XVIII Domenica del Tempo ordinario (A)



ANNO A - 3 agosto 2014
XVIII Domenica del Tempo ordinario

Is 55,1-3
Rm 8,35.37-39
Mt 14,13-21

SPEZZARE IL PANE
NELLA FRATERNITÀ

L'episodio della moltiplicazione dei pani, testimoniato da tutti gli evangelisti, è quanto mai accattivante fin dal suo esordio narrativo, in quanto sottolinea la compassione di Gesù, che genera il suo comportamento. Compassione espressa dal solito verbo greco, che indica il "subbuglio viscerale", tanto in male (quando si adira), quanto in bene, come in questo caso.
Tale passione contrasta apertamente con l'indifferenza dei discepoli, che, posti di fronte alla realtà di una folla affamata, e per di più in ore serali, scaricano immediatamente il problema: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». In questo contesto si pone, quindi, il gesto "miracoloso" di Gesù, che mira a caricarsi di un'esigenza umana e mondiale tuttora aperta, nonostante le infinite vaghe promesse, finora lanciate da singoli Stati e da organizzazioni internazionali ad alto livello. Non sarebbe male provocare la riflessione odierna dell'assemblea, evidenziando questa contraddizione palese tra il venire all'eucaristia sentendo compassione e il venirci per una pura osservanza legale o di routine.

La figura di Gesù è centrale nell' episodio, sia perché orienta l'attenzione dei discepoli verso simile urgenza, sia perché la sua azione viene ben scandita, tanto a livello di riflessione, quanto di imperativi («Non occorre che vadano; portatemeli qui...»). Tale centralità è evidenziata pure dalla serie di verbi, che si raccordano con quelli tipicamente eucaristici: «Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli». Secondo l'opinione comune si tratta di una lettura simbolica dell'episodio, posto in relazione con l'ultima cena, allorché si esprimerà apertamente il dono totale di Gesù ai suoi.
I verbi citati, pertanto, assumono già un ruolo primario e un tono decisamente liturgico. Ciò non può distoglierci dal pensare alla stretta connessione tra l'azione rituale, l'eucaristia appunto, e l'impegno sociale - se così ci si può esprimere -, in quanto l'una sfocia nell'altro, cioè la moltiplicazione dei pani, motivandola profondamente. E questa, a sua volta, orienta al rendimento di grazie come alla sua giustificazione più profonda. Non per nulla l'evangelista ha fatto scomparire i due pesci dalla scena centrale, in cui descrive il gesto rituale di Gesù. Simile particolare favorisce l'accostamento dell'episodio del pane, distribuito alla folla nel deserto, con quello del pane eucaristico dato ai discepoli alla vigilia della morte.
Inoltre il contesto, evidenziato dai verbi, conferisce all'episodio un significato nuovo, in rapporto alla missione stessa di Gesù, il profeta perseguitato, che sfama il popolo. In questo egli si colloca nella tradizione antica, allorché il profeta Eliseo con venti pani d'orzo aveva sfamato cento persone (cf 2Re 4,42-43). Qui i numeri si sono ingigantiti, evidenziando la superiorità di Cristo-profeta, che non solo sfama le folle, ma addirittura ne fa avanzare, a indicare che sono giunti i tempi messianici, pure salutati e cantati da Isaia nel brano profetico, che compare come prima lettura.

La figura di Cristo non va disgiunta da quella della Chiesa: la segnalazione dei cesti di pane avanzati, dodici, è da mettere in relazione con i discepoli di Gesù, che costituiscono il nucleo del nuovo popolo, convocato attorno al Maestro, per spezzare il pane in fraternità. Perciò l'utilizzazione catechistica di questo episodio ha fatto emergere le sue molteplici risonanze grazie al confronto con la tradizione biblica e con l'esperienza delle prime comunità, che si ritrovano a spezzare il pane nel nome di Gesù.
Non solo. Ma questa fedeltà al banchetto si riallaccia e convalida l'altro gesto che Gesù compie, quasi come impegno d'ora in poi irrinunciabile: «Spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla». Non si tratta solo di un passaggio tecnico, ma di una missione ormai consolidata. Tutti coloro che si identificano con Cristo e condividono la sua esperienza eucaristica devono diventare pane spezzato per l'umanità, così da condividerne la fame nell'impegno della condivisione dei beni, come ha fatto Cristo, a cominciare dalla sua "compassione" verso la folla.
Si può, al riguardo, richiamare l'interrogativo di Paolo: «Chi ci separerà dall'amore di Cristo?». Per concludere: «Nulla potrà mai separarci». Ogni nostra celebrazione e ogni attività pastorale andrebbero sempre verificate alla luce di questo criterio.

In questo contesto si può comprendere un'altra annotazione dell'episodio in Matteo: il raffronto tra l'invito rivolto a Cristo dai discepoli, perché congedi le folle, in modo che vadano per tempo a comprarsi da mangiare e l'azione di Cristo, espressa dall'ordine: «Voi stessi date (donate) loro da mangiare». Si tratta di un'opera totalmente gratuita, alla quale i dodici sono invitati. La nuova condizione posta da Gesù è avallata sia dallo sdraiarsi per terra delle folle, come facevano gli uomini liberi per consumare il pasto pasquale; sia dall'azione di grazie, che il Cristo rivolge al Padre per il pane, ora svincolato dai suoi possessori e divenuto puro dono, espressione della generosità divina, che prolunga la creazione.
La Parola di oggi ci obbliga a ripensare l'esperienza eucaristica delle nostre comunità, per situarla in questo contesto originario di gratuità e di totale condivisione, di cui la moltiplicazione dei pani è annuncio e garanzia.

VITA PASTORALE N. 6/2014
(commento di Gianni Cavagnoli, docente di teologia liturgica)
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