XX Domenica del Tempo ordinario (B)


ANNO B – 16 agosto 2015
XX Domenica del Tempo ordinario

Pro 9,1-6
Ef 5,15-20
Gv 6,51-58
(Visualizza i brani delle Letture)


GESÙ, VERO CIBO E
BEVANDA DI SALVEZZA

La prima lettura di questa domenica è tratta dal libro dei Proverbi e mostra la Sapienza che si è costruita la sua casa. Per inaugurarla, organizza un banchetto. La preparazione del banchetto è accurata, la Sapienza non si preoccupa solo di offrirlo, ma si prende cura di ogni fase, fino alla macellazione del bestiame e alla preparazione del vino. I destinatari di questo banchetto sono gli inesperti, che sono, poiché la simbologia del banchetto fa pensare alla vita, quelli che non sanno che cosa sia vivere. Gli inesperti sono quelli che ignorano il senso della vita, ed essi, singolarmente sono chiamati a entrare nella casa della Sapienza. L'esortazione: «Abbandonate l'inesperienza e vivrete», conferma che ciò che è in gioco è la vita. Il tema del banchetto, del vino, dell'invito portato a tutti è facilmente collegabile con molte pagine del Nuovo Testamento.
Colpisce che la Sapienza si costruisca uno spazio nel quale è servito il significato della vita, la vita stessa; uno spazio che mette in scena altri spazi nei quali il dono della vita non avviene. In questo spazio è servito un banchetto, che si caratterizza per la gioia che unisce i commensali. Vita, condivisione e gioia sono le coordinate dello spazio di Dio, uno spazio che non si impone, che accetta di convivere insieme ad altri spazi che possono anche apparire più seducenti e interessanti. Le parole del libro dei Proverbi suonano come un'ammonizione, un invito a stare attenti perché in gioco c'è la vita. Queste parole chiedono anche l'umiltà necessaria ad ascoltare l'invito di chi annuncia la parola di Dio, dei profeti di ogni luogo e tempo e di saperla distinguere da altri richiami spesso molto più affascinanti e intriganti.

La lettera agli Efesini spiega che cosa significhi entrare nello spazio della Sapienza, nello spazio di Dio. L'apostolo Paolo si rivolge a cristiani che vivono in una città molto ricca dal punto di vista economico, culturale e religioso. A Efeso la scelta è all'ordine del giorno. Per non fallire il compito, questi cristiani devono essere saggi, cioè devono continuamente ricercare qual è la volontà del Signore; questa richiesta è al centro dell'esortazione dell' Apostolo. Come si fa a realizzare questo compito? Ritornando alla lettura di Proverbi, la domanda potrebbe essere formulata così: come si fa a entrare nella casa della Sapienza? La strada è quella della realizzazione di una comunità dello Spirito, che descrive come una comunità di preghiera, di lode e di ringraziamento. La comunità che Paolo descrive come incontro di persone sapienti che cercano di comprendere la volontà del Signore, è una comunità eucaristica. La descrizione di questa comunità, infatti, si conclude nella visione dei suoi membri, che rendono grazie (eucharistein) a Dio per ogni cosa. Non sono degli ingenui perché sanno di vivere in un mondo segnato dal male (i giorni sono cattivi), ma con l'aiuto di una preghiera costante, descritta in tutte le sue forme, si colmano di Spirito. La preghiera è quanto serve per vedere le cose con gli occhi di Dio e scorgere lo spazio di Dio e il tempo di Dio negli spazi e nei tempi degli uomini. Il ringraziamento nasce dalla condivisione della ricerca di questa presenza e nell'aiuto che ognuno dà al fratello per scoprirla. La preghiera comune rende presente lo Spirito, che aiuta a cogliere la presenza di Dio, gli attimi di Dio. Cogliere questo significa cogliere la volontà del Signore.

Il vangelo di Giovanni presenta un altro brano del lungo discorso sul pane della vita, e contiene i temi fondamentali, riassuntivi di tutto il discorso che sta arrivando alla sua conclusione. Il centro di questo brano sta nell'affermazione di Gesù che dichiara che la sua carne è il vero cibo e il suo sangue la vera bevanda. Questa affermazione è contenuta nella lunga risposta di Gesù all'obiezione dei giudei che si domandavano come Gesù avrebbe potuto dare la sua carne come cibo. È evidente che l'obiezione si gioca sul significato diretto della parola carne, in riferimento al corpo fisico. Nell'obiezione c'è già il rifiuto di capire. Gesù chiarisce che non si parla della sua fisicità, ma della carne e del sangue del Figlio dell'uomo. Gli ascoltatori potevano capire come carne e sangue alludessero a lui come a una persona vivente con cui cercare la comunione, desiderare la presenza, fare esperienza della sua forza. Cristo vivo è il pane disceso dal cielo, entrare in comunione con lui significa entrare in comunione con la vita, significa essere vivi.
Una delle tecniche per ridurre la portata di una parola o di un'esperienza è quella di ridurla, classificarla, banalizzarla. Questo fanno i giudei nei confronti di Gesù, cercano di annullare le sue parole con il senso comune, le ridicolizzano confondendo i piani del discorso, giocando con le parole. Per loro era evidente quello che Gesù voleva dire, perché sapevano bene che carne e sangue corrispondevano all'essere di un uomo. Dovevano scegliere se fidarsi di lui o no, se vivere o no. Sempre dobbiamo scegliere, se far entrare nella nostra vita il mistero o no; se essere vivi o no. I giudei con le loro obiezioni dicono che oltre la loro esperienza non c'è altro, che oltre il corpo fisico di quel maestro che vedono davanti a loro, non c'è altro; dicono che loro stessi non sono altro che comparse che non pensano di poter cambiare la loro vita.

VITA PASTORALE N. 7/2015
(commento di Luigi Vari, biblista)

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