Silvano Cola


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da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
(Raccolta per autore)


Silvano Cola


L'acqua per oggi
Non solo per i monaci
Verginità: libertà
L'obbedienza radicale di Maria
Persone e società realizzate
Se ami, sei
A immagine di Dio Trinità
Compartecipazione ai beni materiali
Come Nazareth
La sfida dell'individualismo
La "civiltà" della comunità
Lo Spirito riporta al valore essenziale
Rinuncia all'autonomia
Rapporto da figli
Libertà da se stessi
Socialità divina, socialità umana
Legge della vita e della socialità
Una vita più bella!
Nel "noi" la propria realizzazione


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L'acqua per oggi

Siamo oggi nel deserto del mondo, nel deserto della morale, nel deserto del significato (...). Pare che Dio a ciascuno di noi dica come ad Aronne e Mosè: «Può forse uscire acqua da questa rupe?».
Noi siamo la rupe, quel cuore di pietra che Dio vuol trasformare in un cuore di carne. A ciascuno di noi Dio dice: Pensi che da questa rupe possa uscire acqua, cioè Gesù? E noi dobbiamo rispondere: lo sono certo che dalla rupe sgorgherà acqua. Ci vuole la fede. La fede che aveva Maria è il silenzio assoluto della creatura che non cerca spiegazioni. La fede "silenzio assoluto". Credi tu? Io credo.
Ma questo Dio ce lo chiede anche collettivamente: dal deserto di oggi dell'umanità, da questa rupe, da questo cuore di pietra dell'umanità può venir fuori l'acqua, la vita? Gesù può dissetare l'umanità? Sì, noi collettivamente, vivendo Maria, possiamo generare misticamente Cristo in mezzo all'umanità di oggi. È quest'acqua che noi dobbiamo dare all'umanità.

Congresso sacerdotale, Gen's 6 agosto 1971 (inedito)
Come il Padre…, vol. I, Uomini di Dio per il tempo d'oggi

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Non solo per i monaci

È un fatto che per troppo tempo noi cristiani abbiamo considerato i consigli evangelici come privato appannaggio della vita religiosa consacrata. Si diceva: «Belli, i consigli evangelici, ma per i religiosi; per noi cristiani - o sacerdoti diocesani - che viviamo nel mondo, ci vuole un altro stile, un'altra spiritualità».
Ora, i consigli evangelici non sono affatto una pia pratica o un'invenzione ascetica riservata a qualcuno, bensì punti di passaggio obbligatori e vitali per autenticare con la vita l'invito ad essere, come cristiani, seguaci di Gesù.
Per Gesù non è mai stata una questione teoretica questa. Diceva: «Chi vuol venire dietro a me e non lascia padre, madre, fratelli, sorelle, moglie, figli, campi...; chi non rinunzia a se stesso, alla propria vita, non può essere mio discepolo». (...) È la condizione base che pone per iniziare l'avventura della sua sequela. Se vogliamo essere veri discepoli di Gesù, non possiamo percorrere un cammino che ignori i consigli evangelici.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 73
Come il Padre…, vol. I, Donati a Dio, in ascolto di Lui

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Verginità: libertà

Ci sono due aspetti riguardanti la verginità: l'integrità del corpo e dello spirito, e la libertà che ne deriva e l'accompagna. Com'è evidente, non si tratta soltanto di valori spirituali: esse hanno una in discutibile rilevanza antropologica e psicologica.
Se si pensa all'integrità come "totale presenza a se stessi", nel senso ciceroniano, e "padronanza di sé" nel senso di libertà da condizionamenti dei sensi sia interiori che esteriori, non rimossi bensì coscienti, è facile capire che con esse si raggiunge la piena maturità della persona umana, ossia lo sviluppo nella sua totalità; con esse non si recupera soltanto la visione di Dio, ma si ha una lucidità psichica che fa vedere persone, avvenimenti e cose dall'Uno, perché l'uno si è raggiunto in se stessi e, con l'integrità dell'uno, si acquisisce uno stato di coscienza superiore grazie all'armonizzazione di tutte le facoltà.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 83
Come il Padre…, vol. I, Donati a Dio, in ascolto di Lui

