Tempo ordinario (C) [2] - 2016

Parola che si fa vita

Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)

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Santissima Trinità (22 maggio 2016)
Lo Spirito Santo prenderà del mio e ve lo annuncerà (Gv 16,15)

Corpus Domini (29 maggio 2016)
Tutti mangiarono a sazietà (Lc 9,17)

10adomenica del tempo ordinario (5 giugno 2016)
Egli lo restituì a sua madre (Lc 7,15)

11adomenica del tempo ordinario (12 giugno 2016)
Sono perdonati i suoi peccati, perché ha molto amato (Lc 7,47)

12adomenica del tempo ordinario (19 giugno 2016)
Ma voi, chi dite che io sia? (Lc 9,20)

13a domenica del tempo ordinario (26 giugno 2016)
E si misero in cammino verso un altro villaggio (Lc 9,56)

14a domenica del tempo ordinario (3 luglio 2016)
Pregate il Signore della messe (Lc 10,2)

15a domenica del tempo ordinario (10 luglio 2016)
Gli si fece vicino (Lc 10,34)

16a domenica del tempo ordinario (17 luglio 2016)
Marta lo ospitò (Lc 10,38)

17a domenica del tempo ordinario (24 luglio 2016)
Quando pregate dite: Padre (Lc 11,2)

18a domenica del tempo ordinario (31 luglio 2016)
La vita non dipende da ciò che si possiede (Lc 12,15)

19a domenica del tempo ordinario (7 agosto 2016)
Anche voi tenetevi pronti (Lc 12,40)

20a domenica del tempo ordinario (14 agosto 2016)
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49)

21a domenica del tempo ordinario (21 agosto 2016)
Vi sono ultimi che saranno primi (Lc 13,30)

22a domenica del tempo ordinario (28 agosto 2016)
Chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11)

23a domenica del tempo ordinario (4 settembre 2016)
Se uno viene a me e non mi ama più della propria vita… (Lc 14,26)

24a domenica del tempo ordinario (11 settembre 2016)
Mi alzerò e andrò da mio padre (Lc 15,18)

25a domenica del tempo ordinario (18 settembre 2016)
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)

26a domenica del tempo ordinario (25 settembre 2016)
Un povero stava alla porta di un uomo ricco… (cf Lc 16,20)

27a domenica del tempo ordinario (2 ottobre 2016)
Se aveste fede quanto un granello di senape… (Lc 17,6)

28a domenica del tempo ordinario (9 ottobre 2016)
Uno tornò indietro lodando Dio! (Lc 17,15)

29a domenica del tempo ordinario (16 ottobre 2016)
È necessario pregare sempre (cf Lc 18,1)

30a domenica del tempo ordinario (23 ottobre 2016)
O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)

31a domenica del tempo ordinario (30 ottobre 2016)
Zaccheo, oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)

Tutti i Santi (1° novembre 2016)
Beati i misericordiosi (Mt 5,7)

32a domenica del tempo ordinario (6 novembre 2016)
Tutti vivono per lui (Lc 20,38)

33a domenica del tempo ordinario (13 novembre 2016)
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,19)

Cristo Re - 34a domenica del T. O. (20 novembre 2016)
Gesù, ricordati di me… (Lc 23,42)



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Santissima Trinità (22 maggio 2016)
Lo Spirito Santo prenderà del mio e ve lo annuncerà (Gv 16,15)

Il vangelo scelto per la liturgia di questa domenica, festa della Santissima Trinità, costituisce un breve frammento del lungo discorso di addio pronunciato da Gesù. Egli più volte ha promesso il dono dello Spirito: sarà lo Spirito di Verità, il Consolatore, Colui che renderà i discepoli capaci di dare testimonianza.
Nel brano odierno Gesù descrive l'azione dello Spirito all'interno della comunità. Egli prosegue l'opera di Gesù, succedendogli nella sua funzione di rivelatore. Con la venuta dello Spirito sarà possibile ai credenti una penetrazione più profonda del contenuto della rivelazione. Lo Spirito non ci porta qualcosa di nuovo, ma aiuta il credente a mantenersi saldo in quanto Gesù ci ha donato, a comprendere le nuove sfide che l'annunzio del vangelo via via incontrerà e a trovare una risposta alla luce della fede nel Risorto. Lo Spirito ci annuncerà sempre di nuovo il mistero di Gesù, fino ad imprimerlo nel nostro cuore e a farci suo ricordo vivente. Impariamo ad ascoltare con sempre maggiore assiduità la voce dello Spirito che parla in noi.

Testimonianza di Parola vissuta

LA TRAPPOLA

Da più di un anno mia suocera vive con noi. Un giorno mi sono resa conto che stavo ad osservare quanto limitasse la nostra libertà piuttosto che rispettarla come è giusto. Ho capito che dovevo cambiare atteggiamento e così mi sono rivolta a lei con affetto, le ho suggerito dove poteva fare delle compere che le stavano a cuore, eccetera. Per me è stato come uscire da una trappola. L'amore vero non può pensare troppo, fare dei calcoli. Bisogna prendere l'iniziativa. Insomma, ho ritrovato una nuova libertà.

M.S., Italia

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Corpus Domini (29 maggio 2016)
Tutti mangiarono a sazietà (Lc 9,17)

L'attività del Maestro riempie tutto il giorno e giunge la sera. Gli apostoli espongono a Gesù la loro preoccupazione per la folla, l'alloggio per la notte e il sostentamento. Gesù invece li coinvolge direttamente e li chiama a collaborare alla sua opera: essi distribuiranno alla folla il dono abbondante offerto da Lui stesso.
Non è il denaro, non è lo sforzo o la ricerca umana, ma la parola di Gesù a generare l'abbondanza. Quel pane moltiplicato è segno dell'Eucaristia: Gesù ci dà il Suo corpo perché nella nostra vita scorra la Sua vita, nel nostro cuore metta radici il Suo coraggio e quel miracolo che è la gratuità. Gesù ci dona il suo corpo perché vuole anche farci attenti al corpo dei fratelli. Ricordandoci che legge dell'esistenza è il dono di sé come ha fatto Lui. E questo sarà anche la nostra sazietà. Quando vivremo così sentiremo di vivere una vita piena, perché solo il dono sazia. Uniti al Corpo donato di Gesù entriamo anche noi nello stile del dono. E viviamo di questo.

Testimonianza di Parola vissuta

"DIO MI AIUTERÀ"

Quando mi sono ammalata i miei genitori erano molto preoccupati e avevano deciso di portarmi dallo stregone. Io mi sono opposta: "Io credo in Dio e lui mi aiuterà" ho detto. Pregavo, il tempo passava senza alcun miglioramento. Mio padre doveva partire per lavoro, la mamma sarebbe andata via con lui. Prima di andarsene, mi ha lasciato i soldi per il vitto mio e dei miei fratelli. Era tutto quanto poteva lasciarci ma troppo poco per potermi anche curare.
Nel frattempo la malattia peggiorò, avevo paura e non sapevo cosa fare. Sarei dovuta andare dal medico ma con i pochi soldi lasciati da mio padre non era possibile. Pregai con i miei fratelli, non trovando soluzioni, poi ricordai una frase del Vangelo: "Cercate il regno di Dio e la sua giustizia, il resto vi sarà dato…".
Cercando di fare tutta la mia parte trovai il coraggio di prendere tutti i soldi e di andare dal medico, un amico di mio padre che mi conosceva. Mi visita, mi prescrive delle analisi il cui costo supera abbondantemente tutto quello che ho. Ripenso alla frase del Vangelo e le vado a fare. Quando vado a ritirarle il medico mi sorride, mi dice che è tutto gratis e mi regala anche le medicine di cui ho bisogno. Che gioia, potevo curarmi e avevo ancor i soldi per il cibo fino al ritorno di mio padre. Mi sono curata, sono guarita, ringrazio Dio.

E.W., Costa d'Avorio

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10adomenica del tempo ordinario (5 giugno 2016)
Egli lo restituì a sua madre (Lc 7,15)

Il brano di oggi, nel vangelo di Luca, si inserisce in un contesto ampio che prepara il lettore a rispondere alla domanda posta da Gesù: "Ma voi chi dite che io sia?". La risurrezione del figlio di una vedova è preceduta dal racconto della guarigione del servo di un centurione che "stava per morire". L'identità dei due protagonisti, un uomo e una donna, un pagano e una israelita, evidenzia l'universalità dell'azione salvifica di Gesù. Essi dal Maestro sono posti al centro della scena: Gesù loda il centurione pagano; e strappa il ragazzo dalla morte, mosso a compassione dal dolore di una madre.
Nell'episodio di questa domenica Gesù è il protagonista ed ogni azione è riferita a Lui: Egli vede, dice, si avvicina, tocca.
Attraverso il suo sguardo possiamo penetrare nel cuore degli altri personaggi, per incontrare le lacrime di una mamma e conoscere la giovane età del morto. Gesù "vede" la donna, comprende il suo dolore di madre ed agisce. Chiede alla donna di non piangere; si avvicina e tocca la bara. Parla comandando al morto di alzarsi e lo restituisce alla donna che diventa nuovamente madre. Lei riaccoglie come figlio il giovane la cui vita non viene più da lei, ma dal Signore, dal Creatore. Gesù ci offre una lezione di umanità straordinaria e quanto mai necessaria per la nostra società. Viviamo in questa settimana l' "ama il prossimo tuo come te stesso".

