Assunzione della Beata Vergine Maria



La Parola
Commento di Luigi Vari
Vita Pastorale (n. 7/2016)



ANNO C – 15 agosto 2016
Assunzione della Beata Vergine Maria

Ap 11,19a;12,1-6a.10ab
1Cor 15,20-27a
Lc 1,39-56
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Messa vespertina nella vigilia
Messa del giorno

DUE DONNE INCINTE
CHE SI ABBRACCIANO


La lettura dell'Apocalisse si ripete uguale, insieme alle altre nel giorno dell'Assunzione di Maria; questo non deve far nascere un senso di ripetitività, ma, ricordando le parole dei rabbini per cui la Bibbia ha settanta volti, deve stimolare a cercare il volto che appare più evidente nel tempo in cui la si legge. C'era un tempo in cui l'Apocalisse sembrava un libro fuori contesto, da spiegare molto per renderlo meno crudo, sembrava una descrizione della storia del passato, non molto attuale.
Oggi lo scontro che la prima lettura racconta fra la donna portatrice di speranza e il drago, descritto con numeri e colori da far spavento, non sembra più di fantasia. Di donne piangenti perché i loro figli sono minacciati ce ne sono fin troppi; di urla di mamme che sono straziate dalla morte dei figli sono piene le cronache, e non più solo cronache di Paesi lontani. La rivelazione di questa lettura è che Dio custodisce il futuro, rapisce il bambino che lo rappresenta e dà rifugio alla donna. La speranza che resta è il segno della forza di Dio, del suo regno e della sua potenza.
Maria è lei la memoria per i cristiani della speranza che resta e dell'impegno di Dio a dare rifugio a chi la speranza la difende e la costruisce. Quanti cristiani vagano come profughi o sono minacciati nella loro terra, spiati mentre pregano o giocano, quando sono più indifesi, per essere aggrediti; è spesso il pensiero di Maria che li sostiene, la cura di Dio per chi è più povero che lei racconta e canta con la sua vita. Per noi Maria è rifugio, porto sicuro. Aiuta a leggere la grande guerra che il male continuamente dichiara all'uomo, con occhi preoccupati, a volte pieni di lacrime, ma mai disperati.

San Paolo sostiene il cammino della speranza, facendo riflettere come per merito di Gesù si è spalancata per tutti gli uomini la porta della vita. Se prima di Cristo all'orizzonte dell'umanità c'era solo la morte e questa presenza incombente ne determinava un cammino senza speranza, se non disperato, ora all'orizzonte c'è la vita e il cammino verso la vita consiste nel mettersi dietro a lui, come il raccolto segue la primizia, fino al raccolto completo, il tempo della scomparsa del pensiero stesso della morte. Molti commenti, molta letteratura, musica, teatro, molto di quanto colpisce la fantasia delle persone del nostro tempo, si cosparge di disperazione. Ci si incupisce a sentire e vedere la gara a dire le cose più tristi e ciniche; è triste sentire giovani vite che dichiarano che tanto alla fine si muore e tanto vale... Cambiare le carte in tavola e indicare la vita, questo è quanto di più grande si può fare. A indicare che l'orizzonte della vita è vero c'è Maria che lo abita, che, come dicono le parole di mille santi e poeti, vi brilla come una stella. Mi dicevano di un professore di letteratura che si dichiarava non credente e che quando sentiva la necessità di fare qualcosa che somigliasse a una preghiera, recitava le parole del Paradiso di Dante, quelle della preghiera a Maria.
Cogliendo questo volto delle letture bibliche, ci troviamo a condividere le parole che Maria dice nel Magnificat, non ci sembrano fuori luogo; di esse, prima ancora di comprenderne il contenuto, condividiamo l'atmosfera. Non c'è in scena uno scontro come nel libro dell'Apocalisse, ma ci sono due madri che si incontrano, tutte e due consapevoli che la vita che portano dentro è straordinaria, è un dono di Dio. È lo Spirito Santo che colma Elisabetta della consapevolezza che quella che era venuta a trovarla è la madre del suo Signore, che la rende capace di interpretare che il balzo del bambino che si portava dentro era un sussulto di gioia. È la Parola dell'angelo che ha provocato l'incontro fra le due madri, dicendo a Maria che il segno della verità della sua missione era la maternità di Elisabetta, ormai avanti negli anni e rassegnata alla sterilità. La gioia di Elisabetta e del suo bambino, come la gioia di Maria che si esprime nel Magnificat, è il segno della presenza di Dio nella loro vita.

Oltre tutto quello che si può sottolineare dell'esperienza di Maria, la sua obbedienza, la sua fede, non si deve dimenticare la sua gioia. La gioia è il segno della presenza di Dio, il segno più evidente della consapevolezza della presenza, che Maria custodisce nel cuore e comunica a Elisabetta, aiutando la a interpretare nel segno della presenza e della fedeltà di Dio tutto quello che è accaduto al suo sposo Zaccaria e a lei. Con la sua assunzione al cielo, Maria continua la sua gioiosa testimonianza della presenza di Dio, avvolgendo anche l'esperienza più dura riservata a un uomo, quella della morte, nella gioia della vita ritrovata. Se la contemplazione di molti misteri della vita di Maria illuminano il cammino del cristiano, rendendolo più fermo e convinto, contemplare questo dell'assunzione illumina l'orizzonte del cammino, che non appare incerto e popolato di spettri e paure, ma limpido e pieno di vita, di viventi, prima di tutto Cristo, come primizia, ricordava san Paolo, e poi quelli che si legano a lui, a cominciare da Maria, che già lo abita. In un tempo come questo quando la parola futuro sembra sparire dal vocabolario di molti, soprattutto giovani, questa festa dell'Assunzione è la festa del futuro di ogni persona, che rende più determinato l'impegno per garantire a tutti un futuro. Fa inoltre bene a noi cristiani ricordare che una delle icone più potenti dei vangeli è questa che narra di due donne incinte che si abbracciano.


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