La celebrazione eucaristica nella vita della Chiesa


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da L'Eucaristia
di Chiara Lubich



La celebrazione eucaristica nella vita della Chiesa


Comprensione dell'Eucaristia nella storia della Chiesa
La celebrazione eucaristica nella Chiesa primitiva
L'epoca d'oro della liturgia di oriente e di occidente
L'Eucaristia nel medioevo in occidente
Dal Concilio di Trento al rinnovamento liturgico attuale
L'Eucaristia nel nostro tempo



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Comprensione dell'Eucaristia nella storia della Chiesa

Anche l'Eucaristia ha, attraverso i secoli, la sua storia nella comprensione sempre più profonda di questo che è per eccellenza «il mistero della fede».
Tutto ha concorso a svelare le infinite ricchezze che essa contiene: essa «tutto Dio e tutto uomo», come dice Caterina. Ogni avvenimento lieto o triste, i concili ecumenici, il sempre vigile e infallibile magistero della Chiesa, le vitali esperienze dei santi, le eresie, le guerre, le aspre negazioni hanno concorso nei piani di Dio ad aprire gli occhi dei fedeli su sempre nuovi aspetti del mistero dell'Eucaristia.
Il Padre dal Cielo circondò di mille angeli questo suo dilettissimo Figlio, rimasto fra noi in un eccesso d'amore, e tutto fece convergere perché, come un sole che s'alza pallido nell'alba e via via fa sentire il suo effetto di luce e di calore fino all'appressarsi del meriggio, casi il cristiano potesse conoscere sempre meglio Colui che è rimasto tra noi e che cosa opera per ogni singolo e per l'umanità.
Non è qui il luogo dove raccontare quegli avvenimenti, ma qualcosa dirò per lodare Dio e perché tutto, tutto ciò che riguarda Colui che amiamo, ci interessa immensamente.


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La celebrazione eucaristica nella Chiesa primitiva

Da quando c'è la Chiesa, l'Eucaristia è sempre stata il suo cuore.
Se ci si domanda dove sono incentrate le prime generazioni della Chiesa, occorre rispondere: attorno alla celebrazione eucaristica. Negli scritti dei Padri apostolici, degli apologeti, negli Atti dei martiri, tutti i suoi aspetti dottrinali e vitali vengono messi in luce.
Nell'anno 155 Giustino descrive cosi la celebrazione liturgica: «Nel giorno detto del sole [cioè la domenica] tutti quelli che abitano in città e in campagna si riuniscono in uno stesso luogo e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti, finché il tempo lo permette. Quando il lettore ha finito, colui che presiede tiene un discorso per ammonire ed esortare a mettere in pratica questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci leviamo ed innalziamo preghiere [...]. Finite le preghiere, ci abbracciamo con scambievole bacio. Quindi vengono portati a colui che presiede i fratelli un pane e una coppa d'acqua e vino. Egli li prende e loda e glorifica il Padre di tutti per il nome del Figlio e dello Spirito Santo, poi pronuncia un lungo rendimento di grazie perché siamo stati fatti degni di questi doni. Terminate le preghiere e il ringraziamento eucaristico, tutto il popolo acclama: "Amen!" [...]. Dopo che colui che presiede ha compiuto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha risposto, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua "eucaristizzati" [sui quali sono state pronunciate le parole della consacrazione] e ne portano agli assenti»15.
Poco oltre troviamo già in Giustino una espressione di eccezionale valore riguardo alla presenza reale: «Il cibo eucaristizzato [...] è e carne e sangue di quel Gesù incarnato»16.
Inoltre Giustino mantiene all'Eucaristia l'aspetto obiettivo di sacrificio, pur sottolineandone il carattere nuovo. Non c'è più posto per i sacrifici materiali cruenti dell'Antico Testamento. L'Eucaristia rappresenta il sacrificio spirituale lungamente atteso, giacché il Verbo stesso ne è la vittima.
L'Eucaristia rafforza anche la carità fraterna. Infatti, subito dopo la «distribuzione delle cose consacrate», scrive Giustino, «quelli che possiedono beni e hanno buona volontà [di donarne] danno spontaneamente ciò che vogliono e il raccolto è consegnato a colui che presiede, il quale aiuta gli orfani, le vedove, coloro che si trovano in necessità per malattia o per altro motivo, i prigionieri e i forestieri di passaggio: egli, in breve, soccorre tutti quelli che sono in difficoltà»17.
Nella Didachè già si diceva che il pane eucaristico è visto come simbolo dell'unità tra i fratelli che formano la Chiesa: «Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto è diventato uno, cosi si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno»18.

