Anno A - 27a domenica del Tempo Ordinario


Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010


Anno A - 27a domenica del Tempo Ordinario

• Isaia 5,1-7 • Filippesi 4,6-9 • Matteo 21,33-43

IL FIGLIO DI DIO, UCCISO FUORI DALLA VIGNA

Siamo sempre nel tempio di Gerusalemme, dove Gesù rivolge ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo una seconda parabola, dopo quella dei due figli ascoltata domenica scorsa.

Un padrone di casa «pianta una vigna, la circonda con una siepe, vi scava un frantoio e vi costruisce una torre» (cfr. Is 5,2). Sono parole tratte dal «cantico della vigna» del profeta Isaia, ben conosciuto dagli ascoltatori di Gesù: questa pagina esprime in modo mirabile la storia dell'amore di Dio per la sua vigna, ossia il popolo di Israele (cfr. Is 5,7; Sal 80), ma anche la chiesa e l'umanità tutta. È il Signore che crea, custodisce e colma di doni la sua vigna, instaura con lei quella relazione che è fonte di fecondità: occorre però che gli uomini accolgano tale amore, perché Dio ha bisogno di partner che credano al suo amore e vi rispondano con un amore capace di portare frutti abbondanti.

Dopo aver iniziato l'opera, il proprietario affida la vigna a degli agricoltori e parte in viaggio. Al momento del raccolto egli invia alcuni servi a ritirare l'uva, ma ecco accadere l'impensabile: «I vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono»; e lo stesso avviene una seconda volta, quando il padrone manda servi più numerosi dei precedenti. Più egli si prende cura della sua vigna, più cresce l'ostilità di coloro che dovrebbero semplicemente collaborare con lui alla raccolta dei frutti. Eppure il padrone non si scoraggia ma continua a perseverare in una logica di folle gratuità, fino a inviare addirittura il proprio figlio, dicendo: «Avranno rispetto almeno di mio figlio!». Alla vista di quest'ultimo l'odio dei vignaioli giunge al culmine. Essi prima tramano contro di lui certi che, una volta eliminato l'erede, l'eredità passerà a loro. Poi passano all'azione: «Presolo, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero». Questa affermazione è fondamentale per decodificare la parabola e, di conseguenza, fare luce sull'autocoscienza di Gesù: è lui il Figlio che sarà crocifisso fuori dalle mura di Gerusalemme (cfr. Mt 27,31-33); è lui che «patì fuori dalla porta della città» (Eb 13,12). E allora appare chiaro che i servi inviati in precedenza sono i profeti, donati con premura da Dio eppure sempre osteggiati dal popolo, in particolare dalle sue guide religiose: si pensi solo alle persecuzioni subite da Geremia ad opera dei sacerdoti del tempio...

Gesù ha di fronte a sé proprio alcuni capi religiosi, ma significativamente non emette alcun giudizio; si limita a porre una domanda, lasciando che siano loro stessi a prendere coscienza della propria situazione: «Quando verrà il padrone che farà a quei vignaioli?». Essi rispondono senza esitare: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri che gli consegneranno i frutti a suo tempo»; pensano probabilmente che il duro verdetto non li tocchi direttamente ma riguardi altri... Ecco perché Gesù li rimanda ancora una volta all'autorità delle Scritture: «Ma non avete mai letto nelle Scritture: "La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile ai nostri occhi" (Sal 118, 22-23)?». Certo, essi avevano letto il Salmo, così come conoscevano il passo di Isaia, ma non avevano compreso in profondità la Parola contenuta nelle Scritture: non potevano accettare la logica paradossale di Dio, il suo operare meraviglie attraverso ciò che è disprezzato dagli uomini (cfr. 1Cor 1,28), il suo salvare il mondo attraverso lo scandalo di un Messia impotente e crocifisso (cfr. 1Cor 1,17-25)! A questo punto, finalmente, gli interlocutori di Gesù capiscono che egli sta parlando di loro e cercano di catturarlo (cfr. Mt 21,45-46): questa volta non ci riescono, ma per Gesù la fine si avvicina...

Prima di concludere questo difficile dialogo Gesù afferma: «Vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a chi lo farà fruttificare». Queste parole non riguardano solo i suoi interlocutori storici ma sono rivolte anche a noi, sempre tentati di pensare che il giudizio non ci tocchi, né personalmente né come chiesa. Esse sollecitano la nostra responsabilità a lasciare che Dio regni su di noi. Come? Facendo di Gesù la Roccia su cui fondare la nostra vita (cfr. 1Pt 2,4-5), non «una pietra d'inciampo, di scandalo» (cfr. 1Pt 2,8). Confidando cioè sulla sua promessa: «Beato chi non si scandalizza di me» (Mt 11,6).



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