Intervista a Mons. Giuseppe Zenti,
Vescovo di Verona




Intervista a Mons. Giuseppe Zenti, Vescovo di Verona
L'Amico del Clero, n. 9 Settembre 2015

Mons. Zenti come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Verona in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

Il Concilio Vaticano II ha messo in luce i doni grandi dello Spirito Santo e ha permesso di cogliere come il Signore edifichi la sua Chiesa con carismi e ministeri. In questa prospettiva il ripristino del diaconato è sicuramente per la Chiesa una grazia, una speciale opportunità con la quale il Signore risveglia nella comunità la vocazione al servizio, non solo come opportunità particolare per pochi, ma chiamando alcuni uomini ad essere per tutta la Chiesa icona vivente del Cristo servo, un richiamo evidente perché tutti scoprano la bellezza e l'impegno del mettersi a servizio dei fratelli nell'annuncio del Vangelo della carità.
Nella Chiesa di Verona il diaconato è ancora giovane, dal momento che i primi diaconi sono stati ordinati nel 1984. Pur essendo avvertita come una risorsa, non ha ancora raggiunto una sua piena consapevolezza da parte della diocesi e quindi anche nell'esercizio della ministerialità diaconale si è ancora in una fase di discernimento e – potremmo dire – di sperimentazione. I diaconi sono per la nostra comunità diocesana, comunque, un segno chiaro della chiamata al servire gli altri in diversi ambiti di vita ecclesiale e sociale. Ritengo, pertanto, che il ripristino voluto dal Concilio sia anche per noi un dono prezioso ancora da cogliere nella sua pienezza, ma certamente in un divenire sempre più maturo e ricco di opportunità di crescita nella fede e nella gioia del Vangelo.

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

Le Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti (nn. 30-39), emanate dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica nel 1998, indicano con molta chiarezza i requisiti umani e spirituali necessari per poter intraprendere un cammino formativo in vista del diaconato ed evidenziano quali siano gli atteggiamenti e le virtù evangeliche che devono essere acquisite per vivere in pienezza la vocazione diaconale. In ogni caso, credo che requisiti essenziali siano una maturità umana buona, una spiritualità solida, espressa nella vita di fede e nella preghiera, un sensus ecclesiae autentico, cioè un amore vero alla comunità cristiana, ai suoi pastori. Certamente non è possibile fare un elenco dettagliato delle caratteristiche proprie di un diacono, ma è necessario essere guidati nel discernimento dall'azione dello Spirito che suscita i carismi nella Chiesa e permette poi di riconoscere i doni di ciascuno e di compiere il cammino per conformarsi in modo pieno al Cristo servo ed essere nella Chiesa strumenti eletti per testimoniare al mondo la carità.

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?

La nostra Chiesa particolare si è data nell'anno 2000, in attuazione di quanto previsto dalle Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti (n. 16), un proprio direttorio di formazione per il diaconato che prevede un cammino articolato in momenti formativi, spazi di spiritualità, formazione teologica ed esperienza pastorale. L'aspirante al diaconato viene normalmente presentato da un sacerdote o da un diacono e l'incaricato per la formazione procede con alcuni colloqui personali finalizzati alla conoscenza della persona, della storia personale, delle motivazioni che soggiacciono alla richiesta, a compiere un primo discernimento che consente di verificare le condizioni che permettono l'inizio di un cammino più preciso.
Fatto questo primo passo, il gruppo di aspiranti che nel frattempo si è formato si incontra per alcune domeniche pomeriggio assieme al responsabile per la formazione e ad un diacono, per vivere un momento di preghiera prolungato e la presentazione dei documenti della Chiesa sul diaconato. A questi incontri sono invitate anche le mogli degli aspiranti sposati, proprio perché la scelta di intraprendere un cammino formativo in vista del diaconato coinvolge in modo profondo e pieno anche le spose, che non subiscono la vocazione del marito, ma la condividono e la "facilitano" con un camminare a fianco autentico sia nella preghiera come anche nella partecipazione alla dimensione più feriale del cammino. Ogni aspirante viene sollecitato ad iniziare un cammino spirituale accompagnato da un padre spirituale, se non lo ha già iniziato precedentemente; vengono indicati alcuni sacerdoti che si dedicano appunto a questo ministero di accompagnamento.
Compiuto questo secondo momento di riflessione e ascolto, l'equipe formativa – in accordo con il vescovo – compie un discernimento sul candidato e lo ammette all'inizio del percorso formativo al diaconato scandito su quattro anni. Ogni anno è articolato in una decina di incontri formativi in cui si affrontano i temi inerenti alla maturazione della vocazione diaconale, al ministero della Parola, al servizio all'Eucaristia e quindi al diaconato. Oltre a questi momenti gli aspiranti e i candidati al diaconato vivono assieme ai diaconi della diocesi ritiri spirituali in preparazione al Natale e alla Pasqua e alcuni giorni di esercizi spirituali.
A fianco di questo cammino c'è il percorso di formazione teologica che l'aspirante al diaconato vive frequentando l'Istituto di Scienze Religiose "San Pietro Martire", presente nella nostra diocesi. Viene richiesto di giungere alla laurea in scienze religiose, anche se, poi, più di qualche diacono dopo l'ordinazione completa la propria formazione teologica con la frequenza al biennio di specializzazione conseguendo la laurea magistrale in Scienze Religiose.
Il candidato al diaconato vive l'esperienza pastorale normalmente nella propria comunità di appartenenza pur avendo iniziato in questi anni alcune esperienze di servizio vicino a qualche diacono nella cappellania ospedaliera, in alcune realtà legate alla Caritas, in servizi di formazione pastorale in alcune comunità parrocchiali. L'esperienza pastorale è comunque un momento importante che occupa una parte significativa anche al termine dei quattro anni di formazione e in questi ultimi anni si è scelto di dedicare un anno in modo pieno al servizio pastorale prima di procedere all'ordinazione diaconale.
L'itinerario è segnato da alcune tappe celebrative: il rito di ammissione tra i candidati al diaconato vissuto in Cattedrale, il lettorato e l'accolitato celebrati nelle proprie parrocchie. Queste tappe sono il segno concreto della maturazione del candidato verso il ministero del diaconato e sono occasione di verifica in primis da parte del soggetto stesso e poi dalla comunità formativa che, assieme al vescovo, compie il discernimento sull'idoneità del candidato.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