Testimonianza di Parola vissuta

PRECIOUS (PREZIOSO)

Sto seduta alla mia scrivania, in ufficio, sono quasi le otto e trenta, fra poco arriva il pubblico. La sala d'aspetto si sta riempiendo di persone, di gente che ha perso il lavoro, di disperati, di disillusi. Un pubblico difficile, un pubblico maltrattato dalla vita che si aspetta un miracolo da te che sei aldilà della barricata. E tu quasi sempre sei impotente, imbrigliata nelle procedure burocratiche…
Si avvicina una ragazza di colore, giovane, esile, non avrà più di vent'anni, folti capelli neri, occhi nerissimi. Si siede, apre una cartellina e mi porge una serie di documenti per poter ottenere l'iscrizione. Dai documenti capisco subito che è una "profuga" , arrivata dal mare da pochi mesi, da un Paese africano. La guardo. È seria, composta, dignitosa, giovanissima. Poche parole in italiano, impaurita ma piena di speranze... Si chiama Precious. Prezioso. Nell'esaminare le carte mi accorgo che non posso iscriverla, una frase sul verbale mi mette in difficoltà, non corrisponde alle nostre regole. Le dico: "Non posso iscriverti" e lei già in apprensione, con un filo di voce mi risponde: "Ma io devo iscrivermi sennò non posso stare qua... Ti prego signora!". "Non posso Precious, non posso davvero, mi spiace. Non dipende da me, ma questa dicitura sui documenti...". "Oh no, signora, ti prego, non mandarmi via! Mi hanno detto che devo...". "Quanti anni hai?". "Ventidue. Sono con mio fratello. Siamo scappati da guerre... mia famiglia è in Africa, lontano... non so come fare...". Rinuncia, abbassa lo sguardo in silenzio, non parla più. Le vedo due grosse lacrime scivolare lungo le guance. Calde e devastanti. La guardo sconcertata, inerme, emozionata e in quel preciso momento riesco davvero a comprendere tutta la disperazione ed il dolore che queste persone hanno dentro di loro. Mi commuovo e mi torna in mente una poesia studiata a scuola "...Povera gente! Lontana dai suoi, in un paese che le vuol male..."
"Non piangere Precious, vedrai che sistemiamo le cose, stai tranquilla, ti aiuto!". Piange piano, sommessamente, con dignità, quasi per non disturbare... Alzo il telefono, alcuni scambi di informazioni, fax di chiarimenti, poi finalmente, dopo un po', guardo la ragazza davanti a me che aspetta sfinita e provata: "Dai, tutto a posto. Possiamo fare!". Lei alza gli occhi lucidi e tristi, quegli occhi che già tante tragedie hanno visto, asciuga con la mano la guancia bagnata, mi guarda piena di sofferenza: "Grazie. Tu sei buona...".
Basta così poco...

Patrizia

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11a domenica del tempo ordinario (12 giugno 2016)
Sono perdonati i suoi peccati, perché ha molto amato (Lc 7,47)

Il vangelo di questa domenica ci mostra il vero cuore di Gesù. Non soltanto annuncia la misericordia di Dio, così come avevano fatto i profeti, ma si mostra più che un profeta: alla donna, che tutti conoscevano come peccatrice, egli dichiara: "Ti sono perdonati i tuoi peccati. La tua fede ti ha salvata". Gesù stesso in questo gesto si rivela come la misericordia di Dio fatta carne.
Quella donna trova il coraggio di porre ai piedi di Gesù tutta la propria vita carica di miseria, di dare sfogo a lacrime che confessano sofferenza e frustrazioni, di invocare liberazione e salvezza da "Colui che può perdonare i peccati". E Gesù perdona: "sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato": Non è l'amore della donna ad ottenere il perdono; ma le sue lacrime e le sue effusioni affettuose testimoniano che qualcosa è già avvenuto nella sua coscienza. A salvare la donna è la sua "fede": ella non ha meritato più del fariseo, ma più di lui ha capito di essere di fronte a Colui che può rimettere i peccati e a Lui si è abbandonata con fiducia. L'amore ti proietta fuori di te e crea dentro di te il vuoto che chiama la pienezza di Dio. Facciamo della nostra vita un continuo atto di amore. Questo dice Gesù a ciascuno di noi, come quel giorno al fariseo.

Testimonianza di Parola vissuta

ACCOGLIERSI PER DIMENTICARE IL BUIO DEL CUORE

Sposati giovanissimi, tre figli subito e poi… La routine e i ritmi di lavoro sempre più intensi, hanno steso una cortina di incomunicabilità sul matrimonio di Giovanni e Francesca, cinquantenni residenti in una cittadina del Nord Italia. Per un po' hanno tirato avanti, vivacchiando alla meno peggio, finché un giorno lui ha incontrato un'altra donna, incominciando a frequentarla. "Mi sentivo nuovamente pieno di vita e, finalmente, libero", ricorda Giovanni. Per qualche tempo la relazione clandestina va avanti, finché un giorno Francesca non scopre tutto e decide di farla finita con Giovanni, nonostante un matrimonio ultraventennale. "Il mondo è crollato – ricorda con dolore Francesca -. Mi sentivo lacerata, insultata come donna e come moglie".
Quando ormai le carte per la separazione erano pronte, dietro consiglio del parroco e di una coppia di amici, Giovanni e Francesca decidono di riprovarci e si rivolgono a Retrouvaille (un gruppo di sostegno familiare). "All'inizio non ci credevo molto – confessa Giovanni - e ho accettato di partecipare solo perché volevo farmi perdonare da mia moglie per tutto il dolore che le avevo procurato".
I coniugi partecipano così al week end, durante il quale, tra tante lacrime, si dicono parole che da troppi anni non si dicevano più. "È stato durante quelle due giornate che ho incomin-ciato a pensare che forse la Resurrezione poteva esserci anche per noi", aggiunge Francesca. Impegnata in un difficile cammino di perdono e di riconciliazione con il marito. "Faccio tanta fatica perché non sono né una santa né un'eroina", ammette, confermando però l'intenzione di proseguire con maggiore convinzione. "Ora ci prendiamo per mano e cerchiamo ogni giorno con l'aiuto di Dio di perdonare noi stessi e di perdonarci l'un l'altra del male che consapevolmente o senza una vera coscienza ci siamo inferti", concludono Giovanni e Francesca. Che, al termine del percorso, si sono messi a disposizione di Retrouvaille per aiutare altre coppie in crisi, condividendo la propria esperienza di dolore e di rinascita.

Paolo Ferrario, da "Avvenire"

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12a domenica del tempo ordinario (19 giugno 2016)
Ma voi, chi dite che io sia? (Lc 9,20)

Piano piano Luca conduce il lettore alla scoperta di chi è Gesù. Un primo chiarimento esplicito è riservato alla sola cerchia dei più stretti collaboratori. L'evangelista colloca la domanda di Gesù entro lo spazio sacro della preghiera. Quella dell'orazione è una situa-zione alla quale Luca collega volentieri alcuni momenti decisivi della vita di Gesù. A dirci che nella vita ci sono domande che solo nel dialogo a tu per tu con il Padre possono conoscere una risposta esauriente.
"Ma voi chi dite che io sia?". "Ma voi": solo al discepolo, formato dalla comunione di vita con Gesù, si apre la possibilità di comprensione che supera l'opinione comune. Sentiamo questa domanda rivolta a ciascuno: Chi sono io per te? È importante dare una risposta personale. Lo sappiamo: amiamo ciò che conosciamo. E più conosciamo, più abbiamo la possibilità di amare. Se vogliamo amare e seguire Gesù è importante conoscerlo, avere un rapporto personale, diretto e profondo con Lui. Non possiamo conoscerlo solo "per sentito dire" o attraverso resoconti più o meno veritieri. In questa settimana viviamo l'impegno di non rifuggire dalla fatica di ritirarsi un po' in solitudine e preghiera per dare una risposta personale alla sua domanda.

Testimonianza di Parola vissuta

CREDO E PREGO

Da piccolo ho imparato le preghiere dalla mia nonna materna con cui stavo durante il giorno mentre i miei genitori lavoravano. Dopo avere fatto colazione ci rivolgevamo al crocifisso appeso in cucina e recitavamo le preghiere. Ovviamente non capivo chi fosse Gesù ma mia nonna mi diceva che era buono. Sono quindi cresciuto sentendo parlare di Gesù.
In seconda superiore un mio compagno di scuola è tornato dalle vacanze cambiato, era più simpatico, più contento, più vero ed era bello stare con lui. Gli ho chiesto cosa aveva fatto durante l'estate e mi ha detto che era stato in vacanza con un gruppo di amici che facevano parte di un Movimento ecclesiale. Avevo dei pregiudizi verso questo Movimento però mi sono detto: "Voglio anch'io essere come lui" e l'estate successiva ho voluto andare in vacanza con loro. Così ho incontrato Gesù Cristo in un gruppo di amici che mettevano Gesù Cristo al centro del loro rapporto di amicizia. Sono rimasto con loro fino ad oggi e giorno dopo giorno sono diventato più certo di Gesù e la mia fede è cresciuta fino a riconoscere che Gesù Cristo è la consistenza ultima della realtà e a desiderare che tutti lo possano conoscere.
La mattina appena mi sveglio, il primo pensiero va a Gesù e prego per mia moglie e i miei figli. Le volte che mi alzo presto per andare a correre al parco prima del lavoro, recito il rosario secondo le intenzioni del Papa o per le varie persone che sono particolarmente in difficoltà. La mia fede in Gesù mi fa chiedere che io e le persone per cui prego possiamo riconoscere i segni della sua presenza e fare la sua volontà. Quando le giornate iniziano così, faccio le cose di sempre ma in modo diverso e sono più lieto anche nelle difficoltà. Quando cado nei miei sbagli, so che a Gesù posso sempre chiedergli perdono nella confessione e continuare a riceverlo nella Comunione.
Rispetto ai miei figli il desiderio mio e di mia moglie è che incontrino Gesù e cerco di fare tutto quello che posso perché siano attenti, disponibili e liberi di riconoscerlo ed amarlo.