Ignazio di Antiochia, verso l'anno 100, presenta la comunità cristiana riunita attorno al vescovo e già strutturata: «Seguite tutti il vescovo, come Gesù Cristo (segue) il Padre, e (seguite) il collegio dei presbiteri come se fossero gli apostoli; rispettate inoltre i diaconi come la legge di Dio. Senza il vescovo nessuno faccia qualcosa di ciò che riguarda la Chiesa. Si ritenga valida quell'Eucaristia che viene celebrata dal vescovo o da chi egli ha autorizzato»19.

Molti martiri delle prime comunità apostoliche univano il proprio sacrificio con quello dell'Eucaristia. San Policarpo di Smirne, legato al palo del rogo, ad esempio, pregava cosi: «Dio di tutto il creato, io ti benedico per avermi giudicato degno di questo giorno e di quest'ora, degno di essere uno dei tuoi martiri e di aver parte al calice del tuo Cristo, per risuscitare alla vita eterna dell'anima e del corpo, nell'incorruttibilità dello Spirito Santo»20.
Ireneo, sostenendo che Dio s'è fatto uomo perché noi diventiamo figli di Dio, vede nell'Eucaristia il principio della risurrezione della carne: «…anche i nostri corpi, quando ricevono l'Eucaristia, non sono più corruttibili, poiché hanno la speranza della eterna risurrezione»21.

In queste testimonianze di grande valore, per lo più dei discepoli diretti degli apostoli, sono dunque messi in rilievo: Cristo nella celebrazione eucaristica come centro della comunità, la comunione reale col corpo e col sangue di Cristo, l'Eucaristia come sacrificio, la presa di coscienza dei cristiani di formare un solo corpo attraverso l'Eucaristia, la comunione dei beni materiali, la necessaria unità col vescovo, il legame tra il proprio sacrificio e quello eucaristico, l'Eucaristia come causa della risurrezione finale.
Notiamo poi che la celebrazione liturgica avviene in genere nel «giorno del Signore», a ricordo della risurrezione di Cristo, e che essa si presenta subito come un rito sacro, anche se mantiene un carattere familiare. Vi si trova già un chiaro schema, ma non rigido, formato da letture, preghiere, presentazione e consacrazione del pane e del vino con l'acqua, comunione dei presenti e degli assenti.
Questo schema resterà invariato fino alla pace di Costantino (313 d.C.) con tendenza a ritualizzarsi sempre di più.


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15. Giustino, Apol. 1,67.65 (PG 6, 429-432.427).
16. Ibid., 66 (PG; 6,427).
17Ibid., 67 (PG 6, 429-432).
18Didachè, 9, 4 (F 1, 20).
19. Ignazio di Antiochia, Smyrn. 8, 1 (PG 5, 713s.).
20. Cit. in Messale della settimana, Roma 1974, 1490.
21. Ireneo, Adv. haer. IV 18, 5 (PG 7, 1027)



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L'epoca d'oro della liturgia di oriente e di occidente22

