A servizio dell'uomo



Il diaconato in Italia n° 181
(luglio/agosto 2013)

RIFLESSIONI


A servizio dell'uomo
di Maria Concetta Bottino

«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi,dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo...» (GS 1).
La sfida di essere testimoni cristiani autentici, a servizio dell'uomo in una contingenza storica come la nostra, in cui la vita del mondo vede accumularsi sempre di più le angosce, la violenza ci investe, le malattie e le sofferenze più complesse ci minacciano di morte, si osserva che i poveri e i deboli perdono diritti e libertà, i bambini sono sempre più insidiati e sacrificati alle umane perversioni, la giustizia diviene sfaldata, si constata sempre più amaramente dell'impossibilità di poter confidare gli uni negli altri.
Sorge allora spontanea l'invocazione di aiuto rivolta al Padre quali cristiani credenti che confidano nella certezza del divino soccorso: «abbi pietà di noi perchè abbiamo perso la strada e si avvicina la sera». Tuttavia essendo noi credenti una comunità riunita nel nome del Signore siamo ancora animati dalla certezza della presenza di Cristo in mezzo a noi al quale affidare la nostra povertà. Anzi, le nostre povertà. Oggi a vario titolo siamo mendici, consapevoli che le nostre umane fragilità ci conducono verso vie impervie, così lontane dalla vera Vita. Ciononostante, se nella povertà riusciamo a scorgere nella filigrana la presenza di Dio, elevando a Lui la nostra stessa vita quale preghiera, sarà comprensibile che la povertà stessa diviene paradossalmente ricchezza se vista con gli occhi della fede, con gli occhi di Dio.
A tal proposito mi sovvengono alcune parole di una profondità spirituale molto fine, appartenute al beato Giacomo Cusmano che a mio avviso meglio si imperniano nel tema proposto da GS in ordine alle angosce degli uomini di oggi e dei poveri soprattutto. Egli, così si esprimeva a proposito dei poveri «Poverelli di Gesù Cristo, voi siete gli amici di Dio, voi siete nostri protettori, e le vostre preghiere per noi sono parimenti valevoli presso Dio che quelle dei santi in cielo. Voi presso Dio siete onnipotenti, voi avete le chiavi del cielo, i vostri voti regolano i tempi e le stagioni. Voi ci risparmiate i flagelli di Dio, voi ci liberate dalla morte eterna, voi siete l'immagine di Gesù Cristo, e per questo i santi impossibilitati di visitare Gesù in sacramento, si inginocchiavano dinnanzi ai poveri infermi. Infelici coloro che non vogliono conoscervi, infelici coloro che non vogliono apprezzarvi: essi hanno la pupilla voltata all'ingiù». Queste parole tanto forti, quanto attuali pongono in essere, a mio parere, alcune riflessioni secondo le quali il cristiano ha qui una sorgente inesauribile di serenità e pace interiore; per quanto la sua coscienza sia gravata da colpe, se spunta in lui anche un breve atto di adesione alla giustizia e all'iniziativa riscattatrice del Signore, l'amicizia tra la sua creatura sviata e il suo Creatore si può ristabilire con immediatezza. Come si esprime sant' Agostino: Si volo, ecce amicus Dei iam fio (basta che lo voglia ed ecco io già sono diventato amico di Dio).
Nell'essere appartenenti alla Chiesa e, dunque a Cristo, ogni giorno anche noi viviamo un nostro inizio. D'altro canto tutta la vita cristiana non può essere sperimentata che come un costante ricominciare. Per dirigerci verso un orizzonte di salvezza che in Cristo ci è stato svelato.
Dio infatti vuole salvare tutti. Essere dunque a servizio dell'uomo, essere diaconi non solo nella liturgia assumendo carattere angelico, piuttosto aprendo le proprie ali alla storia umana, implica ancora la certezza della divina volontà salvifica, che nel dono e nel servizio assume una dimensione cosmica, un carattere universale.
Nella prima lettera a Timoteo tale principio è enunciato esplicitamente: «Vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della Verità... l'uomo Cristo Gesù ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,3 -6). Questo deve interpellarci, nel servizio del dono di noi stessi, in quanto cristiani siamo eredi di tale riscatto.
Allora non dobbiamo domandarci dov'è il Signore? Il Signore è dove siamo noi. Dove c'è il povero bisognoso che ci fa appello, dove c'è chi si attacca a noi per vivere poiché ha bisogno di noi per vivere. Ma si può ancora dire con le parole di mons. Cataldo Naro: «Dove siamo noi c'è Lui. Non c'è bisogno di andare lassù, basta pensare,come ci ha detto san Paolo, alle cose di lassù, basta ricordare il Signore per avere comunione con Lui. Il Cielo è Dio stesso. E il Cielo di Dio, siamo ora noi, è il nostro cuore» (cf. C. Naro, L'onore impagabile di lavorare nella Tua vigna, Omelie, p.113).



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