Tutti i Santi (XXXI Domenica del T.O. - B)


ANNO B - 1° novembre 2015
Tutti i Santi (XXXI Domenica del T.O.)

Ap 7,2-4.9-14
1Gv 3,1-3
Mt 5,1-12a
(Visualizza i brani delle Letture)


LA SANTITÀ NON
CONOSCE CONFINI

La lettura del brano dell'Apocalisse crea lo scenario della solennità di tutti i santi. Inizia con una visione dell'angelo che viene da Oriente con la funzione di porre un limite alla devastazione della terra, che non dovrà essere completa finché il sigillo del Dio vivente non sarà posto sulla fronte dei suoi servi. Il numero di questi servi 144.000 dice la pienezza della storia (12 tribù per 12 apostoli per mille, che è il tempo visto nella sua completezza). Le caratteristiche di quelli che fanno parte di questo popolo immenso sono le vesti bianche e la palma nelle mani, sono battezzati che danno testimonianza a Cristo. La visione contiene anche l'interpretazione, perché uno degli anziani provoca chi legge a capire chi siano quelle persone che fanno da corona a Cristo, per poi spiegare che sono quelli che hanno testimoniato, anche a costo di inaudita sofferenza e della vita stessa, la loro fede.
La visione dell'Apocalisse racconta, pure se nella solennità di una liturgia, la santità di tutti i battezzati. Prima di tutto dice che ogni battezzato che dà testimonianza della sua fede è come un argine alla devastazione del mondo. Finché ce n'è uno, la storia non precipita nella devastazione. Dice poi di una santità, che non è un destino di qualcuno, perché di questa moltitudine immensa fanno parte tutti i battezzati che hanno il desiderio di raccontare, anche a costo di qualche sofferenza, la loro unione con Cristo.

L'apostolo Giovanni porta il lettore a considerare un altro aspetto della santità, che si potrebbe indicare come l'aspetto escatologico. Santo è chi vive una comunione profonda con Dio, quella del figlio con il Padre. I suoi pensieri e le sue scelte nascono da questa unione; è chiaro che chi non la vive, il mondo, non è in grado di interpretarla. Il credente stesso non vede tutto con chiarezza, e può disorientarsi. Ciò che lo rende forte nel cammino è la speranza, che lo porta a vivere la propria vita come un desiderio di somigliare sempre di più a Dio, finché tutto sarà chiaro. Il cammino verso la rivelazione piena è descritto come cammino di purificazione.
Giovanni aiuta a riflettere su una dimensione del cammino del cristiano, che spesso si dà per scontata e, invece, nell'esperienza di ognuno, non lo è. Si tratta della conseguenza di vivere come figli di Dio in contesti che spesso non danno nessuna importanza a Dio. Camminare nel vuoto come se ci si muovesse su un terreno solido, non è scontato; è possibile farlo solo con una forte speranza nel cuore, che poi è fiducia in Dio che è nel cammino e alla fine di esso. Vivere la vita quotidiana tenendo conto di Dio, come un figlio di un padre, questa è la santità, la testimonianza spesso fonte di sofferenza. Cercare di realizzare la progressiva somiglianza con Dio, questa è la vera purificazione di un cristiano.

Il discorso della montagna si apre con una visione solenne di Cristo che, seduto, insegna. Gesù è il maestro che non propone una dottrina provvisoria. Dà un insegnamento autorevole. Come Mosè dà una legge dal monte, ma sul monte non è nella condizione di Mosè che riceve la legge, ma in quella di Dio che la dà. La prima parola della nuova legge contiene anche la promessa fatta a chi la fa propria, una promessa di beatitudine, che riecheggia l'apertura del libro dei salmi. Segue l'elenco delle categorie dei beati, ogni beatitudine contiene la descrizione di una condizione, non immediatamente positiva, e il motivo per cui essa può essere detta beata. Il motivo è espresso al futuro che, più che come una dilazione della condizione beata, serve a offrire un orizzonte. È l'orizzonte che permette di vivere anche condizioni difficili, conservando la gioia nel cuore.
Così, i poveri in spirito, quelli che piangono, i miti, i giusti e i puri di cuore, tutti questi che si affidano a Dio, già nella loro vita sono beati. Beati sono quelli che, facendo esperienza di Dio, desiderano esserne strumenti, testimoniando la misericordia di Dio, operando la pace, accettando di soffrire per la giustizia. L'ultima beatitudine si riferisce alla condizione di persecuzione dei destinatari del vangelo di Matteo, ma si allarga al lettore d'ogni tempo nella prospettiva che non è facile vivere da credenti, operare da discepoli. La prospettiva della sofferenza, dell'incomprensione, della persecuzione è sempre presente.

La gioia come è presentata nelle beatitudini è la promessa che Cristo fa a chiunque si affidi alla sua Parola, è la gioia di chi cammina sapendo di non andare avanti a caso, ma consapevole della presenza di Dio nella sua vita. Questa è una verità semplice, ed è per tutti, perché attorno a Gesù ci sono i suoi discepoli, ma come sappiamo dal contesto, c'è anche molta folla.
Gesù fa ad ogni uomo la carità della gioia, non aprendo un libro di sogni senza alcuna attinenza con la vita concreta; ma elencando le contraddizioni della vita di ogni giorno e promettendo che se si vivono con Dio nel proprio orizzonte esse smettono di essere una minaccia per la nostra vita. La carità dell'orizzonte sembra essere proprio il regalo più bello che si può fare alle persone che si amano perché quello che oggi si può definire come tristezza è il camminare alla cieca, come vagando. I santi sono questi, quelli che non hanno mai perso l'orizzonte e la speranza. Ognuno di noi ne ha incontrati tanti.

VITA PASTORALE N. 9/2015
(commento di Luigi Vari, biblista)

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