92a] La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, razza e civiltà, diventa segno di quella fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo.
(CCC 1879) La persona umana ha bisogno della vita sociale. Questa non è per l'uomo qualcosa di aggiunto, ma un'esigenza della sua natura. Attraverso il rapporto con gli altri, la reciprocità dei servizi e il dialogo con i fratelli, l'uomo sviluppa le proprie virtualità, e così risponde alla propria vocazione [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 25].
(CDS 39) La salvezza che Dio offre ai Suoi figli richiede la loro libera risposta e adesione. In ciò consiste la fede, attraverso la quale «l'uomo liberamente si abbandona tutto a Dio» (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 5: AAS 58 (1966) 819), rispondendo all'Amore preveniente e sovrabbondante di Dio (cfr. 1 Gv 4,10) con l'amore concreto ai fratelli e con ferma speranza, «perché è fedele colui che ha promesso» (Eb 10,23). Il piano divino di salvezza, infatti, non colloca la creatura umana in uno stato di mera passività o di minorità nei confronti del suo Creatore, perché il rapporto con Dio, che Gesù Cristo ci manifesta e nel quale ci introduce gratuitamente per opera dello Spirito Santo, è un rapporto di figliolanza: lo stesso che Gesù vive nei confronti del Padre (cfr. Gv 15-17; Gal 4,6-7).

(Commento CCC dal Catechismo della Chiesa Cattolica e CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa)

 

Promozione della stima e del rispetto reciproco

 

[GS.92b] Ciò esige che innanzitutto nella stessa Chiesa promuoviamo la mutua stima, il rispetto e la concordia, riconoscendo ogni legittima diversità, per stabilire un dialogo sempre più fecondo fra tutti coloro che formano l'unico popolo di Dio, che si tratti dei pastori o degli altri fedeli cristiani. Sono più forti infatti le cose che uniscono i fedeli che quelle che li dividono; ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie e in tutto carità (171).

(171) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Ad Petri Cathedram, 29 giugno 1959: AAS 51 (1959), p. 513.
(CCC 820) L'unità, "che Cristo ha donato alla sua Chiesa fin dall'inizio, […] noi crediamo che sussista, senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa cattolica e speriamo che crescerà ogni giorno più sino alla fine dei secoli" [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 4]. Cristo fa sempre alla sua Chiesa il dono dell'unità, ma la Chiesa deve sempre pregare e impegnarsi per custodire, rafforzare e perfezionare l'unità che Cristo vuole per lei. Per questo Gesù stesso ha pregato nell'ora della sua Passione e non cessa di pregare il Padre per l'unità dei suoi discepoli: "… Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21). Il desiderio di ritrovare l'unità di tutti i cristiani è un dono di Cristo e un appello dello Spirito Santo [Unitatis redintegratio, 1].
(CCC 821) Per rispondervi adeguatamente sono necessari: - un rinnovamento permanente della Chiesa in una accresciuta fedeltà alla sua vocazione. Tale rinnovamento è la forza del movimento verso l'unità [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 6-12]; la conversione del cuore per "condurre una vita più conforme al Vangelo", poiché è l'infedeltà delle membra al dono di Cristo a causare le divisioni; la preghiera in comune; infatti la "conversione del cuore" e la "santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale"; la reciproca conoscenza fraterna; la formazione ecumenica dei fedeli e specialmente dei sacerdoti ; il dialogo tra i teologi e gli incontri tra i cristiani delle differenti Chiese e comunità; la cooperazione tra cristiani nei diversi ambiti del servizio agli uomini.

 

Pensiero rivolto a chi non è in piena comunione con noi

 