Inizia poi il periodo aureo della liturgia in oriente e in occidente, dal 300 al 900 circa d.C. I Padri della Chiesa approfondiscono la celebrazione eucaristica sotto vari aspetti, in modo speciale come attualizzazione della passione, morte e risurrezione di Gesù, e spiegano come i fedeli debbono parteciparvi, con l'offerta del proprio essere e con la vita di carità.
Nascono in questo periodo le grandi comunità liturgiche attorno alle sedi patriarcali. La celebrazione non ha più l'aspetto familiare di una cena, ma diventa una cerimonia solenne proporzionata alla comprensione della grandezza del rito.
La profonda maturità teologica e la ricchezza spirituale si esprimono nelle «preghiere eucaristiche» (o canone), che diventano fisse e obbligatorie. Esse, anche se dette dal vescovo o da un sacerdote suo incaricato, sono sempre espressione di tutta la comunità ecclesiale e questo è il significato dell'uso del plurale «noi».
Pur nella varietà delle loro caratteristiche, ritroviamo in tutte le preghiere eucaristiche alcune parti essenziali costanti: a) il ringraziamento e la lode al Padre per aver inviato Cristo a compiere la salvezza dell'umanità; b) il memoriale dell'ultima cena che rende attuale l'offerta di Cristo, a cui la Chiesa intera associa la propria offerta; c) l'invocazione al Padre affinché mandi lo Spirito Santo perché consacri il pane e il vino e santifichi l'assemblea dei partecipanti; d) il ricordo dei santi del cielo, che esprime la comunione con tutta la Chiesa, e l'intercessione per il mondo intero.

Le istruzioni derivate dal Concilio Vaticano II hanno affiancato al «canone romano» altre tre «preghiere eucaristiche», prese dalla liturgia di quest'epoca d'oro23.


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22. Per questa parte, fino al Vaticano II, cf. J. Castellano, art. cit., p. 741-745.
23. Portiamo come esempio la preghiera eucaristica seconda, sviluppata dall'anafora di Ippolito (230 d.C.), chiamata anche «canone dell'epoca dei martiri».

In essa troviamo la parte del ringraziamento e della lode al Padre:
«È veramente cosa buona e giusta, […]
rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Padre santo,
per Gesù Cristo, tuo dilettissimo Figlio.
[…] lo hai mandato a noi salvatore e redentore, [..].
Per questo mistero di salvezza, uniti agli Angeli e ai Santi,
cantiamo a una sola voce la tua gloria:
Santo, santo, santo è il Signore...».

Troviamo l'invocazione al Padre affinché mandi lo Spirito Santo:
«Padre, […]
santifica questi doni con l'effusione del tuo Spirito,
perché diventino per noi
il corpo e il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore».
«[…] per la comunione
al corpo e al sangue di Cristo
lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo».

Troviamo il memoriale dell'ultima cena:
« Egli, […]
prese il pane e rese grazie,
lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse:
Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi.
[…] Fate questo in memoria di me».

Troviamo la comunione con tutta la Chiesa sulla terra e in cielo:
«Ricordati, Padre, della tua Chiesa
diffusa su tutta la terra:
rendila perfetta nell'amore
in unione con il nostro Papa, […].
Ricordati dei nostri fratelli
che si sono addormentati
nella speranza della risurrezione, […].
Di noi tutti abbi misericordia:
donaci di aver parte alla vita eterna,
insieme con la beata Maria,
Vergine e Madre di Dio,
con gli apostoli e tutti i Santi...».
(Messale Romano, Roma 1973, p. 373 ss.).



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L'Eucaristia nel medioevo in occidente

L'aspetto fondamentale della messa s'era chiarito e consolidato.
Occorreva ora che venisse in rilievo un altro aspetto dell'Eucaristia: la presenza reale di Gesti e il suo rapporto personale con ognuno di noi.
La Provvidenza per manifestare le realtà divine si serve di tutto.
Gesti nell'Eucaristia non è meno incompreso di quando era sulla terra.
Il grande scisma d'oriente, le evoluzioni politiche si riflettono anche sul modo di concepire la celebrazione liturgica.
Essa perde tanti aspetti del suo carattere popolare e comunitario. La preghiera eucaristica viene recitata in silenzio, si dà la comunione sotto una sola specie, aumentano le messe private, i fedeli disertano sempre più la comunione, si mette troppo in rilievo il sacerdote... Per alcuni allegoristi la celebrazione della messa si trasforma in una rappresentazione della passione e morte del Signore, con cerimonie e gesti stranamente drammatici. S'accompagna alla crisi liturgica, che abbiamo descritto, quella dogmatica, che giunge fino alla negazione della presenza di Cristo nell'Eucaristia.
Ma ecco il trionfo dello Spirito Santo che tutto fa cooperare al bene della Chiesa. La Chiesa ha una reazione di fede nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia. Nasce cosi il culto verso l'Eucaristia per se stessa. Ecco la festa del «Corpus Domini», ecco le benedizioni, le esposizioni, le processioni col Santissimo Sacramento.
Il popolo trova nell'adorazione il modo più sentito di celebrare l'Eucaristia, mentre Tommaso d'Aquino sarà il teologo e il cantore della presenza personale di Cristo, vero Dio e vero uomo, nell'Eucaristia.