Gaetano, Italia

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13a domenica del tempo ordinario (26 giugno 2016)
E si misero in cammino verso un altro villaggio (Lc 9,56)

Gesù aveva cominciato il suo ministero pubblico nella sinagoga di Nazareth dove era stato rifiutato dai suoi concittadini. Anche qui, all'inizio del viaggio verso Gerusalemme dove avrebbe portato a compimento la sua missione con la morte e risurrezione, Gesù non è accolto. Questo rifiuto in un villaggio della Samaria suscita la reazione degli apostoli, che vorrebbero la punizione divina per quegli abitanti. Gesù però smaschera il loro atteggiamento perché coglie in esso una logica di vendetta e di rivalità. Certo in Gesù si rivela la potenza di Dio, ma è la potenza dell'amore, non della sopraffazione; dell'amore che accetta di passare attraverso la sofferenza per offrire il perdono.
Gesù si mette in cammino verso un altro villaggio perché c'è sempre un'altra casa a cui bussare, un altro paese da attraversare, un'altra possibilità per annunciare, un'altra occasione per amare. Una difficoltà ti ha bloccato; riparti, ricomincia: c'è un nuovo terreno per altre semine, ci saranno nuove vite da guarire e da amare.

Testimonianza di Parola vissuta

ATEO IL MIO MIGLIORE AMICO

Il mio amico migliore si riteneva ateo; nei suoi discorsi, nel suo modo di pensare non c'era traccia di Dio. Mi faceva molto soffrire questo suo modo di essere. Parlandone con altri amici, ho capito di dover puntare soprattutto a volergli bene, senza cercare di convertirlo. Tante le occasioni: aiuto nello studio, parlare con lui di cose che gli interessavano e soprattutto pregare.
Un giorno, con mia grande sorpresa, l'ho trovato in chiesa. All'uscita mi ha confidato che quella mattina gli era venuto il desiderio di andare alla Messa e inoltre mi chiedeva di accompagnarlo un giorno a confessarsi. Mi sono accorto alla fine che non solo lui si era avvicinato a Dio ma anch'io, grazie e a lui.

M.Z., Italia

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14a domenica del tempo ordinario (3 luglio 2016)
Pregate il Signore della messe (Lc 10,2)

Il brano liturgico, tratto dal capitolo 10 del vangelo di Luca, ci fa conoscere l'invio dei discepoli e il loro ritorno da Gesù.
Luca, che ha già raccontato l'invio missionario dei dodici, riporta ora un secondo invio, quello di altri settantadue discepoli, per farci comprendere l'importanza della missione. E Luca ci tiene a sottolineare che la missione non è frutto di decisioni o impegni umani. Il primo responsabile è il Padre: a Lui per primo sta a cuore la salvezza degli uomini; è Lui a suscitare gli annunciatori del regno. Per questo la prima regola che Gesù consegna al missionario è una grande fiducia nel "Signore della messe", che è necessario pregare. A ricordarci che siamo dei mandati.
La preghiera e la conseguente fiducia nel Padre celeste ci liberano da ogni presunzione: l'affermarsi e il diffondersi del Regno non dipendono dalla nostra bravura. Ciò che Gesù chiede a noi testimoni è portare la Buona Notizia che Dio in Gesù si è fatto vicino come padre e pastore e si prende a cuore la vita di ciascuno dei suoi figli. La missione è opera innanzitutto divina. Noi siamo i collaboratori.
Papa Francesco ci ricorda e ci invita spesso ad essere "Chiesa in uscita". Cerchiamo in questa settimana di vivere la gioia di essere cristiani e chiediamo al Padre di poter essere testimoni credibili del suo amore.

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15a domenica del tempo ordinario (10 luglio 2016)
Gli si fece vicino (Lc 10,34)

La parola di Dio ci fa conoscere un Dio che si è fatto vicino alla sua creatura in molti modi. Prima con la Parola: "questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica" (Dt 30,14).
Per noi cristiani la parola per eccellenza a noi rivolta è Gesù. Egli si è fatto uno di noi, ha camminato per le nostre strade. Il suo esempio ci mostra in quale direzione noi possiamo camminare per diventare giusti agli occhi di Dio e per poterlo incontrare nella nostra vita.
La parabola del Samaritano buono ci propone il centro del vangelo di Gesù: solo nell'amore possiamo incontrare Dio. Ma che cosa significa amare? La descrizione del comportamento del Samaritano è accurata. Si mette in luce sia il movimento interiore (ne ebbe compassione) sia quello concreto esteriore. In fondo il Samaritano ama come Gesù, che rivela l'amore di Dio. Quindi noi che ascoltiamo siamo invitati a diventare imitatori della passione di Dio per la sua creatura, che si manifesta in Gesù. La sua è una passione operosa descritta nella parabola con una "cascata" di verbi che parlano non solo delle sue cure, ma anche della passione che le anima: "gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo, si prese cura di lui".
Cristo è il nostro modello perché Lui è la via dell'amore. Lui si è fatto vicino a ciascuno con tutto se stesso. Anche noi facciamo altrettanto.

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16a domenica del tempo ordinario (17 luglio 2016)
Marta lo ospitò (Lc 10,38)

La liturgia della parola invita ad ospitare Dio nella propria vita. E Gesù si fece nostro ospite. Accoglierlo e ascoltarlo è segno della disponibilità della fede. Chi non lo accoglie non ha la possibilità di trasformare la sua vita, di convertirsi a Lui e di contribuire a generare un popolo nuovo. Marta e Maria nel vangelo di oggi, sono per noi modelli dell'essere discepoli: accolgono il Signore nella loro casa, ospitali e ascoltatrici attente.
Lungo la strada che conduce a Gerusalemme, verso la sua passione, Gesù viene ospitato in una casa amica. È la prima accoglienza ospitale durante un viaggio iniziato con un rifiuto da parte dei Samaritani. Le due sorelle appartengono ad una famiglia amica che ospitava Gesù e i suoi discepoli nel loro andare verso Gerusalemme. Marta accoglie, ospita Gesù anche se poi rischia, travolta dall'agitazione e dall'inquietudine, di non accorgersi che egli è già presente.
Marta, che manifesta la gioia per l'eccezionale visita del Signore mediante le molteplici cure del servizio, è modello per i credenti che in ogni tempo e situazione della storia continuano ad impegnare le proprie forze nella "fantasia della carità". È una scelta quella di Marta, che la avvicina allo stile stesso di Gesù che è venuto per servire e che ha riassunto la sua parola nel comandamento dell'amore.
Dio bussa alla vita degli uomini e si fa vivo in tante modalità e occasioni, attese o imprevedibili, attraverso eventi della vita o persone che si incontrano, attraverso situazioni personali o fatti della storia. A noi spetta essere accoglienti in modo da riconoscere la sua presenza nel quotidiano.

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17a domenica del tempo ordinario (24 luglio 2016)
Quando pregate dite: Padre (Lc 11,2)

La parola di questa domenica ci invita a riflettere sulla preghiera, quale forza della vita di fede. La preghiera è forza di Dio in noi perché è relazione, è dialogo con Dio.
Sappiamo dal vangelo che Gesù si ritirava spesso in prolungata orazione personale e silenziosa. Sollecitato dalla domanda di uno dei suoi discepoli, Gesù insegna il suo "stile" di preghiera. Lo fa insegnando il Padre nostro.
Se noi guardiamo i vangeli, troviamo questa preghiera in due versioni differenti. Ma la sua novità non va cercata tanto nelle formule usate, quanto nel fatto che essa presenta un modello di fede vissuta e osservata dal Maestro, un concentrato del suo insegnamento sulla preghiera.
Il nome "Padre" che introduce le cinque brevi richieste è come il portale di ingresso di questa straordinaria preghiera. Esso mette, chi la fa propria, in totale libertà, fiducia, confidenza e gioia davanti a Dio, di fronte al quale siamo non come una massa anonima, ma come un popolo di figli.
Possiamo chiamare Dio, in cui tutto si fonda, "amato Padre". Abbà gli possiamo dire; così fiduciosi possiamo essere, tanto è vicino a noi. Noi possiamo rivolgerci a Dio, l'infinito, il mistero dei misteri, con questa confidenza solo perché Gesù ce l'ha detto. Dio mi dice "figlio" e io lo posso chiamare "Padre", Padre buono, "papi". Nella preghiera in questa settimana partiamo da questa confidenza.