[GS.92c] Il nostro pensiero si rivolge contemporaneamente ai fratelli e alle loro comunità, che non vivono ancora in piena comunione con noi, ma ai quali siamo uniti nella confessione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e dal vincolo della carità, memori che l'unità dei cristiani è oggi attesa e desiderata anche da molti che non credono in Cristo.
(CCC 817) Di fatto, "in questa Chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, che l'Apostolo riprova con gravi parole come degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della Chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d'entrambe le parti" [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3]. Le scissioni che feriscono l'unità del Corpo di Cristo (cioè l'eresia, l'apostasia e lo scisma) [CIC canone 751] non avvengono senza i peccati degli uomini: "Ubi peccata sunt, ibi est multitudo, ibi schismata, ibi haereses, ibi discussiones. Ubi autem virtus, ibi singularitas, ibi unio, ex quo omnium credentium erat cor unum et anima una - Dove c'è il peccato, lì troviamo la molteplicità, lì gli scismi, lì le eresie, lì le controversie. Dove, invece, regna la virtù, lì c'è unità, lì comunione, grazie alle quali tutti i credenti erano un cuor solo e un'anima sola" [Origene, In Ezechielem homilia, 9, 1: PG 13, 732]. (CCC 855) La missione della Chiesa richiede lo sforzo verso l'unità dei cristiani [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 50]. Infatti, "le divisioni dei cristiani impediscono che la Chiesa stessa attui la pienezza della cattolicità ad essa propria in quei figli, che le sono bensì uniti col Battesimo, ma sono separati dalla sua piena comunione. Anzi, alla Chiesa stessa, diventa più difficile esprimere sotto ogni aspetto la pienezza della cattolicità proprio nella realtà della vita" [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 4].

 

L'unità dei cristiani presagio di unità e di pace

 

[GS.92d] Quanto più, in effetti, questa unità crescerà nella verità e nell'amore, sotto la potente azione dello Spirito Santo, tanto più essa diverrà per il mondo intero un presagio di unità e di pace. Perciò, unendo le nostre energie ed utilizzando forme e metodi sempre più adeguati al conseguimento efficace di così alto fine, nel momento presente, cerchiamo di cooperare fraternamente, in una conformità al Vangelo ogni giorno maggiore, al servizio della famiglia umana che è chiamata a diventare in Cristo Gesù la famiglia dei figli di Dio.
(CCC 814) Fin dal principio, questa Chiesa "una" si presenta tuttavia con una grande diversità, che proviene sia dalla varietà dei doni di Dio sia dalla molteplicità delle persone che li ricevono. Nell'unità del popolo di Dio si radunano le diversità dei popoli e delle culture. Tra i membri della Chiesa esiste una diversità di doni, di funzioni, di condizioni e modi di vita; "nella comunione ecclesiastica vi sono legittimamente delle Chiese particolari, che godono di proprie tradizioni" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 13]. La grande ricchezza di tale diversità non si oppone all'unità della Chiesa. Tuttavia, il peccato e il peso delle sue conseguenze minacciano continuamente il dono dell'unità. Anche l'Apostolo deve esortare a "conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ef 4,3). (CCC 815) Quali sono i vincoli dell'unità? "Al di sopra di tutto la carità, che "è il vincolo di perfezione" (Col 3,14). Ma l'unità della Chiesa nel tempo è assicurata anche da legami visibili di comunione: la professione di una sola fede ricevuta dagli Apostoli; la celebrazione comune del culto divino, soprattutto dei sacramenti; la successione apostolica mediante il sacramento dell'Ordine, che custodisce la concordia fraterna della famiglia di Dio [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 2; Id., Lumen gentium, 14; CIC, canone 205].

 

Pensiero a coloro che credono in Dio

 

[GS.92e] Rivolgiamo anche il nostro pensiero a tutti coloro che credono in Dio e che conservano nelle loro tradizioni preziosi elementi religiosi ed umani, augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre tutti noi ad accettare con fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli a compimento con alacrità.
(CCC 843) La Chiesa riconosce nelle altre religioni la ricerca, ancora "nelle ombre e nelle immagini", di un Dio ignoto ma vicino, poiché è lui che dà a tutti vita e respiro ad ogni cosa, e vuole che tutti gli uomini siano salvi. Pertanto la Chiesa considera tutto ciò che di buono e di vero si trova nelle religioni come una preparazione al Vangelo, "e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 16; Id., Nostra aetate, 2; Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 53]. (CCC 819) Inoltre, "parecchi elementi di santificazione e di verità" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8] "si trovano fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica, come la Parola di Dio scritta, la vita della grazia, la fede, la speranza e la carità, e altri doni interiori dello Spirito Santo ed elementi visibili" [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3; Lumen gentium, 15]. Lo Spirito di Cristo si serve di queste Chiese e comunità ecclesiali come di strumenti di salvezza, la cui forza deriva dalla pienezza di grazia e di verità che Cristo ha dato alla Chiesa cattolica. Tutti questi beni provengono da Cristo e a lui conducono [Unitatis redintegratio, 3] e "spingono verso l'unità cattolica" [Lumen gentium, 8].

