Giubileo della Misericordia
Raccolta di Pensieri sulla Misericordia:
Autori cristiani [2] – Chiara Lubich


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Giubileo della Misericordia
Misericordiosi come il Padre


Raccolta di Pensieri sulla Misericordia
da Autori cristiani [2]: Chiara Lubich


Lo so: cadrai. Anch'io cado e spesso e sempre. Ma quando alzo lo sguardo a Lui che vedo incapace di vendicarsi perché è fisso in Croce per eccesso d'Amore, mi lascio accarezzare dalla Sua Infinita Misericordia e so che quella sola ha da trionfare in me.
A che sarebbe Lui infinitamente Misericordioso? A che? Se non fosse per i nostri peccati?
(Da: Lettera, agosto 1945, in Chiara Lubich, Lettere dei primi tempi, Città Nuova, Roma 2010, p. 97).


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Sorelline mie, per parlarvi dell'unione con Gesù vorrei avervi qui accanto a me, perché vorrei vedere e sentire nella vostra anima quanto vanno profonde queste parole. Ma Gesù vuole così e così sia.
È Lui che tutto fa.
Per unirci a Gesù (unico scopo della nostra vita, specie della nostra perché tutte ci siamo date a Lui) c'è un solo mezzo: i nostri peccati.
Occorre levarsi dall'anima ogni altro pensiero. E credere che Gesù è attirato a noi soltanto dall'esposizione umile e confidente ed amorosa dei nostri peccati.
Noi, per noi, nulla abbiamo e non facciamo che miserie.
Lui, per Lui, a riguardo nostro, non ha che una sola qualità: la Misericordia.
L'anima nostra si può unire a Lui soltanto offrendoGli in dono, come unico dono, non le proprie virtù, ma i propri peccati!
Perché l'anima che ama conosce i gusti dell'Amato e sa che Gesù se è venuto sulla terra, se s'è fatto uomo, se qualcosa brama nel profondo del Suo Cuore Umano e Divino è soltanto:
Far da Salvatore
Far da Medico!
null'altro desidera.
"Fuoco sono venuto a portar sulla terra e che cosa voglio se non che s'accenda?"
È un Fuoco divoratore che ha portato e null'altro vuole che divorare miserie, trovare miserie da consumare!
"Oh! Gesù mio, Tu sai la mia incapacità! Ma tu puoi operare il miracolo: attira questi due cuori nella comprensione più profonda della tua Misericordia!
Lo so che t'opprime sul Cuore il peso della tua Misericordia, non conosciuta, perché hai per gli uomini una Ricchezza infinita che tutti potrebbe santificare e che nessuno sa sfruttare per la tua Gloria!
Gesù Gesù: Fa' fa' di questi due cuori due Cirenei che t'aiutino a portare il peso della tua Misericordia e passino per il mondo distribuendola a grandi manciate in tutti i cuori onde tutti colpiti dal tuo Immenso Amore sappiano quale sia la Via per arrivare a Te, somma Felicità!".
Sorelline mie: andate a Gesù spesso, sempre. A Lui che vive nel vostro cuore e confessateGli i vostri peccati ogni momento.
Raccogliete ogni imperfezione, ogni sentimento imperfetto, ogni frutto dell'umanità che vi portate dietro.
E offrite tutto a Lui!
Con umiltà (= consapevoli e certe che null'altro avete da darGli di vostro).
Con amore (= coll'animo tutto proteso verso l'Amato: sicure che Egli vi guarda con tanto più amore, quanto più confessate a Lui le finezze del vostro male e colpite più finemente l'amor proprio).
Con confidenza (= certissime che null'altro desidera più che "far da Salvatore", che sfruttare il Suo Sangue, che santificarvi! A che servirebbe infatti la sua Misericordia se non trovasse miserie? Gesù, Misericordia, null'altro desidera che miserie!).
Crediamo.
È la Fede nella Sua Misericordia che dobbiamo accendere in noi.
È la pratica di questa Fede attuata ogni attimo che dobbiamo attuare in noi.
Perciò: Uniamoci a Dio così:
a) con la confidenza (credo e faccio secondo la mia fede nella Sua Misericordia).
b) per mezzo delle nostre miserie (raccolte ogni attimo e offerte con umiltà confidenza amore).
Oh! allora! Quanta quanta Grazia dal Cielo: Come Gesù aprirà il Suo Costato Santo e lascerà scendere la pioggia del miracolo! Egli lavorerà in noi e lascerà al posto d'ogni miseria una Fiamma d'Amore per Lui. Così è.
(Da: Lettera, 3 ottobre (1946?), cf. Chiara Lubich, Lettere dei primi tempi, Città Nuova, Roma 2010, pp. 111-113).


