Gruppi di lavoro



Il diaconato in Italia n° 182/183
(settembre/dicembre 2013)

Atti del XXIV Convegno Nazionale
Napoli 21-24 Agosto 2014



Gruppi di lavoro
di Gavino Mu


1° Gruppo (Coordinatore: Luigi Vidoni)

Esperienze condivise
Nel primo incontro abbiamo privilegiato il momento della conoscenza reciproca, così da permettere a tutti di proporre le proprie esperienze e comunicare la personale valutazione sul significato del servizio diaconale e quindi la risposta data da ciascuno. Lo spazio dato a queste risonanze ci ha permesso di fare un'esperienza di gruppo. Fino a qui la prima parte. Poiché però il tempo era abbastanza limitato, ci siamo dati la consegna per il secondo incontro (avendo come riferimento la traccia di lavoro assegnataci) di esprimere, con molta libertà, quale significato abbia per me la Parola, quale reazione, vivendola, provoca negli altri e che frutto pastorale, come pista pastorale concreta nella comunità, potrebbe dare.
Il compito dato è stato assolto con molto impegno e serietà (alla ripresa dei lavori alcuni sono arrivati con appunti presi nel tempo concesso). Mi pare che dalle testimonianze sia emerso l'amore personale di ciascuno per la Scrittura, come dimostra l'abitudine dichiarata da tutti di iniziare la giornata con la meditazione. Questo era un denominatore comune di ciascuno: fondare sulla Parola quello che trasmetto agli altri, attualizzando con la vita la lettura della Parola. Uno del gruppo ha poi presentato un'esperienza molto bella, concreta. L'abitudine di riferirsi a Gesù in maniera molto personale, interrogandosi sempre su che cosa Gesù vuoi dire proprio a me. Ed ha spiegato con molta semplicità questa regola di vita per vivere questa Parola.
Ho trascritto uno slogan, che a me è piaciuto: "Dire sempre sì, subito, con gioia". Questa è una perla che io mi porto via. Quindi la diaconia dell'ascolto che non è efficace tanto per quello che noi diciamo ma per quello che, nel nostro ascolto, lo Spirito dice all'altro, indipendentemente da noi. È certamente un'esperienza che fanno molti di noi e che uno del gruppo ha sottolineato come una cosa molto importante. Infine, alcuni di noi hanno parlato della necessità di approfondire la ricerca sul ruolo del diacono, che non può essere solo di supplenza (anche se le esperienze che noi facciamo sono molto spesso di supplenza).
La mia esperienza dice però che questo non è latitanza nel ministero, ma uno stato di precarietà che in concreto è la nostra forza. In questa nostra impotenza, rimanendo noi stessi senza scimmiottare i presbiteri o i laici, possiamo essere segno sia per gli stessi presbiteri e sia per la comunità. L'esperienza quotidiana insegna che la gente sa fare la differenza, sa cogliere il senso, perché è lo Spirito che porta avanti le cose.

2° Gruppo (Coordinatore: Vincenzo Alampi)

Dal Vangelo alla vita, dalla vita al Vangelo
Il secondo gruppo, composto da rappresentanti delle tre grandi zone del Nord, Centro e Sud, dopo aver sottolineato l'esigenza di prevedere per i gruppi di lavoro la disponibilità di tempi più adeguati per consentire a tutti di poter offrire il proprio contributo, si è fermato sul tema conduttore del convegno, sottolineando l'importanza del ministero della Parola e dell'ascolto, sia come alimento costante della nostra vita spirituale sia come metodo di evangelizzazione.
Si è sottolineato che non dobbiamo dimenticare mai il mandato dell'ordinazione: «Ricevi il Vangelo di Cristo, del quale sei diventato l'annunziatore, credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che credi, vivi ciò che insegni», declinando con ciò il passaggio dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo. Da questo i componenti del gruppo, dopo aver parlato della gioia della grazia del ministero diaconale che vivono nella loro vita familiare, lavorativa e sociale, ma soprattutto spirituale, si sono trovati d'accordo nell'affermare che l'esperienza di questi primi quarant'anni di ministero devono essere di stimolo per proiettarli come co-protagonisti di una Chiesa missionaria attenta al segno dei tempi, impegnata - come dice papa Francesco - in contesti pastorali che si aprono con coraggio alle sollecitazioni dello Spirito, a partire dalle periferie del mondo.

