Intervista a Mons. Mauro Parmeggiani,
Vescovo di Tivoli



Intervista a Mons. Mauro Parmeggiani, Vescovo di Tivoli
L'Amico del Clero, n. 5 Maggio 2016


Mons. Parmeggiani, come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Tivoli in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

Una grande grazia. Provengo da una parrocchia di Reggio Emilia nella quale, nel 1978, furono ordinati due tra i primi diaconi permanenti della mia Diocesi di origine. Per me, insieme al mio Parroco, furono di grande aiuto a scoprire la mia vocazione al sacerdozio e veri esempi di donazione totale a Dio e ai fratelli rimanendo con i piedi per terra, ancorati alla realtà della famiglia, del lavoro, per uno di loro anche della sofferenza che ha vissuto con fede esemplare.
Divenuto Vescovo di Tivoli, nel 2008, sono stato contento di aver trovato una comunità diaconale con quattro diaconi permanenti ed aver avuto la grazia – in questi anni – di averne potuto ordinare altri otto.
Ritengo che quella del diacono sia una figura di collegamento tra famiglia, mondo del lavoro, e pastorale – ossia l'azione che la Chiesa fa per annunciare a tutti la gioia del Vangelo – assai utile e preziosa e a Tivoli risulta essere molto positiva per la comunità dei fedeli ed anche per i presbiteri che ammirano molto questi uomini esemplari sempre disponibili per aiutare il Vescovo ed i sacerdoti a dedicarsi maggiormente a quanto loro compete dedicandosi maggiormente alla carità, quasi fossero il braccio del Vescovo e del parroco là dove egli non arriva. Un braccio con una sensibilità particolare che gli deriva dall'essere sposo, padre, lavoratore e, potremmo aggiungere, punto di incontro vivente tra vita e liturgia: aiuto per la Chiesa nella sua opera di santificazione.

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

Innanzitutto che sia poco clericale ma ben piantato nel mondo. Che poi sia capace di ascoltare, di porsi in relazione con tutti in spirito di obbedienza ecclesiale e di umiltà, che sia uomo di comunione capace di essere sempre disposto – dopo la semina del Vangelo – a fare un passo indietro affinché sia sempre più fatto posto a Cristo. Per rispondere a queste domande ho voluto anche chiedere suggerimenti alla comunità diocesana del diaconato permanente. Mi hanno testualmente detto che: «il diacono deve assaggiare la propria nullità per far posto a Cristo». Credo che questo sia requisito essenziale come del resto lo dovrebbe essere per tutti coloro che lavorano nella vigna del Signore.

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?

Presentati dai rispettivi parroci, i candidati iniziano prima di tutto un anno propedeutico durante il quale insieme all'incaricato diocesano per il diaconato permanente, i presbiteri che li presentano, sentite anche le mogli e dove è possibile anche i figli, valutiamo le caratteristiche umane e cristiane, quelle che ho elencato nella precedente risposta. Segue quindi un itinerario di almeno tre anni presso un Istituto Superiore di Scienze Religiose. In questi quattro anni la formazione è integrata in Diocesi con tempi e modalità rispettose delle singole situazioni personali e famigliari. Personalmente, anche io, incontro la comunità diocesana del diaconato permanente – diaconi già ordinati ed aspiranti, insieme alle loro spose – una volta al mese per un momento di formazione o di spiritualità. Dopo la fine del triennio di studi teologici, dopo aver raccolto il parere di coloro che seguono i candidati, vengono ammessi all'ordine del diaconato quindi con tempi non standardizzabili ma rispettosi dei cammini personali vengono istituiti nei ministeri del lettorato e dell'accolitato. Infine, dopo un periodo di ulteriore discernimento, si giunge all'ordinazione. Umanamente si punta molto sul guardare alla maturità umana e su come i candidati vivono la loro vita nel mondo e nelle parrocchie di appartenenza o di assegnazione lungo il periodo della formazione. In genere i candidati hanno già una buona formazione spirituale tuttavia la si cerca di arricchire con momenti appositi di preghiera – compresa quella della Liturgia delle Ore e, possibilmente, è richiesta la partecipazione alla S. Messa quotidiana. Vengono anche iniziati alla liturgia da responsabili dell'Ufficio liturgico diocesano e a tutti è chiesta la partecipazione attiva alle attività pastorali della propria parrocchia. Dopo l'ordinazione diaconale gli ordinati partecipano ad alcuni incontri diocesani del Clero e ogni anno vengono invitati a partecipare al corso annuale di Esercizi Spirituali del presbiterio diocesano.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