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Dal Concilio di Trento al rinnovamento liturgico attuale

Siamo verso il 1500, l'epoca della riforma protestante che nega l'adorazione eucaristica e il sacrificio della messa.
Lo Spirito Santo attraverso il Concilio di Trento afferma con forza la verità della presenza reale e del sacrificio di Cristo nella messa.
Sulla presenza reale il Concilio di Trento insegna: «...nell'almo sacramento della Santissima Eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino, nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente sotto l'apparenza di quelle cose sensibili». Pertanto il nostro Salvatore nella sua umanità è presente non solo alla destra del Padre, secondo il modo di esistere naturale, ma insieme anche nel sacramento dell'Eucaristia «secondo un modo di esistere, che, sebbene sia inesprimibile per noi a parole, tuttavia con la mente illustrata dalla fede possiamo intendere e dobbiamo fermissimamente credere che è possibile a Dio»24.
E riguardo alla messa come sacrificio di Cristo: «…nel mistero eucaristico è rappresentato in modo mirabile il sacrificio della croce una volta per sempre consumato sul Calvario; vi si richiama perennemente alla memoria e ne viene applicata la virtù salutifera in remissione dei peccati che si commettono quotidianamente»25.
Negli ultimi quattro secoli si ha uno sviluppo nell'approfondimento del mistero eucaristico, sempre però nel senso del dell'adorazione e della comunione, vista anche questa più come adorazione del Cristo presente che come partecipazione al banchetto eucaristico. Si susseguono le manifestazioni di tale culto a Gesù Eucaristia: le quarant'ore, la visita al Santissimo, i congressi eucaristici. Fioriscono le congregazioni e gli istituti religiosi dedicati all'adorazione del Santissimo, dai Sacramentini alle famiglie spirituali di Charles de Foucauld.
Queste pratiche hanno mantenuto vive le verità della fede e l'impegno della vita cristiana in misura tale da creare capolavori di santità in molte persone.


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24Decr de S.S. Euchar., c. 1, in Myst. fidei 23, trad. it., Ed. Paoline.
25Myst. fidei, 11, trad. it. cit.; cf. Conc. Trid., Decr. de S.S. Missae Sacr., c. 1.



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L'Eucaristia nel nostro tempo

Ma eccoci al nostro tempo.
La Chiesa, che tutto contiene e che a tutto dà valore, riequilibra col suo magistero aspetti della liturgia divenuti meno chiari e popolari, pur apprezzando ciò che la massa già comprende.
Gli inviti di Pio X alla comunione frequente e a dare la comunione ai bambini sono i prodromi di una nuova era. Il rinnovamento liturgico, che si è sviluppato in Belgio prima e poi in Germania, attingendo alle fonti della liturgia primitiva, agli scritti dei Padri e alla Scrittura, fa riscoprire i valori teologici e pastorali dell'Eucaristia.
Infatti la necessità di una vita catacombale sotto la persecuzione in Germania fa rivivere gioiosamente ai cristiani le primitive liturgie eucaristiche.
Pio XII nell'enciclica Mediator Dei (1947) dà una sintesi di conciliazione fra vecchio e nuovo nella Chiesa, specialmente riguardo alla liturgia eucaristica.
Negli ultimi anni, col Concilio Vaticano II e con l'enciclica Mysterium Fidei di Paolo VI (1965), tornano alla luce tutti gli aspetti della celebrazione della messa: memoriale, sacrificio di Gesù e della Chiesa, banchetto di comunione con Cristo e con i fratelli. La messa tende a forme più familiari e semplici, partecipate dal popolo; rispecchia l'impegno di carità, di comunione che tanto bene risponde alle esigenze moderne.
Dice il Concilio Vaticano II: «Il nostro Salvatore nell'ultima cena, la notte in cui veniva tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e per affidare così alla diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, "nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura".
«Perciò la Chiesa volge attente premure affinché i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma, comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all'azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano istruiti nella parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo l'ostia immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo mediatore, siano perfezionati nell'unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti»26.