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Gesù ha sommo bisogno di sfruttare la Sua Misericordia. Ebbene accontentalo ed ogni qualvolta ti senti pesare le tue miserie donagliele. Egli non vuole che bruciare miserie. È fatto apposta perché è Salvatore.
E tu che puoi procurargliene tante perché t'addolori? Perché, invece di guardare alla tua anima, non guardi alla Sua sete di consumare, annullare miserie?
Quanto poche sono le anime che comprendono questo. E per ciò si tengono sull'anima un putrido letamaio, che, dato a Gesù, potrebbe essere trasformato in Misericordia! che è fuoco!
È come metter la paglia al fuoco, diventa fuoco. Perciò d'ora innanzi tu, ogni qualvolta ti sentirai opprimere dalle tue miserie, GODRAI D'AVER QUALCOSA DA DAR DA BRUCIARE A GESÙ.
(Da: Lettera, 5 settembre 1948, in Chiara Lubich, Dio Amore, Città Nuova, Roma 2011, pp.45-46).


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Quando si è conosciuto il dolore

Quando si è conosciuto il dolore in tutte le sfumature più atroci, nelle angosce più varie, e si son tese le mani a Dio in mute strazianti implorazioni, in sommesse grida di aiuto; quando si è bevuto il fondo del calice e si è offerta a Dio, per giorni e per anni, la propria croce, confusa con la sua, che la valorizza divinamente, allora Dio ha pietà di noi e ci accoglie nella sua unione.
È il momento in cui, dopo aver esperimentato il valore unico del dolore, dopo aver creduto all'economia della croce ed averne visto gli effetti benefici, Dio mostra in forma più alta e nuova qualcosa che vale più ancora del dolore.
È l'amore agli altri in forma di misericordia, l'amore che fa allargare cuore e braccia ai miserabili, […], agli straziati dalla vita, ai peccatori pentiti.
Un amore che sa accogliere il prossimo sviato, amico, fratello o sconosciuto, e lo perdona infinite volte. L'amore che fa più festa a un peccatore che torna che a mille giusti, e presta a Dio intelligenza e beni per permettergli di dimostrare al figliol prodigo la felicità per il suo ritorno.
Un amore che non misura e non sarà misurato.
È una carità fiorita più abbondante, più universale, più concreta di quella che l'anima possedeva prima. Essa infatti sente nascere in sé sentimenti somiglianti a quelli di Gesù, avverte affiorare sulle sue labbra, per quanti incontra, le divine parole: "Ho misericordia di questa turba" (cf Mt 15,32). E intavola con tanti peccatori che vengono a lei, perché un po' immagine di Cristo, colloqui simili a quelli rivolti un giorno da Gesù alla Maddalena, alla samaritana o all'adultera. La misericordia è l'ultima espressione della carità, quella che la compie. E la carità supera il dolore, perché esso è soltanto di questa vita, mentre l'amore perdura anche nell'altra. Dio preferisce la misericordia al sacrificio.
(Chiara Lubich, La dottrina spirituale, Città Nuova, Roma 2006, pp. 140-141).


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È uscito un nuovo libro su Papa Giovanni. Sono scritti suoi, della sua vita, ma soprattutto del suo pontificato. Sono stati distribuiti uno al giorno per meditazione. Il libro si intitola: "Breviario di Papa Giovanni".
[…] Se fra le spine della vita il Signore ci fa spuntare un gelsomino, una rosa, o qualche altro bel fiore, ce ne compiaciamo, ma queste piccole cose non possono dare la vera pace. Sono una tregua. San Gregorio Magno con bella grazia le dice "una piccola sosta": sono un respiro di pace: però di una pace armata che vuole essere difesa... dalle tentazioni. L'esercizio della pace e qualche cosa di ben più perfetto. Riposa nel trionfo della misericordia del Signore in noi. Sant'Agostino dice: "una sola speranza, una sola fiducia, una sola promessa: la misericordia tua".
(Chiara Lubich, Diario, 31 gennaio 1967, inedito).


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Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui (Gv 3,17).