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18a domenica del tempo ordinario (31 luglio 2016)
La vita non dipende da ciò che si possiede (Lc 12,15)

Risuona nella liturgia di oggi l'invito ad abbandonare le false sicurezze, quelle legate soprattutto al possesso dei beni terreni, per cercare invece le "cose di lassù" (Col 3, 1).
Gesù oggi ci insegna che anche la gestione dei beni materiali, che coinvolge tanto profondamente la nostra vita, va costantemente verificata alla luce della buona notizia del Regno. Regno di Dio infatti significa ben più che partecipare al culto cristiano; Regno di Dio significa incontrare, fare esperienza dell'amore personale di Dio, che apre, con tutto quello che compone la vita quotidiana di ciascuno, ad ogni prossimo che incontri.
Non per nulla spesso il Regno di Dio viene presentato come un banchetto. Appunto qui si colloca l'errore del fratello e del ricco agricoltore della pagina evangelica. Tutto il loro zelo è rivolto esclusivamente a procurare i beni terreni a se stessi e questa è cupidigia.
Gesù non disprezza la ricchezza. Sappiamo dal vangelo come Gesù stava con tutti, anche con i ricchi. Oggi Gesù però ci mette in guardia contro il desiderio di possedere sempre più beni e ricchezze. Non sono essi a garantire il senso e la verità della vita. Ma è la nostra apertura e relazione con Dio e con il prossimo.
Ogni giorno incontriamo occasioni nelle quali possiamo aiutare una persona. Ma sapremo coglierle se ci alleniamo a prestare attenzione alla vita e alle necessità del nostro prossimo, che vogliamo trattare da fratello.

Testimonianza di Parola vissuta

L'INCIDENTE

Qualche settimana fa, Franco ha avuto un incidente automobilistico che ha coinvolto un'altra vettura. Un nostro conoscente, che sa che stiamo per sposarci e conosce la nostra magra situazione economica, ci ha proposto una soluzione "originale": aggirare l'assicurazione imputando l'incidente alla sua macchina che è in rottamazione. La tentazione è stata forte; quei soldi ci sarebbero proprio serviti.
Parlandone insieme però abbiamo capito che non era onesto avvalerci di un espediente del genere, contrario ai nostri principi. Quelli non sarebbero stati soldi nostri e abbiamo detto di no.
Mio nonno, che aveva saputo dell'incidente, mi ha chiesto come avremmo fatto. Gli ho risposto che la provvidenza ci avrebbe aiutato a trovare i soldi. Il nonno, che non è proprio generosissimo, mi ha risposto: "Sono io la provvidenza!". E ha tirato fuori una bella somma.

F.G.

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19a domenica del tempo ordinario (7 agosto 2016)
Anche voi tenetevi pronti (Lc 12,40)

Il capitolo dodicesimo di Luca è un insieme di discorsi che trattano la posizione dei discepoli, noi cristiani, nel mondo. I discepoli sono incoraggiati a liberarsi dalle preoccupazioni assillanti delle ricchezze e delle sicurezze terrene e vengono spronati ad essere generosi. Il contrario del ricco sorpreso dalla morte è il servo che veglia, che amministra fedelmente e intelligentemente il bene a lui affidato.
Vegliare. La vita è una veglia, una attesa. Aspettiamo la realizzazione dei nostri piani, l'adempimento del nostro essere, il successo, la felicità, l'incontro con la persona amata.
Il vangelo di oggi ci grida la buona novella: noi aspettiamo il nostro Signore. Non è uno sconosciuto. È Colui che i vangeli ci fanno conoscere. Conosciamo quello che fa, quello che dice, quello che sente, il suo essere presente. È Gesù. Un giorno staremo a tu per tu davanti a Lui, davanti al nostro Signore e Dio, al nostro amico e fratello.
Anche noi cristiani non sappiamo quando viene, ma sappiamo che viene. Lui ce l'ha detto: "L'hai fatto a me", "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro", "Chi vede me, vede il Padre". Viviamo pronti ad accoglierlo: viene a noi nella sua Parola, nei segni efficaci dei sacramenti, nella comunità cristiana, nel più piccolo fratello. Poiché l'amiamo, siamo pronti ad accoglierlo.

Testimonianza di Parola vissuta

IL SEGRETO DELLA FELICITÀ

L'auto davanti a me sbanda, urta un muro e si capovolge. Riesco a frenare. C'è chi si ferma per soccorrere i feriti: una anziana, un bambino e un giovane. Ma nessuno vuol trasportarli in ospedale per timore di essere accusato di aver procurato l'incidente. Quanto a me, anche se la vista del sangue altre volte mi ha fatto perdere i sensi, mi faccio forza e li carico sulla mia macchina.
L'ospedale per accettarli chiede un pagamento, ma loro sono senza soldi. Firmo un assegno e mi assicuro che i feriti siano ben sistemati, felice di aver vinto la mia emotività, ma soprattutto di aver fatto qualcosa per dei fratelli.

M.S. - Argentina

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20a domenica del tempo ordinario (14 agosto 2016)
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49)

Il vangelo odierno ci presenta una figura di Gesù decisa e decisiva. Chi si unisce a Gesù, chi lo segue da vicino sperimenterà la lotta, la divisione. Spesso noi quando pensiamo a Gesù come ci viene presentato da Luca, lo pensiamo col volto della misericordia, dell'accoglienza infinita. Le parole del vangelo di oggi però non esitano a ricordarci un messaggio che sembra andare in senso contrario. "Sono venuto a gettare fuoco sulla terra", "Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, io vi dico, ma la divisione".
La pace di Gesù non è sempre gradita, non è ovvia, non è senza tensioni. Essa non è solo uno stato sociale senza guerra. La pace portata da Gesù comprende tutti i beni che rendono bella e grande una vita. E questo ci impegna a guardare ogni uomo come valore infinito, come uno che vale Dio. Per questo Gesù dice che è venuto a portare il fuoco. È il fuoco dell'amore, che ci spinge a dichiararci dalla parte di Gesù e dell'uomo, di ogni uomo.
Noi che abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo (l'amore di Dio riversato nei nostri cuori) ci sentiamo chiamati a vivere la nostra vita quotidiana come il tempo della salvezza: da ricevere e da costruire. L'amore di Gesù, che abbiamo sperimentato, è un amore dolce e sconvolgente, che fa dimenticare se stessi e prevalere l'interesse e l'amore per il prossimo. La pace non esiste senza un amore forte e appassionato. La pace che Gesù ci ha donato sta nel raccordare il proprio cuore a quello di Dio. E Dio è amore.

Testimonianza di Parola vissuta

GLI ANGELI DEL QUARTIERE

La nostra piccola comunità religiosa maschile, situata in mezza alle altre case, col suo viavai di persone non era ben vista o forse non capita, dai vicini di casa. Un giorno, mentre falciavo l'erba davanti casa nostra, ho notato che anche qualcuno di loro ne avrebbe avuto bisogno. Senza pensarci due volte, col tosaerba ho sistemato anche la loro parte. La cosa si è ripetuta, tanto da diventare naturale. Un giorno, mentre rincasavo carico di borse con la spesa, mi si è fermata accanto un'auto. Era una mia vicina che mi offriva un passaggio: «Lei non sa cosa significhi il fatto di tagliare l'erba davanti casa mia. È un lavoro che non riesco più a fare per una tremenda artrosi».
Mi sono offerto allora di darle una mano anche per il terreno dietro casa sua. Lei deve aver fatto propaganda: altri, infatti, hanno cominciato a salutarci. In quale considerazione ci tenessero ormai lo dimostra un episodio: essendo successa una disgrazia in una famiglia del vicinato, sono venuti a chiedere aiuto a noi per primi. Qualcuno ci ha definiti gli "angeli del quartiere".

T.M. - Bratislava

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21a domenica del tempo ordinario (21 agosto 2016)
Vi sono ultimi che saranno primi (Lc 13,30)

Vivere da cristiani rende la vita appassionante e impegnativa. Gesù parla di "porta stretta" per cui occorre fare un certo sforzo, impegnarsi, in una parola cambiare vita. La salvezza è dono e nello stesso tempo esige impegno e lotta. Si può "mangiare e bere con lui", ma se non ci si converte, se manca l'impegno si resta tagliati fuori e il dono passa ad altri, a quelli che ritenevamo ultimi.
Gesù prende un proverbio diffuso per vestire la sua verità. Egli risponde alla domanda "Quanti saranno salvati?" Pochi? Tanti? Rispondendo Gesù dice che il tempo non è un congegno meccanico, ma un'occasione per la tua libertà: fanne qualcosa! Il tempo è un regalo perché il futuro è aperto. Gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi.
La vita è un'avventura e l'uscita è aperta. In ultimo non ti aiuteranno né abilità né previsione, né calcolo. In ultimo ciò che importa è il tuo impegno, la tua risposta alla chiamata, la tua fede.
Gesù non si rivolge alla tua intelligenza, ma al tuo cuore. Il tempo che hai è prezioso. Più prezioso dell'oro... perché vale Dio. Vivi bene l'attimo presente. È l'unico tempo che hai a disposizione.
Santa Teresina diceva: "Tu lo sai, Signore, che per amarti non ho che adesso". Vivi ogni momento in pienezza. E lo sai: se vuoi che la vita rimanga per sempre costruisci sulla roccia della Parola e vivila nell'amore.

