Anno A – 2 novembre – Commemorazione di tutti i fedeli defunti


Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010


Anno A – 2 novembre – Commemorazione di tutti i fedeli defunti

• Giobbe 19,1.23-27a • Romani 5,5-11 • Giovanni 6,37-40

CHI CREDE IN ME HA LA VITA ETERNA

Al cuore dell'autunno celebriamo la memoria dei defunti: gli alberi si svestono delle foglie, le nebbie mattutine indugiano a dissolversi, il giorno si accorcia e la luce perde la sua intensità. Eppure ci sono lembi di terra, i cimiteri, che paiono prati primaverili in fiore, animati nella penombra da un crepitare di lucciole. Sì, perché da secoli gli abitanti delle nostre terre, finita la stagione dei frutti, hanno voluto che in questi primi giorni di novembre si ricordassero i morti.

Sono stati i celti a collocare in questo tempo dell'anno la memoria dei morti, memoria che la chiesa ha cristianizzato, rendendola una delle ricorrenze più vissute e partecipate ancora oggi, nonostante la cultura dominante tenda a rimuovere la morte. Nell'accogliere questa risposta umana alla «grande domanda» posta a ogni uomo, la chiesa l'ha proiettata nella luce della fede pasquale che canta la resurrezione di Gesù Cristo, e per questo ha voluto farla precedere dalla festa di tutti i santi, quasi a indicare che i santi trascinano con sé i morti, li prendono per mano per ricordare a noi tutti che non ci si salva da soli. Ed è al tramonto della festa di tutti i santi che i cristiani non solo ricordano i morti, ma si recano al cimitero per visitarli, come a incontrarli e a manifestare l'affetto per loro coprendone di fiori le tombe. Un affetto che in questa circostanza diventa capace anche di assumere il male che si è potuto leggere nella vita dei propri cari e di avvolgerlo in una grande compassione che abbraccia le proprie e le altrui ombre: c'è come un'urgenza, un istinto del cuore che chiede di onorare tutti i morti, di pensarli in questo giorno all'ombra dei beati, sperando che «tutti siano salvati» (1Tm 2,4)...

La memoria dei morti è per i cristiani una grande celebrazione della fede nella resurrezione: la morte non è più l'ultima realtà per gli uomini, e quanti sono già morti, andando verso Cristo, non sono da lui respinti ma vengono risuscitati per la vita eterna, la vita per sempre con lui, il Risorto-Vivente. È in questa luce che accogliamo la promessa di Gesù contenuta nel brano evangelico odierno, una promessa che dobbiamo ripetere nel cuore per vincere ogni tristezza e ogni timore: «Colui che viene a me, non lo respingerò!». Il cristiano è colui che va al Figlio ogni giorno, anche se la sua vita è contraddetta dal peccato e dall' infedeltà, è colui che cade e si rialza, che riprende con perseveranza il cammino di sequela. E Gesù non lo respinge, anzi lo abbraccia, gli chiede di accogliere la remissione dei peccati e lo conduce alla vita eterna, rivelandogli: «Chi crede in me ha la vita eterna: io lo risusciterò nell'ultimo giorno».

Davvero la morte è un passaggio, una pasqua, un esodo da questo mondo al Padre (cfr. Gv 13,1): per i credenti essa non è più enigma ma mistero perché inscritta una volta per tutte nella morte di Gesù, il Figlio di Dio che ha saputo fare di essa in modo autentico e totale un atto di offerta al Padre. Andando verso la morte nella libertà e per amore Gesù ci ha liberato dalla «paura madre», quella della morte, radice di tutte le altre paure (cfr. Gb 18,14). È ciò che si legge in uno splendido passo della Lettera agli Ebrei, che dovremmo meditare più spesso: «Gesù è divenuto partecipe del nostro sangue e della nostra carne per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per paura della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2,14-15).

Il cristiano, che per vocazione con-muore con Cristo ed è con-sepolto con lui nella sua morte (cfr. Rm 6,4.8), proprio quando muore porta a pienezza la sua obbedienza di creatura e in Cristo è trasfigurato, risuscitato dalle energie di vita eterna dello Spirito santo. Sì, oggi dovremmo cantare con fede salda e speranza certa: «Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor 15,55; cfr. Os 13,14); dovremmo poterci definire, come i primi cristiani, «coloro che non hanno paura della morte»...



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