Anno A - 6 agosto – Trasfigurazione del Signore


Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010


Anno A - 6 agosto – Trasfigurazione del Signore

• Daniele 7,9-10.13-14 • 2 Pietro 1,16-19 • Matteo 17,1-9
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LA TRASFIGURAZIONE DI GESÙ, PEGNO DELLA NOSTRA TRASFIGURAZIONE

Celebriamo oggi la grande festa della Trasfigurazione del Signore, che i cristiani d'oriente chiamano «Pasqua dell'estate».

Come sempre avviene nell'assemblea liturgica, anche in questo giorno siamo convocati da Dio per stare davanti a lui, per diventare uno spazio personale e comunitario capace di accogliere la sua Presenza. Questo stare davanti al Signore è la stessa condizione vissuta da Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre discepoli più intimi di Gesù. Portati da lui su un alto monte - «quasi caricandoseli sulle spalle», amano dire i padri -, in un luogo in disparte, chiamati a restare accanto a Gesù, si accorsero di essere, grazie a lui, davanti a Dio, quando egli cambiò forma e Pietro ebbe la forza di esclamare: «È bello per noi stare qui davanti a te, Signore!». Sul monte Gesù «fu trasfigurato», cioè cambiò la sua forma umana, la forma dello schiavo «obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8). E in quel mutamento assunse una forma gloriosa: «Il suo volto risplendette come il sole, le sue vesti divennero bianche come la luce», ed egli prese la forma che avrà quando apparirà nella sua gloria.

In questo evento, che è come una primizia della manifestazione di Gesù alla fine dei tempi, è dunque visibile la glorificazione del Figlio da parte del Padre, la sua condizione attuale presso Dio. Ma la trasfigurazione è anche una rivelazione, un alzare il velo sull'identità profonda di Gesù, che appare come il Figlio del Dio vivente, quell'identità rivelata dal Padre a Pietro, che poco prima aveva confessato: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Questa rivelazione è ora aperta anche a Giacomo e Giovanni, mediante una manifestazione che non può non essere testimoniata dalle Sante Scritture, dalla Legge e dai Profeti. Il Gesù che i discepoli avevano seguito come maestro e come profeta, appare come colui che compie tutte le Scritture: Mosè ed Elia sono là a testimoniare che Gesù è il loro compimento, colui che conferma la Legge e i Profeti.

In quest'ora di grazia, Pietro, colui che è stato posto da Gesù come roccia, fondamento della chiesa (cfr. Mt 16,18), interviene in modo autorevole. Innanzitutto chiama Gesù Kýrios, Signore, facendo così un'ulteriore confessione di fede; poi si dichiara disposto a erigere in quel luogo tre tende, una per Gesù, una per Mosè e una per Elia. Pietro sa bene cosa dice, conosce il desiderio che lo anima: quello di fermare la rivelazione, renderla definitiva, e dare così inizio ai tempi escatologici. Ma la sua voce è coperta da una voce che viene dalla Nube luminosa della Presenza di Dio, la quale li avvolge con la sua ombra e proclama: «Questi è il Figlio mio, l'amato, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!». Il grande comandamento: «Ascolta, Israele!» (Dt 6,4), risuona come: «Ascoltate lui, il Figlio!»; il Dio che aveva parlato molte volte e in diversi modi, ormai parla soltanto attraverso Gesù, lui che è la sua ultima Parola (cfr. Eb 1,2), lui che è l'interprete definitivo di Mosè ed Elia.

Di fronte a questa teofania, a questa manifestazione di Dio, i tre discepoli sono colti da un grande timore e cadono con la faccia a terra, in adorazione del mistero. Ma subito Gesù si avvicina e li tocca confidenzialmente: la presenza che Pietro, Giacomo e Giovanni hanno conosciuto fino ad allora, una presenza di compagno, di amico, li invita ad alzarsi e a non temere. Infine Gesù pone il sigillo del silenzio su questa visione: «Non parlatene a nessuno prima che il Figlio dell'uomo sia risorto dai morti». I tre discepoli hanno fatto l'esperienza di stare di fronte a Dio, di stare di fronte a Gesù, il Messia escatologico, la Parola di Dio diventata uomo: ora sono chiamati ad ascoltare, a continuare a contemplare questa gloria, nella fede però e non più nella visione (cfr. 2Cor 5,7), fino al giorno in cui la contempleranno definitivamente nel Regno.

Grande è il mistero a cui anche noi siamo invitati a partecipare in questa festa luminosa: contemplando il Cristo trasfigurato noi riflettiamo la gloria del Signore sui nostri volti (cfr. 2Cor 3,18), sui nostri corpi i quali sono trasfigurati dalle energie dello Spirito santo senza che noi sappiamo come. Sì, la trasfigurazione di Gesù è la promessa che anche il nostro corpo di miseria sarà trasformato, in modo che sia ristabilita in noi l'immagine piena e perfetta di Dio (cfr. Fil 3,21); è il pegno del lavoro incessante di Dio per conformarci al corpo glorioso del suo Figlio amato.



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