Testimonianza di Parola vissuta

L'AMORE VINCE TUTTO

Un giorno mia madre, riunendo noi tre figlie, ci ha detto che stava per andarsene da casa: papà beveva molto e spesso, ubriaco, la picchiava. Noi dovevamo scegliere con chi dei due rimanere. Noi non ci eravamo mai accorte di nulla, eravamo sconvolte.
Nei giorni successivi però, vedendo io il papà trasformato dall'alcool, ho avuto paura e sono partita con la mamma. Quando papà ha promesso di non bere più, siamo tornate a casa, ma il suo impegno è durato poco ed è diventato sempre più violento. Il Capodanno successivo ci ha buttate fuori di casa e, per trovare un alloggio, abbiamo dovuto sfondare il vetro della casa della nonna partita in vacanza senza lasciarci le chiavi. In quei momenti mi sono chiesta se veramente Dio era con noi. Ho capito che dovevo perdonare e cercare il bene di papà. Sapevo che l'alcool può uccidere e, temendo per la sua salute, ho cercato di convincerlo al ricovero in una clinica per alcolisti. All'inizio diceva che non gli servivano cure, poi, grazie all'aiuto di un sacerdote, ha capito di avere bisogno di aiuto. Dopo due mesi è tornato a casa. Abbiamo parlato a lungo. Temevamo il peggio, ma papà ce l'ha fatta. Da alcuni anni ormai non beve più ed in famiglia è tornata quella pace e quell'armonia così desiderata.

M.F. - Italia

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22a domenica del tempo ordinario (28 agosto 2016)
Chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11)

La partecipazione ad un banchetto offerto da uno dei capi dei farisei, dà modo a Gesù di osservare il comportamento degli invitati, in particolare la loro corsa ai primi posti, con il grosso rischio di essere rimossi all'ultimo per il sopraggiungere di personalità più ragguardevoli. Gesù prende lo spunto per proclamare quello che avrà valore alla fine: Dio umilierà i superbi e innalzerà gli umili.
Gesù ci invita a guardare alla fine perché sa che la meta dà la direzione al cammino. È importante capire e vivere la nostra vita da questo pensiero.
Ma che cosa significa umiliarsi? Innanzitutto riconoscere chi siamo: figli, infinitamente amati da Dio. E il suo amore concreto ci ha dotato di qualità. Ebbene noi siamo chiamati a viverle per gli altri. Nella semplicità e talvolta nella monotonia del quotidiano possiamo vivere "fuori di noi", nell'atteggiamento del servizio, del dono gratuito. Fare bene, con perfezione, la nostra parte. Svolgere con impegno, generosità e modestia i propri lavori.
L'umiltà è l'atteggiamento di chi si sente creato e dipendente da Dio, che sa di non essere nulla con le proprie forze; che è consapevole della propria fragilità, ma anche della sua forza, che gli è donata.
Essere umili significa aprirsi ai fratelli e sorelle, senza condizioni; significa essere accoglienti, perché tutti sono figli dell'unico Padre celeste. Significa sentirsi strumenti ("Matita" diceva Madre Teresa) nelle mani di Dio. Significa dare il primato alla coscienza, vivere in atteggiamento di attenzione e di ascolto, animati da fiducia piena in Dio, che chiama. Come Maria.

Testimonianza di Parola vissuta

TUTTO MERITO DEL VANGELO

Tornando a casa, una domenica sera, la mia attenzione tu attirata da un gruppo di ragazzi che stavano gesticolando di fronte all'entrata di un bar. Mi avvicinai per vedere cosa stesse succedendo e mi accorsi che in mezzo alla cerchia c'era un marocchino, tutto impaurito, che tentava di difendersi. Osservai meglio e capii che lo stavano prendendo in giro, qualcuno lo insultava, qualche altro voleva afferrare la sua borsa piena di accendini e di cassette per rovesciargliela.
Subito mi sentii spinto ad intervenire e con coraggio dissi a quei ragazzi di smettere. Avevo un po' di timore che avrebbero reagito anche verso di me, invece, fortunatamente, si calmarono e se ne andarono.
Ci ritrovammo soli sulla strada, il marocchino ed io. Lui si girò verso di me e mi ringraziò. Mi chiese dove avevo imparato quei principi che mi muovevano perché lui finora, nella vita, aveva trovato soltanto discriminazione verso la sua persona e verso la razza a cui apparteneva. Gli risposi che era tutto merito del Vangelo che con altri ragazzi, avevo cominciato a vivere. Il marocchino mi sorrise e poi ci salutammo. "Spero di incontrarti di nuovo" mi disse stringendomi la mano, prima di allontanarsi nel buio della strada.

Marco, 12 anni

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23a domenica del tempo ordinario (4 settembre 2016)
Se uno viene a me e non mi ama più della propria vita… (Lc 14,26)

In Gesù Dio diventa accessibile, unicamente da accogliere e da seguire. Ma per fare questo è necessario mettere in secondo piano tutto il resto, perfino i sentimenti più cari come l'amore per i propri familiari, l'attaccamento ai propri averi, la stessa vita.
Scriveva nel suo diario Dag Hammarskjold, diplomatico sve-dese per due mandati segretario generale dell'ONU, nel 1961 premio nobel per la pace alla memoria: "La cosa più meravi-gliosa che si può raggiungere in questa vita è tacere, lasciar fare e parlare a Dio". Cristo era una realtà nella vita di quest'uomo politico. Egli visse dell'unione con Lui: cosciente del proprio dovere, amabile, rassegnato e felice. Realizzò la sequela di Cristo da uomo politico.
Entusiasmo per Cristo e desiderio e impegno a diventare simili a Lui.
Vivere nell'unione con Dio, essere servi di tutti, sempre pronti al perdono, dare ogni volta una nuova opportunità a ognuno, abbattere le frontiere e i muri tra gli uomini, percorrere la strada della croce.
Queste parole di Gesù non sono rivolte a qualcuno, ma a tutti. Poi ciascuno è chiamato a viverle nella sua condizione e nel suo tempo. Gesù ci chiede un duplice atteggiamento: un grande amore per Lui e una grande capacità di distacco. In questa settimana proviamo a mettere davanti ad ogni azione, da quelle più semplici a quelle più impegnative, un "per te, Gesù".

Testimonianza di Parola vissuta

LA STRADA PER INCONTRARE DIO

Una volta ho saputo che uno dei miei colleghi al lavoro era nel bisogno, e proprio con questa persona io ero in conflitto continuo a causa della diversità di opinioni riguardo alla situazione politica attuale e non avevo speranza che un giorno il nostro rapporto potesse migliorare.
Penso che tutti noi abbiamo sperimentato come, nelle circostanze che stiamo vivendo, i sentimenti negativi possano superare i sentimenti umani; gli amici diventano nemici; figurarsi poi i colleghi di lavoro! Senza pensarci tanto, non ho esitato ad assicurare a quest'uomo un cesto di cibo abbondante e vestiti per suo figlio neonato e stiamo cercando di trovare i soldi per l'affitto di una casa, perché lui si è dovuto spostare tante volte dalla sua zona.
Questa è solo una piccolissima esperienza per dire come il fratello sia la strada ricca per uscire da noi stessi. È lui che ci fa sentire la nostra umanità e ci fa anche avvertire la presenza di Dio dentro di noi e dentro ogni persona umana.

R.A. – Aleppo (Siria)

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24a domenica del tempo ordinario (11 settembre 2016)
Mi alzerò e andrò da mio padre (Lc 15,18)

Le letture di questa domenica sono incentrate sulla situazione di fragilità dell'uomo e sulla misericordia di Dio. Nella pagina evangelica possiamo cogliere come è Dio a perdonare il peccato e a riportarci alla comunione con sé. L'iniziativa divina appare chiara: è Lui che si mette alla ricerca della pecora, della moneta perduta, va incontro al figlio; ed è immensa la sua gioia quando può dare libero corso alla sua misericordia.
Il suo atteggiamento risulta tanto più sconcertante in quanto dimostra un amore tutto particolare per i lontani, per i peccatori: alla sola condizione che si lascino amare. Il suo desiderio è di riammetterli nell'ambito dell'intimità e della festa della famiglia.
Dio ama il peccatore: ed è perché lo ama che lo salva. Questo è il volto di Dio rivelato da Gesù.
Nella prima parte della parabola del Padre misericordioso e del figlio prodigo è dominante la figura del figlio minore. Il suo allontanarsi dalla casa paterna diventa un'illustrazione della sua decadenza morale. La lontananza è accentuata dallo sperpero del patrimonio che egli aveva ricevuto dal Padre: l'incapacità di far fruttare i beni ricevuti indica il totale fallimento dell'esperienza e sembra distruggere il legame familiare. In quella situazione "rientrò in sé": è l'inizio della conversione che nasce da una presa di coscienza della situazione. Poi essa diventa azione: "Mi alzerò e andrò da mio Padre". Da quel momento il protagonista diventa il Padre. Riempie tutti i vuoti e li colma del suo amore sovrabbondante. Appena accennato al primo passo da parte del figlio, il resto lo fa il Padre.
Il primo passo permette a Dio di essere Dio, misericordia infinita. Coltiviamo questa certezza.