3° Gruppo (Coordinatore: Francesco Giglio)

Emerge una necessità di confronto
Il gruppo ha vissuto due momenti forti. Il primo giorno si è soffermato sul senso dell'ascolto e il secondo sul tema della preghiera. Il tema dell'ascolto lo abbiamo affrontato in un clima gioioso, non essendoci stato nessuno, per la prima volta dopo tanto tempo, che si sia pianto addosso. Abbiamo parlato esclusivamente di come mettiamo in pratica il nostro essere diaconi: nell'ascolto e alla luce della Parola di Dio. Ieri, invece, ci siamo soffermati sul tema della preghiera, che è l'arma fondamentale e indispensabile per farci progredire nel nostro cammino. È emersa una necessità: i gruppi di studio dovrebbero essere più lunghi, in modo da avere la possibilità di scambiarsi le proprie esperienze, che sono fondamentali perché ognuno di noi è - secondo me - una scintilla di santità. Se infatti non ci ascoltiamo tra di noi, chi dobbiamo ascoltare?
È stato veramente un incontro gioioso, formativo e fraterno. Il gruppo era composto da 7 diaconi e 2 accoliti, in rappresentanza della Sardegna, della Campania, della Calabria, del Lazio, dell'Emilia Romagna e della Toscana. Alcuni di essi provenivano da esperienze spirituali diverse: Cammino Neocatecumenale, Movimento dei Focolari, Associazione Papa Giovanni XXIII, Pia Società San Gaetano. Oltre all'impegno nelle proprie parrocchie portato avanti da tutti i partecipanti, sono state presentate diverse testimonianze di diaconi che operavano nel territorio, per annunciare la Parola nelle situazioni di precarietà esistenziale, anticipando l'invito che oggi rivolge alla Chiesa papa Francesco di andare verso le periferie. Così uno dei presenti ha raccontato, con soddisfazione, i risultati ottenuti dalla sua attività in un ghetto di Napoli fra drogati, prostitute, immigrati e camorristi. Un altro ha parlato della pastorale occasionale e del suo impegno fra i detenuti, che lo ha portato a visitare tutte le carceri del Veneto. Un altro ancora ha raccontato di gestire insieme alla moglie una casa famiglia, accompagnando ragazzi dimessi dal carcere ed insegnando loro un mestiere per facilitarne l'inserimento nel mondo del lavoro. Tutti i partecipanti hanno detto di avere un ottimo rapporto col proprio parroco, che si avvale volentieri della loro collaborazione nel ministero.
I lavori si sono conclusi con un invito ad essere diaconi coraggiosi e intraprendenti perché la Parola possa essere annunciata anche alle persone che vivono ai margini della società, dove pure è avvertito il bisogno esistenziale di un annuncio di salvezza.

4° Gruppo (Coordinatore: Vito Chimenti)