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L'obbedienza radicale di Maria

All'inizio del Nuovo Testamento troviamo la figura di Maria. Il suo «fiat mihi secundum verbum tuum» non è più un fidanzamento, ma lo sposalizio di Dio con lei che personifica l'umanità obbediente alla Parola, alla volontà di Dio.
In questa obbedienza radicale di Maria la Parola non resta solo Parola ascoltata, ma diventa Verbo incarnato e generato tra noi che diventiamo così suoi fratelli.
Tutta la tradizione spirituale della Chiesa vedrà in questo avvenimento unico, del Verbo che diventa carne in Maria, il modello di ciò che succede nei singoli quando per amare Dio fanno la sua volontà: generano Cristo in se stessi.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 86
Come il Padre…, vol. II, Testimoni prima che maestri

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Persone e società realizzate

Le prime comunità cristiane hanno percepito perfettamente il messaggio di Gesù, e l'hanno vissuto socialmente, così da diventare un cuore solo e un'anima sola. Il mistero insomma di Dio-Trinità lo hanno tradotto in vita non limitatamente alla vita dello spirito, bensì anche nei rapporti sociali: la comunione dei beni, ad esempio, è la verifica effettiva di quanto essi credono e proclamano. Per essi aderire alla fede e non agire secondo il modello proposto dalla fede è menzogna che porta alla morte: non solo spirituale, bensì pure psicologica e ecclesiale. (...)
Lavorare, soffrire e persino morire per questo obiettivo non soltanto coincide col farsi partecipi del piano di Dio sulla singola persona e sull'umanità intera col raggiungimento della salvezza nell'aldilà, ma significa trovare anche umanamente l'espressione massima delle proprie potenzialità (...) che fa sperimentare in qualche modo di vivere la stessa avventura di Gesù, l'uomo-Dio.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 104
Come il Padre…, vol. II, Testimoni prima che maestri

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Se ami, sei

Questo mi pare importante: avvicinarsi al sacerdozio sperando di essere capaci di morire per tutti, di morire a se stessi per tutti. Spegnere ogni fiamma di sapere e soltanto essere amore. Dio è Amore. Se ami, sei. Se non ami, non sei.
Bisogna considerare l'altro, qualunque persona, come insostituibile, come unico al mondo. (...)
Quante volte abbiamo letto in san Paolo che anche se ho la profezia e dono tutto quello che ho, ma non ho la carità, sono niente. Tutto il Vangelo è lì. «Qualunque cosa hai fatto al più piccolo, l'hai fatta a me». Qualunque cosa faccio al più grande disgraziato che c'è al mondo lo faccio a Gesù.
Questa è la capacità di rendere luminosa la notte. (...) Se si è convinti di questo, è la scoperta. Si capisce che finalmente il mondo potrebbe andar bene.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, pp. 53-54
Come il Padre…, vol. II, Servi per amore

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A immagine di Dio Trinità

La Chiesa è comunione, e la salvezza è vivere in comunione. (...)
La stessa cultura moderna sta mettendo in evidenza che la creatura umana può trovare la propria verità e affermare la propria singolarità unicamente nella comunione.
Comunione e non divisione, singolarità e non confusione rispecchiano appunto l'essere creato a immagine e somiglianza di quel Dio che la fede ci presenta trinitario. (...)
Che questa comunione dei cristiani nella Chiesa debba essere visibile è una precisa indicazione di Gesù: «affinché il mondo creda»; e non è che espressione sociale del mistero trinitario, che a sua volta è ciò che caratterizza il cristianesimo rispetto alle altre religioni.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, pp. 39-40.42
Come il Padre…, vol. II, Fratelli tra i fratelli

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Compartecipazione ai beni materiali