Testimonianza di Parola vissuta

"HO SEGUITO L'ESEMPIO DEL FIGLIOL PRODIGO"

Davide ha trentatré anni. Romano, croce di legno appesa al collo, sta parlando davanti a un gruppo di adolescenti seduti davanti alla tenda della misericordia allestita vicino a Castel Sant'Angelo. È la tenda dedicata all'opera di misericordia "Seppellire i morti".
I ragazzi seguono la testimonianza del giovane senza fiatare, per niente distratti dal fiume di persone tutt'intorno in cammino. Davide sembra rivolgersi direttamente ai loro cuori.
Ma non è di morte fisica che sta parlando. La sua è una storia di scelte adolescenziali sbagliate e controcor-rente, di ribellioni, allontanamenti. E poi il buio, la solitudine, la perdita di tutto.
"Avevo una profonda morte dentro di me – racconta -, ero perso tra droga, sesso, trasgressione. Non avevo voglia di fare nulla". E così lascia l'università, la famiglia e si ritrova a vivere per strada. "Era andato anche all'estero, non avevo nulla, mi ritrovavo a rubare nei supermercati, frugavo persino nella spazzatura".
Poi, un giorno in Polonia, stremato dal freddo e dalla disperazione, qualcosa si fa spazio nella sua anima. "Tutto un tratto ho capito che c'è un aiuto. Che c'è Dio. Lui non ci abbandona mai. Ed è pronto a darci una vita nuova".
Ora Davide vive di nuovo a Roma, è tornato ad abbracciare la sua famiglia. "Ho un lavoro, una fidanzata, frequento la parrocchia e faccio volontariato", racconta. E davanti a quei ragazzi così attenti e vogliosi di capire, Davide li rassicura con gioia. "Noi non siamo costretti alla morte spirituale. Dio è sempre pronto a darci vita nuova".

Graziella Melina, da "Avvenire"

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25a domenica del tempo ordinario (18 settembre 2016)
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)

Quale atteggiamento deve avere il cristiano nei confronti dei beni terreni? Non bisogna innanzitutto accumulare, frodando o sfruttando il prossimo. Neppure l'inerzia va bene. Gesù nel vangelo odierno loda l'abilità del fattore, che chiama disonesto, nel trovare, in circostanze avverse, una soluzione decorosa alla propria vita; loda il suo impegno nell'affrontare una situazione nuova, a lui ostile, senza scoraggiarsi.
La sua "iniziativa" viene così proposta perché "i figli della luce" si impegnino decisamente e in modo concreto per il Regno di Dio, mettendo nella dovuta posizione di relatività le ricchezze per aderire in modo assoluto a Dio: "Non potete servire Dio e la ricchezza".
Di fronte al denaro si svela l'essere dell'uomo e si manifesta la sua capacità di resistere ai miti e idoli terreni. Dal suo uso si capisce chi sia il padrone di un individuo, se Dio o il profitto. L'alternativa non sta nel non usare i beni terreni, ma nella condivisione dei medesimi e nella solidarietà con i poveri.
I cristiani di tutti i tempi si sono trovati di fronte la problema dell'uso dei beni terreni, del potere e della ricchezza. Non esiste una ricetta per superare questo problema. Il vangelo ci dà alcune linee: vengono sempre richiesti sia il rapporto sapiente con le cose, che la distanza dal mondo.
E Gesù ci suggerisce di utilizzare i propri beni per aiutare i poveri. Ci dice anche di avere un atteggiamento di distacco, di diffidenza nei confronti della ricchezza. Questa infatti tende a divenire il tuo padrone che assorbe tempo e cuore, e diventa la tua preoccupazione.

Testimonianza di Parola vissuta

SAPER CONDIVIDERE

Nel cantiere dove lavoro ci sono tanti "stagionali". Era il giorno in cui dovevo pagare la settimana lavorativa, ma a conti fatti i soldi non erano sufficienti: così la somma disponibile era destinata agli operai fissi, mentre gli stagionali avrebbero dovuto aspettare.
Uscendo, mi sono venute incontro le mogli di questi. Dopo aver spiegato la situazione, mi son sentito dire che sarebbero rimaste lì fino a quando non le avremmo pagate, perché a casa i bambini avevano fame.
Rientrato in ufficio ho prelevato dalla mia busta paga una certa quantità di soldi, poi ho proposto agli operai che erano stati già pagati di offrire ognuno 10 boliviani, in modo da raccogliere i soldi che mancavano. Dopo un po' di esitazione, hanno accettato. Solo uno non si è mosso, ma proprio quando consegnavo i soldi alle mogli, mi ha raggiunto anche lui per darmi i suoi 10 boliviani.

F.M. - Bolivia

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26a domenica del tempo ordinario (25 settembre 2016)
Un povero stava alla porta di un uomo ricco… (cf Lc 16,20)

Anche questa domenica, come la precedente, affronta il tema della ricchezza. Il vangelo, con la parabola del ricco epulone sottolinea che non si può essere amici di Dio nell'eternità se oggi si lascia morire il proprio fratello nella miseria. Il ricco viene condannato perché, senza misericordia, ha escluso gli altri dalla partecipazione ai suoi beni, costringendoli a vivere nella povertà più estrema. Il povero viene premiato perché, nonostante l'indigenza, ha continuato a credere nella vita, è rimasto ugualmente attaccato a Dio. La morale di questo episodio evangelico è semplice: se condividi con gli altri i tuoi beni, ti salvi; se li godi da solo sei destinato alla perdizione.
Il tipo di rapporto che abbiamo con i beni terreni dà la misura della nostra solidarietà con gli altri e quindi la disponibilità alla salvezza.
Il ricco della parabola non è ingiusto, oppressore, usuraio o truffatore; ma il piacevole approfittarsi delle ricchezze nella mancanza di misericordia è la base della sua rovina. Tutto preso dai suoi beni non si è neppure accorto che davanti aveva una persona in difficoltà.
La prima parte della parabola ci invita allora ad un sapiente uso dei beni personali, che non sono solo quelli economici. Siamo amministratori.
San Luca ci dice che i beni mettono in gioco il nostro cuore. Che il nostro cuore sia attento ad ogni "altro", che è più importante di me e che è simile a Gesù, che pure ha dato tutto per gli altri.

Testimonianza di Parola vissuta

LA GENEROSITÀ È CONTAGIOSA

Vicino al rione dove ci siamo trasferiti, ho scoperto un gruppo di squallide baracche abitate. Un giorno, avendo saputo che lì c'era una famiglia in gravi difficoltà, assieme a mio marito e alle figlie sono andata a portar loro dei generi alimentari.
Sorprese e felici, quelle persone ci hanno indicato una famiglia ancora più bisognosa d loro: mancava di tutto, perfino del latte per nutrire un bambino di 15 giorni. È iniziato per noi un periodo speciale: guardare alle necessità di chi sta vicino ha cambiato il nostro modo di vivere, e non solo il nostro: altri amici, saputa la situazione, si sono offerti a collaborare.
Il giro si è allargato; una ditta ha cominciato ad offrire grosse quantità di pasta alimentare, un macellaio un certo quantitativo di carne. La generosità è contagiosa.

A. B., Italia

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27a domenica del tempo ordinario (2 ottobre 2016)
Se aveste fede quanto un granello di senape… (Lc 17,6)

La fede è l'unica via in grado di dare una risposta alle domande "ultime" della storia e al mistero di Dio. Da qui la pressante richiesta dei discepoli a Gesù: Accresci in noi la fede. Anche la più piccola espressione di fede può compiere ciò che agli uomini sembra impossibile. L'importante è che ci sia: la misura, nella risposta di Gesù, diventa un problema secondario: Se aveste fede quanto un granello di senape...
Alla fede va strettamente collegato il servizio. Si tratta di avere un atteggiamento non interessato, non fondato su prospettive di ricompensa. Ed anche la più umile fede può fare ciò che per gli uomini è impossibile, perché contiene sempre la forza di Dio. Perché la fede non è un'opinione su qualcosa; è relazione, è incontro, è un modo preciso di essere: vivere, amare, soffrire e morire come Gesù. La fede è guardare alle cose, agli avvenimenti, alle persone con lo sguardo di Dio, alla sua luce. Per questo la fede viene dalla Parola. La parola di Gesù che risuona in questa domenica ci impegna ad un esame di coscienza: su chi poniamo la nostra speranza, di chi ci fidiamo, di che cosa si alimenta la nostra esistenza.

Testimonianza di Parola vissuta

IL DOPPIO

Sono vedova e provvedo alle mie necessità con gli interessi riscossi da un piccolo conto in banca e con il minimo della pensione di mio marito. Un giorno da alcuni amici ho saputo il loro bisogno urgente di denaro. Ho pensato subito: "Voglio dare questi soldi a Gesù che me li chiede". Sapevo però che avrei dovuto prelevare la metà della somma e che gli interessi sarebbero stati dimezzati. Per di più non ero sicura che quelle persone avrebbero potuto restituire. Dopo alcuni giorni, mi chiamano dal sindacato degli ingegneri per annunciarmi che ho diritto ad un arretrato di pensione di mio marito. Quando ho ricevuto la somma, era esattamente il doppio di quella prestata.

