Tutti i Santi

ANNO A – 1° novembre 2014
Tutti i Santi

Ap 7,2-4.9-14
1Gv 3,1-3
Mt 5,1-12a
FARE PROPRIE
LE SCELTE DI CRISTO

Il primo e il due novembre le celebrazioni dei Santi e dei defunti si sovrappongono con facilità. Quest'anno poi, data la ricorrenza domenicale, si ripresenteranno i classici quesiti circa quale formulario usare e a quante messe si deve partecipare. Si aggiunga che, in numerose località, vi è l'usanza di celebrare al cimitero già il giorno dei Santi, con larga partecipazione di popolo. Perché non approfittare di simile coincidenza per focalizzare alcune prospettive che, com'è stato nella storia, tengono unite le due ricorrenze?

Circa la solennità odierna dei Santi, va anzitutto precisato il suo contenuto. Il Santorale celebra il mistero di Cristo soggettivamente, cioè in quanto viene ricevuto e incarnato storicamente dalle membra di Cristo. Non si tratta, però, di una realtà indifferenziata: ecco perché tanto i santi, quanto i defunti vengono chiamati per nome nella celebrazione, a indicare la singolarità della loro persona e, conseguentemente, della loro vicenda storica. Tale è il significato biblico del nome, espresso dal sigillo che, nella visione odierna, tratta dall'Apocalisse, viene apposto sulla fronte dei servi di Dio, separandoli da coloro che non vengono riconosciuti come appartenenti a lui.
Una Chiesa che li venera come amici, o li sente vicini a sé, implorando per loro la misericordia divina quali fratelli, vive, pertanto, quella tensione caratteristica che viene riaffermata dalla seconda lettura: siamo realmente, fin d'ora, figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Tensione che impegna nella coerenza alla testimonianza cristiana finché si è in vita.
Sicché, come non sono ammissibili certe lodi acritiche, così non si può ridurre tutto a una pia e amorfa esaltazione della santità. Il nome richiama appunto l'identità battesimale, che ha determinato una concreta vicenda storica. Tale è allora la condizione caratteristica di ogni santo nella Chiesa, che il culto deve salvaguardare: ogni persona viene venerata in quanto memoriale vivente di Dio, nella testimonianza che a lui ha dato durante il suo pellegrinaggio terreno.

Il capitolo dei Santi appare, perciò, un'occasione preziosa per ricercare l'identità vera di un cristiano nella varietà delle vocazioni, incarnata nella moltitudine immensa che nessuno può contare, presentata ancora dalla visione dell'Apocalisse. Ciò vale principalmente per i martiri, i primi santi a essere venerati nella Chiesa, celebrando l'eucaristia sulla loro tomba nel giorno della loro morte. In seguito si sono aggiunti gli altri, per estensione del concetto di martirio, come lucidamente insegna la storia. Nella prima lettura odierna vengono presentati come quelli che provengono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello.
Questa identità appare nella sua genuinità, solennemente riconosciuta dalla Chiesa per i santi, mediante la beatificazione o la canonizzazione, oppure mediante un sensus fidei del popolo di Dio, ritenuto infallibile (cf LG 12). In simile ricorrenza, quindi, si richiama egregiamente il significato originario della configurazione battesimale a Cristo, e conseguentemente della vocazione alla santità, che non è fatta consistere nella eroicità delle virtù, ma anzitutto nella capacità di lasciar trasparire l'azione di Dio in noi. Non per nulla nei testi liturgici si rende grazie, perché nella festosa assemblea dei santi risplende la sua gloria.

Anche la loro esemplarità non deve condurre a una indebita esaltazione dei miracoli ottenuti per loro intercessione, ma piuttosto a sentire accanto a noi la presenza confortatrice di questi nostri fratelli, per essere stimolati all'imitazione di Cristo, in modo da pervenire a un'esistenza autenticamente evangelica. La loro intercessione, poi, frequentemente richiamata nelle orazioni liturgiche, non va primariamente fatta consistere nell'insistente implorazione che essi esercitano presso Dio, in quanto già Cristo è sempre vivo a intercedere a nostro favore (cf Eb 7,25). Piuttosto nei santi è Dio stesso che ci parla e ci mostra il segno del suo Regno, verso il quale, avendo davanti a noi una tale schiera di testimoni, siamo potentemente attirati.

In questo preciso contesto si colloca la pagina delle beatitudini, che figura come brano evangelico di questa solennità. Queste offrono, infatti, una sorta di carta d'identità di chi vive cercando di compiere la volontà del Padre. È significativo che Matteo, prima di indicare il come, individui il chi: solamente chi conosce la propria identità può, infatti, agire in maniera consona.
Le beatitudini descrivono il Figlio, abbozzando il suo volto, che il lettore è sollecitato a incontrare proseguendo la lettura del vangelo. Sui suoi passi è invitato a rispecchiarsi, per plasmare la propria identità, percorrendo un cammino di crescita. Esaminate nel loro complesso, più che nelle singole specificazioni, le beatitudini sottolineano che a fondamento del cammino del discepolo sta la povertà di spirito, cioè l'atteggiamento di coloro che hanno scelto Gesù come Signore della loro vita, condividendone il destino di persecuzione, perché fanno proprie le sue scelte e il suo stile di vita.

VITA PASTORALE N. 9/2014
(commento di Gianni Cavagnoli, docente di teologia liturgica)

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