I Domenica di Avvento (C)


ANNO C - 29 novembre 2015
I Domenica di Avvento

Ger 33,14-16
1Ts 3,12-4,2
Lc 21,25-28.34-36
(Visualizza i brani delle Letture)


UN GERMOGLIO
PIENO DI PROMESSE

L'Avvento si apre con l'immagine del germoglio, evocato dal profeta Geremia, simbolo del re, che nascerà dalla dinastia di Davide; le sue caratteristiche sono la legittimità, il diritto e la giustizia. Il germoglio è il re discendente legittimo di Davide. Legittimo non solo per discendenza, ma anche per le azioni che compie. Le sue azioni rendono a tal punto presente la giustizia di Dio, che la sua capitale sarà chiamata "Signore nostra giustizia".
Il germoglio della storia è la giustizia; la realizzazione di ogni speranza passa attraverso l'impegno concreto e quotidiano per la realizzazione della giustizia, intesa come attenzione alle esigenze di Dio nella costruzione della città dell'uomo. Avvicinare il regno dell'uomo al sogno di Dio, è questa la giustizia che ogni credente desidera realizzare. Ognuno può essere il germoglio che rende presente la speranza e può manifestare la fragilità e la forza della vita che inizia.

La condizione che il tempo di Avvento suggerisce e che si respira nella liturgia è quella del germoglio pieno di promesse, simbolo di un futuro interamente nelle mani di chi lo costruisce. La seconda lettura descrive la vita del cristiano come un'attesa del Signore; non un'attesa passiva, però. Il cristiano in attesa è uno che cresce in modo impetuoso preparandosi all'incontro; cresce nell'amore verso gli altri, cresce nella santità. Questa è la regola dell'attesa, insiste Paolo, progredire. La verifica dell'attesa è la presenza dei segni della crescita, l'amore verso gli altri e l'impegno a piacere a Dio.
L'insistenza che Paolo fa sull'amore comunitario, che deve crescere, anzi essere abbondante, è un dato da evidenziare. L'amore è richiesto non solo all'interno della comunità, ma deve essere verso tutti. Ricordando come la comunità di Tessalonica era concentrata nell'attesa del ritorno di Cristo e che questa tensione si traduceva, a volte, in una disattenzione nei confronti degli altri, acquista un valore molto forte la preghiera di Paolo che chiede amore verso tutti.
I segni suggeriti da Paolo oggi appaiono essere una minaccia per il benessere delle nostre società. Che significa crescere nell'amore quando a dover essere amati sono, magari, migliaia di persone che premono alle frontiere dell'Occidente e sono avvertiti come una minaccia? Paolo senza pretese di economista o di politico suggerisce che senza amore non si cresce. Basta guardarsi attorno per scoprire che le nostre società senza amore più che crescere, sembrano morire.

Il brano del vangelo descrive una catastrofe. Niente è risparmiato, né il cosmo, né il cuore degli uomini, talmente angosciato e impaurito da cedere fino a morire. Il genere letterario catastrofico non ci meraviglia perché è in uso da parte di maestri del nostro tempo, sia che parlino di ecologia, che di altro. La pagina di vangelo non è nuova per la descrizione della fine. La novità, il motivo per cui questa è una pagina di vangelo, sta nell'invito a mettersi in piedi, a sollevare il capo.

Il vangelo suggerisce una chiave di lettura nuova a chi si preoccupa per l'incombere della tragedia e invita a leggere l'evoluzione degli eventi come un cammino di progressiva liberazione. Suggerisce di non reagire alla catastrofe abbandonandosi ad essa, ma a stare attenti a sé stessi, al proprio cuore, alla propria vita, chiede di non cadere nella trappola delle analisi fallimentari degli eventi. Su tutto domina la visione di Cristo, unico punto fermo nello sconvolgimento, rappresentato come signore della storia. L'ultimo invito è quello di restare svegli pregando; si profila l'immagine del cristiano che tiene fisso lo sguardo su Cristo e si dirige verso di lui, attento a non smarrire mai il legame che funziona come un'ancora nella dissoluzione delle cose.
C'è tanto fatalismo in giro, così abbondante da togliere l'entusiasmo e da sottrarre forza alle parole che spingono all'impegno e vogliono provocare la gioia del cambiamento. È questo fatalismo, l'idea che tanto non si può fare niente per rendere i nostri cuori meno ansiosi e paurosi. Del resto i segni non incoraggianti sono tanti e non c'è ambito della vita umana che non poso sa essere raccontato da segni negativi, dall'ambiente all'educazione, dall'economia alla politica. Gesù non chiede di ignorare i segni, chiede di affrontarli.
L'immagine del cristiano non è quella di uno che si lascia imprigionare dalla paura e cerca un posto dove nascondersi, ma quella di un guerriero che si alza in piedi, con la testa alta, che prende di petto la paura. L'immagine del guerriero fiero e coraggioso, che non combatte la sua battaglia da solo, perché ha un condottiero potente e glorioso che è Cristo. Qual è l'attività principale di chi decide di affrontare la storia per non soccombere?

Luca non ha dubbi e suggerisce che l'attività caratteristica è sempre quella della preghiera. Pregando, il cristiano si mette di fronte alle vicende della vita come uno che riflette, guarda con attenzione e chiede di poter vedere meglio, di saper scoprire i segni consolanti della presenza di Dio. La preghiera è anche questo: guardare le cose con gli occhi di Dio e vedere i tanti segni della sua presenza oltre a quelli, più evidenti, che possono farci dubitare.

VITA PASTORALE N. 10/2015
(commento di Luigi Vari, biblista)

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