Pasquale Foresi

torna all'indice


da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
(Raccolta per autore)


Pasquale Foresi


Lo sguardo d'amore di Dio
Nulla è mai perduto
La propria casa dovunque
Antidoto al clericalismo
Per la famiglia universale


_______________





Lo sguardo d'amore di Dio

La vocazione è una chiamata di Dio, è uno sguardo d'amore di Dio che ha inizio, per noi, in un dato momento della vita, quando ce ne accorgiamo, ma che egli ha sempre avuto, prima ancora che nascessimo; anzi ci ha fatto nascere proprio per questo, per la vocazione, per il disegno che dobbiamo realizzare sulla terra. (...)
Chi sente la vocazione [a seguire Gesù], sente spesso timore, paura, certe volte anche il dubbio e il terrore: ma, quando la scopre, sente anche qualcosa di gioioso.
Il momento più bello, poi, non è quando l'anima scopre la chiamata di Dio, ma quando dice il suo sì, quando attua la chiamata di Dio, quando la sua volontà aderisce a quella di Dio.

Dio ci chiama, Città Nuova, Roma 2003, pp. 65.70
Come il Padre…, vol. I, Amati e chiamati

torna su



Nulla è mai perduto

Non sempre potremo essere all'altezza della chiamata di Dio; in certi momenti si potrà non riuscire a seguire l'amore di Dio in tutta pienezza. Ma ciò non vuol dire che la vocazione sia andata perduta. Pietro rimane l'esempio vivo di quanto diciamo.
Non c'è miseria, non c'è debolezza umana che non consenta il pentimento, il guardare Gesù che passa - come fece Pietro - domandandogli perdono.
La grazia totale della vocazione piena è di nuovo infusa nell'anima e si ritorna discepoli di Cristo.

Problematica d'oggi nella Chiesa, Città Nuova, Roma 1970, p. 100
Come il Padre…, vol. I, Amati e chiamati

torna su



La propria casa dovunque

Chi segue Gesù, non lo segue per andare a vivere in un'abitazione (in una canonica per esempio), o al riparo di un recinto: chi segue Gesù segue Dio - e non ha, allora, un posto se non Dio stesso.
Se questo fatto, da un lato, lo si può vedere negativamente, come rinuncia a tutto, dall' altro lo si può vedere anche e soprattutto positivamente; tutti i luoghi del mondo, tutte le case del mondo, diventano nostri perché il Figlio dell'uomo è il padrone dell'universo e la sua casa non può essere una piccola casa di una piccola città. Chi segue Gesù trova la sua casa dovunque, trova la sua città dovunque, e così dovunque trova la sua famiglia e la sua patria.
Questo è un aspetto grandioso della vocazione: noi non seguiamo Gesù per un luogo determinato, per un'abitazione particolare, seguiamo Gesù per essere con lui figli suoi e fratelli suoi in tutto l'universo.

Problematica d'oggi nella Chiesa, Città Nuova, Roma 1970, pp. 94-95
Come il Padre…, vol. I, Donati a Dio, in ascolto di Lui

torna su



Antidoto al clericalismo

Il clericalismo è quella deformazione - chiaramente combattuta da Gesù - a cui sono esposti tutti i "professionisti" della religione, e si manifesta nel sentirsi superiori o nel predicare per gli altri senza vivere a fondo essi stessi o nella ricerca di privilegi e riconoscimenti, ecc. Sono tutte espressioni della debolezza umana, che si trovano in ogni ambito sociale e quindi è purtroppo inevitabile che si diano anche in quello religioso.
Noi non dobbiamo preoccuparci di essere né anti clericali né antilaicisti, ma sforzarci di rivivere in noi la vita di Gesù, per tendere sempre più a quello che dice san Paolo: «Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). Qui si trova il migliore antidoto contro il clericalismo.

Colloqui. Risposte sulla spiritualità dell'unità, Città Nuova, Roma 2009, p. 73
Come il Padre…, vol. II, Testimoni prima che maestri

torna su



Per la famiglia universale

La chiamata di Gesù implica qui, chiaramente, il distacco dalla famiglia naturale come condizione per entrare a far parte di una nuova famiglia, soprannaturale. Gesù non dice che non si debba amare il padre e la madre, di non onorarli - non uno jota o un apice della Legge devono cadere -; è che la vocazione implica il distacco totale dalla famiglia per andare ad annunciare il regno di Dio.
È qui, mi sembra, che troviamo implicito il legame profondo tra la chiamata sacerdotale e il celibato, perché il distacco dalla famiglia particolare è implicito nella vocazione a seguire Gesù per il bene della famiglia universale.
Visto così, il celibato non è una rinuncia; possiamo vederlo negativamente solo se non mettiamo chiaramente in evidenza che colui che è chiamato è destinato a diventare in Gesù "padre di tutti i credenti", a generarli fratelli di tutta la famiglia umana.

Problematica d'oggi nella Chiesa, Città Nuova, Roma 1970, pp. 95-96
Come il Padre…, vol. II, Fratelli tra i fratelli


----------
torna su
torna all'indice
home