La stessa certezza della radicalità della presenza di Dio nell'altro che favorisce la comunione (interscambio) tra persona e persona, postula pure la compartecipazione ai beni materiali.
La comunione dei beni - il fenomeno forse socialmente più nuovo e significativo della prima comunità cristiana - non può considerarsi un optional (...), è la prova effettiva (...) della personale risposta all'amore di Dio e quindi dell'amore al prossimo.
Anche questo è un modo di perdere per essere: ci si stacca dagli idoli per entrare nella comunione. Nel momento in cui un prossimo ha bisogno, se io ho e non do, sono - direbbero i Padri della Chiesa - un omicida; dare a chi non ha vuol dire restituire a Dio quel che è suo.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 66
Come il Padre…, vol. II, Fratelli tra i fratelli

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Come Nazareth

Essere una cosa sola significa fare famiglia tra noi, quel tipo di famiglia di cui è modello in terra la famiglia di Nazareth, una convivenza di vergini, soprannaturale sì, ma anche la più umana che si possa immaginare perché ha come unico vincolo quella carità umano-divina che sazia e supera le esigenze di qualunque affetto umano. (...) E se siamo famiglia si risolverà anche il problema dei sacerdoti anziani, perché è assurdo e contrario al comandamento di Gesù permettere che un parroco, perché vecchio o malato, debba vivere abbandonato alla sua solitudine o nell'anonimato. (...)
Questa famiglia è bella e attraente, perché in essa risplende l'armonia dell'uno; è casa aperta a confratelli e seminaristi, centro di comunione, perché dove vive Gesù non si sente lo stacco fra generazioni: Gesù è il sempre attuale, il sempre moderno; è il Logos di Dio, il teologo, è la Sapienza continuamente generata sulla terra da chi rivive Maria.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 24
Come il Padre…, vol. II, Fratelli tra i fratelli

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La sfida dell'individualismo

La vita comune impegna tutta quanta la persona e per questo si distingue da un qualsiasi gruppo psicologico (tipo club sportivo, associazione civile o religiosa, sindacati ecc.), il quale è costituito da individui che si associano in vista di finalità particolari e che perciò interagiscono limitatamente agli interessi comuni da perseguire (...) così che per tutto il resto (ideologie, affettività, religiosità) ognuno rimane chiuso in se stesso, geloso della propria privacy.
Lo stare insieme fra sacerdoti può correre appunto questo rischio: (...) che invece di formare una comunità dove la legge della comunione tra persone ha il primo posto, vivano come un gruppo di individui che stanno insieme accidentalmente in vista dell'identico scopo da raggiungere, e senza perciò interagire, senza confrontarsi sugli altri aspetti della propria vita, e quindi iperatrofizzando il proprio io interiore reso inaccessibile agli altri. È individualismo, mascherato dal fatto di vivere insieme, giustapposti ma non comunicanti.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, pp. 65
Come il Padre…, vol. III, Testimoni di Gesù vivo

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La "civiltà" della comunità

Dagli Atti degli Apostoli si può vedere come tutte le comunità cristiane, che nascono e si moltiplicano seguendo le leggi di un organismo vivente, mantengono la stessa linea di vita: la pratica del comandamento di Gesù è la ragion d'essere della stessa comunità, è l'aspetto nuovissimo e originale che differenzia questa nuova comunità dalle altre.
Si potrebbe ricapitolare tutta l'azione pastorale degli Apostoli nel far vivere a tutti il nuovo comandamento, sintesi della Legge e dei Profeti: «Questo è il comandamento - scrive Giovanni - che noi abbiamo ricevuto da Cristo: chi ama Iddio ami anche il proprio fratello» (1Gv 4,21).
Essi, gli Apostoli, questa comunione l'hanno sperimentata con Gesù e per primi hanno avuto coscienza del Regno di Dio fra loro. Loro compito sarà quello di far entrare, di far partecipi gli altri di questa comunione appunto perché è la "civiltà" originaria che Dio ha voluto comunicarci.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 57
Come il Padre…, vol. III, Testimoni di Gesù vivo

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Lo Spirito riporta al valore essenziale

