Commemorazione dei fedeli defunti – (XXXI dom. T.O., A)

ANNO A – 2 novembre 2014
Commemorazione dei fedeli defunti – (XXXI dom. T.O.)

Gb 19,1-23-27a
Rm 5,5-11
Gv 6,37-40
RINSALDARE
LA COMUNIONE

Mai come quest'anno la sequenza Santi-morti, offerta dal calendario all'inizio di novembre, esprime in pienezza il suo significato. Per pura casualità le due ricorrenze cadono in giorno festivo, l'una di norma, quella per i Santi; l'altra assegnata dalla coincidenza con la domenica. In questa prevale appunto la Commemorazione dei fedeli defunti, e quindi tutte le celebrazioni eucaristiche si atterranno a tale modalità contenutistica di celebrare il mistero pasquale. Data la pluralità di formulari, presentata dal Lezionario, si cercherà di offrire alcune riflessioni contenutistiche sulla realtà celebrativa odierna, facendo riferimento al primo schema.

Anzitutto va tenuto presente che nella memoria dei defunti la Chiesa rinsalda e mantiene viva la dimensione dell'identità cristiana più legata alla situazione attuale di pellegrinaggio. Il suffragio, infatti, si traduce non tanto nella supplica a Dio, perché "si ricordi" di chi ci ha lasciato, quasi che questi trovi oblio in lui con il passare del tempo. Se, con il battesimo, il loro nome è stato scritto nel libro della vita (cf Ap 20,12), è chiaro che il ricordo a Dio dei defunti nella liturgia diventa un appello per noi a continuare nel cammino di conversione e di purificazione, finché ci è dato tempo (cf 2Pt 3,9).

Nel contesto attuale di vita non va neppure trascurato che la relazione che Dio ha con l'uomo, nella quale egli viene determinato come immagine di Dio, non può venire compromessa né dal peccato né dalla morte. E soltanto Dio può romperla, può disdire la propria fedeltà. Ma finché egli conserva questo suo rapporto con le umane creature, queste godranno di una vocazione ad essere immagine di Dio indissolubile, inalienabile, immortale. Se così non fosse, il peccato e la morte sarebbero più potenti di Dio e Dio non sarebbe Dio.
È quanto Giobbe, nella prima lettura, esprime con forza, anche se non è ancora arrivato alla speranza nella risurrezione e nella vita beata dopo la morte. Egli ha la sala certezza che chi lo riscatta è vivo, anche se non sa nulla di lui: barcolla nel buio, ma continua a sperare, nonostante tutto. Allora la vigilanza, tipica caratterizzazione di chi vive nel tempo camminando verso Cristo (cf Mt 25,13), ci pone nella dimensione d'attesa, che affratella quanti condividono la situazione di pellegrini nel mondo.

La celebrazione odierna si situa pure nella comunione dei santi, che siamo chiamati a vivere e a rinsaldare. Più volte è affiorata la convinzione che questa comunione è semplicemente una comunità di culto, la quale, per la viva presenza del Signore Gesù e sul suo modello, fa della propria esistenza un atto di lode e un' offerta al Padre nella donazione di sé. Proprio perché l'eucaristia racchiude sacramentalmente tutta la pienezza dello scambio di amore e di vita possibile fra Dio e il creato, la comunità riunita non esprime una dottrina sulla Chiesa, ma, piuttosto, una dinamica che tutta la percorre e la muove, prima e più dell'assunzione dei modelli storici del suo comportamento. La centralità dell' eucaristia nella comunione dei santi non dice la centralità del rito, ma la centralità del Cristo e della sua vita per la comunità e per ogni credente, perché, affrontato il buon combattimento della fede, meritino la corona di gloria.

Anche l'invocazione dei defunti, chiamati per nome nella preghiera eucaristica, non vuole affatto costituire una specie di "compravendita" dell'eucaristia, come facilmente si potrebbe arguire. Nelle intercessioni, infatti, c'è spazio per tutti: vi è spazio per i santi come vi è spazio per i peccatori; vi è spazio per coloro che la Chiesa addita a modello, così come vi è spazio e per il singolo e per la totalità di quanti ancora attendono di conformarsi all'immagine perfetta di Dio.
Appare quanto mai illuminante, al riguardo, la breve pagina evangelica del primo formulario, allorché Gesù, nonostante i suoi uditori persistano nell'incredulità, non si scoraggia e annuncia che non scaccerà nessuno che voglia far parte della comunità dei credenti in lui. Egli, infatti, è disceso dal cielo per fare la volontà di colui che lo ha mandato; e il Padre vuole che tutti per mezzo di lui siano salvi. Singolare è pure l'accento posto sul fatto che Gesù non respinge chi viene a lui: come altrove, il quarto evangelista insiste sul fatto che il giudizio decisivo si attua già qui, nell'accoglienza o nel rio fiuto di colui che rivela il Padre.
Sono, pertanto, infondati i timori che si mortifichi lo "spazio" dell'eucaristia nominando i defunti, in quanto la loro memoria ha costituito e costituisce uno dei fondamenti storici e attuali della celebrazione eucaristica, soprattutto feriale, e richiama ogni volta la Chiesa riunita all'apertura verso la totalità.
Nel cammino della vita, che simbolicamente si esprime nella processione al cimitero, siamo sostenuti da coloro che sono ormai testimoni oculari della grandezza divina e ci invitano a volgere l'attenzione alla Parola: è appunto la sua ricchezza ad arricchire i credenti nel loro itinerario di vita. Come ricorda l'apostolo Paolo nella seconda lettura del primo formulario, è appunto questo avanzare nella vita cristiana verso la gloria, arricchendoci di frutti d'amore, che diventa per noi motivo di vanto, perché mostra l'amore di Dio riversato nei cuori.

VITA PASTORALE N. 9/2014
(commento di Gianni Cavagnoli, docente di teologia liturgica)

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