 

Desiderio di dialogo con tutti gli uomini di buona volontà

 

[GS.92f] Per quanto ci riguarda, il desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore della verità e condotto con la opportuna prudenza, non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora l'autore, né coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere.
(CCC 846) [Fuori della Chiesa non c'è salvezza] Come bisogna intendere questa affermazione spesso ripetuta dai Padri della Chiesa? Formulata in modo positivo, significa che ogni salvezza viene da Cristo-Capo per mezzo della Chiesa che è il suo corpo: Il santo Concilio "insegna, appoggiandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, che questa Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo, presente per noi nel suo corpo, che è la Chiesa, è il Mediatore e la Via della salvezza; ora egli, inculcando espressamente la necessità della fede e del Battesimo, ha insieme confermata la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano mediante il Battesimo come per la porta. Perciò non potrebbero salvarsi quegli uomini, i quali, non ignorando che la Chiesa cattolica è stata da Dio per mezzo di Gesù Cristo fondata come necessaria, non avessero tuttavia voluto entrare in essa o in essa perseverare" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 14]. (CCC 847) Questa affermazione non si riferisce a coloro che, senza loro colpa, ignorano Cristo e la Chiesa: "Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e tuttavia cercano sinceramente Dio, e sotto l'influsso della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Dio, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 16]. (CCC 848) "Benché Dio, attraverso vie a lui note, possa portare gli uomini, che senza loro colpa ignorano il Vangelo, alla fede, senza la quale è impossibile piacergli [Eb 11,6], è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa, ed insieme sacro diritto, evangelizzare" [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 7] tutti gli uomini.

 

Siamo tutti chiamati ad essere fratelli

 

[GS.92g] Essendo Dio Padre principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a una sola e identica vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace.
(CCC 359) "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22]: "Il beato Apostolo ci ha fatto sapere che due uomini hanno dato principio al genere umano: Adamo e Cristo. [...] "Il primo uomo, Adamo, - dice - divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Quel primo fu creato da quest'ultimo, dal quale ricevette l'anima per vivere. [...] Il secondo Adamo plasmò il primo e gli impresse la propria immagine. E così avvenne poi che egli ne prese la natura e il nome, per non dover perdere ciò che egli aveva fatto a sua immagine. C'è un primo Adamo e c'è un ultimo Adamo. Il primo ha un inizio, l'ultimo non ha fine. Proprio quest'ultimo infatti è veramente il primo, dal momento che dice: "Sono io, io solo, il primo e anche l'ultimo" [San Pietro Crisologo, Sermones, 117, 1-2: PL 52, 520]. (CCC 360) A motivo della comune origine il genere umano forma una unità. Dio infatti "creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini" (At 17,26; Tb 8,6): "Meravigliosa visione che ci fa contemplare il genere umano nell'unità della sua origine in Dio [...]; nell'unità della sua natura, composta ugualmente presso tutti di un corpo materiale e di un'anima spirituale; nell'unità del suo fine immediato e della sua missione nel mondo; nell'unità del suo "habitat": la terra, dei cui beni tutti gli uomini, per diritto naturale, possono usare per sostentare e sviluppare la vita; nell'unità del suo fine soprannaturale: Dio stesso, al quale tutti devono tendere; nell'unità dei mezzi per raggiungere tale fine; [...] nell'unità del suo riscatto operato per tutti da Cristo" [Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus; Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate, 1]. (CCC 733) "Dio è amore" (1Gv 4,8.16) e l'amore è il primo dono, quello che contiene tutti gli altri. Questo amore, Dio l'ha "riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato" (Rm 5,5).

