II Domenica del Tempo ordinario (A)


ANNO A - 19 gennaio 2014
II Domenica del Tempo ordinario

Is 49,3.5-6
1Cor 1,1-3
Gv 1,29-34
IL MESSIA BATTEZZA
NELLO SPIRITO SANTO

Nelle Premesse al Lezionario si afferma che «nella II domenica del tempo ordinario il Vangelo si riferisce ancora alla manifestazione del Signore, celebrata nella solennità dell'Epifania» (105). E difatti il brano evangelico documenta la presentazione di Cristo da parte del Battista, allorché lo vede avanzare verso di lui. Egli si pone anzitutto nella prospettiva del Servo, descritta nel secondo carme del profeta Isaia, attestato dalla prima lettura odierna. Un Servo chiamato ad allargare i confini del popolo ebraico, diventando «luce delle nazioni, perché parti la salvezza fino all'estremità della terra».
Il legame con la liturgia natalizia è garantito da questa immagine, prevalentemente riferita a Cristo, tanto a Natale quanto nell'Epifania. Immagine che reclama la missione della Chiesa, quale continuatrice di quest'opera "luminosa" in mezzo all'umanità, senza la quale prevalgono le tenebre del male e della cattiveria.

Il compito di Cristo/Servo è fondamentalmente duplice ed è esplicitato dai due titoli con cui Giovanni indica Gesù. Anzitutto come l' "Agnello di Dio": l'immagine ha, nella tradizione biblica, una ricca valenza. Si riferisce allo stesso Servo, presentato come «agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori» (Is 53,7). Oppure come l'Agnello apocalittico, pure immolato, che ha riscattato per Dio con il suo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, rendendoli tutti sacerdoti (cf Ap 5,6-10).
Nella presentazione del Battista l'Agnello/Cristo è colui che toglie il peccato del mondo. Da segnalare, primariamente, che non si tratta dei peccati personali, ma del peccato del mondo, al singolare. Una precisazione per nulla indifferente, in quanto è riferita alla condizione di peccato esistente nel mondo, che viene annullata da Cristo, prendendola su di sé, cioè immedesimandosi in essa. È anche la modalità da lui seguita per riabilitare i peccatori: si pone in fila con loro, ricevendo il battesimo nelle acque del Giordano (cf Lc 3,21), per indicare che solo immergendosi concretamente nella situazione umana, la si può togliere.
Questo peccato del mondo è facilmente identificabile, oggi, nei condizionamenti umani, che attanagliano particolarmente i deboli, gli ultimi, coloro che sono facilmente suggestionabili e conquistabili. Basterebbe pensare all'agire dei ragazzi nella propria corporeità, suggestionati come sono da tutto ciò che, a livello pornografico, vedono e sentono. Ma di tutte queste realtà difficilmente si parla, anche nelle stesse confessioni! E dal versante della giustizia umana? Che dire di quella mentalità che incita alla frode fiscale, alla ruberia legalizzata, al guadagno illimitato... al furto vero e proprio? In simile prospettiva si comprende sempre più l'incidenza del "peccato del mondo" e la necessità, quindi, di rivolgersi a colui che, come Agnello mansueto, è venuto per liberarci da esso.

L'altro titolo, attribuito da Giovanni, è quello di Figlio di Dio, in quanto su di lui discende e rimane lo Spirito e battezza pure nello Spirito Santo. Già nei sinottici lo stesso Battista, che viene presentato in modalità differenti di comportamento da quello del quarto Vangelo, annuncia il Messia come colui che battezzerà in Spirito Santo e fuoco (cf Mt 3,11). Qui si contempla il Paraclito che discende su Cristo come una colomba: egli viene dopo Giovanni, ma in realtà sta prima di lui.
In altri termini, la singolarità di Gesù, espressa dalla visibilità dello Spirito che si posa su di lui, secondo la testimonianza di Giovanni, è quella di essere Figlio di Dio, perché è ricolmo del medesimo Spirito. Questo è il connotato peculiare dei tempi nuovi, nei quali a tutti, mediante il battesimo, viene comunicato lo Spirito Santo, che abita nelle persone e le rende capaci di invocare Dio.
Ciò che Paolo afferma nella lettera ai Romani («Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: "Abbà! Padre!" [Rm 8,15]»), nell'evento battesimale di Gesù diventa realtà, a indicare la condizione nuova che l'Agnello è venuto a inaugurare, dopo che è stato tolto il peccato del mondo.
E la testimonianza del Battista sancisce pure la condizione di coloro che «sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore»: così la seconda lettura, magnifico esordio della prima lettera ai Corinzi.
La testimonianza esige, dunque, il coraggio di essere se stessi, di mantenersi nella propria coerenza di vita, aiutati dalla forza dello Spirito.

Lo Spirito che rimane in noi ci conduce, infine, a dichiarare sempre la nostra disponibilità, perché mediante questa nostra corporeità sia compiuta la volontà del Padre, secondo la mirabile espressione salmica odierna: «Nel rotolo del libro di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo».
In ogni celebrazione eucaristica si ripropone questa volontà, che diventa l'offerta sacrificale in unione con Cristo al Padre (cf Eb 10,5-10). Sicché di ognuno di noi si potrebbe affermare, parafrasando un'altra espressione tratta dal medesimo Vangelo di Gesù: «Ecco davvero una persona in cui non c'è falsità!» (Gv 1,47).

VITA PASTORALE N. 1/2014(commento di Gianni Cavagnoli, docente di teologia liturgica)

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