Il cammino del diaconato come accennavo precedentemente è giovane e ha bisogno di un tempo di maturazione non solo per coloro che avvertono tale chiamata, ma anche per i presbiteri con cui i diaconi sono chiamati ad una collaborazione più diretta. Credo che le eventuali resistenze siano superabili soprattutto attraverso la testimonianza concreta dei diaconi. Molte volte ci sono preconcetti perché non si è mai avuta l'opportunità di camminare e lavorare pastoralmente insieme. Una riflessione semplice, ma profonda, anche per i preti sul ministero diaconale potrà essere occasione preziosa per cogliere il dono del diacono e comprenderne la ricchezza in modo più pieno. Nell'ottobre scorso abbiamo vissuto proprio a Verona l'incontro delle comunità diaconali delle Chiese del Triveneto a cui hanno partecipato anche alcuni preti della nostra diocesi.
La ripresa di momenti di riflessione come questi penso possano avere una risonanza positiva di maturazione del carisma del diaconato nella comunità. Senz'altro è sempre più importante che i diaconi diventino essi stessi i primi testimoni di questo dono impegnandosi nel dialogo e nella vicinanza cordiale e fattiva con i presbiteri.

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Verona?

Nella nostra diocesi i diaconi sono impegnati per la maggior parte nelle pastorale delle parrocchie, con compiti di animazione di diverso genere. Alcuni sono impegnati nelle cappellanie ospedaliere, in quella del carcere e anche del cimitero cittadino. A qualche diacono è stato affidato un servizio a livello diocesano nella pastorale familiare, nel servizio alla liturgia, nel cammino ecumenico. Pur essendo molte le opportunità di servizio nella diocesi mi pare che la nostra Chiesa avverta il bisogno di una presenza più significativa del diacono nella testimonianza della carità. Per questo anche la comunità diaconale sta riflettendo in questo anno per poter delineare alcuni ambiti di servizio più specifici, riuscendo anche a individuare i percorsi formativi che abilitino ad essere in questo preciso ambito una presenza maggiormente qualificata.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?

I diaconi della diocesi di Verona sono 35 e ci sono 16 aspiranti diaconi in formazione. Il futuro mi pare sia ben stato delineato dal convegno di cui ho accennato sopra: diventare sempre più coloro che vivono il "ministero della soglia". Il diacono infatti è ministro ordinato che, però, vive in modo pieno la secolarità. Il suo essere inserito nel mondo del lavoro, nello stile della famiglia, in relazioni molto ampie, lo rende capace di tessere una rete di comunione del tutto singolare. Questo ministero che, forse, non potrà avere un decreto di nomina è, oggi più che mai, il servizio prezioso che i diaconi sono chiamati a vivere nella Chiesa e nel mondo. È un futuro certamente da costruire perché sono ancora molte le cose da maturare e gli aspetti su cui riflettere, ma credo che questo essere "ponte" tra la vita degli uomini e la vita della comunità cristiana possa essere lo spazio più ricco di frutti che il ministero diaconale sia chiamato a incarnare nel nostro tempo.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

Non ritengo debbano esserci delle iniziative particolari per promuovere tale vocazione, ma penso che saranno i diaconi stessi ad essere nella Chiesa particolare i promotori della chiamata al ministero diaconale. Sono persuaso infatti che è più per un sano contagio di persone che vivono con gioia e pienezza il proprio ministero che è possibile promuovere questa vocazione nella Chiesa. Più volte Papa Francesco ha additato la via dell'attrazione, del contagio, quale via per far crescere la Chiesa, via della nuova evangelizzazione. «La Chiesa deve essere attrattiva. Svegliate il mondo! Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere!». Anche ai diaconi è affidata questa esortazione del Papa e questo impegno di contagiare altri fratelli perché avvertano la chiamata del Signore a mettersi a servizio del Vangelo e dei fratelli.
Il consiglio per il diaconato presente nelle diocesi diverrà il promotore di iniziative di attenzione e riflessione su tale ministero, sapendo fare eco in modo adeguato al cammino che già nelle diverse Chiese si sta vivendo in questo preciso campo.

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