L. V. – Libano

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28a domenica del tempo ordinario (9 ottobre 2016)
Uno tornò indietro lodando Dio! (Lc 17,15)

Incontrarsi con i profeti di Dio quando si è alla ricerca della verità e si è coscienti della propria situazione di infermità, è un momento di salvezza e di liberazione, come lo fu per Naaman (prima lettura di questa domenica) quando incontrò Eliseo. Così fu per i dieci lebbrosi del vangelo odierno quando incontrarono Gesù: in loro c'è richiesta di aiuto e inizio di fede. La lebbra era per gli Ebrei segno di condanna divina per il peccato e si traduceva nella esclusione dalla vita della collettività.
Purificando questi malati di lebbra, Gesù li reinserisce nella società e dimostra che in Lui s'è fatto presente il Regno di Dio e il superamento di ogni forma di schiavitù e di emarginazione. Con Lui Dio non è più lontano, ma per strada, in casa, nel posto di lavoro, incarnato nell'uomo; con Lui la salvezza è diventata risanamento del corpo, reinserimento nella dignità umana e nella convivenza sociale, superamento della rassegnazione e della disperazione, apertura alla speranza, ritorno alla lode di Dio. Sì, perché in Gesù è Dio che opera: chi incontra Gesù incontra Dio in modo vivo e immediato. E nasce la lode al Dio della vita.
Oggi siamo noi cristiani ad offrire a questo mondo la possibilità di incontro con Dio. Noi, come Gesù, possiamo mostrare il volto di un Dio compassionevole, accogliente e attraente perché capace di condividere. E in noi e attorno a noi nascerà la lode e il ringraziamento.

Testimonianza di Parola vissuta

A NUOVA VITA

Lavoro come medico al pronto soccorso. Una mattina sono stato chiamato a soccorrere un anziano che si era sentito male. Viveva in mezzo a tanto disordine, distrutto dal dolore per la morte dell'unico figlio in circostanze misteriose. Dopo un attimo di disorientamento (dai documenti mi ero reso conto di trovarmi davanti a una persona che, durante il regime comunista, aveva fatto tanto male alla gente), ho messo da parte ogni giudizio e mi sono impegnato ad aiutare quell'uomo sofferente e bisognoso soprattutto di affetto. Al di là di tutto, ora per me era un prossimo che Gesù mi chiedeva di amare. In ospedale, dove sono andato a trovarlo più volte, spesso mi raccontava del suo passato. Qualche volta mi è stato difficile ascoltarlo, ma quando ho potuto parlargli della mia fede, ho visto in quell'uomo accendersi una speranza: sembrava rinascesse a nuova vita.

M. U. – Repubblica Ceca

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29a domenica del tempo ordinario (16 ottobre 2016)
È necessario pregare sempre (cf Lc 18,1)

Gesù, con il racconto della vedova insistente e del giudice iniquo, vuole richiamare alla necessità della fiducia in Dio e alla costanza nella preghiera. Se perfino una persona empia è costretta a fare giustizia per l'insistente preghiera di una vittima, con quanta maggiore prontezza Dio, buono e giusto, non ascolterà la preghiera di chi lo invoca giorno e notte? La tenacia della vedova è un esempio per tutti: la fiducia e la perseveranza nel perseguire i propri progetti di giustizia vengono premiate.
Gesù ci suggerisce oggi una preghiera continua e tenace. Pregare sempre non nel senso di una preghiera cronologicamente ininterrotta, ma una preghiera dal carattere fermo e inarrendevole, senza cedere a stanchezze o scoraggiamenti. È una preghiera perseverante che nasce dalla fede; per questo è umile e nello stesso tempo insistente. Eccoci, ancora una volta, davanti ad una domanda importante: quale posto, quanto tempo riservo alla preghiera? E soprattutto, qual è la qualità della mia preghiera?

Testimonianza di Parola vissuta

IL COMPAGNO DI SCUOLA

Un giorno, un mio compagno di classe ha cominciato a buttare per aria libri e quaderni, imprecando contro Dio: "Perché non ci sei quando mi servi? Cosa stai a fare lassù?". Non capivo perché facesse così, finché ho saputo che la sua mamma doveva essere operata di cancro. Gli sono stata vicina, condividendo con lui questo grande dolore, e alla fine, insieme, abbiamo chiesto a Gesù che l'intervento andasse bene. Anche le altre compagne hanno pregato, la classe sembrava trasformata: questo episodio ci aveva reso più uniti. L'intervento poi è riuscito e tutti ne abbiamo ringraziato Dio.

J.S. - Germania

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30a domenica del tempo ordinario (23 ottobre 2016)
O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)

La descrizione del fariseo in preghiera ci presenta un uomo colto nella sua autosufficiente sicurezza davanti a Dio, nella ostentazione dei propri meriti, nella sicurezza di persona salvata perché appartenente al popolo eletto e buon osservante della legge. Il secondo uomo è un pubblicano, cioè un pubblico peccatore, che si riconosce tale e chiede pietà e perdono. Gesù, anteponendo il peccatore all'uomo giusto, manifesta un Dio diverso, che salva chi è senza sicurezze perché davanti a Lui va a mani vuote e attende solo da Lui la salvezza. Perché Lui non giudica con le misure umane, ma vede il cuore di ogni uomo. Ognuno può andare da Dio come il pubblicano o più giustamente può lasciarsi trovare da Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

AVEVO SOLDI E SUCCESSO

La ricerca del successo, della bella vita, del denaro. Ma «pur avendo tutto ciò che mi sembrava necessario, mi sentivo non amato, senza un senso per la mia vita». È la testimonianza portata da Maurizio Fratamico durante la Veglia di preghiera con Papa Francesco nella basilica di San Pietro nel maggio scorso, che con il fratello gemello Enzo, ha raccontato di una vita da animatore nei villaggi turistici, ricca di successo, donne e denaro, ma «priva di senso».
E la fede? «Nel mio passato avevo dato spazio a Dio, ma poi mi ero allontanato arrivando persino a rinnegare Gesù. Mia mamma, che ha versato molte lacrime, non ha mai smesso di pregare per me». La svolta nel marzo 2002 quando in presa all'ennesima crisi di senso, «alzai lo sguardo al cielo mentre ero in Africa e chiesi: "Se ci sei fatti vivo"». E quell'incontro arriverà una settimana dopo grazie al fratello Enzo: «Lo vidi pieno di gioia e fece fatica a dirmi che aveva "fatto esperienza dell'amore di Dio". Lo rifiutati e vidi mio fratello avvicinarsi a me piangendo e dicendomi "ti voglio bene". Ci ritrovammo abbracciati in ginocchio a recitare il Padre Nostro». Poi l'incontro con l'associazione Nuovi orizzonti di Chiara Amirante, dove «per la prima volta abbiamo iniziato un cammino dentro al nostro dolore». E ora l'ennesimo gesto d'amore di Dio «nei miei confronti: poter abbracciare papa Francesco».

da "Avvenire"

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31a domenica del tempo ordinario (30 ottobre 2016)
Zaccheo, oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)

Gesù, rompendo i costumi religiosi e sociali del tempo, si reca nella casa di un peccatore, Zaccheo, il capo dei pubblicani. Un gesto provocatorio, che suscita subito le critiche dei benpensanti. Ma l'amore divino non conosce limiti, non è prevenuto: Gesù ama l'escluso, il povero, il peccatore, li cerca e li frequenta a costo di scandalizzare i cosiddetti giusti. Il suo è un amore nuovo, diverso, in grado di salvare.
Dopo l'incontro con Gesù, Zaccheo scopre la gioia di donarsi ai bisognosi, sente che non può restare quello di prima. Chi sperimenta l'amore, non può che iniziare subito a donarlo. Accogliamo Gesù nella nostra casa: nella comunità durante la celebrazione eucaristica, nella nostra famiglia, nell'ambiente di lavoro con i colleghi, con gli amici. E scopriremo di essere cercati, di essere attesi, amati personalmente. Così il nostro cuore avvertirà il bisogno di "fare giustizia", di riparare il male commesso.

Testimonianza di Parola vissuta

LA CASETTA

Emarginato da tutti, quel vecchietto viveva allo stato primitivo con le risorse della campagna, andava vestito di stracci e rifiutava ogni aiuto estraneo tranne quello dello Stato. Un giorno assieme al parroco ci è venuta un'idea per aggirare l'intransigenza di questo fratello sofferente, pur rispettando le sue idee. Fatta riparare una casetta, d'accordo con il vigile urbano, il maresciallo dei carabinieri e il sindaco, gliela abbiamo presentata come dono ufficiale da parte dello Stato. Così, lavato e rivestito in modo decoroso, è stato aiutato a fare il trasloco nel nuovo alloggio. In seguito ci siamo occupati delle pratiche per fargli avere la pensione. Ora è seguito da alcune famiglie che gli vogliono bene.