Nel linguaggio biblico "giudicare" significa "condannare".
La Parola di vita di questo mese ci dice, dunque, che Dio non ha mandato il Figlio per condannare il mondo, ma perché esso si salvi per mezzo di Lui.
Siamo di fronte ad un'affermazione di una portata immensa. Gesù ci svela il vero volto di Dio, che è amore, e l'aspetto più toccante di questo amore è la misericordia. L'amore ha spinto il Padre a mandare il Figlio suo nel mondo; ed in tutto l'agire di Gesù noi tocchiamo questo amore sconfinato del Padre. È un amore che va in cerca dell'uomo, che lo aspetta sempre, che va al di là di tutte le sue colpe, che perdona e che salva.
[…]
L'amore infinito di Dio aspetta da noi una risposta: credere al Figlio suo, credere che Gesù ci accetta a braccia aperte tutte le volte che, sinceramente pentititi per averlo offeso con il nostro peccato, facciamo ritorno a Lui, credere nella sua misericordia.
[…]
Oggi si può mancare in diversi modi contro la misericordia di Dio.
Un primo modo, purtroppo assai diffuso, è quello di non riconoscere più la realtà del peccato e quindi anche il proprio peccato. E, quando uno non si riconosce peccatore, non sente più il bisogno del Salvatore, così come chi non riconosce di essere malato non sente più il bisogno del medico. Un tale atteggiamento sbarra automaticamente la strada alla misericordia di Gesù, il quale è venuto non per coloro che si ritengono giusti ed autosufficienti, ma per coloro che si riconoscono peccatori ed incapaci di praticare il bene senza il suo aiuto (cf Lc 5,31-32).
Si può mancare contro la misericordia di Dio anche non credendovi pienamente.
[…] Credere nella misericordia divina, invece, significa essere effettivamente convinti che, se noi gli chiediamo perdono, Gesù cancella completamente i nostri peccati, e poi rimetterci subito a seguirlo.
Come vivere allora questa Parola di vita?
Dobbiamo credere concretamente nella misericordia di Gesù senza alcun limite; dobbiamo fargli il dono del nostro nulla tutte le volte che le nostre mancanze e le nostre debolezze ce ne facessero fare l'esperienza, convinti che questo dono - se accompagnato dal proposito di ricominciare subito - non è un atto di superficialità, ma un atto di amore puro, che attira il suo perdono e la sua grazia, ed è la risposta più bella che possiamo dare al suo amore.
(Chiara Lubich, Parola di vita, giugno 1984).


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"Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3,17).
È la rivelazione del perché della vita di Cristo: egli è venuto in questo mondo per salvare, per vivere il suo nome: Salvatore.
Carissimi, questa Parola sviluppa in noi due atteggiamenti: anzitutto ci fa guardare ad ogni prossimo che incontriamo come a qualcuno che, in qualsiasi situazione si trovi, non va condannato, ma salvato.
Poi ci fa guardare anche a noi stessi come a qualcuno che, in qualsiasi situazione si trovi, è oggetto dell'amore di Dio e può tornare sempre alla sua misericordia infinita.
È una Parola che ci insegna a vivere come si vive in Cielo, dove si fa più festa per un peccatore che torna, che per novantanove giusti; che ci aiuta a non giudicare, a non condannare, ma ad amare sempre, ad essere sempre pronti a salvare; che ci spinge verso i lontani per dare al Cielo la gioia di una possibile festa.
È una Parola che spinge a tornare sempre anche noi a Dio, che significa ricominciare ogni volta; che ci sprona ad alimentare la fiamma nel nostro cuore alla sua misericordia.
È logico che questi atteggiamenti costino. Non è semplice essere sempre pronti a scusare, a salvare. Risulta più facile lasciarsi andare al giudizio. Ma dobbiamo fare atti così frequenti di comprensione e di perdono verso tutti, da farne l'abitudine.
Così, non è sempre facile affidare noi stessi alla misericordia di Dio. Sentendo il peso dei nostri errori è più facile avvilirci, ma occorre tornare ugualmente, ricordandoci che egli è venuto per salvare anche noi. Lasciandoci bagnare dalla sua misericordia si riapre il colloquio con Lui, si sperimenta nuovamente l'unione con Lui, quell'unione che non avvertiamo così intensa quando facciamo calcolo sulle nostre sole forze e crediamo di andare avanti abbastanza bene senza il suo aiuto.
(Chiara Lubich, In cammino col Risorto, Città Nuova, Roma 19944, pp. 19-21 [stralcio]).


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C'è un'esperienza di vita nel primo focolare che è stata un'applicazione di questo "amare per primi". Specie in un primo tempo non era sempre facile per un gruppo di ragazze vivere la radicalità dell'amore. Eravamo persone come le altre, anche se sostenute da un dono speciale di Dio, per cominciare il Movimento, e anche fra noi, sui nostri rapporti, poteva posarsi della polvere, e l'unità poteva illanguidire. Ciò accadeva, ad esempio, quando ci si accorgeva dei difetti, delle imperfezioni degli altri e li si giudicava, per cui la corrente d'amore scambievole si raffreddava. Per reagire a questa situazione abbiamo pensato un giorno di stringere un patto fra noi e lo abbiamo chiamato "patto di misericordia". Si decise di vedere ogni mattina il prossimo che incontravamo - in focolare, a scuola, al lavoro, ecc. -, di vederlo nuovo, nuovissimo, non ricordandoci affatto dei suoi nei, dei suoi difetti, ma tutto coprendo con l'amore. Era avvicinare tutti con questa amnistia completa del nostro cuore, con questo perdono universale. Era un impegno forte, preso da tutte noi insieme, che aiutava ad essere sempre primi nell'amare a imitazione di Dio misericordioso, il quale perdona e dimentica. Ora siamo certi che se non ci fosse stato questo patto di perdono quotidiano, il Movimento non avrebbe camminato neanche da Trento a Rovereto, che è distante mezzora; in pratica, non avrebbe avuto l'energia necessaria per diffondersi.
(Chiara Lubich, L'amore al prossimo, all'incontro degli amici musulmani, Castel Gandolfo, 1 novembre 2002 [stralcio]).


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