Grazie a Dio nel mio presbiterio mi pare di poter serenamente affermare che non esistono resistenze verso il diaconato permanente da parte del clero. Anzi, i diaconi sono apprezzati e loro stessi sanno stare al loro posto. Essendo emanazione della missione caritativa del Vescovo i sacerdoti non li sentono come concorrenti anzi ammirano come sappiano inserirsi al loro fianco e a servizio delle comunità con umiltà e capacità propositiva. La non avversione verso il diaconato è mostrata anche dal fatto concreto che molti di loro ricoprono anche incarichi diocesani, come dicevo, con i sacerdoti partecipano agli incontri della formazione del clero ma anche agli incontri di Vicaria. Nelle comunità di ministero sono inseriti attivamente nei Consigli Pastorali Parrocchiali ed anche nell'annuario diocesano i loro nomi appaiono associati alle comunità di ministero. A volte, forse, in alcuni sacerdoti non c'è una piena comprensione del servizio diaconale in quanto tale, ma nella stragrande maggioranza possiamo dire che sono ben accolti, stimati, inseriti e spesso anche chiamati per predicazioni, celebrazioni della Parola o di altri sacramenti, catechesi, ecc. dai Parroci stessi.

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Tivoli?

Dato anche il momento storico che viviamo credo dovrebbe essere ancor più valorizzato il servizio diaconale nel campo della carità e dell'attenzione verso la famiglia, specialmente quella ferita, bisognosa di perdono e misericordia al suo interno. La loro esperienza umana e cristiana, là dove questi impegni sono portati aventi, aiutano molto sia chi si forma alla famiglia e la vive, sia chi vive vecchie e nuove forme di povertà. Il loro consiglio e la loro vicinanza è per molti una vera e propria azione caritativa e di conforto per chi li incontra. I diaconi devono essere i primi ad uscire da quelle che a volte sono un po' troppo chiuse mura parrocchiali per andare e stare in mezzo al popolo condividendo le sofferenze, le gioie, le speranze e portando ad esso la gioia del Vangelo. I diacono potrebbero forse fare molto di più circa la visita alle famiglie, l'ascolto, il consiglio, l'animazione di centri di ascolto della Parola nelle case. Molto – questo però va detto – già fanno. Ad esempio nel preparare i futuri sposi al matrimonio, i genitori al battesimo dei loro bambini, a tenere i rapporti con i genitori anche dopo la celebrazione del battesimo fino a quando i figli inizieranno la catechesi durante la quale riceveranno i sacramenti della Cresima e dell'Eucaristia.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?

Attualmente sono dodici tra i quali uno celibe ed un altro vedovo da pochi anni. Presto credo che dovrò pensare ad affidare almeno ad alcuni di loro la guida pastorale di alcune piccole comunità parrocchiali come anche altri servizi diocesani che coloro che già li svolgono lo fanno con grande dedizione, competenza e senso di responsabilità. Penso qui ai campi della carità – essendo sempre più ampio il numero delle opere caritative da gestire -, penso alla pastorale della salute, della scuola, ecc., penso ancora all'inserimento di alcuni di loro in un gruppo di ascolto per le famiglie separate o i singoli separati o divorziati che si presenteranno al Tribunale diocesano per valutare se esistano o meno i capi per introdurre una causa di annullamento del matrimonio secondo quanto previsto dal Motu proprio di Papa Francesco Mitis Iudex Dominus Iesus. Ma penso anche ad affiancarli là dove c'è qualche presbitero anziano, stanco o malato. So che pur avendo famiglia ed una professione sono molto disponibili anche a recarsi lontani dalle loro abitazioni per prestare il servizio diaconale.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

La bellezza di vivere la propria vocazione credo sia la miglior pastorale vocazionale. La pastorale vocazionale "per attrazione" è sicuramente la migliore. Tuttavia ritengo che la costante preghiera per le vocazioni sia indispensabile. Personalmente, quasi fosse un ritornello, come faceva il Vescovo che mi ordinò sacerdote – Mons. Gilberto Baroni – chiudo abitualmente la preghiera universale con una mia preghiera affinché il Signore susciti nella Sua Chiesa e nella Chiesa di Tivoli in particolare "numerose e sante vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata, al diaconato e alla famiglia cristiana". Fino ad ora mi pare che il Signore ci stia ascoltando. Spesso i diaconi o singolarmente o comunitariamente si recano nelle parrocchie della diocesi per porta re a conoscenza la vocazione che essi vivono con gioia. Uno di loro, insieme alla sua sposa, è inserito nell'Equipe diocesana di pastorale vocazionale insieme ad un candidato al diaconato e a sua moglie. Già questo aiuta l'equipe a tener desta l'attenzione vocazionale verso il diaconato. L'Uffi cio per la pastorale vocazionale ogni anni pubblica anche un sussidio di preghiera per le vocazioni intitolato "Il monastero invisibile" al fi ne di far pregare soprattutto i malati, gli anziani, quanti lo desiderino per le vocazioni in maniera permanente. Tra le vocazioni per le quali si prega quella del diacono permanente è sicuramente ben presente. Anche le ordinazioni diaconali, sono preparate molto bene affinché le comunità interessate e possibilmente i fedeli dell'intera diocesi percepiscano che come quando viene ordinato un presbitero, anche quando viene ordinato un diacono ricevono un dono grande, il dono di un uomo a servizio di Dio e del suo popolo.


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