 

n. 93 - Un mondo da costruire e da condurre al suo fine

 

Responsabilità dei cristiani nella testimonianza dell'amore vicendevole

 

[GS.93a] I cristiani, ricordando le parole del Signore: «in questo conosceranno tutti che siete i miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri» (Gv 13,35), niente possono desiderare più ardentemente che servire con maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo. Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e beneficiando della sua forza, uniti con tutti coloro che amano e praticano la giustizia, hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra: di esso dovranno rendere conto a colui che tutti giudicherà nell'ultimo giorno.
(CCC 735) Egli dona allora la "caparra" o le "primizie" della nostra eredità [Rm 8,23; 2Cor 1,21]; la vita stessa della Santissima Trinità che consiste nell'amare come egli ci ha amati [1Gv 4,11-12]. Questo amore (la carità di 1Cor 13) è il principio della vita nuova in Cristo, resa possibile dal fatto che abbiamo "forza dallo Spirito Santo" (At 1,8). (CCC 736) È per questa potenza dello Spirito che i figli di Dio possono portare frutto. Colui che ci ha innestati sulla vera Vite, farà sì che portiamo il frutto dello Spirito che "è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22-23). Lo Spirito è la nostra vita; quanto più rinunciamo a noi stessi [Mt 16,24-26], tanto più lo Spirito fa che anche operiamo (Gal 5,25). "Con lo Spirito Santo, che rende spirituali, c'è la riammissione al paradiso, il ritorno alla condizione di figlio, il coraggio di chiamare Dio Padre, il diventare partecipe della grazia di Cristo, l'essere chiamato figlio della luce, il condividere la gloria eterna" [San Basilio Magno, Liber de Spiritu Sancto, 15, 36: PG 32, 132].

 

Fare la volontà del Padre

 

[GS.93b] Non tutti infatti quelli che dicono: «Signore, Signore», entreranno nel regno dei cieli, ma quelli che fanno la volontà del Padre e coraggiosamente agiscono (172).

(172) Cf. Mt 7,21.
(CCC 1822) La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio. (CCC 1823) Gesù fa della carità il comandamento nuovo [Gv 13,34]. Amando i suoi "sino alla fine" (Gv 13,1), egli manifesta l'amore che riceve dal Padre. Amandosi gli uni gli altri, i discepoli imitano l'amore di Gesù, che essi ricevono a loro volta. Per questo Gesù dice: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore" (Gv 15,9). E ancora: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Gv 15,12). (CCC 1824) La carità, frutto dello Spirito e pienezza della legge, osserva i comandamenti di Dio e del suo Cristo: "Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore" (Gv 15,9-10; cf Mt 22,40; Rm 13,8-10). (CCC 1825) Cristo è morto per amore verso di noi, quando eravamo ancora "nemici" (Rm 5,10). Il Signore ci chiede di amare come lui, perfino i nostri nemici [Mt 5,44], di farci il prossimo del più lontano [Lc 10,27-37], di amare i bambini [Mc 9,37] e i poveri come lui stesso [Mt 25,40.45]. L'Apostolo san Paolo ha dato un ineguagliabile quadro della carità: "La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Cor 13,4-7).

 

La volontà del Padre: che tutti si riconoscano fratelli

 

[GS.93c] Perché la volontà del Padre è che in tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo fratello, con la parola e con l'azione, rendendo così testimonianza alla verità, e comunichiamo agli altri il mistero dell'amore del Padre celeste.
(CCC 1826) Se non avessi la carità, dice ancora l'Apostolo, "non sono nulla". E tutto ciò che è privilegio, servizio, perfino virtù… senza la carità, "niente mi giova" (1Cor 13,1-3). La carità è superiore a tutte le virtù. E' la prima delle virtù teologali: "Queste le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità" (1Cor 13,13). (CCC 1827) L'esercizio di tutte le virtù è animato e ispirato dalla carità. Questa è il "vincolo di perfezione" (Col 3,14); è la forma delle virtù; le articola e le ordina tra loro; è sorgente e termine della loro pratica cristiana. La carità garantisce e purifica la nostra capacità umana di amare. La eleva alla perfezione soprannaturale dell'amore divino. (CCC 1828) La pratica della vita morale animata dalla carità dà al cristiano la libertà spirituale dei figli di Dio. Egli non sta davanti a Dio come uno schiavo, nel timore servile, né come il mercenario in cerca del salario, ma come un figlio che corrisponde all'amore di colui che "ci ha amati per primo" (1Gv 4,19): "O ci allontaniamo dal male per timore del castigo e siamo nella disposizione dello schiavo. O ci lasciamo prendere dall'attrattiva della ricompensa e siamo simili ai mercenari. Oppure è per il bene in se stesso e per l'amore di colui che comanda che noi obbediamo […] e allora siamo nella disposizione dei figli" [San Basilio Magno, Regulae fusius tractatae, prol. 3: PG 31, 896]. (CCC 1829) La carità ha come frutti la gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è benevolenza; suscita la reciprocità, si dimostra sempre disinteressata e benefica; è amicizia e comunione: "Il compimento di tutte le nostre opere è l'amore. Qui è il nostro fine; per questo noi corriamo, verso questa meta corriamo; quando saremo giunti, vi troveremo riposo" [Sant'Agostino, In epistulam Johannis ad Parthos tractatus, 10, 4: PL 35, 2056-2057].