Leggendo questi brani sulla liturgia di oggi, s'è fatta strada in me la risposta ad una domanda che spesso mi ero posta: questi focolarini, che dopo anni di vita comune, di comunione di beni, di piena fraternità con gli altri sono divenuti sacerdoti, che cosa hanno di particolare che li caratterizza?
E la risposta era difficile, perché quello che hanno è troppo semplice.
Ora mi sembra di capire qualcosa: sono sacerdoti come oggi la Chiesa li vuole.
L'amore li ha portati a rompere ogni diaframma con gli altri fratelli, celebrano quindi la messa o alla piccola famiglia del focolare, o alle grandi riunioni (Mariapoli, congressi, giornate) di migliaia di persone, già uniti con esse nel nome di Gesti, come si esige.
Dice infatti l'introduzione del nuovo Messale della domenica: «Fin dal primo momento del loro incontro, i cristiani provenienti da luoghi e da ambienti diversi devono riconoscersi fratelli. Cristo presente in mezzo a loro crea la loro unità. Egli ha detto infatti: "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20)»27.
Il rito è semplice e familiare. La messa non è affare solo del sacerdote ma di tutti. Si preparano quelli che debbono leggere le varie letture, si scelgono i canti, fra i quali quello di inizio che dice la gioia della comunità riunita; il popolo fa offerte spontanee, domande, ringraziamenti. E il sacerdote è li, al centro, a rinnovare in nome di Cristo il sacrificio della croce.
E la presenza di Gesù si fa «ariete» sui cuori, che spesso non sanno trattenere il pianto o concludono i propositi più difficili come fossero soli con Gesù sull'altare. Me lo ha detto una volta un bimbo: «Ho fatto un'esperienza durante la messa: ero solo con Gesù solo». Questo significa che la comunità era un'anima sola col sacerdote e con Cristo sull'altare e nulla la disturbava.
Poi si fa la comunione in un silenzio profondo.
La messa è al centro e al culmine delle nostre riunioni: basti pensare che tutto può essere considerato preparazione a questo incontro personale con Cristo e che quasi all'unanimità i presenti si accostano all'Eucaristia.
E alla fine l'assemblea è invasa da un'ondata di gioia, a testimoniare l'unità col Risorto.
E, terminata la messa, quasi un prolungamento di essa, sacerdote e fedeli via! a portare tutto il giorno la carità nelle case, negli uffici, nelle riunioni, dove la comunione continua e porta la liberazione e dove la promozione umana, nelle mille circostanze diverse del mondo intero, è dovuta, è un obbligo, per continuare ad amare come lui ha amato.
È il popolo di Dio che s'è fatto più di Dio, dove la comunione dei beni è silenziosa, ma costante e crescente e serve a mille bisogni; dove la comunione con Cristo aumenta nel vivere la sua Parola; dove l'ansia dell'evangelizzazione infiamma i cuori.

Questi sono i nostri sacerdoti: tutt'uno col popolo di Dio, rappresentanti del popolo sull'altare, vicari di Cristo capo del suo corpo, Cristo stesso nel santo memoriale.
I nostri sacerdoti non sono che sacerdoti. E quale straordinaria avventura!


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26. SC 47-48.
27Messale della domenica, Roma 1973, pp. 441-442.




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