IV Domenica di Avvento (B)


ANNO B - 21 dicembre 2014
IV Domenica di Avvento

2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16
Rm 16,25-27
Lc 1,26-38
(Visualizza i brani delle Letture)


NEL GREMBO
DELLA VERGINE MARIA

Qualche lettore attento alla sequenza dei testi scelti per l'Avvento, avrà notato la continua tensione fra due poli, quello della promessa e quello della realizzazione storica, il collegamento con le vicende del popolo di Israele da una parte e la figura del Battista dall'altra, come anche le situazioni concrete dei destinatari delle lettere degli apostoli, servono a non permettere che si possa pensare che il linguaggio della Bibbia, le promesse di liberazione e di salvezza siano tutte parole da confinare nel campo delle buone intenzioni. Fare Avvento è l'atteggiamento di chi si dispone a scoprire Dio presente nelle vicende della vita e della storia. In questa quarta domenica la lettura del secondo libro di Samuele serve a raccontare come Dio sarà presente nella storia del popolo. C'è Davide che vuole fare una casa a Dio e Dio rifiuta il dono e dice che sarà piuttosto lui a fare una casa a Davide; la parola casa all'inizio del brano si trasforma di significato alla fine, arricchita dal racconto che Natan fa della storia della presenza di Dio nella vita di Davide.
La casa che ha in mente Davide è un grazie a Dio per il passato, è costruita da mani d'uomo; la casa che, invece, Dio vuole fare è una promessa per il futuro, che Dio stesso s'impegna a costruire. È una questione di prospettiva: a Davide basta quello che ha, a Dio appartiene il sogno di qualcosa che Davide nemmeno immagina, che gli sopravviverà e che sarà stabile per sempre. A Davide basta garantire il suo trono per qualche generazione, con la giusta benedizione divina, Dio vuole che da quella storia nasca Cristo e lo desidera stabile per sempre. Quando Dio incontra la storia, apre prospettive e speranze infinite; la tentazione di ogni generazione è quella di tenere Dio confinato in qualche luogo, di fare a meno di lui, dopo aver detto grazie. Meno male che Dio non si stanca d'incontrare le nostre piccole storie e di farle diventare infinite. Ogni volta che si vuole di più, soprattutto a livello di dignità, di diritti umani, è Dio che si rende presente e spinge a fare di più, a desiderare di più.
La lettera ai Romani, precisamente la dossologia conclusiva, che pone molti problemi di originalità e anche di costruzione letteraria, può essere letta come un ulteriore contributo alla riflessione sull'incontro fra la storia di Dio e quella dell'uomo. Ci sono tante suggestioni in queste righe, come quella del mistero avvolto dal silenzio e che ora si manifesta e ha il volto di Gesù Cristo. Il mistero di Dio, cioè la sua presenza nella storia dell'umanità, il condurla per mano, si realizza finalmente con chiarezza in Gesù, che dà al cammino dell'uomo un significato, una sapienza. Il cammino della rivelazione del mistero non si individua con particolari doti divinatorie, ma attraverso le scritture dei profeti e il Vangelo che Paolo annuncia, quello che ha come oggetto Cristo stesso. C'è una volontà di Dio per ognuno, un momento in cui Dio incontra la vita di ciascuno; un attimo in cui il silenzio di Dio s'interrompe per manifestare che c'è un disegno nella vita di ognuno. Quello è il momento in cui si incontra Gesù; non è esperienza riservata solo a qualche iniziato, ma è di ognuno che decide di fidarsi di Dio.
Dalla reggia di Davide, dalla notte dei tempi, in un vertiginoso effetto zoom, a casa di una ragazza di Nazaret che si chiamava Maria. Il brano dell'annunciazione di Luca è uno di quelli per cui ogni credente ha una sua lettura che gli è cara ed è bene che sia così, come accade per tutte le pagine fondamentali dell'esperienza di ognuno. Si è abbastanza d'accordo nel leggere questo brano dividendolo in tre parti, una breve introduzione in cui sono messi in scena i personaggi, l'angelo e Maria (Lc 1,26-27); un dialogo diviso in tre parti in cui alle parole dell'angelo succede la reazione di Maria (Lc 1,28-29; 1,30-34; 1,35-38b), fino alla conclusione che vede l'angelo andare via (Lc 1,38c). Lo schema è quello di una vocazione in cui alla proposta divina corrisponde la difficoltà della persona chiamata, difficoltà presa con serietà dall'interlocutore divino che spiega e, infine, dà un segno. Se si accoglie lo schema della vocazione, tutto il racconto si risolve nelle parole di Maria che accetta il compito che le è affidato; e non con una certa rassegnazione, ma con partecipazione convinta (ghenoito, avvenga è un ottativo). Il cuore della missione di Maria è quello della maternità, non comune, ma divina.

Il dialogo è un grande invito a non temere per la presenza di Dio nella storia di Maria, di cui si dicono poche cose, che è una ragazza di Nazaret e che è piena di grazia, che si suggerisce di tradurre come «resa bella, gradevole, gradita a Dio», sulla linea di Ef 1,6 in cui i cristiani sono descritti come quelli trasformati dall'amore. Maria è trasformata dall'amore di Dio e resa capace di portare Cristo nel mondo. Il grande miracolo è quello che la nostra natura umana può essere trasformata al punto di far germogliare Dio. Un cristiano, reso creatura nuova dal battesimo, è capace di far nascere Dio nelle sue esperienze quotidiane. Non è un compito facile e le difficoltà di Maria sono quelle di ognuno: «Come è possibile?», non ci sono nemmeno le condizioni perché questo avvenga. La risposta non sta nella negazione della difficoltà, ma nella spinta a credere nella presenza di Dio nella propria vita, presenza che rende capaci, che cancella dalle labbra di chi si fida di lui, la parola "è impossibile".

VITA PASTORALE N. 11/2014
(commento di Luigi Vari, biblista)

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