 

Risvegliare in tutti una speranza viva

 

[GS.93d] Così facendo, risveglieremo in tutti gli uomini della terra una viva speranza, dono dello Spirito Santo, affinché alla fine essi vengano ammessi nella pace e felicità somma, nella patria che risplende della gloria del Signore.
(CCC 1817) La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull'aiuto della grazia dello Spirito Santo. "Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso" (Eb 10,23). Lo Spirito è stato "effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna" (Tt 3,6-7). (CCC 1818) La virtù della speranza risponde all'aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell'attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità. (CCC 1819) La speranza cristiana riprende e porta a pienezza la speranza del popolo eletto, la quale trova la propria origine ed il proprio modello nella speranza di Abramo, colmato in Isacco delle promesse di Dio e purificato dalla prova del sacrificio [Gen 17,4-8; 22,1-18]. "Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli" (Rm 4,18).

 

A Lui la gloria nella Chiesa in Cristo Gesù

 

[GS.93e] «A colui che, mediante la potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo domandare o pensare, a lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen» (Ef 3,20-21).
(CCC 1820) La speranza cristiana si sviluppa, fin dagli inizi della predicazione di Gesù, nell'annuncio delle beatitudini. Le beatitudini elevano la nostra speranza verso il Cielo come verso la nuova Terra promessa; ne tracciano il cammino attraverso le prove che attendono i discepoli di Gesù. Ma per i meriti di Gesù Cristo e della sua passione, Dio ci custodisce nella speranza che "non delude" (Rm 5,5). La speranza è l'"àncora della nostra vita, sicura e salda, la quale penetra […]" là "dove Gesù è entrato per noi come precursore" (Eb 6,19-20). È altresì un'arma che ci protegge nel combattimento della salvezza: "Dobbiamo essere […] rivestiti con la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza" (1Ts 5,8). Essa ci procura la gioia anche nella prova: "Lieti nella speranza, forti nella tribolazione" (Rm 12,12). Si esprime e si alimenta nella preghiera, in modo particolarissimo nella preghiera del Signore, sintesi di tutto ciò che la speranza ci fa desiderare. (CCC 1821) Noi possiamo, dunque, sperare la gloria del cielo promessa da Dio a coloro che lo amano [Rm 8,28-30] e fanno la sua volontà [Mt 7,21]. In ogni circostanza ognuno deve sperare, con la grazia di Dio, di perseverare "sino alla fine" [Mt 10,22; Concilio di Trento: DS 1541] e ottenere la gioia del cielo, quale eterna ricompensa di Dio per le buone opere compiute con la grazia di Cristo. Nella speranza la Chiesa prega che "tutti gli uomini siano salvati" (1Tm 2,4). Essa anela ad essere unita a Cristo, suo Sposo, nella gloria del cielo: "Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l'ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve. Pensa che quanto più lotterai, tanto più proverai l'amore che hai per il tuo Dio e tanto più un giorno godrai con il tuo Diletto, in una felicità ed in un'estasi che mai potranno aver fine" [Santa Teresa di Gesù, Exclamaciones del alma a Dios, 15, 3].



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