Anno A – 7a domenica del Tempo Ordinario


Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010


Anno A – 7a domenica del Tempo Ordinario

• Levitico 19,1-2.17-18 • 1 Corinzi 3,16-23 • Matteo 5,38-48

AMATE I VOSTRI NEMICI

In continuità con il brano evangelico di domenica scorsa, ascoltiamo oggi le ultime due cosiddette «antitesi» stabilite da Gesù tra l'interpretazione riduttiva della Legge e la novità della sua proposta, che sa risalire all'intenzione di Dio stesso. Qual è, in sintesi, la «giustizia superiore» (cfr. Mt 5,20) che Gesù richiede ai suoi discepoli? È l'amore per il prossimo (cfr. Mt 19,19; 22,37), fino al nemico.

Due sono le declinazioni di questo precetto proposte da Gesù. In primo luogo egli cita la cosiddetta «legge del taglione»: «Occhio per occhio, dente per dente» (Es 21,24; Lv 24,20; Dt 19,21). Questa norma, che pure aveva una sua positività, in quanto era sorta allo scopo di limitare la vendetta per un torto subìto, viene da Gesù ampiamente superata, anzi capovolta: egli annuncia un amore sovrabbondante nei confronti di chi commette un sopruso contro di noi. Gesù chiede dunque a quanti aderiscono a lui di mettere in pratica la paradossale legge della non-violenza, che consiste nel non opporsi al malvagio, e lo fa con tre esempi estremamente chiari nella loro paradossalità: porgere l'altra guancia a chi ci schiaffeggia, dare anche il mantello a chi esige da noi la tunica, fare due miglia con chi ci vuole costringere a fame con lui uno. E aggiunge, in termini assoluti: «Da' a chi ti domanda, e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle».

Già in queste parole è insita la richiesta di un amore gratuito e unilaterale, che si traduce nel saper rispondere al male con il bene (cfr. Rm 12,21). Ma ciò si fa esplicito e viene espresso in positivo nelle successive affermazioni di Gesù: «Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo" (Lv 19,18) e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori». Di fronte a questo comando che Gesù ha dato - diciamolo subito - con l'autorevolezza di chi lo ha vissuto fino all'estremo (si pensi solo al suo atteggiamento durante la passione e la morte in croce), possiamo osare una parola nostra solo con timore e tremore. Siamo infatti al cuore del Vangelo, al cuore della singolarità della via aperta da Gesù Cristo, e ogni commento rischia di attutire la nettezza delle esigenze poste dal Signore.

Si può innanzi tutto notare che Gesù lega strettamente l'amore per colui che ci osteggia alla preghiera per lui: nella preghiera possiamo, per grazia, vedere chi ci fa del male alla luce del mistero di Dio, che ci ha amati in Cristo mentre noi gli eravamo nemici (cfr. Rm 5,6-10); nella preghiera possiamo addirittura comprendere che il nemico è il nostro vero medico e maestro, perché ci svela le pulsioni egoistiche che abitano in profondità il nostro cuore, ossia il nostro voler vivere senza gli altri e a volte contro gli altri.

Gesù aggiunge poi un'altra motivazione a questo amore, o meglio una finalità che ci sta davanti come una promessa che comincia a realizzarsi già nell'oggi: «...affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui malvagi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti». Sì, noi diventiamo figli di Dio, «partecipi della natura divina» (2Pt 1,4), solo nella misura in cui ci comportiamo come lui, che nel suo amore incondizionato non fa distinzione di persone. E perché questa esigenza sia chiara, Gesù insiste sulla necessità di uscire dalla chiusura nel terribile cor-tocircuito della reciprocità (amare chi già ci ama, salutare solo i propri fratelli...), un vero e proprio «virus» che deve essere estraneo al comportamento dei suoi discepoli. No, quando il cristiano incontra un'altra persona ha il debito verso di lei dell'amore (cfr. Rm 13,8), il debito di narrare con la propria vita l'amore vissuto da Gesù Cristo: a chiunque, sempre, senza alcun limite.

Infine, Gesù conclude questa parte del suo discorso con una parola che non deve spaventarci, ma che in realtà rappresenta una straordinaria apertura di orizzonte se sappiamo accoglierla con l'intelligenza illuminata dalla fede: «Voi siate perfetti - o meglio "completi, integri" - come è perfetto il Padre vostro celeste». Gesù non esorta a un ideale astratto di perfezione morale, ma al pieno compimento della Legge di Dio secondo l'interpretazione che egli stesso ha appena dato, la quale si traduce concretamente in un amore «completo», senza limiti né distinzioni, a imitazione di quello di Dio. Questa affermazione è per noi una grande promessa: l'amore per il nemico, impossibile alle sole forze umane, diventa possibile alla sequela di Gesù e grazie a un dono che viene da Dio. Questa è la giustizia sovrabbondante a cui siamo chiamati, questo è l'amore che ricapitola tutta la Legge (cfr. Rm 13,10; Gal 5,14) e che può dare senso alle nostre vite.


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