Viviamo in un'epoca nella quale lo Spirito da più parti sembra infrangere determinati schemi, come i chiusi classismi spirituali, piccoli mondi quasi non comunicanti nel mondo storico-sociale dell'esistenza; nella quale, in una società cresciuta, si può dire, nella distinzione di organismi alla ricerca della propria individualità e con finalità particolaristiche, lo Spirito cerca di riportare la creatura umana al valore essenziale al quale Dio attraverso Gesù ha dato una priorità assoluta: il rapporto di amore-comunione tra persona e persona, tra famiglie religiose, tra religiosi e clero diocesano, tra lo "stato di perfezione" e quello che Igino Giordani ha chiamato il "proletariato dello spirito". (...)
Dio è comunione trinitaria, e riguardo agli uomini da lui creati non ha altro fine primario che di costituirli in una comunione simile alla sua.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 56
Come il Padre…, vol. III, Testimoni di Gesù vivo

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Rinuncia all'autonomia

Nel Vangelo di Giovanni si trovano molto spesso queste parole di Gesù: «Quello che io vi dico non viene da me ma dal Padre..., le opere che io faccio non sono mie ma del Padre... ». Gesù sembra rinunciare ad ogni autonomia nei confronti del Padre; perde ogni autonomia, ma è Gesù, quella persona umano-divina, incarnata nella storia, apparentemente condizionata dalla cultura e dalle strutture del tempo, ma in realtà totalmente libera, tanto da essere capace di offrire la propria vita e morire "per" l'umanità.
E nessuno ha amore più grande, cioè nessuno è così vicino alla perfezione di Dio, come chi dà la vita per gli altri. Ora, il dar la vita implica il distacco da se stessi e dalle persone, rinunciare ai propri beni e alle proprie idee, alla propria cultura, alla propria formazione spirituale, alle proprie iniziative. Cioè vivere i consigli evangelici. (...)
Cos'è allora l'obbedienza se non povertà: non essere, e non avere? Che cos'è l'obbedienza se non castità, cioè l'essere semplici, privi di attaccamenti a se stessi e agli altri e alle cose?

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 75
Come il Padre…, vol. III, Icone dell'unitrinità

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Rapporto da figli

L'obbedienza all'interno della Chiesa e delle comunità ecclesiali acquista la dimensione di servizio all'edificazione dell'unico corpo. Obbedire al vescovo è obbedire a chi è strumento di Dio per la salvezza, è obbedire a Dio stesso. Sant'Ignazio di Antiochia scrive: «So che i vostri santi presbiteri non hanno abusato dell'aspetto giovanile del vostro vescovo, ma come persone che hanno il senso di Dio, si sottomettono a lui, anzi, non a lui ma al Padre di Gesù Cristo che è il vescovo universale» (Ad Magn. 3,1).
E san Girolamo: «Sta' sottomesso al vescovo e consideralo come il padre della tua anima. I figli amano; sono i servi ad avere timore» (Lett. 52,7).

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 87
Come il Padre…, vol. III, Icone dell'unitrinità

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Libertà da se stessi

L'obbedienza è povertà di se stessi. Si dice che è la cosa più difficile, perché è ancora facile rinunciare a qualcosa o a qualcuno che sono sempre "fuori" di me, ma rinunciare a se stessi sembra arduo.
Forse è perché non abbiamo capito quanto sia necessaria e costruttiva questa rinuncia: perché i condizionamenti più forti alla nostra libertà ci vengono proprio dall'attaccamento a noi stessi. Perché siamo portati, in quanto creature, ad affermare noi stessi nei confronti degli altri, mentre la legge della vita è proprio negarsi per affermare l'altro. (...)
Cos' è in definitiva l'obbedienza? È totale carità. Quando sei totalmente amore, (...) non fai più la tua volontà, ma quella dell'altro, non scegli più la tua iniziativa personale ma cerchi di promuovere l'iniziativa dell'altro. E se per caso l'altro prossimo che ti sta accanto o che vive con te fa la stessa cosa nei tuoi confronti, in questo scambio di amore c'è l'Amore.
Allora non è più la tua iniziativa o l'iniziativa dell'altro, la tua volontà o la volontà dell'altro che vengono in evidenza, ma la volontà di Dio.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, pp. 74-75
Come il Padre…, vol. III, Icone dell'unitrinità

