La nuova creazione



Il diaconato in Italia n° 192
(maggio/giugno 2015)

SCHEDA BIBLICA


La nuova creazione
di Redazione

Chi è l'uomo nuovo che stiamo cercando? L'affanno di questo post-umanesimo non può avere termine se non nella Parola che esce dalla bocca del Padre.

I cristiani e le chiese sono chiamati a edificare, per mezzo dello Spirito, l'uomo nuovo voluto da Dio in Cristo. È una verità essenziale della fede che traversa gli scritti neotestamentari, anche se in realtà è in San Paolo e nella tradizione che a lui si richiama che Cristo è presentato apertamente come il nuovo Adamo, come la realizzazione mirabile dell'uomo nuovo. Su questa umanità redenta e resa nuova in Cristo, sarebbe utile sviluppare una riflessione infrabiblica che, utilizzando in particolare le pagine del corpus paolino, permetta di esplorare il senso teologico e la portata storica di questa nuova umanità che il ministero ordinato contribuisce a impiantare e sviluppare.
La scheda biblica che qui presentiamo non ha pretese esaustive del mistero che, come cristiani, ci interpella ma ha un intento prolettico in vista di una catechesi che aspira a diventare conoscenza teologica e testimonianza matura. Naturalmente farà da filo conduttore in questo percorso tematico, ricco di citazioni e rimandi bibliche, quanto si dice espressamente dell'uomo nuovo nella Lettera agli Efesini:

Ef 4,20-24
Ma voi non così avete imparato il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l'uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità.

La centralità di Cristo, non solo qui affermata, definisce un primato dell'alto verso il basso e va da Dio all'uomo per poi distendersi orizzontalmente a tutti gli uomini e verso tutto il creato. L'iniziativa è di Dio che si rivela in una successione di tempi e di modi che da ultimo trovano la definitiva rivelazione nel Figlio «che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo» (Eb 1,1-2). Questo Figlio che «è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza che tutto sostiene con la sua parola potente», rivela e compie il progetto eterno dell'amore divino che mira a divinizzare l'uomo tratto dal fango. È a causa di questo primato teologale che l'apostolo interpreta la prima creazione in rapporto a Cristo. Lo stesso accentuato contrasto, sopra ricordato, tra l'Adamo, artefice del decadimento e della morte dell'umanità, con il nuovo e vero Adamo principio di vita e di risurrezione, serve come antitesi per evidenziare il disegno eterno di Dio che il Figlio ha portato a compimento per la purificazione e la redenzione di tutta l'umanità. Osservando più da vicino gli scritti paolini emergono due precise linee di antropologia teologica: è per l'opera di ribellione di un solo uomo, Adamo, che il peccato e la morte sono entrati nel mondo; è per l'opera di obbedienza di un solo uomo, Cristo, che la giustizia e la vita regnano nel mondo. Il presupposto ineludibile di questa visione teologica storico-salvifica, come appare da tutte le narrazioni della Bibbia, è che Dio non tratta mai con l'umanità, intesa nella sua genericità indistinta di specie, ma sempre e ogni volta per mezzo di persone concrete. Si tratta di protagonisti, religiosi e no, chiamati a svolgere una funzione di mediazione essenziale che permetta a tutti gli uomini di conoscere Dio, attraverso intermediari umani, contestuali, accessibili, per entrare in una relazione personale e vitale con Lui. Vediamone i passi biblici di riferimento sul primo Adamo:

Gen 1,26-27
Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò.

A causa del peccato di Adamo (Gen 3), la condanna ha prodotto per tutta la stirpe adamitica, uno stato di diffidenza e di rivalità con Dio che procurano all'uomo vergogna, sofferenza e morte, come ricorda l'autore della Sapienza (2,24): Ma per l'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

Bereshit
Il racconto del principio ci parla però di una lotta incessante, di un'inimicizia, di una santa inquietudine posta nella discendenza di Eva verso il serpente, che dona all'uomo speranza per un riscatto futuro che attende di essere svelato (Gen 3,15): Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno.
Paolo e i cristiani sanno che è Gesù, figlio di Adamo, secondo la carne la discendenza benedetta attesa nei secoli eterni. Tutta la stirpe adamitica tende verso Cristo, come racconta Luca nel presentarci l'inizio del ministero di Gesù, che «aveva circa trent'anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, figlio di Mattat ...», scorrendo una successione di generazioni che arriva fino al primo uomo e dunque alla stessa paternità divina: «figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio» (Lc 3, 23-38). Come vero discendente di Adamo, Gesù è passato attraverso la prova, ma là dove Adamo è caduto, Cristo ha trionfato: «E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano». Uno scenario di tentazione genesiaco, quello descritto da Marco, che più dei racconti di Matteo e Luca, sembra fare una diretta allusione allo stato paradisiaco di Adamo in cui lo Spirito sospinge Gesù.
Alla luce di questo accostamento Paolo, nella Lettera ai Romani, affronta una serie di controversie che, approfondendo il confronto tra il vecchio e il nuovo Adamo, apportano nuova comprensione al disegno divino di salvezza.