P.G. - Italia

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Tutti i Santi (1° novembre 2016)
Beati i misericordiosi (Mt 5,7)

Tutte le donne e gli uomini di questo mondo desiderano la pace, ma fanno fatica a trovare la strada per arrivarci. Tutte le donne e gli uomini della terra desiderano la felicità, l'amore, la salute e il benessere, ma non sanno come arrivarci. Il Signore ha scritto la strada e il modo per realizzare queste aspirazioni più profonde nel cuore umano. Il vangelo di questa Solennità, che contiene il brano delle beatitudini, ce lo fa conoscere. Matteo ricorda otto beatitudini; non sono frutto dello sforzo umano, ma dono di Dio. Proclamano la sua azione in noi, rivelando la pienezza e la completezza della gioia.
Ci fermiamo brevemente su "beati i misericordiosi". Essa è l'unica beatitudine che designa sia l'atteggiamento umano che l'azione divina: dipendiamo dalla misericordia del Padre. Offrire misericordia ai fratelli è il segno che siamo stati realmente raggiunti dall'azione e dal dono di Dio. Il suo aiuto diviene efficace allorché anche noi abbiamo avuto misericordia del prossimo. Ormai verso la fine dell'anno giubilare della misericordia, vogliamo che il nostro cuore assomigli a quello di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

MANCA IL PAPÀ, MA NON L'AMORE

Dopo che mio marito ed io ci siamo separati, solo in Dio trovavo conforto. Mettere in pratica le sue parole, a cominciare da quelle che parlano di perdono, era molto difficile, ma andava fatto se volevo essere coerente. Così ho perdonato mio marito e ho incoraggiato i miei figli ad andare a trovare il loro padre. In seguito uno di loro è diventato dentista ed ha aperto uno studio nel paese dove abita suo padre. Gli ho chiesto: "E se qualcuno della sua nuova famiglia viene nel tuo ambulatorio?". Lui mi ha risposto: "Tu mi hai insegnato che Dio ama tutti". Così ha curato le figlie di suo padre.
A casa nostra manca il papà, ma io e i miei figli siamo uniti nell'amore di chi non ci tradisce mai.

L.A.S. - Filippine

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32a domenica del tempo ordinario (6 novembre 2016)
Tutti vivono per lui (Lc 20,38)

Il Dio che amiamo non è il Dio dei morti, ma dei viventi. Nella sua discussione con i sadducei, che gli hanno presentato un caso concreto sul tema della risurrezione, Gesù supera la concezione farisaica di un al di là inteso come specchio della realtà terrena. I figli della risurrezione e i figli di Dio, infatti, sono semplicemente nel mondo della vita, al riparo da tutti gli attacchi che la possono minacciare o sminuire; un mondo che si può con sicurezza affermare, ma del quale non si sa nulla, perché esula completamente dall'esperienza umana.
La motivazione di una vita che continua per sempre anche dopo la morte, la troviamo esclusivamente nella potenza di Dio e nella sua fedeltà verso le sue creature. Dio ci ama e l'amore di Dio non può venire meno, non può mai tradire. Il Dio che noi amiamo, nel quale crediamo è il Dio dei viventi. Noi viviamo in Lui per il battesimo che ci ha immersi nella vita di Dio. Come siamo immersi nell'aria, come siamo immersi nella luce, così e molto più, siamo immersi in Dio. L'aria che respiriamo ci permette di vivere; la luce ci permette di vedere; Dio ci fa vivere. È la nostra vita! Cerchiamo in questa settimana di fermarci qualche momento per prendere coscienza di questa verità: vivo per Dio. È Lui che dà senso alla mia vita. Per questo posso donare la mia vita a Lui.

Testimonianza di Parola vissuta

DIO MI HA DATO LA PACE

Mi permetto di scrivere dopo aver letto la lettera di un papà e una mamma che hanno perso la figlia. Sono una mamma che, come loro, anche se in una dinamica diversa, ha visto tornare alla "casa del Padre" il figlio di diciassette anni. Ricordo che a una persona a me cara, che aveva subìto un grave lutto e che tanto aveva pregato per la guarigione, un sacerdote gli ha detto: "Noi non abbiamo fatto nessun contratto con Dio". Quando è mancato mio figlio, io ero lontanissima da Dio, ero alle porte dell'inferno e non mi aspettavo nulla. Avevo perso tutto, la mia vita era finita lì, sotto quella terra. Io vivevo per mio figlio, era la mia vita, era la luce dei miei occhi. Eppure, ho sentito che il Signore non mi ha abbandonato. Nella sua infinita misericordia mi ha abbracciato e consolato. Mi ha dato una gioia che mi toglieva il respiro. Non mi ha tolto il dolore, ma mi ha fatto ritrovare la pace del cuore, come solo Lui sa fare. Io ora non sopravvivo a Luca, ma vivo nella gioia, perché quando c'è l'amore si desidera che l'altro sia felice. Mio figlio non vorrebbe certo una mamma triste, che passa le sue giornate aspettando di morire. La vuole, invece, come quella di sempre, che sorride, ama e vive, aspettando di raggiungerlo per sperimentare la gioia di stare insieme nella luce del Signore. Incontrare Cristo, anche se in un momento difficile, è stata l'esperienza più bella della mia vita. Ho imparato ad amarlo sulla croce del Calvario, ma anche nella trasfigurazione del monte Tabor. Così come ho appreso dire: "Sia fatta, o Signore, la tua volontà, sempre, qualunque essa sia".
Volevo infine dire a quei genitori: "Alzate gli occhi, guardate la meraviglia del cielo, esso è solo una piccola parte della grandezza di Dio, quel Dio che ha preso tra le braccia vostra figlia. Una figlia che desidera la vostra gioia in questa vita, perché vi ama e vuole solo e ancora il vostro sorriso. Vivete, non sopravvivete, così la renderete felice!".

L.C. – Brescia (da Famiglia Cristiana)

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33a domenica del tempo ordinario (13 novembre 2016)
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,19)

Gli elogi per il tempio diventano per Gesù un'occasione per annunciarne la fine e per parlare degli ultimi tempi. Pur mettendo in guardia da inopportune paure, Gesù ne rileva l'incertezza dell'ora; da qui la vigilanza contro quanti affermano di conoscere le scadenze precise. La rovina del tempio, le guerre, le calamità naturali, non devono spaventare né ingannare: sono solo segni indicativi del travaglio presente nel mondo, della transitorietà delle cose, anche di quelle che vorremmo credere intramontabili. Sono segni premonitori della fine di questo mondo e della stessa nostra esistenza terrena.
L'ora attuale è quella della fede, messa in crisi dalla persecuzione e dalla prova. Le potenze del male ricorreranno ad ogni espediente per scoraggiare i discepoli di Gesù, ma l'assistenza del Signore e la perseveranza nella sua parola saranno sicura garanzia di salvezza.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. La perseveranza cristiana non significa rassegnazione: essa imita la lunga pazienza esercitata da Dio nella vita degli uomini; è frutto della fede ed è libertà; possiede la forza di resistere con pazienza e tenacia nella prova; sa attendere il giorno di Dio lavorando ed edificando l'oggi nell'amore.

Testimonianza di Parola vissuta

L'APPALTO

Sono responsabile del settore vendite di un'impresa. Stavamo concorrendo per ottenere l'appalto di un'importante fornitura e avevamo tutte le credenziali per spuntarla: progetto, prezzo vantaggioso… Ma per ottenere l'appalto avremmo dovuto pagare una tangente. Con un collega, cristiano come me, ho deciso di non proseguire con quella trattativa, a costo di perdere una notevole percentuale sulle vendite del mese. Il mese seguente però le vendite hanno superato le proiezioni del preventivo e coperto il deficit precedente: per noi la conferma che conviene sempre fidarsi di Dio.

J. P. - Panama

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Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (20 novembre 2016)
Gesù, ricordati di me… (Lc 23,42)

Oggi nel brano evangelico incontriamo Gesù inerme e morente in croce. La sua vita non è mai stata imposizione, ma totale disponibilità, fino a sacrificarsi per attuare il piano di Dio e per la salvezza della creatura umana. Il Cristo vuole essere principio e causa di salvezza non imponendosi dall'esterno, ma suscitando un'adesione interiore libera e personale e proponendosi come punto di riferimento valido alle attese e alle richieste più profonde dell'uomo.
"Ricordati di me": quel ladrone buono intuisce che Gesù, giusto ingiustamente sofferente, entra in una regalità il cui potere va oltre la morte, ma comincia proprio da quel patibolo. Gesù sulla croce è ancora il Salvatore: Dio salva, così dice il suo nome. La salvezza viene offerta. Il ladrone prega Gesù di ricordarsi di lui (bellissima espressione che significa ridare al cuore!). Questa parola viene dalle orazioni dell'Antico Testamento. Il credente prega Dio di ricordarsi di lui. In ciò sta già la certezza di essere esauditi. È la richiesta dell'aiuto misericordioso di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

MORIRE PERDONANDO

Nell'ottobre del 1957 moriva ghigliottinato a 27 anni Jacques Fesch. Oggi è in corso il suo processo di beatificazione: eppure aveva ucciso un poliziotto dal quale era stato inseguito dopo una rapina. Chi era dunque quest'uomo braccato e graziato dall'amore di Dio, al punto da esprimere, nella notte precedente l'esecuzione, la gioiosa certezza: "Fra cinque ore vedrò Gesù"? Di origine belga, era nato a Saint-Germain-en-Laye, a ovest di Parigi. Timido e poco espansivo, ma dotato di grande sensibilità, Jacques visse una giovinezza inquieta senza il sostegno della fede (il padre era ateo e di costumi alquanto liberi; la madre, incapace di mitigare l'influsso negativo del marito). Per evadere da una società corrotta, progettò di appropriarsi di un'ingente somma per fuggire all'estero. Una tragica fuga finita nel carcere dalla Santé. Ma lì, attraverso l'esperienza del buio, aiutato dal cappellano e dal suo avvocato, ritrovò la fede. Il suo Giornale intimo, dedicato alla figlioletta Véronique, ne testimonia l'ascesa spirituale. Morì perdonando, con l'animo leggero di chi si sa amato da Dio.


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