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Socialità divina, socialità umana

Io sono massimamente persona nel momento in cui liberamente e coscientemente affermo l'altro anche a costo della vita; dinamismo che Gesù esprime con queste parole: «Nessuno ha amore più grande di colui che dà la vita» per gli altri. In altri termini: nessuno è così io, così persona, come colui che per salvare la trascendenza dell'altro trascende se stesso negandosi.
Questa, che è la legge della socialità divina come ci è stata rivelata e vissuta da Gesù, è - è non potrebbe non esserlo - la stessa legge della socialità umana e di ogni forma di vita. Gesù stesso ci ha aiutato a capirla: il chicco di grano non è se stesso se non diventando spiga, ma diventa spiga solo passando per una specie di morte; dice ancora: «Chi pensa soltanto a salvare la propria vita, la perderà, chi è pronto a sacrificarla... la salva».

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 63
Come il Padre…, vol. III, Sacerdoti e… vittime

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Legge della vita e della socialità

Ho capito Gesù crocifisso ed abbandonato come "senso fondamentale della vita", perché lui proprio in quel momento ci ha svelato completamente la verità del suo rapporto col Padre e pertanto la legge stessa della vita e della socialità che impone di "dare la vita" per essere (...).
Bisogna essere come lui che, pur essendo Dio, si è messo a lavare i piedi agli apostoli; che pur parlando con autorità, non ha accettato nessuna forma di potere né sociale né spirituale; che non ha preteso diritti se non quello di mediatore che gli spettava di natura: come figlio obbedire fino alla morte al Padre e morire per gli uomini come loro fratello.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, pp. 20-21
Come il Padre…, vol. IV, Con Gesù crocifisso e risorto

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Una vita più bella!

Non è proprio questa la testimonianza che dobbiamo dare, vivendo da risorti come individui, vivendo secondo la dinamica sociale trinitaria come Chiesa (un pezzo d'umanità redenta e risorta), affinché gli altri miliardi di persone che non hanno conosciuto la luce della Rivelazione possano dire: «Certo, la vita dei cristiani è più bella, più soddisfacente, più gratificante, più creativa della nostra»?
O dobbiamo considerare sognatori Luca negli Atti e l'Autore della Lettera a Diogneto quando scrive che la vita dei cristiani, pur svolgendosi sulla terra, «svela le leggi straordinarie e veramente paradossali della loro repubblica spirituale»?

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 115
Come il Padre…, vol. IV, Per una nuova umanità

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Nel "noi" la propria realizzazione

Nel "vivere per", nell' "interrogarsi con" fino ad arrivare alla comunione, ossia alla reciprocità di amore, c'è tutta l'ascetica cristiana che è la più alta forma di personalizzazione, perché vuol dire vivere la vita a immagine della Trinità; vuol dire essere un solo corpo (quello di Cristo) animato da un'anima sola (la charitas infusaci dallo Spirito); vuoI dunque dire essere Chiesa. Ma vuol anche dire realizzare se stessi, poiché si è veramente se stessi quando si può dire "Noi".
Questa è la filosofia cristiana di cui parlavano san Giustino, san Clemente d'Alessandria e che Gregorio di Nazianzo ha definito «filosofia vissuta» (Oratio VI). Non bastano gli studi teologici, filosofici, storici, esegetici, morali... per formare la persona. Non basta un'ascetica individuale - se pure fatta di preghiera e sacrifici - per formare integralmente una persona. L'uomo nuovo è colui che passa dalla morte alla vita perché, inserito come membro in Cristo, ama vivendo per le altre membra dello stesso Cristo.

Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 67
Come il Padre…, vol. IV, Missione senza confini



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