Rm 5,12-14
Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato... Fino alla Legge infatti c'era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.

L'apostolo, con un ragionamento appassionato e stringente, argomenta che l'obbedienza di Cristo riscatta la disobbedienza di Adamo, puntualizzando che, se la morte aveva regnato anche prima di Mosè, e cioè quando non vi erano ancora l'alleanza del Sinai e la Legge (e dunque non c'era nemmeno la colpa della trasgressione), ciò era potuto avvenire perché Adamo aveva commesso una colpa che aveva coinvolto tutti i suoi discendenti (13-14). Se per effetto di un solo peccato, la condanna aveva compromesso tutto il genere umano, Dio, nella giustizia della sua economia salvifica, doveva realizzare quel riscatto, quella redenzione che aveva promesso in principio e che i profeti non avevano cessato di annunciare:

Is 55,10-11
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata.

Il Dio fedele, dando compimento al suo disegno di giustizia, laddove prima era abbondato il peccato ha fatto sovrabbondare una grazia di salvezza. E come per la caduta di uno solo tutti gli uomini peccatori sono stati costituiti peccatori, per mezzo del solo Gesù Cristo tutti saranno costituiti giusti.

Rm 5,15-21
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La Legge poi sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.

Sempre sul confronto tra il primo Adamo e l'uomo nuovo rivelato in Cristo, Paolo s'impegna in un'altra controversia riguardo alla risurrezione dai morti, dove afferma che come all'origine della morte c'è un uomo: Adamo; allo stesso modo all'origine della risurrezione dai morti c'è un uomo: Cristo.

1Cor 15,21-22
Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.

Un confronto che, sempre nella stessa lettera, si spinge fino a considerare la creazione come un'opera ancora in atto che sembra realizzarsi in due tempi. Al primo Adamo, uomo carnale e primizia dell'umanità animale, succede il Signore risorto, primizia della nuova umanità celeste.

1Cor 15,45-49
Sta scritto infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datare di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l'uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste.

In questa prospettiva escatologica la risurrezione di Cristo è sovente presentata da Paolo come la creazione di un uomo nuovo per mezzo dello Spirito: «Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione» (Col 1,15). Immagine che non può essere contemplata da quelli che, increduli, perché accecati nella loro mente dal dio di questo mondo, non possono vedere «lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio» (2Cor 4,4). Il parallelo istituito tra Adamo e Cristo ha fatto emergere il contrasto tra il vecchio uomo, la cui natura è sottomessa al peccato e corrotta dalle passioni ingannevoli, e l'uomo nuovo, la cui natura è rinnovata da Cristo, il tema della nuova nascita. È una creazione che rinnova lo spirito della mente «per rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Ef 4,22-24), facendo conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, ricolmando così l'uomo di tutta la pienezza di Dio:

Ef 3,14-19
Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell'uomo interiore mediante il suo Spirito. Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e di conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Svestirsi «dell'uomo vecchio con le sue azioni», per rivestirsi dell'uomo nuovo «che si rinnova per una piena conoscenza, a immagine di Colui che lo ha creato» (Col 3,9-10), introduce un'altra comparazione tra Adamo e Cristo. È il tema dell'unione matrimoniale dove opera un confronto implicito ma sicuro tra lo stupore del primo uomo davanti alla donna che gli fa dire sei «osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne» (Gen 2,24) e l'unione di Cristo, vero Adamo, con la sua Chiesa, vera Eva, da lui tratta e generata nel parto della croce secondo la testimonianza del discepolo (cf. Gv 19,34).

In Paolo la considerazione della morte di Cristo non si sofferma sui sacramenti fontali della salvezza, ma si spinge fino a considerare il grande mistero dell'unione sponsale di Cristo con l'umanità redenta della sua Chiesa:

Ef 5,31-32
Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

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