Santa Famiglia (A)

ANNO A - 29 dicembre 2013
Santa Famiglia

Sir 3,2-6.12-14
Col 3,12-21
Mt 2,13-15.19-23
NELLA NOTTE, GIUSEPPE
È COSTRETTO ALL'ESILIO

La festa della Santa Famiglia, introdotta nel calendario liturgico da Leone XIII, divenne universale soltanto con Benedetto XV nel 1921, che la assegnò, dopo molte vicissitudini, nella domenica fra l'ottava dell'Epifania. Con la riforma del Vaticano II è stata trasferita nella domenica fra l'ottava di Natale.
Considerando la valenza pastorale che può avere (celebrazione di anniversari significativi di matrimonio; presentazione del progetto familiare di vita, ecc.), la data non risulta, di certo, la più indovinata, tant'è che molte parrocchie la riprendono in altre circostanze dell'anno liturgico, pur attenendosi alla liturgia di quel giorno. Ma non importa: la famiglia di Nazaret è additata come "santa" (e non "sacra"), perché ha corrisposto al disegno divino nei suoi tre componenti, senza assurgere a realtà "sacrale", cioè intoccabile a livello istituzionale, come se fosse stata consegnata da Dio stesso.

Le vicende di Gesù, Maria e Giuseppe, narrate dalla Parola proclamata, vanno rilette in tale prospettiva. Quest'anno l'obiettivo è puntato particolarmente su Giuseppe, personaggio quasi ignorato nel culto. Eppure nella letteratura evangelica, come testimonia il brano oggi proclamato, assume grande rilevanza. In particolare, in ambito familiare, è l'uomo capace di "prendere con sé", come viene ripetuto, cioè di farsi carico della situazione familiare di Gesù nelle sue svariate vicende, non sempre favorevoli. È fondamentale questa "presa in carico" anche degli altri, perché, soprattutto chi è debole e indifeso, come il bambino, venga protetto e aiutato.

Le condizioni di vita della Santa Famiglia risultano, però, anche emblematiche relativamente alla famiglia attuale di Dio, che è la Chiesa. Del resto, nella narrazione della fuga e del ritorno dall'Egitto è evidente che si rispecchiano le vicissitudini dell'antico popolo d'Israele. La condizione della Chiesa è un continuo esodo o pellegrinaggio: è l'immagine che anche Lumen gentium ha fatto propria, affermando che "la Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga. Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le sue interne ed esterne difficoltà» (8).
Senza dubbio la condizione sociale di molte famiglie oggi si rispecchia pienamente in simile icona, perché, per lavoro e altro, c'è estrema mobilità. Per non dire di quelli che, non avendo patria per ragioni belliche o a motivo di regimi dittatoriali, sono costretti all'esilio. L'immagine di Giuseppe che, nella notte, cioè nelle tenebre del dubbio e del terrore, è costretto all'esilio, risulta pertanto sintomatica di una condizione di vita tuttora usuale. Il sogno, come già nell'annuncio della nascita di Gesù, esprime a sua volta la rivelazione divina, che assume la valenza di un'indicazione precisa di comportamento, quale la Parola è capace di attuare per chi la sa frequentare.

Tanto la seconda quanto la prima lettura costituiscono un'autentica miniera d'insegnamenti a questo proposito. Si possono cogliere, anzitutto, alcune indicazioni essenziali, da cui scaturiscono poi le successive attualizzazioni. L'esortazione dell'Apostolo alla centralità della carità rappresenta il baluardo del vivere insieme familiare tra coniugi e con i figli. Soltanto se c'è l'agape si possono superare le difficoltà di comprensione tra le persone e le differenti modalità d'interpretare la realtà. L'amore, infatti, è alimentato dalla tenerezza che permette di sopportarsi a vicenda, di perdonare di cuore e di abbandonare ogni forma di odio e d'invidia. Inoltre, l'ammonizione alle mogli di stare sottomesse ai mariti; a questi di amare le mogli e di non trattarle con durezza; ai figli, perché non si scoraggino per l'esasperazione dei genitori nei loro confronti, va oltre gli steccati sociali creatisi nel tempo, giustificando tali atteggiamenti reciproci con il riferimento obbligato al Signore ("come conviene nel Signore»).

Ne scaturisce una sorta di spiritualità familiare, che ha al suo centro la Parola e la volontà di pregare Dio con gioia, con salmi, inni e canti ispirati, cercando di suscitare quell'atteggiamento di gratitudine, condensato nell'eucaristia. L'esortazione "rendete grazie" equivale a "siate eucaristici", determinando una prassi familiare improntata alla celebrazione eucaristica, che diventa, il centro propulsore della vita familiare. Insomma, quello che si cerca di attuare tra le mura domestiche trova la sua naturale evoluzione nel ritrovarsi davanti a Dio, insieme ai fratelli, a riconoscere che tutto il bene viene da lui, e quindi in tutto bisogna rendergli grazie.
Non vanno trascurate neppure le esortazioni di buon senso che derivano dalla prima lettura e coronano l'insegnamento di questa festa. Rifacendosi alle parole di vita del decalogo, si sollecita ad avere comprensione per chi è anziano e comincia a denunciare deficienze psichiche, perché sia capito e soccorso nella sua povertà. Si è di fronte a una splendida silloge di sapienza, così rara oggi, ma così ricercata, perché la vita familiare riprenda vitalità, sull'esempio della Santa Famiglia, fonte di ispirazione per la Chiesa e per tutti gli uomini di buona volontà.

VITA PASTORALE N. 11/2013
(commento di Gianni Cavagnoli, docente di teologia liturgica)

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