La Parola è annunciata da una presenza
Abbiamo riflettuto e discusso un poco su quanto è stato detto da don G. Bellia e dalla prof. R. Virgili sulla diaconia della Parola e sulla presenza della Parola, come esperienza dell'essere diaconi all'interno della Chiesa e, in modo particolare, "fuori". Io ho raccontato la mia esperienza, di quando sono stato ordinato diacono. Il vescovo ha detto, non a me, ma alla mia famiglia: "Tu vai là". E io ho risposto: "Si io vado là. Ma che faccio?". "Niente", ha risposto, "devi stare là. È la presenza di una Parola che viene annunziata senza parlare".
La sola presenza in molti ambiti del nostro vivere quotidiano fa annunciare e testimoniare la Parola. Poi è stato anche ricordato che questa esperienza può diventare molto interessante non nella parrocchia ma fuori, nella strada, in famiglia, nei posti di lavoro. Alcuni del nostro gruppo svolgevano un'attività lavorativa, insegnavano (quindi una presenza nella scuola), erano occupati in uffici. Una presenza discreta. Si è parlato anche di trasparenza, cioè del nostro modo di vivere che manifesta il nostro stato di diaconi. Non ci presentiamo come diaconi, ma come persone che vivono insieme agli altri nel posto di lavoro senza alcuna etichetta. Però ad un certo punto si accorgono che in noi c'è qualcosa di diverso e scoprono che siamo diaconi. Questa è un'esperienza molto, molto importante.
Nel secondo incontro, sollecitati dal contenuto delle relazioni della prof. C. Militello e della prof. G. Martirani, abbiamo incominciato a chiederei: "Ma che differenza c'è nel nostro lavoro tra quello che può fare un laico e il compito del diacono?". Certo, fa differenza l'ordinazione con l'imposizione delle mani da parte del vescovo. Ma la prima cosa è il cambiamento che interviene, perché con l'ordinazione dentro di noi è cambiato qualcosa. E questo qualcosa che è cambiato, quella Parola che è entrata in noi, ci rende più maturi. Abbiamo una certa maturità di fede che ci fa stare in mezzo agli altri in maniera diversa. Il nostro impegno è totale e gratuito. Siamo impotenti, però. Si parlava ieri di un diaconato che non ha potere, che serve, obbedisce. Andiamo dove il vescovo dice di andare. È venuto fuori anche l'interrogativo sul "fare" del diacono, su che cosa siamo chiamati a fare. Ci siamo resi conto, confrontando le varie esperienze, che facciamo anche troppo, ma in ambiti troppo ristretti. Alcuni lavorano nella parrocchia, altri in ambito diocesano, ma sempre "dentro" la chiesa (che può essere l'edificio ma anche un ufficio diocesano). Siamo troppo dentro. Dobbiamo cercare di uscire e gridiamo a gran voce: "Mandateci in periferia", come ci ricorda papa Francesco. Non è forse là il posto dei diaconi? Oltre la porta della chiesa, fuori della porta, verso il mondo? Si è parlato quindi anche di ambiti dell'impegno diocesano. Oltre il servizio della Parola e alla mensa eucaristica che svolgiamo nelle nostre parrocchie, c'è l'ambito del servizio della carità. Quanto impegno dei diaconi è orientato "fuori"? Troppo poco, secondo noi.
Quanti diaconi bloccati in parrocchia potrebbero invece svolgere più proficuamente il loro ministero operando nel territorio! È un invito che facciamo anche ai nostri vescovi: valutate le nostre professionalità per una migliore valorizzazione del nostro impegno nell'ambito dell'attività pastorale e missionaria di tutta la Chiesa. E abbiamo concluso dicendo che occorre essere più profeti che operai parrocchiali.

5° Gruppo (Coordinatore: Andrea Spinelli)

L'esigenza di continuare la formazione
Tutti sono intervenuti per dare con sincerità la loro testimonianza. Innanzi tutto, a livello personale, si è affermato che l'esigenza di continuare la formazione circa la Parola è sicuramente una priorità, anche perché dovrebbe essere l'impegno di ogni cristiano, non l'obbligo o il dovere nel senso di un peso a cui sottoporsi. L'impegno personale non deve però essere sentito come una esigenza solo per arricchirsi di sapere a livello singolo, ma soprattutto per il ministero, un esigenza "ecclesiale" indispensabile per la comunità, in quanto ministri della Parola. Scendendo al concreto ecco la situazione: l'attenzione alla Parola nelle varie realtà diocesane (erano presenti nel gruppo diaconi di 10 diocesi dal nord al sud più il diacono di Barcellona e un diacono della Pia Società San Gaetano) è inserita nel programma più ampio della formazione permanente generale, di solito un incontro al mese o con maggior frequenza nei tempi forti.
Per amore di verità in qualche caso non esiste tale proposta ben strutturata e programmata, vuoi per il numero esiguo di diaconi, vuoi per difficoltà di vario genere o, senza offesa di nessuno, per un disimpegno di non facile comprensione, se si vuole andare a fondo. Una situazione riscontrata pressoché dovunque è l'assenza di un certo numero di diaconi alle proposte di formazione permanente, in pratica non vanno mai o quasi agli incontri e ciò per vari motivi addotti, non ultimo quello degli impegni del ministero.
Il programma è dato per tempo e ognuno può, se vuole, organizzarsi bene, dando la priorità agli incontri, anche per coltivare la fraternità diaconale e con i presbiteri. Questo succede anche per i convegni regionali e nazionali, compreso quello che stiamo vivendo, pure per altre iniziative opportune e arricchenti. Per la formazione permanente riguardo la Parola sembrano essere "favoriti" coloro che vengono da realtà quali movimenti e associazioni e coloro che, avendo occasioni frequenti di presiedere la liturgia della Parola (dove non c'è più il presbitero) si sentono spronati ad una maggior conoscenza e ad un approfondimento serio e costante. Anche il luogo di lavoro è stimolo per conoscere la Parola, anche se non è sempre facile testimoniarla e andare incontro ai colleghi, ciascuno con a propria storia e recettività. In conclusione il livello personale e il livello comunitario sono complementari e si aiutano reciprocamente, come due facce della stessa medaglia.

(C. Mu è diacono di Cagliari, coordinatore dei lavori di gruppo dei diaconi)


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